martedì 31 luglio 2018

Rassegna stampa 31 Luglio 2018


La Nuova

Il proprietario del bar affronta e allontana quattro giovani sardi. Rifiutano di essere serviti dal cameriere di colore

di Nino Muggianu

Mamadou ha 20 anni, due piedi buoni da difensore di calcio. E tanta buona volontà. Da 13 anni vive a Nuoro con la sua famiglia, gioca a calcio nel Santu Predu, e come tanti altri ragazzi della sua età lavora in estate per mettere insieme qualche soldo. Mamadou è l'ultima vittima di un episodio di intolleranza. Ma lui, molto più civile di chi lo ha discriminato, minimizza. «Razzisti? No, hanno solo un orizzonte limitato».

La storia. Quattro ragazzi rifiutano di essere serviti al tavolino da un giovane cameriere di colore. Il titolare del bar li affronta in modo deciso e loro scelgono di andare via. «Forse parlare di razzismo è inappropriato. Ma non è stato un bel gesto da parte di questi quattro giovani ragazzi di un paese del circondario».

A parlare è Dionigi Fronteddu titolare dell'Iris bar caffetteria nella pineta e nel cuore di Cala Gonone, a due passi dalla chiesa e dalla spiaggia Centrale. Luogo di incontro anche per i giovani, dove spesso ci sono serate musicali. La vicenda è già diventata virale sui social e a ogni ora si arricchisce di qualche nuovo, e inesistente, particolare.

A lanciarlo nell'orbita della rete è stato il titolare del locale che adesso tende a minimizzare il caso. Anche perché ha avuto come trampolino il clamore mediatico di casi paralleli a livello nazionale. Tutto è successo sabato. Come ogni sera la terrazza dell'Iris si è riempita di clienti, tra questi quattro giovani, non del posto. «Comunque erano del circondario, forse allevatori».

Si sono seduti in un tavolino, e hanno ordinato alla cameriera quattro birre. A servire i giovani, anzichè la ragazza si presenta Mamadou, un giovane nigeriano dai modi garbati. Poggia i bicchieri sul tavolo «A quel punto iniziano o sorrisini, le battute che io non ho potuto sentire perchè guardavo la camera di sorveglianza - commenta Fronteddu - non c'è stato nient'altro però era chiarissimo il loro pensiero».

Un modo di fare tipico dei balenteddos di casa nostra che in gruppo sono capaci di qualsiasi idiozia per poi nascondersi. Mamadou Niang, questo il nome del giovane cameriere di colore, immerso a pieno nel suo lavoro che ama, non si è neppure accorto di quanto stava accadendo. «Quando è tornato da me - aggiunge Fronteddu - gli ho chiesto se i quattri avevano detto o fatto qualcosa nei suoi confronti.

Risposta negativa, lui non si è nemmeno reso conto conto della situazione». Scolata la birra i giovani hanno chesto di poter avere un altro giro di birre. «C'è il mio collega fuori - ho detto - ordinate pure a lui» e qui l'incredibile risposta: «No vieni tu o la tua collega, a quel punto - aggiunge il titolare dell'Iris bar – mi sono un po irrigidito, ho fatto un sorriso rabbia. Non posso accettare questo atteggiamento. È più forte di me, ho detto loro che noi queste distinzioni non le facciamo. Tutto qui. Senza batter ciglio si sono alzati e sono andati via, ma io no ho cacciato via nessuno , sono voluti andare via da soli».

Un altro episodio di intolleranza, uno dei tanti che in questi giorni vengono segnalati a tutte le latitudini in Italia. Mamadou Niang è uno sportivo, è un difensore della squadra di calcio Santu Predu di Nuoro. Vive con la sua famiglia nel capoluogo barbaricino da quando aveva 7 anni, adesso ne ha 20. Le reazioni.


Del brutto episodio la sindaca grillina di Dorgali Maria Itria Fancello ha detto: «La madre dei cretini è sempre incinta. Non posso credere a quanto accaduto a Mamadou Niang proprio nel nostro Comune. Si tratta di un episodio intollerabile, e bene ha fatto il proprietario del locale ad invitare i suoi "ospiti" ad andare altrove. Dorgali e Cala Gonone sono luoghi di accoglienza per persone che arrivano da tutto il mondo, a volte come turisti, talvolta (come in questo caso) come lavoratori».

La risposta migliore l'ha data proprio il protagonista involontario di questa brutta storia: «Razzismo? Ma no, è solo ignoranza. Sono solo persone che hanno un orizzonte limitato». Fortunatamente le persone di questo tipo sono una minoranza, anche se a volte riescono ad essere molto "rumorose".


Pigliaru: «Il segretario Pd doveva essere di tutti»
Il governatore: in questa fase era necessario un nome meno legato alle correnti
E su Abbanoa: il nostro è stato un ragionamento tecnico, quello dei Comuni no

CAGLIARI
Il presidente della Regione Francesco Pigliaru, che è iscritto al Pd,
ha consegnato a Facebook la spiegazione dettagliata del perché sabato
scorso - come notato tra l'altro dall'eurodeputato Renato Soru - non
fosse presente all'assemblea del partito in cui è stato eletto
segretario Emanuele Cani.La scelta. «Non ero presente - scrive il
governatore - perché auspicavo una soluzione diversa da quella che c'è
stata. In questa fase delicatissima, io ero per l'elezione di un
segretario che fosse capace di raccogliere un consenso più ampio, meno
legato a un accordo tra correnti».

Va ricordato che Cani è stato
indicato dal gruppo dei popolari-riformisti e sostenuto dai renziani e
dagli ex Diesse, mentre i soriani non hanno partecipato al voto.
Prosegue Pigliaru nello spiegare che lui avrebbe voluto un «segretario
garante per tutti, non solo per chi si riconosce nelle aree, ma anche
per i molti che non hanno altra appartenenza se non quella al Partito
democratico». Questa era, o meglio è stata a suo tempo, la proposta
del governatore per risolvere il nodo della segreteria dopo oltre un
mese e mezzo di stallo, cominciato all'indomani delle dimissioni di
Giuseppe Luigi Cucca, Ma è una proposta, quella di Pigliaru, che,
senza nascondere una certa amarezza, lui stesso ammette: «È stata
semplicemente ignorata».L'oggi.

Ora il segretario c'è ed è Emanuele
Cani: «Spero - scrive Pigliaru - che il primo a mettere da parte
l'appartenenza a una corrente, a dare l'esempio, sia proprio lui. Ora,
tocca a Cani lavorare per un Pd più unito e più forte, intorno a una
proposta politica che dev'essere profondamente rinnovata». Poi, anche
in risposta a quanto dichiarato a caldo dal segretario, «Pigliaru sarà
uno dei primi che incontrerò», il governatore scrive: «Buon lavoro ad
Emanuele Cani, io farò la mia parte con il massimo spirito di
collaborazione».

Caso Abbanoa. Con lo stesso post, Pigliaru ritorna
anche sul caso della recente nomina dell'amministratore di Abbanoa,
con i Comuni che hanno scelto Abramo Garau, mentre la Regione puntava
su Andrea Bossola. «Mi basta ricordare - scrive il presidente - che la
nostra proposta era puramente tecnica e riguardava una persona con un
curriculum eccellente selezionato da una società specializzata».

Quindi, «da parte nostra non c'è stato nessun ragionamento politico,
perché in questo caso si parlava di un ruolo strettamente manageriale,
che richiedeva e richiede alte competenze specifiche».Diversità.
«Altri - scrive il governatore, riferendosi ai Comuni - hanno fatto
una scelta diversa basata su motivazioni lontane dalle nostre. Non
l'abbiamo condivisa, ma la rispettiamo, nella chiarezza che ci obbliga
però a sottolineare che i punti di vista che si sono confrontati sono
stati profondamente diversi».

Perché? Ecco la risposta di Pigliaru:
«Forse a causa di un difetto di comunicazione, di un insufficiente
dialogo tra Regione ed Enti locali. Forse». Quindi, da oggi in poi «ci
parleremo ancor di più e capiremo». Anche sul caso Abbanoa per
Pigliaru è però necessario che il Pd lo discuta anche al suo interno:
«Come detto, su quella nomina si sono confrontati due punti di vista.
Qual è quello giusto? Ecco perché anche di questo il Partito dovrà
prendere posizione, a futura memoria, per ricostruire una visione
riformista, seria, credibile. Senza ambiguità, nella massima
chiarezza».

Buon lavoro. Come l'ha augurato al segretario del Pd,
Francesco Pigliaru lo augura anche al neo amministratore unico di
Abbanoa Abramo Garau, per poi aggiungere: «Non ci siamo e ci saremo,
pronti a collaborazione per il bene della nostra regione».

Il segretario Fois: bene l'apertura di Cani ma Pigliaru deve dare
risposte su sanità e infrastrutture
Riformatori: se la giunta cambia rotta, trattiamo

SASSARII Riformatori pronti a dialogare con il Pd targato Cani, ma al
neosegretario chiedono di fare pressing su Pigliaru per cambiare la
rotta della giunta in questi ultimi mesi di legislatura. Dalla sanità
alle strade del Nord dell'isola, ma soprattutto facendo proprie due
battaglie che i Riformatori portano avanti da tempo: accise e
principio di insularità. «Abbiamo apprezzato molto le parole di
Emanuele Cani nella intervista alla Nuova - dice il segretario
Pietrino Fois - ma il nuovo segretario non può dimenticare che questa
giunta regionale è fortemente a trazione Pd.

E dunque molte
responsabilità delle questioni irrisolte sono dovute al governo di
centrosinistra. Noi siamo aperti a qualsiasi tipo di ragionamento in
vista delle regionali, di fronte a scenari così incerti a noi
interessa concentrarci sulle questioni da risolvere e non sul resto,
ma serve una svolta». Ed è proprio questo il punto su cui Fois chiama
Cani e gli chiede di pressare il governatore. «Se Cani impegna la
giunta a dare risposte noi possiamo discutere. Noi vogliamo che il
governo regionale guardi oltre il sud, ci spieghi perché la 131 si è
fermata a Oristano, perché la Sassari Olbia è ancora a questo punto.

Per non parlare della sanità: un partito come il Pd non può non
rendersi conto che attendere 6 mesi per una visita sia inaccettabile.
Mi auguro che da qui alla fine della legislatura il Pd dia il segnale
che è riuscito a fare cambiare rotta alla giunta». Fois chiede anche
un impegno a sostenere le storiche battaglie dei Riformatori. «Accise
e principio di insularità oggi darebbero risposte certe alla Regione.
Sono l'unico modo per risolvere la questione del bilancio regionale
che da anni si accartoccia su 7 miliardi.

Se avremo risposte in questo
senso allora davvero possiamo fare un ragionamento insieme al Pd». I
Riformatori, storicamente nel centrodestra, aprono al centrosinistra.
«Per risolvere i problemi dell'isola siamo disposti a dialogare con
tutti, fatta eccezione per quelli che parlano di secessione. Noi siamo
sardi e italiani e ci riconosciamo nella Costituzione. Dialoghiamo
anche con Lega e 5 stelle, ma finora da parte del loro governo
solamente annunci e poca attenzione per la Sardegna». (al.pi.)

Unione Sarda

Pigliaru boccia la segreteria «Ignorata la mia proposta»: allusione a Cherchi?
Uras: Cani, novità positiva Pd «Bisogna superare le correnti»

Non cerca di addolcire la pillola: «Auspicavo una soluzione diversa»,
dice Francesco Pigliaru a proposito dell'elezione di Emanuele Cani
alla guida del Pd sardo. Pur senza critiche personali, la presa di
distanza è netta: con un post su Facebook il governatore dice che
sarebbe stato «essenziale superare le divisioni fra correnti», per
arrivare a un leader «capace di raccogliere un consenso più ampio».

LA PROPOSTA Non fa nomi, il presidente della Regione, ma forse ne
aveva in testa qualcuno ben preciso, perché traccia quasi un
identikit. Scrive di avere «auspicato la scelta di un segretario meno
legato a un accordo tra correnti; un garante per tutti»: per chi sta
in una corrente ma anche per chi «non ha altra appartenenza se non
quella al Pd».

E invece «la mia proposta è stata semplicemente
ignorata»: altra frase che fa pensare a un'indicazione specifica.
Forse Tore Cherchi, dicono alcune voci. L'ex parlamentare ha in
effetti un rapporto consolidato con Pigliaru, oltre ai noti requisiti
di indipendenza e autorevolezza. Ma a parte i nomi, il post
presidenziale ragiona anzitutto sul metodo.

Se Renato Soru, in assemblea, aveva letto nell'assenza del governatore
un dissenso verso «l'occupazione delle poltrone» (definizione
soriana), Pigliaru fornisce l'interpretazione autentica: «Non ero
presente perché auspicavo una soluzione diversa». Che mettesse da
parte, appunto, la mappa delle aree interne, «per lasciare spazio a un
vero dibattito: è urgente discutere su quale visione possa oggi
tenerci uniti (esiste o no? Urge rispondere per essere credibili) e
consentirci di parlare con i nostri elettori e con chi abbiamo
deluso».

IL RAPPORTO CON CANI Nessun giudizio sul segretario neo eletto, semmai
un'esortazione: «Ora tocca a Emanuele Cani lavorare per un Pd più
unito e più forte», scrive ancora il presidente, «intorno a una
proposta politica profondamente rinnovata. Spero che il primo a
mettere da parte l'appartenenza a una corrente, a dare l'esempio, sia
proprio lui. Buon lavoro, io farò la mia parte con il massimo spirito
di collaborazione».

ABBANOA Il post ritorna poi sulla scelta del manager di Abbanoa
(vicenda accomunata da Soru a quella della segreteria Pd come
«occupazione delle poltrone»). Pigliaru spiega che non c'era «nessun
ragionamento politico» nell'indicazione di Andrea Bossola: solo una
proposta «puramente tecnica, una persona con un curriculum eccellente
selezionato da una società specializzata. Altri hanno fatto una scelta
diversa basata su motivazioni lontane dalle nostre. Non l'abbiamo
condivisa ma la rispettiamo».

Anche qui, «buon lavoro ad Abramo Garau. Noi ci siamo, pronti a
collaborare». Ma anche su casi simili, conclude il presidente, il Pd
si dovrebbe confrontare.

IL SEGRETARIO Nessuna risposta da parte di Cani al governatore; ma è
probabile che i due si incontrino presto, quindi potranno confrontarsi
direttamente. Del resto il nuovo segretario ha promesso di impegnarsi
per ricucire gli strappi e svelenire il clima nel partito, quindi c'è
da immaginare che voglia subito intensificare i contatti.
C'è attesa anche per la segreteria: circolano già varie ipotesi, di
sicuro sembra difficile - dopo le tensioni degli ultimi giorni con
l'area soriana - che riesca a mettere in campo una squadra unitaria,
con una delegazione della minoranza interna. Mai dire mai, però: anche
perché non è escluso che ci sia un faccia a faccia a breve tra Cani e
lo stesso Soru.

L'ALLEATO Chi di sicuro è pronto a incontrare il nuovo leader è
Luciano Uras, di Campo progressista Sardegna, che valuta come «una
notizia positiva» il fatto che il primo partito del centrosinistra
abbia trovato «una significativa convergenza sul proprio assetto».
Soprattutto in vista del confronto su programmi e alleanze per le
prossime Regionali.

L'ex senatore però non rinuncia a ricordare che «abbiamo trascorso
troppo tempo a ragionare sulle sorti di un singolo partito e così non
ci siamo preoccupati di guardare l'insieme, la necessità di superare
vecchie barriere per percorrere strade di collaborazione per il bene
comune. Cosa che invece stiamo iniziando a fare nella battaglia per il
riconoscimento dell'insularità».

Per quanto riguarda Cp, «noi abbiamo evitato le polemiche davanti
all'interesse generale», ma «sentiamo ingiusta la discriminazione
subita nell'attuale maggioranza alla Regione». Chiaro il riferimento
al rimpasto che aveva escluso dalla Giunta questa parte degli ex Sel:
«Con il nuovo segretario del Pd dovremo parlare anche di questo»,
avverte Uras. «Noi rivendichiamo il lavoro a unire, che abbiamo sempre
fatto. Altri hanno pensato di lucrare sulle divisioni. Le prossime
elezioni sarde sono un banco di prova vero», prosegue: «Credo che
Emanuele Cani e il Pd debbano essere convinti che non possono fare da
soli». Giuseppe Meloni

PIERPAOLO VARGIU. «I Riformatori col centrodestra Ma serviranno idee e
volti nuovi» L'ex deputato esclude alleanze rimescolate e apre alla Lega

«Da quando siamo nati, noi Riformatori abbiamo una collocazione
lineare. Secondo una geografia politica forse vecchia, direi che siamo
la parte più moderata del centrodestra».

E lì intende restare
Pierpaolo Vargiu, uno dei leader storici del partito nato
dall'evoluzione del Patto Segni. In vista delle Regionali 2019, l'ex
deputato esclude rimescolamenti di alleanze: «Serve un progetto
innovativo, ma credo che possa proporlo solo il centrodestra».

Ma nel futuro il centrodestra ci sarà ancora?
«Mi rendo conto che c'è un'evoluzione nazionale da seguire
attentamente. Forse dovremo chiamare la coalizione con un altro nome.
Ma lo schieramento cui noi apparteniamo, finora chiamato centrodestra,
si ficchi in testa che, se vuole vincere le Regionali e poi governare
bene, deve proporre ai sardi un progetto nuovo. Straordinariamente
nuovo».

Sotto quali punti di vista?
«Deve soddisfare due requisiti: una forte discontinuità col passato e
un grande senso di innovazione».

Quali contenuti possono risultare così innovativi?
«Non per citare solo i Riformatori, ma i due temi dell'insularità e
della rivendicazione delle accise racchiudono tutte le battaglie utili
per la Sardegna».

L'insularità come cardine di un programma elettorale?
«Beh, ora che 11 o 12 regioni italiane chiedono più poteri, spesso
contestando la perequazione verso quelle svantaggiate, la nostra vera
specialità resta la condizione insulare e periferica».

Cioè si tratta di chiedere compensazioni allo Stato?
«Non chiediamo né sconti né favori: si tratta di rivendicare la parità
di condizioni con gli altri italiani per competere economicamente. A
partire dai costi di trasporto delle merci e delle persone».

Quali confini dovrà avere il nuovo centrodestra sardo?
«Io immagino una coalizione caratterizzata soprattutto da un modo di
essere che sia basato sulla discontinuità di cui dicevo. Ma penso
tutto sommato a un centrodestra classico».

E la Lega? Prima in Sardegna quasi non esisteva, ora è un interlocutore vero.
«Vedo un percorso comune anche con loro, almeno fino a una prova
contraria che non credo arriverà mai».

Ma a livello nazionale Salvini ha preso la sua strada.
«Nelle regioni il discorso è diverso. E nell'Isola la Lega è
cresciuta, ma non è forte come in Veneto e Lombardia. Ci si può sedere
allo stesso tavolo e ragionare. Salvini avrà i suoi difetti, ma ha
saputo creare un modo di comunicare che ha ottenuto buoni risultati».

E le voci di un vostro dialogo col Partito dei sardi e altre forze di
diversa area?
«Credo che i Riformatori debbano rimanere fedeli alla loro
collocazione ideale. Se poi altre forze convergono su un progetto
davvero innovativo, che però vedo incarnato solo dal centrodestra, è
giusto dialogare».

Questo però esclude le ipotesi di totale scomposizione e
ricomposizione delle attuali alleanze.
«Secondo me sì. E credo che nel mio partito nessuno la pensi diversamente».

La novità deve riguardare anche i volti, la leadership?
«Certamente. Chi nega questa elementare evidenza, lo fa per interessi
personali. Se io volessi fare il presidente della Regione direi che
serve l'esperienza... I sardi si aspettano discontinuità anche su
questo».

Ha già il nome di un nuovo leader da lanciare?
«Se l'avessi non lo direi adesso, ma comunque non ce l'ho. Ci sono
però molte figure a cui si può chiedere un atto di generosità: mettere
da parte quello che stanno facendo adesso e fare un sacrificio per la
Sardegna».

Quindi servono persone esterne alla politica?
«Diciamo che serve il massimo sforzo di discontinuità. Anche su questo
aspetto. Perché oltre a vincere, poi devi governare. Non basta mandare
via Pigliaru, anche se è sacrosanto farlo».

Che cosa le piace meno, della Giunta Pigliaru?
«L'errore più grosso è stare lontani dalla gente. Hanno comunicato
male anche le poche cose buone. Non c'è propensione al dialogo, pensi
alla riforma della sanità: se lei gira negli ospedali, non trova
nessuno favorevole».

Eppure foste proprio voi i primi a parlare di Asl unica.
«Ma se parli di centralizzazione degli acquisti, gestione
macroeconomica di scala, poi devi saperlo fare. Se invece a Moirano,
che pure è un manager di qualità, dici solo di tagliare le spese, è
chiaro che finisce per sacrificare i servizi».

E invece il governo Lega-5Stelle le piace?
«Ha contraddizioni difficilmente sanabili, specie sull'economia. Temo
che non sia quello che serve al Paese, ma sono abituato a valutare i
fatti, senza pregiudizi. Ci sarà una legge di stabilità, da lì si
capirà meglio».

Che cosa dovrebbe esserci dentro la legge di stabilità, nei suoi auspici?
«Beh, hanno parlato soprattutto di flat tax, superamento della legge
Fornero, reddito di cittadinanza».

E lei condivide quelle tre proposte?
«La flat tax, se libera risorse per lo sviluppo, ha uno spirito
liberale. Magari non nella versione drastica della Lega. Sarei
felicissimo anche se si potesse realizzare il superamento della
Fornero, ma prima di quella legge i conti non erano in sicurezza. Il
ministro Tria dovrà tenere insieme gli annunci e i conti in
equilibrio».

Invece il reddito di cittadinanza è più lontano dalla sua cultura liberale?
«Se significa dare quattro lire senza lavorare, sì. Se serve a
sostenere chi è temporaneamente senza lavoro, allora rientra
pienamente in quella cultura». (g. m.)


«Non vogliamo il cameriere negro»
Preso di mira un 18enne senegalese. Il gestore del bar: «È il nostro
dipendente migliore» Inquietante episodio a Cala Gonone: mandati via quattro clienti

Prima hanno mostrato insofferenza, qualche battuta a mezza bocca, poi
sono andati dritti al dunque: «Non vogliamo che la birra ce la serva
lui, è negro». Parole da marziani, pronunciate da quattro ragazzi
sardi, seduti all'Iris Cafè di Cala Gonone. Dove da un mese lavora
Mamadou Niang, senegalese diciottenne, calciatore del Santu Predu di
Nuoro. Il gestore del locale, Dionigio Fronteddu, ha fatto fatica a
credere alle sue orecchie. Qualche secondo di riflessione, poi la
decisione: «Visto l'atteggiamento, ho invitato quei giovani ad
accomodarsi fuori dal locale. Qui non facciamo distinzione per il
colore della pelle, ma solo tra buoni e cattivi».

LA STORIA Mamadou ha colpito tutti per la sua gentilezza e il sorriso
coinvolgente: «Si è presentato da noi un mese fa, cercava lavoro»,
spiega Fronteddu, «l'abbiamo assunto e si è rivelato il nostro miglior
cameriere di sempre. Non riuscivo a credere che quattro ventenni
sardi, nel 2018, dicessero queste cose».

L'eco degli altri casi di razzismo rimbalza tra tv e giornali
nazionali e arriva fino a Cala Gonone. Ma a differenza degli altri
episodi, qui l'intolleranza viene schiacciata dalla positività: c'è un
proprietario del bar che risponde con fermezza, c'è la storia di un
posto di lavoro dato a chi ne aveva bisogno e una piccola comunità,
quella senegalese, che da sempre è ben integrata nel tessuto
produttivo di Dorgali e dintorni. «È successo tutto in cinque minuti»,
racconta Fronteddu. «I quattro ragazzi avevano il colletto alzato, al
tavolo c'era una birra per ciascuno. Ho notato però da subito
ammiccamenti strani e risatine quando Mamadou passava davanti a loro».

LA FRASE Al secondo giro di birre, la singolare richiesta alla
cameriera, in quel momento occupata con un altro tavolo: «Puoi venire
tu a prendere l'ordine? Lui non lo vogliamo».

Dionigio Fronteddu ha
una lunga esperienza, nella sua storia lavorativa ha dovuto affrontare
di tutto, compresa una rapina, anni fa, nello storico bar di Dorgali.
Non si è scomposto dunque alla richiesta: «Ho risposto che nel nostro
locale non facciamo queste distinzioni. Li ho invitati ad andarse e
loro dopo un po' si sono allontanati».

LA REAZIONE Anche Mamadou sembra vivere l'episodio con animo serafico.
Diciotto anni compiuti da poco, è in Italia da quando ne aveva dodici,
insieme ai genitori e ai fratelli. «Ho preso un appartamento con un
amico, a Cala Gonone, per lavorare durante l'estate. Anche lui è
senegalese ed è stato assunto in un altro locale».

Un piccolo esempio
di integrazione riuscita, non nuovo a Cala Gonone, dove la comunità
senegalese è ben inserita e stimata dai locali, dove si distingue con
attività che toccano vari settori produttivi, dalla pesca al
commercio. E anche quella di Mamadou è una storia personale uguale in
tutto e per tutto a quella di tanti giovani, dorgalesi, barbaricini,
sardi, che faticano duramente per mettere qualche soldo da parte e
costruire un futuro lavorativo nell'Isola. «Lavoro solo d'estate,
durante l'inverno frequento l'istituto Commerciale. Poi forse mi
iscriverò all'università, ma ci devo ancora pensare. Mi piacerebbe
continuare nel settore del turismo».

Mamadou risponde veloce: un'altra
cameriera lo chiama perché ha bisogno di un supporto linguistico con
alcuni turisti stranieri. Per lui, che parla tre lingue, non ci sono
difficoltà. Un'esperienza lavorativa che continuerà, a Cala Gonone,
col sorriso e l'entusiasmo di chi sa guardare avanti e volare alto
sopra piccoli inciampi.
Alessandro Spanu

I casi di Roseto e Aprilia
Respinto alla Asl:«Non siamo dal veterinario»

TERAMO È entrato nell'ufficio della Asl per delle semplici
informazioni. «Dovevo rinnovare il libretto sanitario, volevo sapere
soltanto quali fossero i documenti da portare agli uffici. Mi hanno
detto: vattene, questo non è l'ufficio del veterinario...».

Ibrahima Diop, 39 anni, nato in Senegal, in Italia dal 2000, vive a Roseto, in
Abruzzo: dopo l'episodio, ha deciso di sporgere denuncia: «Mai come in
quel momento mi sono sentito umiliato, è giusto che chi ha sbagliato
paghi». È andato al comando dei carabinieri e ha raccontato tutto e la
sua storia è stata subito ripresa e rilanciata su Twitter.

APRILIA Intanto ieri è stata eseguita l'autopsia sul corpo di Hady
Zaitouni, il marocchino morto ad Aprilia dopo l'inseguimento in auto e
il pestaggio da parte di due incensurati che lo credevano un ladro. Su
questo aspetto però non c'è nessuna certezza. «Non lo abbiamo
picchiato», hanno detto i due aggressori ai carabinieri. Ma le
telecamere di sorveglianza li hanno smentiti. Dalle immagini si vede
pure una pistola di uno dei due, una guardia giurata. «Ci siamo
rovinati», hanno poi ammesso.

Nell'attesa di avere gli esiti dell'autopsia, gli investigatori stanno
cercando di capire se gli inseguitori (denunciati per omicidio
preterintenzionale), fossero impegnati in una ronda. «Non lo escludo,
non abbiamo però ancora elementi per poterlo affermare, e se così
fosse ne sarei stupito», ha detto il colonnello Gabriele Vitagliano,
comandante provinciale dell'Arma.

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Federico Marini
skype: federico1970ca


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