Muledda:
“Vinceremo le Regionali, il polo dell’autodeterminazione c’è”. 16 febbraio
2017 Cronaca, In evidenza 04, Politica.
“Il progetto di governo e di
autodeterminazione della Sardegna c’è e siamo pronti a vincere le prossime
elezioni regionali”. Gesuino Muledda, il presidente dei RossoMori, lo dice in
risposta al suo parigrado sardista, Giovanni Columbu, che l’altro giorno ha
lanciato su Sardinia Postun appello all’unità degli indipendentisti. Muledda, che
del Psd’Az è stato uno scissionista e a questa nuova alleanza sta lavorando da mesi col segretario dei
Quattro Mori Christian Solinas, chiarisce: “A Columbu, ci
mancherebbe, non contesto la proposta, ma i limiti della stessa”.
Presidente
Muledda, cosa non le va dell’appello lanciato da Columbu?
Premetto che non voglio entrare nel
merito delle questioni interne al Psd’Az e delle presunte tensioni accennate da
Columbu che, secondo me, non esistono. Dico però che la proposta del presidente
sardista ha un limite: lui crede che il P’sdAz sia una chiesa, o lo sia stata.
Ha applicato alla politica una verità
di fede, quella dell’extra Ecclesiam nulla salus (al di fuori della Chiesa non
c’è salvezza). Non dice espressamente che ci perdona, per aver lasciato il
Psd’Az, ma quando chiama alla fine della diaspora sardista e spera nel ritorno,
di fatto ci sta mettendo la mano sulla testa. Columbu omette l’analisi critica
intorno ai percorsi che hanno portato a scissioni, abbandoni e mancati ingressi nel partito. Invece
questa è la sostanza della questione. Un ragionamento troppo semplificato
rischia di banalizzare un discorso o renderlo paternalistico, quando non
presuntuoso.
L’approccio
al tema dell’autodeterminazione quale dovrebbe essere?
A sentire Columbu, il Psd’Az viene
prima dei valori. Io dico che è l’esatto contrario. L’eredità di Lussu e
Bellieni non solo preesiste, ma in un partito trova semplicemente
strumentalità. Quindi non ha senso sostenere che l’unità degli indipendentisti
deve avvenire all’interno del Psd’Az. Oggi siamo davanti a una situazione
precisa: nel popolo sardo c’è un sentimento diffuso di autodeterminazione, un’aspettativa
di risposta politica. E siccome la storia si costruisce e a ogni generazione
spetta una funzione, è evidente che a noi tocca il compito di dare forma al
progetto plurale. A un’alleanza sardista, federalista, indipendentista e
sovranista. A tutti quanti credono nel riscatto del popolo sardo. Poi ci
presenteremo al giudizio degli elettori.
Quindi
il polo dell’autodeterminazione esiste?
Posso solo dire che nei giorni
scorsi, a Sassari, c’è stato un ennesimo incontro e non era solo un confronto
bilaterale: abbiamo partecipato noi RossoMori, c’era il Psd’Az, c’erano Claudia
Zuncheddu, Bustianu Cumpostu, ProgRes, Gianfranco Sollai, Fondazione Sardigna.
Il dialogo è aperto con l’iRs di Gavino (Sale), con Pierfranco Devias e con
tutti quei movimenti indipendentisti frutto di mille contrapposizioni e che
daranno luogo ai necessari processi di riaggregazione.
Gli
Stati generali dell’autodeterminazione quando sono convocati?
Non c’è una data per convocare gli
Stati generali: è un processo. E nel processo maturano i programmi, gli ideali
e anche le scadenze. Se uno vuole diventare conduttore, deve dimostrare al
popolo sardo che è capace di azioni di riscatto: oggi per domani, non oggi per
ieri. E riscatto significa difesa dei diritti, non come ha fatto l’assessore Paci
che ha spinto il presidente Pigliaru a firmare un documento fiscale disastroso
per la nostra Isola: mi riferisco
all’accordo sul pareggio di bilancio.
Lei ce
l’ha con Paci, lo attacca sempre.
Io non ce l’ho con Paci, ma con
l’unilateralità di quell’intesa, concordata a Roma senza sentire la
maggioranza. Per questo noi RossoMori siamo usciti dal centrosinistra: la
Regione, a luglio 2014, ha deciso di ritirare i ricorsi pendenti.
Si
riferisce a quello sugli accantonamenti?
Sì, ma non solo.
Paci,
in una recente intervista a Sardinia Post, ha spiegato che sugli accantonamenti
la Corte Costituzionale ha un orientamento preciso: anche le Regioni a statuto
speciale devono concorrere alla riduzione
del
debito pubblico.
Vero, ma la Sardegna ha rinunciato a
resistere in giudizio sulla riduzione degli accantonamenti (attualmente
ammontano a 685 milioni), benché tutti noi contribuenti paghiamo per intero la
sanità. Su un caso identico, la Corte Costituzionale ha dato ragione alla Val d’Aosta. Noi abbiamo gettato i remi
in barca su una vertenza da un miliardo di euro.
Sempre a sentire Paci, la Regione ha
impugnato davanti alla Consulta sia Legge di stabilità 2016 sia quella 2017,
proprio per ottenere la riduzione degli accantonamenti e lo stop alla proroga
degli stessi.
Nell’accordo del 2015 la Regione ha
anche accettato di non presentare ricorsi in materia fiscale sino al 2018. Io
mi auguro che quella doppia impugnazione venga accolta, nell’interesse del
popolo sardo. Ma temo che all’Avvocatura dello Stato non sfugga quella rinuncia
scritta nell’accordo 2014.
Per
tornare al polo dell’autodeterminazione, avete sondaggi?
No, perché non abbiamo soldi. Ma
altri hanno indagato per noi: ci danno al 25 per cento. Noi siamo davvero
convinti di vincere. Abbiamo valori, idealità e cultura. Noi abbiamo da vendere
sogni, gli altri devono difendere disastri. E vigileremo sulla nuova legge
elettorale. L’assessore Maninchedda, per il tramite del suo capogruppo, ha
chiesto che vengano mantenuti gli sbarramenti.
In tutte le proposte di legge finora
presentate – quella del dem Gigi Ruggeri e quella del presidente del
Consiglio, Gianfranco Ganau – gli sbarramenti ci sono. La maggioranza
sembra compatta.
E noi contro la maggioranza
metteremo il popolo sardo. Non esiste che una legge elettorale venga fatta in
base alla contingenza, alle rendite di posizione di difendere. Anche sulla
doppia preferenza di genere si vuole frenare perché venti uomini uscirebbero
dal Consiglio regionale.
Il
leader del nuovo polo chi sarà?
I leader nascono se ci sono i
progetti politici. Il contrario è possibile solo a condizione di finire in un
cul-de-sac, ma a noi non interessa stare lì. Arriverà anche il momento del
leader, con una selezione naturale, quando il progetto sarà definito. Siamo il terzo
polo, alternativo al centrodestra e al centrosinistra.
Il
Movimento Cinque Stelle non vi preoccupa?
No. A noi no.
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