Metro,
Zedda va in Tribunale - Il primo cittadino sentito per un'ora e mezza
dalla procuratrice. Aperta d'ufficio un'inchiesta dopo le dichiarazioni
pubbliche sulla modifica del percorso.
«La metropolitana di superficie
verso Quartu è il più grande progetto di speculazione edilizia in corso a
Cagliari. L'unico percorso che ho visto snodarsi toccando stranamente
determinate proprietà è l'autostrada di Capaci, che doveva sfiorare i terreni
dei mafiosi». Queste frasi, pronunciate dal sindaco metropolitano Massimo Zedda
lo scorso 24 marzo durante un'iniziativa pubblica di “Campo progressista”,
movimento del quale è esponente, hanno inevitabilmente richiamato l'attenzione
di chi lavora al terzo piano del Palazzo di giustizia.
Davanti a simili dichiarazioni, sfociate
nello stop a un'opera milionaria, la Procura della Repubblica ha deciso di
sondare il terreno: si tratta di un'uscita prettamente politica o il primo cittadino
ha voluto sottintendere la presenza di interessi realmente illeciti dietro
l'attuale disegno del tracciato?
INDAGINE Dubbi all'origine
dell'indagine esplorativa aperta dalla Procuratrice Maria Alessandra Pelagatti
e della conseguente convocazione di Zedda, ieri mattina, nel suo ufficio. Passo
che potrebbe essere stato compiuto per il possibile arrivo (così era stato promesso)
di un «incartamento» col quale l'assessore regionale ai Trasporti, Carlo
Careddu, il 26 marzo, aveva assicurato di ricostruire il processo
amministrativo compiuto» per realizzare la metropolitana; oppure su propria
iniziativa, dopo aver letto su L'Unione Sarda le esternazioni del sindaco.
NESSUN INDAGATO Tecnicamente si
chiama “modello 45”: un fascicolo privo di indagati e ipotesi di reato, utile
per approfondire e verificare l'eventuale sussistenza delle affermazioni. Zedda,
sentito come testimone, è entrato alle 12 nella stanza della procuratrice ed è uscito
alle 13,20. All'incontro era presente anche il pubblico ministero Diana Lecca.
«Secondo me l'attuale percorso non è funzionale, non serve», avrebbe sostenuto
il sindaco, ribadendo la sua contrarietà al tracciato attuale.
IL PERCORSO Perché i binari passano
in una zona incolta e priva di utilità?, è la domanda del capo della Giunta
cittadina, il quale ha sottolineato la necessità di collegare direttamente
Cagliari e Quartu con una linea che passi magari lungo viale Marconi. Col
percorso attuale, punto dolente sottolineato in più occasioni da Zedda, i passeggeri
dovrebbero compiere un giro complesso e troppo lungo: sarebbero necessari,
secondo i suoi calcoli, circa 80 minuti per partire dalla terza città della
Sardegna e arrivare nel capoluogo.
LE ACCUSE Già al Teatro Massimo il
sindaco aveva parlato di un itinerario «tortuoso, lontano dalle esigenze di
mobilità del territorio» e per questo «esposto al rischio di speculazione
edilizia. La metro con questi percorsi potrebbe costarci dieci milioni di perdita
d'esercizio l'anno: attraversa terreni dove nulla c'è e nulla può esserci per
via del rischio idrogeologico.
I binari devono essere dove la gente
abita o lavora, non in mezzo al nulla. Sono tutti binari morti, tracciati che a
un certo punto finiscono. Occorrono gli anelli di collegamento tra le varie
linee. Quella del Poetto deve ricollegarsi a Quartu: non ha senso dalla
spiaggia tornare a Cagliari e poi cambiare linea verso Quartu. Il tracciato
deve servire il territorio, non gli interessi di chi costruirà. Rischiamo di
veder viaggiare treni semivuoti.
Il passaggio dei convogli tra un
Comune e l'altro non può avvenire nel perimetro del Piano di assetto idrogeologico,
dove nulla c'è e nulla può essere costruito. La metro deve andare dalla gente,
non il contrario. Il percorso nei centri abitati deve comprendere le zone principali.
La metro dev'essere vantaggiosa,
altrimenti le persone continueranno a spostarsi in auto. Da Quartu si sfiorano
soltanto Quartucciu e Selargius e si segue un percorso periferico a Monserrato,
dove si cambia convoglio: a piedi si fa prima. E poi si deve avere attenzione
al versante di Capoterra, Sarroch, Villa San Pietro e Pula: da lì entrano in
città 38 mila veicoli al giorno, che intasano Cagliari e ai quali è impossibile
garantire parcheggio».
L'ARST Poi il passaggio sulla
gestione. «In tutto il mondo è in carico alla società che cura i trasporti
della città metropolitana e la integra con gli altri mezzi. Qui invece c'è
l'Arst: ma perché? Gli orari coordinati e il biglietto unico non saranno mai
realizzabili se non sarà affidata al Ctm». Difficile ipotizzare che ieri
mattina in Procura Zedda non abbia parlato anche di questo.
Andrea Manunza
La
Nuova
Pd, i
soriani sfidano Cucca: convocata l'assemblea
CAGLIARI
La corrente capeggiata dall'ex
presidente della Regione Renato Soru ha
raccolto le firme e ottenuto quello
che voleva: l'assemblea regionale
del Pd. Sarà la prima dopo il
rovescio elettorale di marzo ed è stata
convocata sabato ad Abbasanta - ore
9.30 all'hotel «Su Baione» - senza
aspettare le decisioni del
segretario quasi dimissionario Giuseppe
Luigi Cucca. La lettera. A firmare
in autonomia la convocazione è
stata Lalla Pulga, presidente del
partito, in quota Soru, che comunque
non poteva fare diversamente. Alla
fine della scorsa settimana, sulla
sua scrivania era arrivata la
richiesta di un'assemblea straordinaria
sottoscritta da 45 delegati su 160.
Cioè: da più di un quinto degli
aventi diritto, mentre, come prevede
il regolamento, sarebbero bastate
anche solo 32 firme per raggiungere
l'obiettivo.
Dunque, il silenzio
durato oltre un mese è stato
spazzato via da questa prova di forza dei
soriani e fra qualche giorno
dovrebbe essere più chiaro che fine farà
la segreteria di Cucca. Che in
direzione, a metà marzo, s'era detto
pronto a dimettersi, ma solo «nelle
mani dell'assemblea del partito».
Assemblea che doveva essere
convocata dallo stesso segretario subito
dopo Pasqua, però così non è stato
ed è per questo che i soriani hanno
forzato i tempi.Ordine del giorno.
Nella convocazione c'è scritto:
«Discussione sul Pd Sardegna e
analisi della situazione politica a
seguito delle elezioni del 4 marzo
2018».
Un tema caldissimo e di
stretta attualità visto che il
partito non si è ancora ripreso dallo
scivolone delle Politiche, in cui
s'è classificato al terzo posto
dietro i 5 stelle e il centrodestra,
e lontanissimo rispetto alle
percentuali di voti raccolte dai
diretti avversari. Con in più anche
questo particolare non da poco: in
Sardegna è rimasto al di sotto del
15 per cento, 14,8 per l'esattezza,
ottenendo uno dei peggiori
risultati nazionali, nonostante
guidi la coalizione di centrosinistra
in Regione.
La data. L'assemblea regionale è stata
convocata lo stesso
giorno in cui, a Roma, si sarebbe
dovuta svolgere quella nazionale. È
un caso, oppure c'è dell'altro?
Scritto che il segretario reggente di
via Del Nazareno, Maurizio Martina,
sta per rinviare ufficialmente a
data da destinarsi l'assise nella
Capitale, quindi i due eventi non
dovrebbero sovrapporsi, resta in
piedi l'ipotesi che la scelta di quel
«doppio sabato 21 aprile» possa
essere anche una provocazione. In
sostanza, un voler dimostrare - da
parte della presidenza regionale -
che il Pd sardo è sempre più
autonomo e non sente più l'obbligo di
aspettare le altrui decisioni per
scegliersi un nuovo segretario.
Se così fosse, la prova di forza
innescata dalla corrente soriana sarebbe
evidente, ma la concomitanza invece
potrebbe essere solo uno scherzo
del calendario, oppure Lalla Pulga
quando ha convocato l'assemblea
regionale, aveva già la certezza che
quella nazionale sarebbe stata
rinviata. Chissà.Forze in campo.
L'assemblea del Pd è composta da 160
delegati. Ad avere la maggioranza relativa,
57, è il gruppo capeggiato
dal segretario Cucca e formato dai
renziani e dagli ex Ds. Corrente
che, nelle primarie dell'anno
scorso, era alleata coi
popolari-riformisti dell'area
Cabras-Fadda (53 delegati), però dopo la
sconfitta elettorale anche quel
patto è finito in pezzi. Sono invece
50 i soriani in assemblea e sono
tutti per le dimissioni immediate di
Cucca, dopo aver abbandonato anche
la segreteria regionale.
Calcolatrice alla mano, se sabato i
popolari-riformisti e il gruppo di
Soru dovessero votare insieme, Cucca
finirebbe in minoranza. Anche se
per capire come potrebbe finire,
bisogna leggere con attenzione il
regolamento del partito. Perché se
fra pochi giorni Cucca dovesse
dimettersi ufficialmente,
l'assemblea potrà nominare subito il
successore, mentre se dovesse essere
sfiduciato sarà necessario un
nuovo congresso per eleggere il
segretario.Possibile rinvio.
Nonostante l'assemblea sia stata
convocata, rischia comunque di essere
rinviata. Da chi? Dalla segreteria
di via Del Nazareno, che potrebbe
imporre quanto deciso alcune
settimane fa proprio dal reggente
Martina. Cioè: «Le assemblee
regionali sono sospese fino a quando non
si svolgerà quella nazionale».
Il diktat romano sarà riproposto o
semmai sollecitato? È possibile, ma
non è detto. Comunque c'è il
rischio che il Pd sardo ripiombi
tempi bui del tutti contro tutti. Non
solo, un nuovo scontro interno
vorrebbe dire anche altre due cose: la
legnata del 4 marzo non è servita e
i tentativi di tenere assieme la
coalizione, leggi il ripetersi dei
vertici di maggioranza in
Consiglio, rischiano di essere solo
accademia. Perché la verità è
un'altra: tutti i partiti sono già
in campagna elettorale anche se
mancano ancora 10 mesi all'apertura
dei seggi per le Regionali. (ua)
La resa
dei conti nel Pd Renziani contro Calenda
Si
attende la rottura tra leghisti e pentastasellati. Fassino parla di
nuovi
scenari Da Rosato disponibilità a incontrare chi
riceverà
l'incarico dal Capo dello Stato
Un drappo rosso a coprire una statua
raffigurante il politico e
militare tebano Epaminonda in un
teatro di Cario Montenotte, località
del Savonese, in occasione di un
convegno sul dialogo interreligioso
organizzato dalla confederazione
islamica italiana insieme alla
federazione islamica ligure e
immediate sono scattate le polemiche. Il
drappo è stato posto sabato dalle
due associazioni musulmane. Sui
social, Mario Capelli Steccolini che
ha restaurato l'opera, ha
scritto: «Sia chiaro Epamindonda è
stato coperto dai musulmani per
esigenze cerimoniali», riferendo di
avere anche provveduto
personalmente a spostare un quadro
«su richiesta» degli organizzatori
musulmani che raffigurava una donna
con la schiena scoperta.
«Nessuna censura», ha replicato
Chams Eddine Lahcen, presidente della comunità
musulmana valbormidese e della
federazione islamica della Liguria. «Ho
coperto io la statua ma soltanto per
esigenze cerimoniali e per poche
ore. Stonava con l'ambientazione
marocchina. Il nostro Islam è
moderato questa polemica ci ferisce.
Abbiamo organizzato un dialogo
interreligioso per avvicinare tutti.
Non ci permettiamo di coprire
statue per motivi culturali», ha
sottolineato negando di avere chiesto
lo spostamento del quadro. Minimizza
il sindaco di Cairo Montenotte
Paolo Lambertini che parla di
«malinteso».
«La comunità islamica ha
affittato una sala per un evento
volto a favorire l'integrazione», ha
osservato. «Solo a me questa sembra
una follia?» ha twittato il leader
della Lega Salvini, linkando una
foto della statua con le pudenda
coperte. «Un danno all'immagine
dell'Italia agli occhi del mondo» ha
polemizzato il Codacons.di Giovanni
Innamorati
Pd comincia a
ragionare a quelli che Piero Fassino
ha chiamato «scenari nuovi», nel
caso in cui non prenda corpo il
patto tra M5s e Lega per dar vita al
governo. Scenari nuovi che non
destano l'entusiasmo al Nazareno ma
rispetto ai quali si potrebbe dover
modulare la risposta in modo nuovo
rispetto al semplice «siamo
all'opposizione».
A gettare il sasso nello
stagno è stato un neo-tesserato di
peso come Carlo Calenda che, in
caso di fallimento dell'entente Di
Maio-Salvini, ha ipotizzato che sia
il Pd a proporre «un Governo di
transizione sostenuto da tutte le
forze e la formazione di una
commissione bicamerale sulle riforme
istituzionali». Ipotesi che ha
ricevuto subito il «non possumus» dei
renziani, come Anna Ascani, Dario
Parrini, Ernesto Magorno e Sandro
Gozi: l'iniziativa «spetta ad altri,
a chi ha avuto maggiori consensi
il 4 marzo» ha detto Luca Lotti.
Non che i Dem si tirino fuori da un
possibile governo istituzionale («il
governo che Mattarella
prefigurerà» lo definisce Luigi
Zanda), tanto è vero che Ettore Rosato
ribadisce la disponibilità a
incontrare chi riceverà l'incarico dal
Capo dello Stato. Ma occorre che
prima Salvini e Di Maio «prendano
atto del loro fallimento» dice
Lorenzo Guerini.
A fare innervosire
tutti i dirigenti democrat, compreso
il premier Paolo Gentiloni, sono
state le affermazioni di Matteo
Salvini che ha rinviato le trattative
del governo a dopo il voto in Molise
(il 22 aprile) e nel Friuli (28
aprile). «Trovo veramente assurda -
è sbottato il reggente Maurizio
Martina - l'idea di Salvini per cui
il Paese deve aspettare i suoi
tornaconti elettorali. Il Paese ha
già votato e adesso chiede
risposte, non propaganda», per di
più usando Molise e Friuli come
«cavie da laboratorio».
E anche il premier prende posizione:
«Francamente mi sembra un modo
imbarazzante di interpretare il
carattere speciale dell'autonomia
del Friuli dire che le elezioni di
questa regione servono a decidere i
rapporti di forza e di
schieramento politico a Roma». Il
timore è dunque quello che il
prolungato tira e molla interno al
centrodestra e tra questo e M5s,
faccia saltare un successivo
tentativo di governo istituzionale, visto
che Lega e M5s potrebbero sfilarsi,
conducendo a un ulteriore
scenario, imbarazzante per il Pd:
quello di un rinvio del governo
Gentiloni alle Camere, per chiedere
una fiducia tecnica che gli
consenta di arrivare a elezioni in
autunno.
Uno scenario su cui da
ieri i boatos hanno cominciato a
rimbalzare nel Palazzo. In casa Dem
non si crede molto a questa ipotesi
ma tutti i rinvii della soluzione
imposti da Salvini e Di Maio,
bloccano anche l'avvio della
sistemazione interna del Pd, a
cominciare dall'Assemblea nazionale che
verrà convocata solo dopo la nascita
del governo. Ieri i delegati
hanno ricevuto la lettera di rinvio,
che Martina sperava comunque di
poter convocare l'Assemblea dopo
poche settimane. Il reggente ha
partecipato alla Direzione regionale
dell'Emilia Romagna e oggi sarà
nell'importante circolo romano
dell'Ostiense: lavora cioè sui
territori, sul rilancio
dell'attività dei circoli, necessaria per
rivitalizzare il confronto interno
nei prossimi mesi.
Martina infatti
intende confermare la propria
candidatura a segretario da portare in
Assemblea, evitando un immediato
congresso che provocherebbe «conte e
divisioni» se prima non ci sarà un
confronto sulle prospettive del Pd
e del centrosinistra. Ieri Matteo
Renzi è volato in Qatar, rimarcando
la propria distanza dal dibattito
interno, ma la decisione se tenere o
meno subito il congresso divide
anche la sua area.
Unione
Sarda
Pd,
l'assemblea si convoca da sola
La
presidente Pulga fissa la riunione per sabato 21. Si attendono le
mosse di
Cabras-Fadda
Accolta
la richiesta dell'area Soru malgrado il silenzio di Cucca
L'assemblea nazionale slitta a data
da destinarsi, quella regionale
invece si farà sabato 21 aprile. La
presidente Lalla Pulga non l'ha
convocata su richiesta del
segretario Giuseppe Luigi Cucca, ma di 45
membri dell'organismo. Tutti soriani,
come la stessa Pulga. I delegati
sono in tutto 160 e per celebrare
l'assemblea basta la firma di un
quinto di loro.
Si tratta, comunque, di una
convocazione unilaterale,
e questo significa che i dem sardi
vivono una situazione di stallo e
disarmonia, dove le diplomazie
interne lavorano non bene. È certo,
comunque, che come un mese fa in
occasione della direzione regionale a
Oristano, sabato alle 9.30 all'hotel
“Su Baione” Cucca non si
presenterà dimissionario. Il
segretario arriverà all'incontro con la
disponibilità a rimettere il mandato
nelle mani dell'Assemblea, pronto
a fare un passo indietro se fosse la
maggioranza a chiederglielo. Ma
le dimissioni a prescindere non sono
contemplate.
I CONTI I numeri, d'altra parte,
potrebbero dargli ragione: in teoria
sono 110 i delegati che in Assemblea
dovrebbero sostenerlo, i 57
eletti alle scorse primarie nella
lista “Insieme per Cucca”, e i 53
della corrente dei
Popolari-riformisti (Cabras-Fadda); i contrari,
sulla carta, sono i 50 soriani. Il
fatto che la richiesta di
convocazione sia esclusivamente di
matrice soriana potrebbe anche
voler dire che Cucca ha ancora la
maggioranza. Il condizionale è
imposto dalla posizione dei Popolari
riformisti, per nulla scontata.
Dopo il voto del 4 marzo - in realtà
anche prima, a causa delle
polemiche sulle candidature - gli
equilibri sono cambiati. Il 17
marzo, in direzione a Oristano, il
senatore uscente Silvio Lai aveva
lanciato la discussione
sull'articolo 13 dello statuto nazionale del
Pd che prevede la possibilità di costituire
un Partito sardo federato
rispetto a quello nazionale. Una
soluzione che certo non potrà
incontrare i favori dei renziani
sostenitori di Cucca, ma nemmeno dei
soriani. Lai, come tutti gli uomini
dell'area Cabras-Fadda, avevano
insistito per una convocazione
rapida dell'Assemblea. Nel documento
finale si era parlato di «dopo
Pasqua», comunque prima di quella
nazionale allora in programma l'11
aprile.
IL CALENDARIO Poi però Roma ha
deciso per il rinvio al 21 aprile, e
ieri ha fatto saltare anche questo
appuntamento: è stato il reggente
Maurizio Martina ad aver annunciato
venerdì scorso di aver chiesto la
“sconvocazione” al presidente del
partito Matteo Orfini.
I renziani potrebbero fare la stessa
cosa in Sardegna. Un quinto dei
delegati ha ottenuto di riunire il
Pd sabato, allo stesso modo un
quinto potrebbe chiedere che
l'incontro del 21 non si tenga. Già oggi
gli uomini che sostengono Cucca
potrebbero muoversi in questo senso.
Anticipare Roma è sconveniente,
sostengono. Perché le decisioni prese
a livello nazionale potrebbero
vanificare quelle che saranno assunte
sabato, e del resto - dato che il Pd
sardo non è (ancora) un partito
federato - è Roma che ha l'onere di
definire un percorso: sulla base
di questo l'Assemblea sarda si
dovrebbe riunire per poi ratificarne i
punti con ricaduta regionale.
ARGOMENTI C'è poi un altro motivo
per cui in tanti (Popolari
riformisti compresi) non vedono di
buon occhio l'appuntamento del 21
aprile: l'ordine del giorno. Nella
lettera inviata dalla presidente
Pulga si parla di «Discussione sul
Pd Sardegna e analisi della
situazione politica a seguito delle
elezioni del 4 marzo 2018». La
seconda parte è considerata la più
discutibile: le elezioni si sono
celebrate un mese e mezzo fa, fanno
notare gli esponenti della
corrente Cabras Fadda. Che invece
andrebbero oltre, proiettati verso
le elezioni regionali, magari a
discutere di candidature, fino a porre
la questione se sia opportuno che
chi ha già ricoperto due mandati
possa correre per un terzo.
Roberto Murgia
Nasce la
Casa rossoblù
Progetto
definitivo ed esecutivo affidato al consorzio internazionale
Il
Cagliari Calcio sceglie la proposta di Sportium
L e antiche mura della città hanno
ispirato il disegno vincente. Gli
spalti - interamente coperti -
sembrano incombere impetuosi sul campo
di gioco. E l'acustica dovrebbe
rendere lo stadio con vista sul Golfo
un catino assordante, un fortino
inespugnabile. In cima s'immagina
persino una piscina panoramica, nel
ventre dello stadio il museo del
Cagliari e anche un albergo di lusso.
Attorno, un parco. Chissà se
effettivamente tutti i dettagli
progettuali saranno rispettati, ma
l'impianto delineato nel terzo dei
tre concept, quello presentato dal
consorzio Sportium, è il preferito
dai tifosi rossoblù e il Cagliari
l'ha scelto per dare forma alla sua
nuova casa. Entro fine anno sarà
possibile completare il progetto
definitivo e iniziare a dare
concretezza al nuovo tempio del
calcio sardo. I costi? Euro più, euro
meno, 60 milioni. Lo stadio sorgerà
sulle ceneri del vecchio
Sant'Elia: potrà contenere 24 mila
spettatori ampliabili a 30 mila,
magari in previsione degli Europei
del 2028, se saranno ospitati in
Italia.
LA SCELTA Il Cagliari Calcio - come
recita una nota diffusa ieri dal
club presieduto da Tommaso Giulini -
«ha individuato nel consorzio
Sportium il candidato per la
progettazione definitiva ed esecutiva
della nuova Casa dei tifosi
rossoblù». Gli altri due progetti sono
stati presentati da Tractebel Engie
con Gau Arena e J+S con One Works.
E ora? «Prima dell'assegnazione
formale dell'incarico, inizia una
necessaria fase di approfondimento
con il gruppo prescelto volta alla
definizione di tutti gli aspetti
contrattuali e operativi».
IL CONSORZIO Sportium raggruppa i
soci Progetto CMR, iDeas, B&L Real
Estate e Manica Architecture, dello
statunitense DavidManica ,
archistar che ha messo la firma su
progetti di stadi e arene in tutto
il mondo.
IL PERCORSO I tre progetti,
selezionati su 25 proposte, sono stati
illustrati in una conferenza,
tenutasi il 28 febbraio al Lazzaretto, e
quindi esposti alla Sardegna Arena.
La mostra, aperta a tutti dal
primo al 9 marzo, ha fatto
registrare grande partecipazione.
IL COINVOLGIMENTO «Oltre 5 mila
persone sono state coinvolte tra chi
ha scelto di visitare l'esposizione
e di indicare, anche da casa, il
modello di stadio preferito,
compilando un apposito questionario
online», recita la nota del club.
«Il concept di Sportium è quello che
meglio degli altri ha superato
l'analisi rispetto a decine di
parametri tecnici e di valutazione
di impatto ambientale». Inoltre
«rappresenta un punto di partenza
per la realizzazione del progetto
definitivo che sarà completato entro
la fine del 2018».
I PROFESSIONISTI Collaboreranno allo
sviluppo e al compimento
dell'opera gli ingegneri Ginevra
Balletto , docente alla facoltà di
Ingegneria dell'Università di
Cagliari, Alessandro Gosti e Mario
Marongiu . Come spiega in
un'intervista a Unionesarda.itMassimo Roj ,
managing partner del progetto CMR,
sede a Milano, che fa parte del
consorzio Sportium, «ora dobbiamo
parlare con il Cagliari Calcio per
dare il via alla procedura
amministrativa e a quella progettuale per
ridefinire il prospetto di
partenza». I tempi: «Dovremmo - e lo
speriamo - rimanere nell'ambito dei
24, 30 mesi al massimo».
Lorenzo Piras
Ospedali,
riforma ferma al palo - I partiti: il ritardo genera il caos
e rinvia
l'operazione-risparmio A sei mesi dall'approvazione manca il via libera dei
ministeri dell'Economia e della Salute
La rete ospedaliera sarda da sei
mesi è soltanto un documento in
attesa di conoscere il suo destino.
Manca il via libera da Roma e sino
ad allora la nuova geografia degli
ospedali sardi è ferma al palo,
nonostante l'urgenza di
riorganizzare le strutture e colmare una parte
del disavanzo. Lo stallo causa
qualche malumore perché risulta
difficile far entrare a regime una
riforma che ha subìto molte
critiche e che deve ancora
dimostrare la sua efficacia. Un'attesa che
agita la maggioranza di
centrosinistra e che subisce gli attacchi
delle altre forze politiche con un
pensiero pressappoco unanime: il
ritardo genera caos e rinvia
l'operazione di risparmio. Novità,
invece, per i diabetici con la
possibilità di ottenere gratuitamente
il dispositivo per il monitoraggio
della glicemia.
L'ANALISI I ministeri dell'Economia
e della Salute stanno concludendo
l'analisi della nuova geografia
degli ospedali nell'Isola,
controllando costi ed eventuali
violazioni al Decreto ministeriale che
classifica le strutture in base al
bacino d'utenza. Gli uffici romani
hanno chiesto chiarimenti sui
piccoli ospedali, anche se «hanno capito
le difficoltà del territorio sardo»,
sottolinea l'assessore regionale
alla Sanità, Luigi Arru.
I MALUMORI In questa fase di
passaggio sono gli atti dei direttori
generali a governare i cambiamenti:
«Senza l'ufficialità della rete
ospedaliera questo può essere un
problema», spiega il consigliere
regionale del Pd, Lorenzo Cozzolino,
«modiche che possono scontentare
gli utenti e creare confusione». Il
vice presidente della commissione
Sanità, Edoardo Tocco (Fi), infatti,
chiede che «si fermino tutti i
provvedimenti perché se i ministeri
impugnano qualche norma si blocca
tutto».
C'è il problema del disavanzo sul
quale la rete ospedaliera dovrebbe
avere un effetto positivo, anche
perché l'approvazione definitiva
prevede un bonus di 250 milioni di
euro da parte dello Stato.
L'esponente dei Riformatori, Michele
Cossa, è convinto che a subire
questa situazione siano soprattutto
«i pazienti, costretti ad avere a
che fare con un sistema sanitario in
attesa di un suo futuro». Arru,
però, ribatte: «Le lamentele sono
per un sistema vecchio che verrà
migliorato con la nuova rete».
IL PRINCIPIO La nuova geografia
degli ospedali ha l'obiettivo di
classificare le strutture sulla base
della loro specializzazione che
deriva dal bacino d'utenza. Un
principio contestato in Sardegna a
causa della conformazione geografica
legata ai collegamenti interni.
Il senatore del Movimento 5 Stelle,
Emiliano Fenu, reputa urgente
«risolvere i problemi legati alle
risorse e ai debiti, visto che in
molti contesti mancano medicinali e
forniture». Inoltre, prima di
adoperarsi per rivedere la rete
ospedaliera «sarebbe stato meglio
migliorare la presenza delle cure
nel territorio».
ELISOCCORSO Un ruolo chiave avrà il
servizio di elisoccorso, che dovrà
garantire, a tutti i territori della
Sardegna, interventi e trasporti
rapidi in caso di urgenza. Dopo
l'affidamento alla Airgreen arriva
l'attacco da parte del Conapo
(sindacato autonomo dei Vigili del
fuoco). Pietro Nurra, segretario
della Provincia di Sassari, afferma:
«Il nuovo servizio non potrà fornire
in alcun modo la stessa efficacia
ed efficienza dell'attuale
configurazione Hetms garantita dalla
perfetta integrazione della
componente tecnica dei Vigili del fuoco e
di quella sanitaria».
Nel mirino anche i costi del
servizio, 71 milioni di euro per
l'affidamento di 8 anni. «Sarebbe
stato meglio investire e migliorare
il servizio fornito dai vigili del
fuoco, anche in funzione
dell'esperienza già maturata».
I DIABETICI Passi avanti sul
monitoraggio della glicemia per i
diabetici. La Consulta, riunita
ieri, ha dato il via libera in accordo
con l'assessorato, alla fornitura
gratuita del dispositivo alternativo
alle strisce per controllare la
glicemia.
Si tratta di un passo avanti che
permetterà, anche in base al tipo di
professione, di sostituire la
puntura con un dispositivo wireless che
comunica con un bottoncino attaccato
al braccio per il controllo dei
valori. Sono esclusi da questa
novità i bambini fino a 4 anni perché
l'azienda produttrice non ha
rilasciato la licenza. Il dispositivo ha
un costo di circa 60 euro e dura 14
giorni.
Matteo Sau
Ma il Pd
boccia la proposta
Idea
Calenda: un governissimo di transizione
ROMA La soluzione della crisi
potrebbe essere un governo di
transizione con tutte le principali
forze politiche, che faccia poche
riforme urgenti tra cui quella della
legge elettorale. È il senso del
ragionamento fatto dal ministro
dello Sviluppo economico Carlo Calenda
in un'intervista al quotidiano La
Repubblica, che riapre nel Pd le
polemiche sul ruolo del partito.
Secondo Calenda il governo dovrebbe
lavorare a stretto contatto con
una «commissione bicamerale sulle
riforme istituzionali» per un
sistema elettorale che dia «la
possibilità di formare esecutivi
stabili in un sistema politico
tripolare». L'idea è anche mettere mano
«ai tagli dei costi della politica e
alla trasparenza nei partiti».
Molte le critiche arrivate
dall'interno del Pd, tanto che poi il
ministro è dovuto intervenire con
una nota ufficiale per specificare
che la sua era una chiamata alla
responsabilità di tutti, per uscire
dall'impasse. Una posizione che non
scontenterebbe la maggioranza
renziana. Ma questo non ha
risparmiato al ministro l'ironia di Matteo
Orfini: «A Calenda vengono meglio i
tweet che le interviste».
Intanto il segretario reggente, Maurizio
Martina, accusa Lega e M5S di
tatticismo sulla pelle del Paese e
di dare «uno spettacolo desolante
fatto solo di tatticismi e
personalismi». Ettore Rosato ribadisce il
no secco a intese con M5S e Lega,
pur con tutta la disponibilità a
dialogare con chiunque riceva un
mandato da Mattarella. Chi, invece,
continua a spingere per la
trattativa col M5S è Francesco Boccia,
esponente della minoranza vicina a
Michele Emiliano
IGLESIAS.
Alleanza tra Forza Italia e Udc, mistero sui candidati
La sfida
del centrodestra: «Coalizione compatta»
L'alleanza “storica” resiste. Senza
che si prefigurino, a Iglesias,
scenari diversi da quelli di un
centrodestra composto, in primis, da
Piazza Sella (lista civica di area
Udc) e Forza Italia, cui si
aggiungono Fratelli d'Italia e altre
2 liste civiche. A meno di due
mesi dalle consultazioni per il
rinnovo del Consiglio comunale e
l'elezione del successore di Emilio
Gariazzo (che ha comunicato al suo
partito, il Pd, di non volersi
ricandidare), proseguono gli incontri
della coalizione uscita perdente
alle scorse comunali.
CENTRODESTRA Questa assiduità delle
riunioni porta a ritenere che stia
sfumando la possibilità di un
accordo tra gli esponenti dell'Udc
cittadino e il centrosinistra,
all'insegna di una coalizione allargata
che era stata caldeggiata
pubblicamente da Giorgio Oppi, leader
dell'Udc. «Ormai dovremmo essere in
dirittura d'arrivo, anche per la
scelta del candidato sindaco
espressione della coalizione di
centrodestra», conferma Gianluigi
Rubiu - consigliere comunale e
capogruppo Udc in Consiglio
regionale - seppure lui stesso, nelle
scorse settimane, non avesse escluso
possibili confronti per dare vita
a una coalizione allargata, senza
escludere alcuno.
«Ma ci siamo fin
qui confrontati con i partiti di
centrodestra e con gli esponenti di
liste civiche - aggiunge - e
l'alleanza definitiva dovrebbe essere
questa». Sul tavolo ci sarebbero
anche i nomi di possibili candidati
alla carica di sindaco: «Esaurita,
per quanto riguarda il nostro
gruppo, la possibilità di proporre
uno dei consiglieri comunali
uscenti - precisa Rubiu - si è
convenuto di guardare nella società
civile, individuando persone non
direttamente riconducibili ai
partiti».
FORZA ITALIA Un discorso analogo per
Forza Italia, l'altro partito del
centrodestra presente in Consiglio
comunale. E ciò rende sempre più
attendibili le indiscrezioni secondo
cui il candidato a contendersi la
fascia tricolore possa arrivare da
ambienti non partitici, come i
settori dell'impresa,
dell'artigianato o della comunicazione. Facendo
cadere (salvo sorprese) l'ipotesi di
una candidatura di Gian Marco
Eltrudis, Andrea Pilurzu, Angela
Scarpa, Luigi Biggio e Gianfranca
Mannu. Nomi che, nei giorni scorsi,
circolavano con insistenza in
città.
LA COALIZIONE «Sarà la coalizione a
fare la scelta, continuando il
confronto democratico già ben
avviato - dichiara Biggio, capogruppo
forzista - di sicuro posso affermare
che per quanto ci riguarda non
c'è mai stato il pensiero di una
possibile alleanza con il Pd: non per
un pregiudizio, bensì per una
questione di coerenza in quanto
riteniamo il partito principale
responsabile delle criticità nella
nostra città, in primo luogo dello
sfascio della sanità».
Cinzia Simbula
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Federico
Marini
skype:
federico1970ca
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