Oggi ho compiuto 36
anni ed è una giornata in cui ho fatto e ho pensato (e non è ancora finita)
mille cose. Sia questo un ringraziamento per ogni pensiero vostro d’auguri ma
anche una condivisione perché possiamo imparare qualcosa. In
viale Poetto, alle 8 del mattino mi è piombata addosso un’auto in corsa. Sul paraurti posteriore. Avevo
appena evitato uno scontro con la macchina che mi precedeva, tenendo la
distanza di sicurezza. Ma la frenata brusca dietro non l’ho sentita e bum! Via
il paraurti. Ma no, non ho tamponato a mia volta l’auto davanti perché ho
imparato, nel traffico, a tenere la giusta distanza.
La fragilità umana è un
po’ come l’osso del collo. Se non ci stai attento, può spezzarsi. Il mio è
ancora integro, per fortuna. Anche quello della Signora e del figlio. I nostri
paraurti sono da aggiustare.
È un po’ come quando i raggi del sole accarezzano il mare, e tu li
guardi muoversi e nulla è più bello. C’è dentro il mare e dentro il sole, una fragilità come di
cuore di donna, che conserva dentro di sè la paura di non esser mai
all’altezza, di esser sbagliata, colpevole di qualcosa che non ha mai fatto,
col capo chino giudicata per come si veste, per come cammina, per il modo in
cui guida, perché vuole fare i mestieri degli uomini, essere pagata come gli
uomini, avere sogni come gli uomini, avere degli uomini la stessa dignità.
La Signora era
terrorizzata. Mi guardava come se si aspettasse un rimprovero, delle urla, la
rabbia, gli occhi di fuoco... mi ha chiesto, appena siamo scesi, se mi fossi
fatto male. Ma no, io stavo bene, e lei invece piangeva. Ho chiesto se suo figlio stesse
bene, se avesse la cintura (io e lei la avevamo) e l’ho rasserenata. Dice che
si è lanciata con le braccia davanti al figlio per paura del colpo che stava
per darmi e ha dimenticato di frenare. Era desolata.
Mi ha dato i suoi
documenti e mi guardava basita, in mezzo al traffico, perché ero calmo. Ha
chiesto tra le lacrime, come facessi ad esser così tranquillo, perché mi aveva
rovinato la giornata. Perché il collo...perché la macchina...perché il
danno...perché un sacco di cose... Io sto bene. Le ho detto
che le auto si aggiustano. Ma le avrei voluto
dire che anche i cuori si possono aggiustare, anche se ci vuole un po’ più
tempo.
Le ho detto di star
tranquilla, perché sono cose che succedono, le distrazioni, ma a volte la gente
non si salva. Noi invece sì, eravamo tutti salvi e lei avrebbe accompagnato il
figlio a scuola e poi io e lei saremmo andati a lavoro, come ogni giorno,
perchè quella era la fortuna: essere salvi e avere un lavoro. E per lei avere anche un figlio di
cui prendersi cura.
Quando ci siamo lasciati le ho detto che oggi era un giorno sereno,
perché era il giorno del mio 36 esimo compleanno. E lei ha pianto di nuovo perché mentre fotografavo
i suoi documenti e ci scambiavamo il numero di telefono, aveva visto le paste
sul sedile posteriore. (Ne ho portato un pacco anche in Procura! Pagu
bonasa!!). E mi ha abbracciato e mi ha detto che non riusciva più a darmi del
lei e che non le era mai capitato di non esser insultata dopo un incidente.
Mi spiace, per tutte le
volte che è successo. Per tutte le volte che abbiamo insultato una donna sulla
strada per un incidente provocato o perché eravamo di fretta. Ma mi piace che
esistano anche uomini come uno di quelli coi quali lavoro, che alla moglie ha
donato un rene. Il suo rene, alla moglie che faceva la dialisi. Ho
compiuto 36 anni e ho imparato ancor più quanto sia importante un abbraccio in
mezzo alla strada tra sconosciuti e quanto sia importante, sempre, l’Amore. Ciò che si fa per Amore.
Sui fianchi di alcune
donne c’è la bellezza, il tempo e ci sono gli abbracci. E se come sul mare
s’affacciano i raggi del sole, nel loro riflesso c’è la fragilità umana, la
stessa che abbiamo tutti quanti nel cuore. Grazie, per tutti i vostri auguri. E
grazie a chi, pur essendo un essere umano, comprende (o almeno ci prova) e sa
leggere gli animi.
Oggi compio 36 anni.
Cambierò il paraurti dell’auto, ma sto bene. E sta bene anche la Signora e sta
bene suo figlio. È un giorno bellissimo!
Di Giulio Lobina
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