In Sardegna, le province esistono ancora. Noi
non andiamo più a votare coloro che le amministrano, ma loro ci sono eccome, e senza che nessuno li abbia eletti
continuano a gestire, praticamente né più e né meno che prima, personale,
edilizia scolastica, strade, interventi ambientali con tutte le relative
risorse. Senza il benché minimo mandato popolare, rappresentano i territori sedendo
comodamente su ruoli e poltrone che prima erano di persone elette, scelte dai
cittadini, e oggi invece appartengono a persone nominata dagli amici e dai
partiti.
Si chiamano
Amministratori Straordinari invece che Presidenti, ma non mi sembra appropriato
continuare a chiamarli straordinari dopo 5 o 6 anni. Essi siedono li, sulla stessa
poltrona e praticamente con le stesse funzioni dei vecchi Presidenti eletti che
tra l’altro, dopo 5 anni terminavano il mandato. Dovevano tornare al voto e in
qualche modo dovevano rendere conto ai cittadini elettori. Oggi no. Stanno li e
gli unici conti che devono rendere sono quelli agli amici che li hanno
nominati. Così è stato per tutto il tempo della presidenza Pigliaru e così
continua oggi con la presidenza Solinas.
Naturalmente non in tutta
Italia è così, questa è una cosa tutta sarda. Le elezioni provinciali, in altre regioni, sono iniziate
già dal 2014, con sistemi diversi poiché votano e possono essere eletti solo
gli amministratori, ma in Sardegna no. Sono troppo comodi i Commissari
Amministratori Straordinari. Ecco. Questo è il risultato di tutta
l’antipolitica che rampanti capipopolo hanno riversato sulle province. La
storia della loro abolizione in Sardegna è davvero un caso da manuale.
Rappresenta, come nient’altro,
il modo in cui la politica, (certa politica naturalmente, non tutta) è persino
capace di utilizzare l’antipolitica per rifilare truffe clamorose a cittadini
distratti e sempre porti a cascarci come niente. Io sono per le Province e credo che sia necessario
restituire quanto prima ai cittadini la possibilità di eleggere nelle province
coloro che li devono rappresentare e amministrare. Ciò che è successo, e sono
in molti a doversene assumere responsabilità, è un intollerabile esproprio di
democrazia.
Di
Lucia Chessa
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