"Ci sono sempre
falsi profeti. Ma nel caso della psichiatria è la profezia stessa ad essere
falsa, nel suo impedire, con lo schema delle definizioni e classificazioni dei
comportamenti e con la violenza con cui li reprime, la comprensione della
sofferenza, delle sue origini, del suo rapporto con la realtà della vita e con
la possibilità di espressione che l'uomo in essa trova o non trova."
(Franco Basaglia, da Follia/Delirio, in “Scritti” 1982)
(11 Marzo 1924) Nasce a Venezia Franco Basaglia, lo psichiatra a cui
si deve la famosa legge 180 del 1978, che impone la chiusura dei manicomi e
regola il trattamento sanitario obbligatorio, istituendo servizi di igiene
mentale pubblici. L’intenzione della
legge è quella di favorire terapie che non ledano la dignità e la qualità di
vita dei pazienti, che nei vecchi manicomi venivano spesso trattati con
elettroshock e terapie farmacologiche decisamente invasive. Muore il 29 Agosto
1980.
Nel 1958 Basaglia ottiene la libera docenza in psichiatria. Per le sue idee innovative e rivoluzionarie
non viene bene accolto in ambito accademico, cosicché nel 1961 decide di
rinunciare alla carriera universitaria per trasferirsi a Gorizia, dove dirige
l'ospedale psichiatrico della città.
Basaglia istituisce
subito, all'interno dell'ospedale psichiatrico, laboratori di pittura e di
teatro. Nasce anche una cooperativa di lavoro per i pazienti, che così
cominciano a svolgere lavori riconosciuti e retribuiti. Ma ormai sente il
bisogno di andare oltre la trasformazione della vita all'interno dell'ospedale
psichiatrico: il manicomio per lui va chiuso ed al suo posto va costruita una rete
di servizi esterni, per provvedere all'assistenza delle persone affette da
disturbi mentali.
La psichiatria, che non
ha compreso i sintomi della malattia mentale, deve cessare di giocare un ruolo
nel processo di esclusione del "malato mentale", voluto da un sistema
ideologico convinto di poter negare e annullare le proprie contraddizioni,
allontanandole da sé ed emarginandole.
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