Avete presente quando
noi sardi andiamo a votare per le elezioni europee e siccome siamo nello stesso
collegio della Sicilia che ha quattro volte i nostri abitanti, tranne rare
eccezioni, non riusciamo ad eleggere nessuno? Bene, tenetelo a mente perché
qualcosa di molto simile succederà se al referendum vincerà il si e sarà
ridotto il numero dei parlamentari.
Il destino dei territori poco popolati della Sardegna sarà quello di
non avere rappresentanti che si concentreranno nelle aree urbano di Cagliari e
Sassari. “Bene” dirà a questo
punto il cittadino urbano poco sensibile ai problemi altrui, “chi se ne importa
se il Nuorese, o il Marghine, o la Baronia, o il Medio Campidano e così via non
saranno rappresentati a Roma?
Ma non è così che funziona perché cambiando il numero dei
parlamentari neanche le aree urbane dormirebbero sonni tranquilli, e meno che mai se si decidesse di
disegnare collegi accorpando regioni.
Io avrei voluto che si
tagliassero indennità, rimborsi, benefit, gratuità, agevolazioni e che stessero
a Roma con il reddito di un insegnate, in carabiniere, un operaio, in impiegato,
in artigiano, un negoziante, un pastore, un giovane medico.
Avrei voluto che nelle Camere ci fossero meno commessi, uscieri,
collaboratori, ausiliari, segretari e che prima di tagliare rappresentanza
democratica, si tagliassero tutto il resto. Certo che la politica, in Italia, si è impegnata in mille
modi a farsi odiare dai cittadini, se questi sono disposti anche a tagliarsi
diritti pur di tagliare politici. Che tristezza e che
fallimento se passerà questo si. I politici non si cancellano, più semplicemente
si scelgono bene
Di Lucia Chessa
Da ciò che si è visto nel passato, i parlamentari sardi hanno sempre contato poco o niente. Seppure il referendum servisse a raddoppiarne il numero, non cambierebbe granché. Oggi più che mai il potere è accentrato sui Leaders politici.
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