Unione
Sarda
QUARTU -
MOLENTARGIUS. La discarica di Su Idanu Il fuoco “cammina” dal 14 luglio un
metro sottoterra
Il fuoco cammina . Va e viene, si
infila sottoterra alimentato dai rifiuti per poi risalire in superficie ed
esplodere con i suoi pennacchi di fumo carichi di veleni, di diossina.
L'inferno di Su Idanu - come ormai lo chiamano dalle parti di via Bizet e via
Marconi - è una bomba ecologica custodita nel parco di Molentargius un metro sottoterra.
Sono bastati quattro colpi di zappa
per far riemergere lo sconcio. Uno spicchio di verità di quel mistero
sotterraneo che deve ancora emergere nella sua interezza e complessità, svelato
solo in parte dal fuoco che da parecchi giorni (troppi per la salute dei
cittadini) cova nel sottosuolo e dal fumo che rende l'aria irrespirabile e la
vita impossibile a chi risiede nei palazzi intorno alla discarica dei veleni.
Plastica, pneumatici, fusti e chissà cos'altro giace nella “lettiera” di
Molentargius, che i più informati farebbero risalire addirittura agli anni
Settanta, quando gettar via rifiuti (anche sulle sponde di uno stagno) era
pratica quotidiana e l'ecologismo materia per pochi.
L'EMERGENZA Storia del passato? Non
proprio se si pensa che il parco regionale di Molentargius la sua cornice di
spazzatura la custodisce eccome. Discariche diffuse, ormai perenni, di laterizi
e pneumatici, elettrodomestici e onduline di eternit. Ma anche materiali
organici, diventati (nel caso della discarica sommersa di Su Idanu-Santo Stefano)
il carburante per un'autocombustione senza fine.
I FUOCHI Era il 14 luglio quando le
fiamme aggredirono il canneto che nascondeva il sarcofago dei rifiuti. Spente
le fiamme, bonificata l'area, il calore si infilò sotto
terra camminando veloce nei solchi lasciati dai rizomi delle canne,
raggiungendo l'immondezzaio coperto dalla terra, da uno strato di fanghiglia
che si asciuga e si inumidisce. Ebbene, altri fuochi, altri incendi
quest'estate hanno attraversato questa fetta di parco. Fino all'ultimo rogo di
questi giorni, probabilmente generato proprio da quella combustione nascosta esplosa
all'esterno con il suo carico di fumi inquinanti. Ma fu proprio il grande rogo
di metà luglio e le successive operazioni di bonifica a rivelare l'inferno. Della
presenza dei rifiuti la Forestale informò la direzione del Parco. Non pensando
che la vera denuncia potesse arrivare dal fuoco e dal
fumo di questi giorni.
LE DENUNCE Ieri l'associazione per
il Parco del Molentargius ha chiesto l'immediata bonifica dell'area.
«Interventi importanti vennero fatti in passato da Ramsar, ma questa discarica
non era stata individuata. Così come altre situazioni critiche sono emerse
negli ultimi incendi di via Fiume», spiega il presidente Vincenzo Tiana. E il
Gruppo d'Intervento giuridico onlus ha inoltrato una segnalazione alla Procura,
al Consorzio di gestione del parco, alla Forestale e ai carabinieri del Noe:
«In attesa di rapida bonifica e accertamenti sulle responsabilità
dell'inquinamento, rimane una considerazione: davanti a disastri ambientali e
sanitari come questi appare singolare insistere su un “parco-minestrone”
comprendente Molentargius, le Saline, Santa Gilla e la Sella del Diavolo. Manca
la normale gestione e l'ordinaria tutela ambientale e c'è chi vorrebbe
realizzare l'ennesimo carrozzone inefficiente e dispendioso».
Andrea Piras
La
Nuova
Tre le
richieste del partito: «Se non saranno accolte, voteremo no alla riforma»
Sanità,
l'ultimatum del Pds fa traballare la maggioranza
Non più con le carte coperte, sulla
sanità che traballa e vive
nell'attesa di una riorganizzazione
degli ospedali sempre più in
bilico, il Partito dei sardi ha
scelto il confronto (o scontro?) in
maggioranza senza rete. Con un
documento pubblico, la direzione
nazionale del Pds ha dato mandato ai
suoi cinque consiglieri
regionali, ma presto potrebbero
diventare sei, di votare contro se non
saranno accolte tre richieste di
correzione.
Dopo averle messe con
forza sul tavolo della commissione
sanità, insieme ad altre ma solo
alcune sono state accolte, dopo
averlo scritto che la nuova mappa
com'è stata licenziata non può
essere accettata e neanche discussa in
aula, il Partito dei sardi ora ha
dettato le condizioni per evitare lo
strappo. Con una premessa, scritta
nella prima pagina del documento,
«le nostre richieste sono di
sostanza e hanno come solo obiettivo
quello di costruire un sistema
sanitario equo, ben distribuito sul
territorio, efficiente e che non
dovrà generare altro debito. Dunque,
è un obiettivo ben diverso da quello
oggi dominate (il riferimento è
al testo approvato dalla commissione
e che da martedì dovrebbe essere
discusso in aula) fondato invece su
aree urbane sempre più
privilegiate e sempre a discapito di
periferie al contrario ancora più
marginalizzate». Fatta questa
premessa che di per sé è già una bomba
ad alto potenziale, in sostanza vuol
dire «finora avete sbagliato
tutto o quasi tutto», ecco quali
sono i punti imprescindibili per il
Pds. Le tre condizioni.
La prima: i pronto soccorso dovranno
funzionare realmente in tutti gli
ospedali della nuova Rete, compresi
in quelli più piccoli e periferici,
con il «contestuale avvio di
quella che sarà in futuro la
gestione delle emergenze-urgenze da parte
dell'Azienda Areus». Cioè - secondo
il Pds - dovunque dovrà esserci la
certezza di essere assistiti,
medicati e curati. La seconda
condizione: ogni territorio dovrà
avere un suo ospedale di comunità,
mentre - sempre stando al documento
della direzione - «nell'ultima
bozza ci sarebbero ancora diversi
territori scoperti» e allo stesso
tempo «dovranno essere definiti con
esattezza (e anche di questo per
il Pds non ci sarebbe traccia) i
servizi che dovranno essere garantiti
e attivati negli stessi ospedali di
comunità». Ma è fra le righe di
questo secondo punto che s'intuisce
un altro attacco frontale alla
giunta o meglio all'assessorato alla
sanità: la gestione sbagliata del
percorso della riforma. Perché -
come detto più volte dal Pds - «è
stato un clamoroso errore che si
siano preoccupati e occupati prima
della rete ospedaliera e non di
quella territoriale (cioè della parte
del sistema più a contatto con i
cittadini) e soprattutto abbiano
snobbato l'organizzazione della rete
dell'emergenza-urgenza che invece
doveva avere la priorità».
Per chiudere infine il documento con
la
terza richiesta: «Equa, trasparente
ed efficiente dovrà essere anche
la distribuzione delle strutture
complesse (sono i primariati negli
ospedali) e se il riconoscimento del
secondo livello è stato concesso
in deroga ad alcune strutture deve
poter essere esteso ad altre,
perché altrimenti la deroga verrebbe
vissuta solo come un privilegio».
Privilegio che, senza scriverlo, per
il Pds sarebbe stato concesso
solo agli ospedali di San Gavino e
Lanusei, ma non a quelli di
Alghero, Ozieri e Tempio invece
esclusi.
In attesa anche di questa
risposta, il Partito dei sardi
appare sempre più deciso a non mollare
la presa.Gli effetti. Le previsioni
su quanto accadrà oggi nel vertice
di maggioranza, convocato con
urgenza, sono quasi impossibili da
immaginare. Sta di fatto che il
Partito dei sardi più che essere
salito sul colle dell'Aventino
sembra essere a un passo dal saltare il
fossato e passare dall'altra parte
della barricata. In altre parole se
anche il dibattito in aula dovesse
essere rinviato, è la proposta in
extremis del Pd, oppure addirittura
il testo dovesse ritornare in
commissione per essere riscritto,
semmai dopo le proposte che domani
arriveranno dai sindaci convocati in
Consiglio regionale, comunque non
è sicuro il voto a favore del Pds.
Anzi, sembra di capire che potrebbe
essere contrario se la maggioranza
non dovesse accogliere almeno una
buona parte delle tre
raccomandazioni. E se ci fossero ancora dubbi
sul mandato della direzione ai
consiglieri, ecco cosa c'è scritto
nell'ultima pagina del documento:
«L'attuale proposta di rete
ospedaliera dovrà essere
modificata». Più chiaro di così c'è soltanto
l'inizio di una crisi. Non solo di
nervi ma politica (ua)
La
consigliera del Cp si unisce ai dissidenti: potrei bocciare diversi articoli
Busia: il
testo torni in commissione
CAGLIARI
Oggi, in un vertice di maggioranza
convocato d'urgenza, il Pd farà
sapere agli alleati che il rinvio
del dibattito sulla riorganizzazione
degli ospedali, è «una condizione
indispensabile e necessaria per
andare avanti e portare in porto un
altro pezzo importante della
riforma». Quale sarà la risposta di
compagni di cordata? È difficile
fare previsioni, ma l'aria sembra
tutt'altro che buona per il Pd.
Oltre all'annunciato dissenso del
Partito dei sardi e all'ultimatum
dei tre consiglieri regionali di
Articolo 1-Mdp, in questo caso sulla
mancata nomina del direttore
generale dell'Azienda per le
emergenze-urgenze, l'Areus, a
mettersi di traverso potrebbe essere
anche Anna Maria Busia del Campo
progressista-Cd. Lo si è capito dopo
questa sua dichiarazione: «Al
vertice di maggioranza non chiederò un
semplice rinvio di qualche
settimana, ma che il testo della legge
ritorni in commissione per essere
riscritto dopo l'incontro di giovedì
con i sindaci. Solo allora potrà
ritornare in aula.
Se invece questa
mia proposta non dovesse essere
ascoltata, il mio voto potrebbe essere
contrario su molti articoli». Il
fronte del no o del quasi no interno
alla maggioranza continua di fatto a
ingrossarsi giorno dopo giorno e
per l'opposizione di centrodestra
quanto sta accadendo sull'altro
fronte è una pacchia. Non a caso i
partiti di minoranza sono scesi
subito in campo. I Riformatori, col
capogruppo Attilio Dedoni, hanno
fatto sapere di essere contrari a
qualunque rinvio. «Non riusciranno a
imbavagliarci - ha scritto - e a
coprire il loro conflitti interni con
il giochetto delle date che cambiano
all'ultimo momento». Anche per il
vicepresidente della commissione
sanità del Consiglio regionale,
Edoardo Tocco di Fi, «il
centrosinistra s'è ormai svegliato troppo
tardi». Secondo la sua
ricostruzione, «per mesi interi - ha detto - la
maggioranza si è schierata con
l'assessore, ma alla fine s'è dovuta
arrendere di fronte all'evidenza.
Questa: la riorganizzazione degli
ospedali, così come l'hanno pensata
e votata, non piace a nessuno».
Per Tocco «la retromarcia decisa
dalla maggioranza va bene solo perché
eviterà ai sardi d'ingoiare un testo
bocciato da tutti: sindacati,
medici, cittadini e anche da diversi
consiglieri della maggioranza. Il
centrosinistra che torna indietro è
in effetti una buona notizia, ma
siamo di fronte a una Caporetto
politica». Intanto per oggi Paolo
Truzzu, Fdi-An, e Stefano Tunis, Fi,
hanno annunciato un libro bianco
sugli ultimi bilanci delle Asl e
dell'Ats: «Dimostreremo che finora la
giunta ha nascosto la verità sui
costi e che in due anni il piano di
rientro è stato un fallimento».
Unione
Sarda
Monteponi,
la terra brucia ancora
La terra brucia ancora. E attorno
alle case di Monteponi, nella
distesa annerita dall'incendio che
il 26 giugno scorso ha inghiottito
250 ettari di vegetazione, si levano
nuvole di fumo che riportano alla
mente l'avanzare delle fiamme.
Succede quasi quotidianamente,
soprattutto all'imbrunire e al
mattino presto. Fenomeno strano,
accompagnato dalla forte puzza di
bruciato, che alcuni abitanti hanno
segnalato ai vigili del fuoco i
quali non hanno mai trovato traccia di
nuovi roghi.
Eppure, a quasi 3 mesi dal maxi
incendio che ha terrorizzato Iglesias,
le nuvole di fumo continuano a
vedersi. «Succede spesso - conferma un
residente, Antonio Cossu - a seconda
del vento e del tasso di umidità,
è più evidente e accompagnato dall'odore
di bruciato». Nel suo rione,
quello chiamato “case degli
impiegati”, il fumo arriva dalla parte
sottostante, accanto alla strada che
conduce a Villa Bellavista. Il
fumo si nota anche da via Vivaldi,
nella parte che va verso l'ex
polveriera. «Ho chiesto spesso
l'intervento dei vigili del fuoco»,
racconta Valentina Pistis, che abita
in una delle case lambite dal
rogo di giugno.
A dare una spiegazione è Luciano
Ottelli, geologo di grande esperienza
in campo minerario che subito
rassicura: «Non siamo in presenza, come
accade a Carbonia, di fenomeni di
autocombustione. Ritengo si tratti,
piuttosto, di radici non
completamente spente che, nonostante siano
passate molte settimane
dall'incendio, continuano a bruciare».
Un'altra spiegazione può arrivare
dalla presenza dei fornelli: «Nelle
zone di miniera sono numerosi perché
servivano per il getto di
materiale o per il passaggio del
personale, ma anche per la
ventilazione». Proprio questa loro
funzione determina la fuoriuscita
di quello che può sembrare fumo, ma
in realtà è vapore. In entrambi i
casi si tratta di fenomeni del tutto
normali».
Cinzia Simbula
NUORO.
Dopo che il Tar Sardegna ha annullato la gara per la gestione
dei
servizi sanitari. Project, la Regione garante
L'assessore:
verranno salvaguardati i lavoratori e le attività
Cronaca di un annullamento
annunciato. Il project financing di Nuoro
da oltre un miliardo di euro che
affidava numerosi servizi della
sanità nuorese a un raggruppamento
di società private, vacillava da
tempo. La sentenza del Tar non ha
fatto altro che ribadire quanto
avevano già detto nel 2011, sul
contratto, gli stessi giudici
amministrativi. In quel
pronunciamento, il tribunale amministrativo
aveva dichiarato «nullo per illiceità
della causa» il project di
Nuoro. Il pronunciamento di lunedì
non mette fine alla storia, ma apre
al ricorso della società di progetto
al Consiglio di Stato (che sulla
prima sentenza non è mai entrato nel
merito perché i ricorsi erano
stati ritirati).
Mentre la Regione tranquillizza: il
direttore
dell'Ats Fulvio Moirano e
l'assessore alla sanità Luigi Arru affermano
di essere pronti a farsi carico del
personale, centinaia di
dipendenti, nonché del vuoto
lasciato dal contratto. Duri i sindacati.
Fulvia Murru della Uil-Fp attacca:
«Da tempo avevamo segnalato
irregolarità e poca chiarezza. Non
vorremmo che ora a pagare le scelte
scellerate della politica siano i
lavoratori».
LA STORIA Il project nasce nel 2007
con la Giunta di Renato Soru.
Obiettivo, costruire il terzo polo
sanitario al centro dell'Isola. Il
bando di gara dell'agosto 2007
prevede l'affidamento dei lavori di
ristrutturazione e completamento dei
presidi ospedalieri San Francesco
di Nuoro, Cesare Zonchello di Nuoro,
San Camillo di Sorgono e dei
presidi sanitari distrettuali di
Macomer e Siniscola, oltre a servizi
e fornitura e manutenzione delle
relative attrezzature sanitarie, la
gestione del servizio di assistenza
domiciliare, infermieristica e
riabilitativa. L'affidamento nel
marzo 2008 alla Cofatech Servizi,
capogruppo di un'associazione di
imprese.
A luglio nasce la società di
progetto Polo sanitario Sardegna
Centrale. Nel 2009, e poi ancora nel
2014, con la Giunta guidata da Ugo
Cappellacci, si modifica due volte
il contratto: l'atto aggiuntivo
numero 2 stravolge tutto e - si legge
nella sentenza - «modifica il
rapporto concessorio in termini, sotto
diversi aspetti, più favorevoli al
concessionario». Nel 2015, il
commissario dell'Asl Mario Palermo
(Giunta Pigliaru) inizia
l'operazione di revisione della
spesa dal project. Si affida anche
all'Anac e l'Unità tecnica Finanza
di Progetto, della presidenza del
Consiglio dei ministri. Il parere è
negativo. Quel project «in frode
alla legge» scarica il rischio sul
pubblico, sentenziano. Parere che
pesa come un macigno, ma si cerca
una via d'uscita. Ora la sentenza
che fa scorrere i titoli di coda.
L'EX COMMISSARIO «Ho fatto quello
che il mio ruolo mi chiedeva con la
massima serenità, trasparenza e
neutralità - dice l'ex commissario
Mario Palermo -. Nessuno ha mai
voluto chiudere il project, ma sono
soddisfatto se il mio impegno ha
contribuito al risparmio di soldi
pubblici». Milioni. Soldi fino
allora spesi senza batter ciglio. Come
sono nati i dubbi sul project? «È
semplice - racconta - dopo quindici
giorni da commissario mi sono state
presentate delle fatture, ho
controllato se avessero una
contropartita, sono sorti subito dubbi.
Abbiamo tentato disperatamente di
salvare il project quando l'Anac ci
aveva dato la possibilità, poi non
abbiamo avuto più interlocutori».
La dirigenza e una classe politica
«che avevano il compito di
vigilanza e controllo si assumano la
responsabilità del fallimento»,
ribatte Fulvia Murru della Uil-Fp.
IL CONTRATTO Il padre del project di
Nuoro, Franco Mariano Mulas,
direttore sanitario dell'Asl di
allora, oggi non parla: «Nessuna
dichiarazione». Le sue parole in una
intervista di due anni fa:
«Abbiamo fatto tutto ciò che
dovevamo: due gare internazionali,
validazione di una società
internazionale, la Sfirs aveva certificato
il trasferimento del rischio dal
pubblico al privato e la congruità
del canone».
LE GARANZIE «La sentenza non
sorprende, dal 2015 l'assessorato aveva
chiesto alla Asl di Nuoro di fare
chiarezza - dice l'assessore alla
sanità Luigi Arru -. Abbiamo
inserito in Finanziaria i fondi per far
fronte alle obbligazioni in essere
con la società e all'Ats abbiamo
dato mandato affinché siano
assicurati i servizi e salvaguardati i
lavoratori». Soddisfatto il
direttore generale dell'Ats Fulvio
Moirano: «Il Tar dà ragione al
nostro annullamento - dice -. Siamo
preparati a subentrare nella
gestione».
Fabio Ledda
RYANAIR.
La compagnia corre ai ripari e cerca di richiamare dalle ferie i piloti
Il caos
voli finisce dai Pm. Disagi per i passeggeri sardi: esposto del Codacons
Gli aeroporti di Cagliari e Alghero
rimangono fuori - per il momento -
dall'ondata di cancellazioni dei
voli Ryanair, ma i disagi per i
passeggeri sardi non mancano. Perché
la revisione dei piani di volo in
tutta Europa (oltre 2000
collegamenti eliminati nelle prossime
settimane) ha lasciato a terra chi
aveva in programma uno scalo a Orio
al Serio - uno degli aeroporti più
colpiti in Italia - o Ciampino.
Enrico Lobina, cagliaritano di 39
anni, doveva raggiungere Porto. «Tra
viaggi di andata e di ritorno ho
acquistato quattro biglietti. La
compagnia ha cancellato le tratte
Bergamo-Porto, quindi gli altri due,
sulla linea Cagliari-Bergamo, sono
inutili. E non mi verranno
rimborsati», racconta. A questo si
aggiungono «alberghi prenotati e
ferie già concesse», quindi una
vacanza rovinata.
LA FUGA DEI PILOTI Nel frattempo
Ryanair cerca di arginare l'emorragia
di piloti, causata dalle nuove
regole imposte dall'ente per
l'aviazione irlandese sulla
pianificazione delle ferie. Una falla che
si è aperta proprio mentre da mesi
sarebbe in corso una vera e propria
fuga degli equipaggi verso le
compagnie concorrenti, in particolare la
Norwegian. Sarebbero 140 i
comandanti che hanno lasciato la compagnia
di Michael O'Leary. Per alcune fonti
potrebbero essere ancora di più.
Ecco perché nelle ultime ore Ryanair
ha offerto ai suoi piloti bonus
fino a 12mila euro per la rinunciare
alle ferie, in modo da
fronteggiare l'emergenza.
L'ESPOSTO Ieri il Codacons ha
annunciato la presentazione di un
esposto alla procura della
Repubblica di Cagliari (insieme a quelle di
Roma, Bergamo e Bari) «affinché sia
fatta luce sul comportamento della
compagnia aerea sotto il profilo
penale, e perché siano pienamente
tutelati i diritti dei passeggeri»,
ha detto il presidente Carlo
Rienzi, «visto che numerosi
passeggeri ci stanno contattando per
denunciare disagi enormi e danni
economici non indifferenti causati
dalla cancellazione del proprio volo
a ridosso delle date di partenza».
Ryanair rischia di dover risarcire
35 milioni di euro ai viaggiatori.
«I passeggeri coinvolti possono
avere diritto a un rimborso fino a 400
euro a prescindere dal prezzo del
biglietto, se la compagnia aerea ha
fornito meno di 14 giorni di
preavviso», dice Lorenzo Asuni, manager di AirHelp.
L'INTERROGAZIONE Intanto
l'europarlamentare di Forza Italia Stefano
Maullu ha presentato
un'interrogazione indirizzata alla Commissione
europea sullo stato della continuità
territoriale, che di recente
sarebbe stata «gravemente
compromessa» dagli scioperi dei controllori
di volo. Il sistema sardo di
collegamenti aerei potrebbe non essere
sufficiente «a garantire la piena
attuazione del principio di coesione
economica». Per questo potrebbero esserci
le condizioni per «aprire
una procedura di infrazione nei
confronti dell'Italia per presunta
violazione del diritto dell'Ue». (m.
r.)
COMUNE.
Tensioni per il ritorno in Consiglio della delibera sul
bilancio
consuntivo Il Pd: «La Regione nomini subito un commissario»
«Il segretario comunale ci ha
comunicato che la delibera per
l'approvazione del Rendiconto dovrà
tornare in Aula: a questo punto
spetta alla Regione rendersi conto
della gravità della situazione e
mandare un commissario a Quartu». Il
capogruppo del Pd Marco Piras
svela gli sviluppi del pasticcio sul
bilancio consuntivo. Il Pd e il
M5S hanno sollecitato l'intervento
dell'assessorato regionale agli
Enti locali sostenendo che la
maggioranza stava sbagliando ad
approvare i conti del 2016 senza
avere tutti i numeri necessari, ma la
squadra di Delunas è andata avanti.
Dalla Regione hanno però chiesto
chiarimenti urgenti evidenziando che
se quanto denunciato dai consiglieri
di minoranza fosse stato vero la
seduta sarebbe stata da annullare.
Dal Comune trapela solo che questa
comunicazione è arrivata via Pec ed
è stata ricevuta solo lunedì e che
nel giro di un paio di giorni
arriverà una risposta. Ma ieri mattina
in Comune è stato già annunciato che
sarà tutto da rifare. A nulla era
servita la mediazione del capogruppo
del Pd Marco Piras prima che
cominciasse la seduta dell'8
settembre. «Con la posta elettronica
certificata avevo scritto al
segretario comunale, al presidente del
Consiglio, all'assessore regionale
agli Enti locali e al prefetto per
metterli in guardia. Citando il
regolamento e le sentenze, si stava
portando avanti un atto illegale -
spiega Piras - approvare un
documento finanziario con meno della
metà dei consiglieri era fuori da
ogni logica democratica. Ma in Aula
sono andati avanti con presunzione
e incapacità».
La minoranza non ha partecipato alla
votazione e la maggioranza, con
numeri risicati, ha portato a casa
il Rendiconto ma a quel punto anche
il capogruppo M5S ha presentato un
esposto all'assessorato agli Enti
locali. Dopo l'approvazione e le
segnalazioni, dalla Regione hanno
chiesto chiarimenti, lasciando
intendere che la sorte di quella seduta
era già segnata e ieri sarebbe
arrivata la conferma che il Consuntivo
dovrà tornare in Aula.
«Le responsabilità maggiori sono del
segretario, ma ha gravi colpe
anche il presidente del Consiglio,
che dovrebbe essere garante
dell'Aula», attacca Marco Piras «La
Regione aveva fissato un ultimatum
per l'approvazione del bilancio
consuntivo ed è scaduto da tempo: è
ora di mandare tutti a casa e
chiamare un commissario». Ci sono stati
molti momenti delicati, ma secondo
gli esponenti dell'opposizione le
sorti della Giunta Delunas non sono
mai state così appese a un filo.
«La Regione avrebbe dovuto farlo prima
- conclude Piras - non sono in
grado di governare un'Aula,
figuriamoci la terza città della
Sardegna».
Marcello Zasso
La
Nuova
«Vi
mangerei solo per il gusto di vomitarvi», attacca davanti all'Hotel Forum
La Fnsi:
«Provoca nausea anche a digiuno». Gli ortodossi sul piede di guerra
Alta
tensione nel M5s Grillo contro i cronisti
di Francesca Chiri
ROMA
È un Grillo furibondo quello che
lascia Roma dopo aver assistito dalla
sua stanza in hotel, quasi
impotente, alla bagarre scatenata
dall'indizione delle primarie per la
scelta del candidato premier. È
furioso e anche un po' demoralizzato
perché resta lui il parafulmine
dei veleni che corrono dentro il
Movimento. È incredulo per il
comportamento degli ortodossi, e
soprattutto per la presa di distanze
di Roberto Fico. «Le primarie erano
aperte a tutti, perché non si è
candidato? Chi glielo ha impedito?»
è il ragionamento del garante. Ed
è disgustato per gli attacchi della
stampa. «Io vi mangerei soltanto
per il gusto di vomitarvi, voi siete
i principi del pettegolezzo»,
attacca i cronisti che lo attendono
fuori dall'hotel. È esterrefatto
del trattamento che il M5s ha
ricevuto nonostante la proclamazione di
primarie aperte a tutti.
«Per i giornali ogni scusa è buona
per
parlare male del M5s e in queste ore
discettano sulla qualità del voto
per la candidatura a premier del
M5s» attacca il suo blog di prima
mattina prendendosela con i
«giornali di regime» che «volevano delle
primarie fiction come quelle del Pd
o di altri partiti». Agli attacchi
del leader del M5s replica il
segretario della Federazione nazionale
della Stampa, Raffaele Lorusso:
«Parafrasando il suo delirio, Beppe
Grillo provoca nausea anche a
digiuno. Non fa più ridere nessuno e
quindi non può che ricorrere al
linguaggio dell'odio e dell'insulto».
Il garante del movimento, intanto,
continua a non digerire i continui
attacchi al lavoro della giunta
Raggi. Tra i pochi che ha incontrato
nella due giorni romana ci sono
l'assessora all'Ambiente, Pinuccia
Montanari, e quello alle Partecipate
Massimo Colomban. Poi si sfoga
con i cronisti.
«Ci sono dirigenti che lavorano per
i partiti e non
per il bene comune, dovremmo fare un
assessore alle trappole, andate a
vedere il lavoro che stanno facendo
i nostri, andate a vedere il
lavoro che stanno facendo all'Ama».
E nel giorno in cui, come se non
bastasse, il tribunale di Palermo
sospende le Regionarie in Sicilia,
vede anche uno dei suoi legali,
l'avvocato Andrea Ciannavei. Ma l'eco
dell'ira di Grillo, che non ha
ricevuto neppure un parlamentare
durante il suo soggiorno, arriva
comunque a Montecitorio. Il segno è
stato passato: da ora in avanti sarà
linea dura con i dissidenti. Si
vedrà ora cosa farà Roberto Fico,
atteso a Rimini per Italia 5Stelle
dove dovrebbe fare il suo intervento
venerdì. Lo scorso anno il
presidente della Vigilanza Rai, a
sua volta accusato dall'ala dei
pragmatici, che sembra rinfoltirsi
sempre di più, di non aver «dato il
meglio di sé» nel ruolo ricoperto,
stupì tutti per il suo veemente
appello contro la deriva «vip» nel
MoVimento.
Ma anche Luigi Di Maio,
che ieri a Napoli, in segno di
devozione, ha baciato l'ampolla che
contiene il sangue di San Gennaro e
oggi riprenderà il tour elettorale
in Sicilia, dovrà fare la sua parte.
I pontieri che stanno provando a
ricucire la frattura interna al
Movimento chiedono uno sforzo anche a
lui: per troppo tempo, si lamenta
qualche parlamentare, sì è dedicato
quasi unicamente alla sua campagna
elettorale, tralasciando il lavoro
svolto nelle Camere. Serpeggia
invece un certo malcontento per le
primarie: la rosa dei candidati
proposti, viene notato, poteva essere
curata meglio.
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Federico
Marini
skype:
federico1970ca
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