giovedì 26 aprile 2018

Rassegna stampa 26 Aprile 2018


«La sanità sarda è malata» Il grido di dolore dei territori I sindacati: l'Ats ha creato solo danni. Moriconi (Pd): ora gli Stati generali

Due casi ai confini della realtà, ad esempio, uno a nord l'altro a sud dell'Isola. A Tempio il sindaco manda la polizia all'ospedale Paolo Dettori e ordina alla Assl di «ripristinare immediatamente le attività connesse alla sala operatoria e blocco parto», e garantire «ricoveri e piene prestazioni sanitarie come da legge». Nel Sarrabus Gerrei, l'Unione dei Comuni chiede di riportare il San Marcellino alla piena operatività, h24, insomma, che venga restituito a residenti e turisti tutto quello che è stato chiuso, e minaccia di denunciare la Regione.

LA DENUNCIA «Mi chiedo: se non c'è nessuno contento, per chi la stanno facendo questa riforma?», dice Pietro Borrotzu, parroco alla Beata Maria Gabriella di Nuoro, accanto al carcere di Badu 'e carros. «Non stanno dando risposte a nessuno, parlate con chiunque, se non è uno yes man dell'assessore vi dirà che la sanità in Sardegna è gravemente malata. Le cose non stanno funzionando, dottori, infermieri, pazienti, amministratori locali sono sconcertati. Provate a prenotare una visita, vi diranno che dovrete aspettare a lungo, se invece decidete di pagare, con lo stesso medico, le file si accorciano come per incanto».

IL PROGETTO AGENAS A novembre scorso è partito anche nell'Isola un progetto dell'Agenas per la “valutazione partecipata del grado di umanizzazione delle cure”, un monitoraggio delle strutture ospedaliere fatto da osservatori e operatori per evidenziare quello che non va: i sopralluoghi sono terminati, la relazione è stata inviata, i risultati saranno resi noti in un convegno a giugno, ma alcune informazioni trapelano: il voto medio degli ospedali sardi non raggiunge la sufficienza. Una conferma dell'indagine dell'istituto Demoskopica pubblicata tre settimane fa: il grado di soddisfazione è del 30,5%, il punteggio di 32,5, cioè neppure un sardo su tre promuove il sistema. E ancora: è vero - come ha certificato anche la Corte dei conti - che il “rosso” diminuisce leggermente, ma è anche vero che nei giorni scorsi la Giunta ha evidenziato per Ats, Aou Cagliari e Sassari e Brotzu, un disavanzo presunto per il 2018 di 253 milioni 434 mila 385 euro («perdite da ridefinire», sottolinea l'assessore Luigi Arru»).

I SINDACATI «Le notizie che ci arrivano da tutti i territori ci rimandano una sanità sempre più impoverita, che rischia seriamente il tracollo», dice Roberta Gessa, segretaria generale Fp Cgil, «la nostra richiesta di riorganizzare e incrementare i servizi territoriali è rimasta lettera morta. La creazione dell'Ats ha aumentato le criticità già esistenti, reso il governo dei processi organizzativi caotico, ridotto la qualità e l'offerta dei servizi agli utenti. Sembra che si registri un risparmio di spesa, se fosse vero invitiamo la politica a riflettere sul prezzo che stanno pagando cittadini e lavoratori».

Davide Paderi, segretario Cisl Fp, avverte: «Del mega piano di assunzioni annunciato, se va bene inizieremo a vedere gli effetti tra molti mesi. I sardi la riforma l'hanno sentita eccome, ma negativamente, chi prima aveva un servizio entro 20 chilometri da casa, ora o non ce l'ha più o ce l'ha a 60 chilometri, e questo vale nel Sulcis, in Gallura, a Sassari, in Barbagia. Sono stati fatti i tagli senza avere un modello alternativo». Dice Fulvia Murru, segretaria Uil Fpl: «L'Ats è stato un grosso errore, ha portato solo confusione e disorganizzazione, inoltre stanno continuando a svuotare gli ospedali delle zone disagiate senza dare nessuna alternativa alla gente».

DAL CONSIGLIO Marco Tedde, consigliere regionale di Forza Italia, critico su ogni singolo punto, chiede: «Dov'è andato a finire il piano di riorganizzazione ospedaliera? Perché è fermo al ministero? Perché la Sardegna non può agire in autonomia e invece deve applicare riforme progettate per altre regioni?». Raimondo Perra, presidente della Commissione regionale Sanità ammette: «Sono preoccupato, il piano della rete ospedaliera è al ministero, che sta facendo valutazioni, ma i tempi si stanno allungando. Non ci dovrebbero essere grandi ostacoli, però non conosciamo i contenuti delle interlocuzioni dell'assessorato con Roma».

LA PROPOSTA Sottolinea Cesare Moriconi, consigliere regionale del Pd: «Tra i cittadini-utenti e gli operatori del mondo della sanità serpeggia disagio, manifestato anche con diverse forme di protesta. Sarebbe un gravissimo errore politico far finta di niente. Sarebbe utile e opportuna la convocazione degli Stati generali della sanità: consiglieri regionali, sindaci, sindacati, associazioni, riuniti per analizzare le disfunzioni. E se dovesse emergere la necessità di correttivi, anche di carattere normativo, abbiamo il dovere di intervenire immediatamente».

Cristina Cossu


La Nuova

«Sindaci, il partito non c'è Ma ci hanno lasciato soli»
Emiliano Deiana: il 5 maggio un incontro come altri tra amministratori
La politica ha smesso di dare risposte, noi siamo gli unici che ci
mettono la faccia

di Luca Rojch
SASSARI
La trincea è il loro quotidiano. Per fare il sindaco serve una certa
vocazione al martirio. Il sicuro trampolino politico del passato oggi
assicura un tuffo nel vuoto. Senza risorse, tartassati dallo Stato,
abbandonati dalle istituzioni. Senza scuole, uffici postali, caserme,
servizi. I sindaci devono cercare di sopravvivere alla rivolta delle
comunità, ai nuovi tagli che arrivano dal governo, alle tempeste delle
loro maggioranze sempre più inquiete e magmatiche. Emiliano Deiana
conosce in modo perfetto la solitudine dei sindaci. Prima di essere
presidente dell'Anci è primo cittadino di Bortigiadas. Concentrato
perfetto delle emergenze: piccolo centro a rischio spopolamento che
lotta per conservare residenti, servizi e qualità della vita.«È vero
fare il sindaco è diventato sempre più complicato - spiega -.

Spesso ci troviamo da soli davanti alle emergenze quotidiane che portano i
cittadini».Da tribù a partito. Cani sciolti, spesso arroccati nei loro
fortini, nelle piccole monarchie cittadine, per decenni i sindaci
hanno vissuto come monadi. Chiusi nel loro campanilismo. Ma la grande
crisi ha avuto un effetto dirompente. In poco tempo sono diventati re
del nulla. Monarchi di regni dai forzieri vuoti. L'ostilità è
diventata collaborazione. I sindaci si sono ritrovati a condividere le
stesse difficoltà. Il rapporto si è cementato. «Ma nessuno parli di
partito dei sindaci - dice Deiana -.

Io ho un ruolo istituzionale. Li
rappresento come presidente dell'Anci. So quali sono le emergenze, ma
qualcuno sostiene che si stia formando un partito trasversale fatto da
sindaci. Non è vero. O almeno non sono di certo io che lo sto creando.
Questo non significa che qualcuno possa farlo. Ma secondo me il
ragionamento deve essere differente. Prendiamo le ultime tre
legislature, gli ultimi 10 anni. C'è stato un attacco incommensurabile
verso i territori e le autonomie. Si è tagliato tutto. E lo hanno
fatto tutti i partiti. Compresi i 5 Stelle che hanno presentato una
proposta di legge per accorpare tutti i comuni sotto i 5 mila
abitanti. Pensate a cosa accadrebbe in Sardegna.

Tra i sindaci si è
rinsaldato un sentire comune. Rinforzato dal taglio indiscriminato
attuato da tutti i governi. Berlusconi, Monti, Letta. Gentiloni e
Renzi hanno allentato per un solo motivo. Non c'era più nulla da
tagliare. Tecnicamente il partito dei sindaci non può esistere. Quando
finisci il mandato ti dimetti? Se non sei sindaco non puoi farne
parte? Ma è chiaro che i partiti così come sono non riescono a a
rispondere alle esigenze dei sindaci. O si riformano, o cambiano pelle
o rischiano di venire superati da chi sceglie di
autorappresentarsi».Il partito dei sindaci.

Deiana lo esclude, ma i
sindaci sembrano sempre più trovare una linea comune. E alcuni dei
motivi li spiega lo stesso presidente dell'Anci. «La crisi economica e
politica ha avvicinato molto i primi cittadini tra loro e li ha
allontanati dai partiti. Basta una banale osservazione. Nel 2011 l'80
per cento dei sindaci aveva una tessera di partito in tasca. Oggi l'80
per cento non la ha. Questo non è un giudizio di merito, ma una
constatazione. I partiti li hanno esclusi, hanno smesso di
rappresentare le comunità locali».Ottana. Il simbolo del disagio e di
una certa unità dei sindaci è il caso Ottana. Al di là dell'iniziativa
del Partito dei Sardi si è vista una certa unità dei sindaci. «Gli
egoismi sono stati lasciati da parte - dice Deiana -.

Da tempo ci
sostituiamo con un ruolo politico nei territori a una funzione che
dovrebbe essere di partito». Il 5 maggio. In altre parole il partito
dei sindaci non esiste, per ora, e Deiana non lavora per crearlo. Anzi
vuole anche dare un'interpretazione autentica del confronto che ci
sarà il 5 maggio a Tempio tra alcuni primi cittadini: Massimo Zedda
sindaco, Cagliari, Andrea Soddu, Nuoro, Carla Medau, Pula, Daniela
Falconi, Fonni, Marisa Careddu, Luras, Roberto Ragnedda, Arzachena.
Oltre allo stesso Deiana. «Questo non è un vertice per varare il
partito dei sindaci - spiega -, ma uno dei tanti incontri in cui si
discute di temi comuni agli amministratori. Un convegno promosso dal
circolo culturale Don Primo Mazzolari.

Mi chiedo perché si cerchi di
dargli una valenza che non ha». Il partito dei sindaci per ora sembra
essere un prodotto della fantasia, o forse un'anticipazione spinta da
un elettorato in crisi di rappresentatività. Perché i sindaci sono
quelli che mettono la faccia davanti alle emergenze. Protestano con
Regione e Stato, cercano soluzioni. Pd. Deiana parla anche del suo
partito, il Pd. «Non ho mai fatto parte di nessuna corrente perché
penso che limiti le persone. E credo che il partito debba discutere
nei luoghi deputati. La realtà è che il Pd è ancora incartato dallo
scontro del 2007 tra Soru e Cabras, e che sia fermo all'ascesa e
caduta di Soru del 2004-2009.

Ma il mondo è andato avanti. Come può
capire un simile stallo un ragazzo che oggi ha 20 anni? O ci
rivolgiamo ai giovani o il Pd è destinato a scomparire». Il lato
positivo. Ma Deiana non si limita a criticare. Elogia lo sforzo della
Regione per strumenti come il Reis o l'iniziativa di Lavoras. «Certo
sono tutti perfettibili, ma sono una risposta. Due anni fa erano
disponibili 43 milioni, oggi sono 90. È chiaro che non è la soluzione,
ma è la partenza di uno stato sociale che in Sardegna è
indispensabile. La Regione si mostra attiva, si impegna. E questo va
riconosciuto. Anche perché l'intervento di Lavoras non è diretto solo
ai privati, ma anche alle imprese. Si aiuta in modo concreto il
tessuto produttivo».

Maninchedda sul blog: con Pigliaru abbiamo discusso solo di Ottana. E
ora stop ai vertici a Villa Devoto
Il leader Pds: non ho parlato di politica

CAGLIARI
Si è parlato solo di crisi industriale del centro Sardegna, le
questioni della maggioranza sono rimaste fuori dall'incontro tra il
governatore Francesco Pigliaru e il leader del Partito dei sardi,
Paolo Maninchedda. È lo stesso ex assessore ai Lavori pubblici a
"smentire" il contenuto del colloquio avuto due giorni fa a Villa
Devoto. Un faccia a faccia che arrivava dopo mesi di turbolenze tra il
centrosinistra e appunto il Partito dei sardi, componente fortemente
critico della maggioranza. Ma che, a quanto dice il segretario, non ha
avuto alcun risvolto chiarificatore. «Smentisco che il colloquio
informale avuto con il presidente della Regione abbia avuto contenuto
politico - ha scritto Maninchedda sul suo blog Sardegna e libertà -.
Si è parlato delle misure anticrisi a Ottana, punto».

In particolare
il confronto ha riguardato l'emergenza reddito nei paesi che insistono
sull'area industriale e in tutta la Sardegna centrale. Cose che da
fare subito, dunque. Primi passi da mettere in campo a beneficio delle
aree del Nuorese, come le misure di Lavoras, il piano da 128 milioni
di euro varato dalla giunta: per Ottana, che negli ultimi 15 anni ha
perso 3.500 posti di lavoro, ci sono a disposizione 126mila euro che
consentiranno al Comune di assumere nei cantieri per otto mesi una
decina di disoccupati. Altro strumento utile per far fronte
all'emergenza è la richiesta da presentare al governo per il
riconoscimento di Ottana come area di crisi complessa.

Poi il reddito
di cittadinanza nazionale, Rei, e quello regionale, Reis. Di altro,
giura Maninchedda, non si è parlato. «Il nostro progetto era e rimane
ciò che abbiamo annunciato a Ottana: prima uniti sugli interessi
nazionali dei sardi, poi diversi per impostazioni culturali. Noi
costruiamo la Convergenza nazionale, un progetto di unità dei sardi
rispetto al quale ogni formula politica attuale appare insufficiente.
Siamo interessati a processi popolari e trasversali, non ad accordi di
vertice. Non verremo mai fatti prigionieri da prospettive politiche
anguste. Dato l'equivoco creatosi - conclude il leader del Partito dei
sardi -, non parteciperò più a riunioni a Villa Devoto». (al.pi.)

Unione Sarda

No al M5S, si mobilita anche Renzi
L'ex leader Pd “consulta” i militanti in piazza. E Berlusconi paragona
i grillini a Hitler

Maurizio Martina ci vuole provare: «Credo che questa sfida vada
accettata», dice il reggente del Pd parlando a Porta a porta delle
trattative sul governo. «Il Pd deve giocare all'attacco e sfidare il
M5S per capire come fare cose utili per l'Italia».

Ma gran parte del partito non ci sta, e in particolare Matteo Renzi.
Ieri l'ex segretario ha condotto una sorta di sondaggio sul campo,
chiedendo ai passanti in piazza a Firenze se fossero favorevoli a un
accordo Pd-pentastellati. E ha ricevuto una valanga di no. Ribadito da
molti big: il ministro Carlo Calenda, fresco di tesseramento dopo la
sconfitta elettorale, minaccia di uscire subito dal suo nuovo partito
in caso di intesa con il M5S.

Martina non vuole spaccare il partito: «So che la disponibilità a
discutere col M5S ha un prezzo», aggiunge parlando con Vespa, «Tanti
per la strada mi dicono di fare l'accordo e tanti mi dicono di no. In
questo passaggio c'è bisogno del contributo di tutti nel partito,
anche di Renzi. Non mi sognerei mai di farlo da solo». Con l'ex
segretario, assicura, il contatto è continuo.

BERLUSCONI Anche nel centrodestra però ci sono tensioni. Berlusconi
dal Friuli scatena la polemica con una frase che sembra paragonare i
5Stelle a Hitler. Poi precisa di aver solo riportato la frase di un
militante, che davanti al M5S vincente gli aveva detto di sentirsi
«come gli ebrei davanti a Hitler».

La precisazione non basta a placare l'ira di Matteo Salvini, che
definisce la frase di Berlusconi «una sciocchezza». Gli replica Renato
Brunetta: «Com'era una sciocchezza l'annuncio di Salvini di una
“passeggiata su Roma” in caso di governo senza il centrodestra».
Oggi intanto Roberto Fico riprenderà le consultazioni, incontrando il
Pd alle 11 e il M5S alle 13. Ieri il presidente della Camera ha fatto
sapere che per ragioni di sicurezza rinuncerà a spostarsi a piedi tra
i palazzi della politica, come ha fatto ultimamente, e si rassegnerà
all'uso dell'auto con la scorta.


Migranti, rotta sulla Sardegna
La Regione: «Il Cpr di Macomer sarà un deterrente». Cappellacci: «Stop
ai clandestini»
Riprendono gli sbarchi degli algerini: quasi 50 in pochi giorni

Certo, i numeri non sono quelli dello scorso anno, quando in 12 mesi
arrivarono 1.936 immigrati a bordo dei barchini (quasi tutti
algerini): da gennaio a oggi sono arrivate appena 211 persone. Di
queste, 46 sono sbarcate nelle coste del Sulcis negli ultimi cinque
giorni. Segno che - anche se in proporzioni minori - il traffico tra
Algeria e Sardegna è in ripresa.

IL DETERRENTE «È un canale illegale e va stroncato», dice senza
esitare Filippo Spanu, assessore regionale agli Affari generali. Ora
gli algerini sanno che dopo l'identificazione nel centro di Monastir e
il foglio di via (che lo obbliga a lasciare l'Italia entro sette
giorni) possono sparire, magari a bordo di un traghetto diretto nella
Penisola. Ma entro l'anno la Regione conta di scoraggiare gli arrivi
con l'inaugurazione del Cpr (Centro di permanenza e rimpatri) di
Macomer: «Sarà operativo in sei mesi, otto al massimo», spiega Spanu.
Qui i migranti irregolari verranno ospitati e controllati fino al
ritorno in patria, che dovrebbe avvenire entro 90 giorni.

LE TRATTATIVE Poi si lavora anche sull'altra sponda del Mediterraneo.
«Insieme al ministero dell'Interno stiamo mandando avanti degli
accordi di cooperazione con la regione di Hannaba, da dove partono i
migranti algerini. Il governo nordafricano ha istituto il reato di
emigrazione clandestina: il calo degli sbarchi negli ultimi mesi
potrebbe essere legato anche a questo», dice l'assessore agli Affari
generali

L'ACCOGLIENZA Rappresentano un capitolo a parte, invece, i migranti
che hanno richiesto asilo politico. Nell'Isola sono 4.146, ospitati in
143 centri di accoglienza straordinaria. Di questi, una parte seguirà
i programmi di integrazione già attivi. Nelle ultime settimane sono
stati firmati contratti a Sarule, Villanovaforru, Iglesias. I
rifugiati partecipano a piccoli progetti legati ai servizi pubblici
(dalle pulizie nei centri urbani all'assistenza di altri migranti),
secondo quel modello di accogleinza «diffuso ed equilibrato», messo in
piedi «facendo tesoro delle esperienze di altri territori che si
trovano nelle nostre stesse condizioni», spiega Spanu, che lunedì è
intervenuto a Bruxelles nella sede del Comitato delle Regioni in una
conferenza sul tema “Migrazione e asilo”. All'incontro, organizzato
dal Comitato europeo delle Regioni, dalla Conferenza delle Regioni
periferiche marittime e dalla Regione greca dell'Attica, hanno preso
parte rappresentanti di Italia, Spagna, Svezia e Grecia.

L'ATTACCO Ma gli ultimi sbarchi hanno riaperto lo scontro tra
maggioranza e opposizione sul tema dei migranti: «Occorre bloccare la
rotta dei clandestini», attacca il deputato e coordinatore regionale
di Forza Italia Ugo Cappellacci, «e approvare al più presto delle
disposizioni che rendano effettivi, non più solamente teorici, i
rimpatri».

Nel mirino dell'ex governatore c'è il modello di assistenza ai
migranti messo in piedi negli ultimi anni: «La politica del
centrosinistra anziché governare e arginare il fenomeno ha generato
un'accoglienza che è sempre meno umanitaria ed è sempre più un
business per soggetti bene individuati o bene individuabili.
L'auspicio è che» a livello nazionale, «nasca un governo orientato a
superare questa logica, a bloccare l'immigrazione clandestina e ad
aiutare chi veramente ha bisogno nel suo paese», conclude Cappellacci.

I MORTI Intanto si contano già i primi morti: nei giorni scorsi sono
stati 11 i migranti annegati in mare dopo che avevano cercato di
lasciare la Libia. Sono 1.361 gli stranieri soccorsi in mare negli
ultimi giorni da tre navi umanitarie e delle imbarcazioni militari
della missione europea Eunavformed, coordinate dalla sala operativa
della Guardia Costiera italiana.
Michele Ruffi

Melis: «Affossati  per il Mater Olbia»
Intervista a Gian Benedetto Melis

« La Regione ha voluto punire l'azienda ospedaliero-universitaria di
Cagliari e centinaia di pazienti. La penalizzazione è sotto gli occhi
di tutti». Gian Benedetto Melis, direttore del dipartimento integrato
materno-infantile, scandisce le parole al centro dell'ufficio inondato
di sole, terzo piano del policlinico di Monserrato affacciato su
giardini malconci. Mentre sgancia il siluro è consapevole di aprire un
fronte politico: «È stata fatta una scelta sbagliata e contro la
legge».

Settant'anni e millecentoventitré pubblicazioni scientifiche
conteggiate nel curriculum, sferra l'attacco senza sollevare la voce
di mezzo tono: «Nonostante le norme prevedano che le Aziende
universitarie siano il riferimento per tutte le attività connesse con
l'urgenza-emergenza, quella di Cagliari è stata esclusa. Questa scelta
improvvida ha provocato un grandissimo problema all'Ostetricia, ai
punti nascita. Il nostro è quello che ha il maggior numero di parti in
Sardegna, ha superato i millesettecento, a livello nazionale viene
considerato un hub, come quello di Sassari. Ma - siccome hanno
attribuito al policlinico solo il primo livello - anche la clinica
ostetrica ufficialmente è considerata due gradini sotto quello che in
realtà è il potenziale espresso quotidianamente».

Chiede una deroga?
«È doverosa. La Regione ha dimenticato di chiarire che il riferimento
obbligatorio per le emergenze ostetriche è la nostra clinica. Un
errore grave che getta alle ortiche un patrimonio di esperienza e
professionalità».

Gli effetti del vostro declassamento?
«C'è una legge nazionale sintetizzata nell'accordo Stato-Regione del
16 dicembre 2010 che riconosce il nostro ruolo. Stranamente non se ne
fa cenno nel Piano. C'è il mancato riconoscimento di ciò che facciamo
anche per l'oncologia ginecologica. Eravamo sede dello screening dei
tumori di colon, collo dell'utero e mammella. Non sappiamo per quale
ragione siamo stati cancellati».

Chi se ne occuperà?
«L'Ats ha deciso che gli screening devono essere effettuati dal Centro
donna del Binaghi. Con costi aggiuntivi da non credere».

Un complotto contro l'Aou di Cagliari?
«Sto ai fatti. Il Piano non parla delle reti oncologiche preesistenti.
Nelle tante dichiarazioni pubbliche l'assessore regionale alla Sanità
Luigi Arru non ha mai citato gli ospedali universitari di Sassari e
Cagliari, che da anni hanno istituzionalizzato percorsi di ginecologia
oncologica di ottimo livello».

Un esempio?
«Il nostro ospedale ha una collaborazione con l'Oncologia del Businco
e la clinica ginecologica di Sassari: con il professor Salvatore
Dessole e il dottor Antonio Macciò lavoriamo assieme. Come nei loro
ospedali, anche nel nostro esiste una commissione che analizza ogni
caso di tumore scegliendo per ciascuno il tipo di trattamento, la
terapia chirurgica e quella medica, gli esami post intervento.
Facciamo riunioni quindicinali con l'anatomopatologo Gavino Faa,
l'oncologo Mario Scartozzi, il radiologo Luca Saba, i colleghi che si
occupano della radioterapia al Businco. Abbiamo un centro che si
occupa del cancro alle ovaie e non ha ottenuto alcun riconoscimento.
Andiamo avanti solo per le nostre pazienti».

Quante?
«Il numero può variare in base a come vengono classificati i casi
oncologici trattati».

Cioè?
«I tumori per i quali c'è la necessità di interventi chirurgici
importanti sono ottanta-novanta l'anno, ma arriviamo ad oltre
centocinquanta considerando le donne che si rivolgono a noi con una
diagnosi iniziale di carcinoma al collo dell'utero».

Il disegno della Regione?
«Plasmare la sensazione di arretratezza sino a trasformarla in una
necessità impellente di nuovi centri, quasi un passo indifferibile.
Nel frattempo non esiste neppure un registro dei pazienti oncologici
che fornirebbe dati importanti».

Forse servono nuovi centri perché voi non avete i requisiti di legge
per essere giudicati un hub.
«Li abbiamo tutti, e infatti siamo già hub. Però è evidente che è
stata costruita a tavolino l'urgenza di un polo oncologico al Mater
Olbia. Non un ospedale pubblico ma privato con forti interessi del
policlinico Gemelli e della Fondazione Qatar».

La Regione favorisce il Mater Olbia?
«Per quanto riguarda la ginecologia non c'è di certo bisogno di
novità. Sarebbe più vantaggiosa e produttiva una campagna di tutela e
rinforzo dei centri che già operano con risultati verificabili».
Cosa pensano i colleghi dell'Oncologico e della clinica universitaria
di Sassari?
«Sono d'accordo con questa interpretazione. All'Oncologico, per dirne
una, a fronte di una richiesta di ampliamento dell'attività non si
risponde in alcun modo con il miglioramento della struttura. Invece la
situazione sta peggiorando per potenzialità, liste d'attesa e
percorsi».

La Regione punta a evitare le trasferte oltre Tirreno dei pazienti.
«In realtà sta completando un percorso discusso con nessuno che non
avrà alcun ruolo nel ridurre i viaggi della speranza. Temo che sia una
situazione simile a quando il progetto della clinica di Olbia era
sotto l'ombrello del San Raffaele e avrebbe dovuto avere perlopiù la
funzione di anticamera del più celebre ospedale lombardo».
In che senso?

«Una volta visitati i malati a Olbia, sarebbe stato più facile
suggerire controlli più approfonditi da eseguire al San Raffaele di
Milano».

Ne ha parlato con l'assessore Arru?
«L'ho incontrato solo come presidente regionale del Comitato nascite».
Forse non sa esattamente ciò che fate.
«Chi decide conosce per filo e per segno la nostra attività».

Sicuro?
«Francesco Pigliaru e Raffaele Paci, presidente della Regione e vice,
sono ex professori universitari. Il primo è stato responsabile della
commissione Ricerca scientifica dell'ateneo cagliaritano. Sa che siamo
un punto di riferimento nazionale e internazionale. La ginecologia in
Sardegna, tutta la ginecologia, è di ottimo livello. È una delle
discipline che scientificamente produce di più. Quale interesse spinge
a fare scelte che appaiono irrazionali? Mistero. Di sicuro non ci
hanno chiesto un contributo di idee».

Eppure c'è chi sostiene che la Regione abbia premiato il policlinico
penalizzando gli altri ospedali.
«Un'emerita stupidaggine. L'ho sentita dire anche al presidente della
commissione regionale sanità e mi sono meravigliato».

L'Ats è...?
«Inutile e dannosa. Non si capisce a cosa serva un'unica, gigantesca
Asl. Si rischia di non entrare più nel dettaglio, nell'analisi delle
varie situazioni. È questa la sanità che vogliamo? Penso di no».

MONSERRATO. Crisi, nuovo scossone: i due Riformatori lasciano la maggioranza
«Il sindaco Locci ci ha tradito: voteremo contro il bilancio»

Dimissioni, uscita dal partito ed ennesimo attacco al sindaco Tomaso
Locci che, a questo punto, sembra non avere più una maggioranza per
continuare a governare Monserrato. «Mi dimetto dalla carica di
vicepresidente del Consiglio comunale e da capogruppo dei Riformatori
- spiega la consigliera Valentina Picciau in una lettera inviata al
sindaco - e insieme al collega Salvatore Zuddas passiamo al gruppo
misto, non trovandoci in sintonia con l'operato del partito riguardo
le questioni locali. Questo anche per sottolineare che non siamo
attaccati alle poltrone: il nostro scopo era dare il vero slancio
all'amministrazione di Monserrato senza rivendicare alcun ruolo per
noi».

L'ATTACCO Nella lettera un lungo attacco al sindaco: «Ha
strumentalizzato le nostre critiche di qualche settimana fa per
rassegnare le dimissioni convinto che lo portassero al voto di
giugno», scrivono Picciau e Zuddas. «In realtà ci ha considerato fuori
dalla maggioranza per scaricare su di noi e sui cosiddetti “ribelli”
le responsabilità e lanciare con queste sterili argomentazioni la sua
nuova campagna elettorale che avrebbe previsto liste di automi e non
di persone pensanti».

LA CRISI E il riferimento è all'uscita dalla coalizione dei
socialisti: «Ha ridotto la maggioranza da 12 a 10 consiglieri quindi
non sufficienti per approvare il bilancio, e di questo se ne deve
assumere la responsabilità - precisano rivolgendosi al sindaco Locci -
L'indebolimento della coalizione nel 2017 ha aperto le porte
all'inciucio, fatto per il mero mantenimento delle poltrone, in primis
quella del sindaco. Per non parlare dell'ordine del giorno sulla
solidarietà ai consiglieri minacciati di morte di cui ringraziamo la
minoranza e non di certo il sindaco che non ha fatto nulla per
condannare questo vile atto. Anzi, a poche ore dal rinvenimento delle
scritte, ha ulteriormente alzato i toni durante una conferenza stampa
per l'inaugurazione del nuovo asilo».

NO AL BILANCIO Poi il chiaro annuncio di Picciau e Zuddas, neanche
tanto velato, sul loro “no” al bilancio di previsione già votato in
Giunta ma mai portato in Consiglio comunale per il via libera
definitivo. « Ci auguriamo - precisano - che il sindaco trovi
miracolosamente altri volontari disposti a garantirgli la poltrona che
tanto gelosamente ha voluto custodire ritirando le dimissioni». Per i
due consiglieri non si tratta di un tradimento nei confronti della
coalizione e del partito. «È il sindaco che ha tradito noi non
rispettando il patto elettorale e il programma stipulato», precisa
Picciau.
Federica Lai

IGLESIAS. Intanto anche la civica “Ainnantis” guarda al centrosinistra
Piazza Sella-Udc e Pd, l'alleanza (pare) possibile

Tutto è probabile, nulla ancora è certo. Tra Piazza Sella-Udc e Pd
continuano le interlocuzioni in vista di un allargamento della
coalizione di centrosinistra, ma nel partito di cui è leader regionale
Giorgio Oppi c'è chi chiede segnali concreti di apertura prima di
suggellare la nuova alleanza.

I CONTATTI A confermarlo è il consigliere comunale Andrea Pilurzu, che
era stato indicato come possibile candidato alla carica di sindaco,
prima che il centrodestra si dividesse (con l'uscita di Forza Italia)
sul nome della giornalista Ilenia Mura. «Personalmente sarei per
mantenere la nostra autonomia - dichiara Pilurzu - ma con segnali
reali che manifestino la volontà di convergere su tematiche di
fondamentale importanza, non avrei difficoltà a far parte di
un'alleanza di centrosinistra. Del resto, in Consiglio, mi è capitato
in più di una circostanza di votare a favore di atti della
maggioranza: l'ho sempre fatto nell'interesse della città e, con
quest'obiettivo, accetterei la formazione di una coalizione ampia».

Per Andrea Pilurzu c'è un segnale forte che potrebbe arrivare dal
centrosinistra e riguarda la Sanità: «La difesa del laboratorio
analisi del Santa Barbara, ridimensionato e parzialmente trasferito a
seguito del crollo avvenuto nelle scorse settimane, sarebbe il primo.

Ci aspettiamo che il centrosinistra, in testa il Pd, si adoperi con
determinazione per fare in modo che il servizio riprenda in maniera
completa». Entro la settimana, tuttavia, il gruppo Piazza Sella-Udc
dovrebbe ufficializzare la sua decisione: ancora qualche giorno per
sapere se il matrimonio con il Pd è possibile, oppure se è il caso
(eventualità non del tutto sfumata) di proseguire il cammino con
Fratelli d'Italia «i cui rappresentanti - tiene a precisare Pilurzu -
sono stati leali e pazienti durante tutto il percorso fatto insieme».

LISTA AINNANTIS Intanto Giancarlo Mameli, coordinatore della lista
“Ainnantis Iglesias”, ha diffuso una nota con la quale approva
l'apertura del confronto con Pd e alleati. «Occorre proporre alla
città un progetto non solo politico, ma soprattutto di alta caratura
amministrativa - scrive - Se si dovessero trovare linee programmatiche
convergenti, Ainnantis è disponibile ad apportare il suo contributo di
politica identitaria. Nei prossimi giorni chiederemo un incontro al
segretario del Pd».

CACCIARRU EX PCI Novità arrivano dalla coalizione di Valentina Pistis,
in particolare da Alberto Cacciarru, ormai ex Pci: «Continuo a stare
al fianco, e sostenere con determinazione, il progetto della nostra
candidata. L'ingresso di Forza Italia è dovuto alla condivisione di un
programma mirato a risolvere i problemi della città: l'ideologia non
c'entra e ognuno conserva la sua».
Cinzia Simbula

La Nuova

Un mare di plastica rischia di soffocare i fondali dell'isola
In Sardegna 59 rifiuti per ogni chilometro quadrato
La ricerca su un'area che va da zero a meno 800 metri

di Antonello Palmas
CAGLIARI
Plastica e ancora plastica, in quantità industriali: buste, taniche,
reti, bottiglie. Ma anche barili in metallo, bottiglie. Una vista
sconfortante per chi ama l'ambiente. Il fondo del mare usato come
discarica, anche quello bellissimo della Sardegna. È quanto emerge (è
il caso di dire) dalla ricerca del biologo marino Andrea Alvito per
conto dell'Università di Cagliari, pubblicata sulla prestigiosa
rivista scientifica britannica Waste management.

Trent'anni, di
Cagliari, Alvito ha terminato nel 2017 il dottorato di ricerca coi cui
fondi ha condotto lo studio e con esso la collaborazione con l'ateneo,
ma è grande la soddisfazione per il riconoscimento («postumo», scherza
lui) ai suoi sforzi.«Si tratta del primo completo lavoro sul tema dei
rifiuti nei fondali marini in Sardegna, in cui ci sono mappatura,
caratterizzazione, censimento e distribuzione a una batimetria
(profondità) da 0 a 800 metri, dove l'occhio normalmente non riesce ad
arrivare» spiega Alvito.

«È durato tre anni e ha suscitato interesse
in parecchi comuni costieri, che mi hanno contattato per saperne di
più sulle condizioni delle loro aree, ma anche nei centri diving. C'è
grande attenzione sull'argomento, anzi possiamo dire che si tratta
dell'unica "moda" di cui sono contento».Andrea e altri studiosi hanno
compiuto il periplo dell'isola effettuando tre anni di campionamenti,
dal 2013 al 2015, con partenza e arrivo a Cagliari.

 Grazie a un
accordo dell'Università con i pescherecci, in periodo estivo («per
motivi di meteo, ma il mare grosso l'abbiamo trovato lo stesso...»)
sono stati compiuti centinaia e centinaia di rilevamenti con le reti a
strascico su fondali molli, sabbiosi, quelli tipici dei territori di
pesca. Qualche anno fa l'Unione europea aveva emanato la Marine
strategy framework directive, che impegna tutti gli Stati a produrre
il maggior numero possibile di dati su vari argomenti , tra i quali i
rifiuti marini inquinanti. La mia ricerca è inserita in quest'ottica e
fa parte del lavoro compiuto dal gruppo di ricerca di Angelo Cau,
allora direttore del dipartimento di scienze dell'ambiente
dell'Università di Cagliari, che comprendeva anche Andrea Bellodi,
Alessandro Cau, Davide Moccia, Antonello Mulas, Francesco Palmas,
Paola Pesci, Maria Cristina Follesa».

Le cale a strascico sono state
ripetute per tre anni per vedere come variavano le quantità e le
tipologie di rifiuti. «Ciò che viene fuori - dice Alvito - è che in un
confronto con altre regioni del Mediterraneo in cui sono stati
compiuti studi analoghi, la Sardegna è messa non dico bene, ma meno
peggio». Nei mari dell'isola ci sono in media 59 oggetti per kmq,
contro ad esempio i 97 di Malta, i 913 dell'Adriatico, i 240 di Patras
(Grecia), i 179 del Portogallo. E ciò nonostante le reti con maglie da
20 millimetri, le più strette utilizzate in questo genere di studi.
Perché meno rifiuti? Probabilmente per la minore densità abitativa
dell'isola e il fatto che i fiumi maggiori siano solo Tirso e
Flumendosa, comunque dalla portata inferiore rispetto ad esempio a
quelli del Continente ».

E i corsi d'acqua hanno un grande ruolo nel
fenomeno. C'è poco da gioire, i rifiuti ci sono comunque, e in gran
quantità. Le presenze maggiori si segnalano al largo di Sant'Antioco:
l'area è nella fascia dai 571 ai 66 oggetti per kmq. La spiegazione
risiederebbe in una corrente che costeggia l'isola da nord a sud
trasportando i rifiuti, in particolare plastica leggera. Alta
concentrazione anche a sud di capo Teulada (da 285 a 380), mentre
altre aree sono meno "affollate" di oggetti (da 95 a 190 nel Golfo di
Cagliari, al largo del Sinis e di Alghero, nel Golfo dell'Asinara, al
largo di Olbia, zona che però spicca per la presenza di vetro. La
costa orientale da Olbia in giù ha solo zone con 0-95 oggetti.

 La plastica è una presenza preponderante, è il 60 per cento del materiale
pescato dalle reti, il 10% è composto da vetro, il 9% da metallo, il
6% da tessuti, il 4& da legno, il 2% da gomma, l'1% da cartone, l'8%
da altro materiale. Relativamente alla plastica, il 35% sono buste, il
20 % bottiglie, il 19% contenitori per alimenti, il 17% plastica dura,
il 9% materiale da pesca). «L'Ue a partire da questa direttiva sta
facendo sempre più pressione perché si elimini la plastica, che ha
tempi di degradazione di millenni e in questo processo frantumandosi è
capace di entrare nelle reti trofiche e quindi nella catena
alimentare, causando danni enormi - dice il biologo - dagli anni 50 a
oggi è stata capace di invadere l'ambiente. Sarebbe interessante uno
studio sulla provenienza delle plastiche.

All'interno della mia tesi
del dottorato di ricerca si parla di una campagna sperimentale che
riguarda cale a strascico su fondali di quasi 2000 metri, lontani
dalle coste e si accerta la presenza di quantitativi di plastica molto
superiori: evidente la responsabilità di mercantili e navi da
crociera, che ripuliscono le stive lontano da occhi indiscreti».

Che fare? «Sono i primi passi verso la conoscenza del fenomeno - risponde
Alvito - ma si devono adottare misure gestionali per affrontare il
problema. I danni all'ambiente si ripercuotono sul turismo e in una
regione come la nostra non è pensabile restare a guardare».

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Federico Marini
skype: federico1970ca


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