venerdì 28 ottobre 2016

Laboratorio Di Lettura Espressiva Allo Spazio Arcostudio


28 Novembre (ore 18:00) – 11 Dicembre (ore 21:00)
Via Porto Scalas 17, Cagliari.
Spazio ArcoStudio 



Dire con voce nitida e partecipazione emotiva pagine di narratori e poeti italiani.
Pagine sull'Italia che passa dalla guerra alla ricostruzione, l'Italia della mutazione antropologica descritta da italiani che amano il loro Paese, come Pasolini, Calvino, Levi, Pintor, Bianciardi...
Questo il tema del laboratorio di lettura espressiva con esito scenico, diretto da Mario Faticoni che impegnerà 10 allievi da Novembre a Febbraio nello Spazio ArcoStudio di via Portoscalas 17 a Cagliari.

Il corso è articolato in 10 lezioni della durata di 2h circa ciascuna.
Il laboratorio intende offrire ai partecipanti la possibilità di arricchire le proprie capacità di lettura ad alta voce, di godere pienamente del testo scritto e di coinvolgere gli altri grazie alla forma della lettura espressiva.

Al termine delle lezioni verrà rilasciato un attestato.

Per informazioni circa date e costi e per le iscrizioni scrivere a spazioarcostudio@gmail.com o telefonare allo 070/663288 dalle ore 10 alle 12.30.

Rassegna stampa. 28 Ottobre 2016. - "DOSSIER MIGRANTI. Stranieri, nell'Isola solo una tappa Molti sbarchi ma pochi si fermano." - "L'odissea a lieto fine di un bimbo siriano in fuga dalla guerra." - "«Prostitute per pochi spiccioli» È allarme nel Sulcis: la criminalità locale assolda i profughi."

Unione Sarda

DOSSIER MIGRANTI. Stranieri, nell'Isola solo una tappa Molti sbarchi ma pochi si fermano

È tutta una questione di participio, passato e presente: immigrati e migranti non sono la stessa cosa ed è bene utilizzare il giusto linguaggio per non incappare in equivoci e reazioni (sociali) a catena. Premessa doverosa per capire come la Sardegna si confermi terra di passaggio: aumentano gli sbarchi dei migranti (16mila negli ultimi tre anni di cui 1.215 approdati con i barchini), ma gli stranieri residenti nell'Isola, pur aumentati lievemente, restano pochi e non compensano la dinamica negativa della popolazione sarda, che nell'ultimo anno è diminuita ancora di oltre cinquemila abitanti.

LE CIFRE Gli immigrati residenti in Sardegna sono 47.425, il 2,9% della popolazione (contro una media italiana dell'8,3). Oltre la metà proviene dall'Europa, in maggioranza sono donne (il 54,4%) e hanno tra i 30 e i 44 anni. È quanto emerge dal dossier statistico immigrazione 2016, curato dal Centro studi ricerche Idos in collaborazione con Confronti, realizzato in partenariato con l'Unar e finanziato dall'8 per mille della Chiesa valdese.

Il rapporto è stato presentato ieri nella facoltà di Scienze politiche dell'Università di Cagliari. Secondo il dossier nazionale - curato nella parte sarda da Tiziana Putzolu, ricercatrice del Centro studi telazioni industriali dell'Università di Cagliari - nel 2015 i residenti stranieri sono aumentati di 2.346 unità, con un incremento del 5,2% rispetto al 2014. Ma la crescita è ora a passo contenuto: nel 2013 l'aumento sull'anno precedente era stato del 18,4%, per poi rallentare al 6,9% nel 2014 e ancora nel 2015.

LA PROVENIENZA Arrivano per oltre il 50% (24.969) da Paesi del continente europeo, in particolare dalla Romania, al primo posto con il 28,6%. La seconda comunità più numerosa è quella marocchina (9,3%), segue il Senegal (8,9%) e la Cina (6,8%).

I residenti stranieri si sono insediati per lo più nelle aree costiere: la maggior parte (il 33%) si trova nella provincia di Cagliari e incide sulla popolazione per il 2,8%. Ma la concentrazione di stranieri più alta di tutta la Sardegna è nella provincia di Olbia-Tempio: qui gli 11.826 immigrati rappresentano il 7,4% della popolazione e sono aumentati rispetto all'anno precedente del 2,4%. Nella provincia di Sassari sono 8.982, mentre il numero più basso si registra in Ogliastra (919) e la più bassa percentuale di concentrazione si rileva nel Medio Campidano con l'1,3% sul totale della popolazione residente.

OCCUPAZIONE E IMPRESE Sul fronte economico, in tutta Italia, confrontando le spese pubbliche sostenute per gli immigrati e gli introiti da loro assicurati all'erario, risulta un beneficio per le casse dello Stato di 2,2 miliardi di euro: il totale delle entrate fiscali e previdenziali degli immigrati è di 16,9 miliardi, contro 14,7 miliardi di spese sostenute dallo Stato per loro.

Cresce anche l'occupazione: in Sardegna i lavoratori stranieri sono poco più di 25mila, con un incremento in tutte le province. Di questi il 63,8% è impiegato nei servizi, il 18,8% nell'industria e il 9,9% in agricoltura. Buono anche l'andamento delle imprese in cui oltre la metà dei soci è straniera: quelle attive sono 10.243, il 6,1% del totale, mentre quelle a conduzione femminile sono il 22,5%. Per quanto riguarda le rimesse, la quota di denaro inviata dai cittadini stranieri nei loro Paesi d'origine è stata di 62 milioni di euro, in diminuzione rispetto al 2014.

Marzia Piga

L'odissea a lieto fine di un bimbo siriano in fuga dalla guerra

La macchina di Barbara e Malik avanza sui tornanti schiacciata fra le
rocce brune del Monte Libano e lo spesso muro di nebbia che si solleva sul ciglio della strada. Oltre, molti chilometri a valle, si affanna Beirut. «Non vi siete per caso persi mentre cercate la mia mamma?». Da Senorbì la voce allegra di Omar raggiunge la macchina in corsa con un messaggio. «Non gli abbiamo raccontato come procedono le cose, ma lui percepisce tutto», commenta Barbara. Omar sa solo che lei e Malik sono in Libano nel tentativo di portare la madre e i tre fratellini in Sardegna.

L'ODISSEA E IL LIETO FINE Omar è fuggito dalla guerra nella città di Deraa, Siria, nel luglio del 2014, quando aveva 5 anni. Insieme allo zio ha trascorso due mesi in Turchia in attesa di potersi imbarcare per l'Italia. La notte stabilita per la partenza, quando confusamente
si raggiungono le imbarcazioni che uniscono le spiagge alla nave madre, Omar è si è ritrovato solo sul grande ponte gremito. «Il viaggio è durato molti mesi, e la notte mi lasciavano a fare la guardia, mi rubavano i biscotti», racconta Malik recitando la trasfigurazione di Omar, protetto durante la settimana di navigazione verso le coste della Sicilia da una famiglia irachena. Catania, Elmas, e il centro di accoglienza di Villasor, dove il bimbo è stato affidato a Barbara Follesa e suo marito algerino Malik Yousfi, amministratori di un centro di accoglienza migranti nel paese. Solo il contatto dello zio fornito dalla famiglia ha strappato Omar all'oblio. Una telefonata ha raggiunto la famiglia a Deraa. Così dopo diversi mesi, molti chilometri lungo la rotta Balcanica e il dedalo burocratico attraversato da Barbara e Malik, il padre, cui è stato riconosciuto lo status di rifugiato, ha potuto riabbracciare il fanciullo.

LA NUOVA VITA Nel frattempo Omar ha rimosso l'arabo, sviluppato una rigogliosa loquela italiana, iniziato la scuola elementare e gli allenamenti di calcio. Barbara, ex vicedirettrice del centro di accoglienza di Elmas, e Malik, a lungo impegnato come mediatore nelle diverse missioni italiane nel Mediterraneo, continuano a crescere Omar in un equilibrio dove le culture sono luoghi diversi in un sistema aperto, da attraversare senza paura. Maldestramente in moschea Omar si esercita in bisbigli e genuflessioni. Farà il pilota e il costruttore da grande, perché nasceranno molti palazzi a Daraa. Per Barbara e Malik ha pensato a una grande villa con piscina, non troppo profonda. Non si nasconde più al passaggio degli aeroplani e sarà lui a prendersi cura di loro perché sono soli, dice, mentre i genitori possono contare sugli altri figli, per la vecchiaia.

LA FAMIGLIA DI OMAR La madre e i tre fratellini (11, 10 e 6 anni) sarebbero dovuti arrivare a Beirut in mattinata, presentare i documenti e affrontare l'indomani un'intervista con l'agenzia che si occupa dei ricongiungimenti per l'ambasciata italiana. Poi attendere, e volare verso Cagliari. Ma qualcosa è andato storto, e i quattro sono bloccati al confine di Masnaa, dove Barbara e Malik sono diretti.

LA PAURA DI NON FARCELA Surreale come sempre la frontiera: la sera avvolge pochi camion parcheggiati nel piazzale silenzioso e soldati che chiacchierano in capannelli fuori dagli uffici. Malik si adopera per capire cosa impedisca l'attraversamento. Semplice: il padre è un palestinese siriano, come Omar e i fratelli. Le politiche migratorie libanesi sono severe riguardo la possibilità che la massa estranea dei 12 campi palestinesi presenti dal 1948 aumenti nel numero. Solo la madre, di passaporto puro, può passare.

L'OK DELL'AMBASCIATA Dopo innumerevoli telefonate a scavalcare il confine sono solo lo smagrito tassista e le valigie, squassate nell'ordine dalle molte perquisizioni nei check point che frammentano la Siria. È l'elenco della solitudine di un popolo: vestiti, tazzine da caffè, una foto, olive nere. A Malik e Barbara non resta che pagare il tassista per il ritorno a Deraa, e sperare che a Beirut, nei due giorni rimasti a disposizione, sia possibile superare lo stallo.

Così avviene, i funzionari dell'ambasciata italiana abbracciano la storia di Omar, e dopo dieci giorni la madre e i fratelli arrivano nella capitale per l'intervista, che ha buon esito. Presto sarà Sardegna, dove c'è tutto ciò che avanza di un'esistenza dispersa, salvata, dicono Barbara e Malik, «un rapporto che non finirà mai».

Luca Foschi

«Prostitute per pochi spiccioli» È allarme nel Sulcis: la criminalità locale assolda i profughi

I cittadini di Iglesias sono allarmati: «Anche l'altro giorno alcuni di loro ci hanno riferito di essere stati fermati da un paio di ragazzine migranti che chiedevano soldi in cambio di sesso. Avranno avuto sedici anni appena», racconta il presidente della commissione Servizi sociali del Comune, Alberto Cacciarru: «Sul giro di prostituzione che sta prendendo piede anche lungo le strade della città, oltre a un possibile coinvolgimento dei migranti nel traffico della droga, non possiamo voltarci dall'altra parte.

Per chi, come loro, arriva senza documenti e soldi in un territorio già stremato da povertà e disoccupazione, l'unica prospettiva potrebbe essere la criminalità. Siamo preoccupati».

L'ALLARME Dalla prostituzione ai furti nei negozi del centro: «Ad agosto sono stato circondato e derubato da un gruppo di migranti», racconta il commerciante Fabio Calaresu. E poi si parla di droga: il rischio è che molti di loro, soprattutto fra i giovanissimi, rimangano invischiati nella rete locale dedita al traffico di stupefacenti.

Qualcuno è stato notato intento a vendere droga ed è stato arrestato all'interno del centro di accoglienza di Sant'Angelo, a qualche chilometro da Iglesias: «Fortunatamente è un caso isolato», spiega Susanna Steri, presidente dell'associazione “Diomira” che gestisce la struttura dove vive da alcuni mesi una folta comunità multietnica:

«Appena ci siamo accorti, abbiamo chiamato i carabinieri e siamo in attesa del decreto di espulsione». LE DIFFICOLTÀ «Considerando le difficoltà economiche in cui ci troviamo - questa la sua paura - il rischio di delinquenza potrebbe essere alto: il Governo non ci dà soldi da aprile. Noi facciamo il possibile per tenerli lontano dalla criminalità, ma non è facile gestire centinaia di migranti in questa situazione».

Migranti per i quali non arrivano neppure le risorse per i pocket money: giusto martedì scorso, un centinaio di africani ha inscenato per questo una protesta bloccando la strada che collega Iglesias a Fluminimaggiore.

L'ACCOGLIENZA «Io faccio il pastore. Non siamo tutti uguali»: Ibraima Davva, senegalese da 11 anni in città, spiega che «l'unica soluzione è quella di regolarizzarli e lasciarli liberi di spostarsi per cercarsi un'occupazione». Eppure la politica dei centri d'accoglienza va avanti e rischia di far rumore la decisione del Comune di ospitare i migranti nell'attuale istituto per anziani “Casa Serena”, destinato alla chiusura: «Siamo chiamati ad accoglierli responsabilmente - dice il sindaco Emilio Gariazzo - lo faremo portando avanti una corretta politica di solidarietà nella quale coinvolgeremo i cittadini».

LE POLEMICHE Le perplessità sono già parecchie: «Diventerà un ghetto, non è la struttura idonea per integrarli», si oppone il consigliere comunale Alberto Cacciarru (Pci). Il collega Gian Marco Eltrudis (Piazza Sella) ha presentato un'interrogazione: «Siamo contrari, propendiamo per un sistema di integrazione e accoglienza efficiente».

«C'è poi il fattore negativo del peso sociale», sostiene il consigliere regionale Udc Gigi Rubiu: «Il nostro territorio attraversa un momento di forte crisi economica». In ogni caso, ribadisce il suo “no” «alle decisioni imposte dall'alto» che «mirano a desertificare i servizi per ospitare i migranti in edifici abbandonati».


Ilenia Mura

Federico Marini
skype: federico1970ca

giovedì 27 ottobre 2016

Todo Guantánamo es nuestro" di Hernando Calvo Ospina

Il Circolo dell'Associazione di amicizia Italia Cuba "José Martì" di Cagliari e il Circolo FICC del cinema "Antonio Gramsci"

organizzano

la presentazione e proiezione del film documentario:

Todo Guantánamo es nuestro" di Hernando Calvo Ospina


L'iniziativa si terrà giovedì 27 ottobre alle ore 19.30 e avrà luogo presso la sede della Associazione culturale Antonio Gramsci in Via Doberdò 101 a Cagliari.

Interverranno la Segretaria del Circolo "José Martì" Anna Maria Ortu e Roberto Vallepiano autore del libro "Cuba. Geografia del desiderio".


Ingresso gratuito con tessera FICC (€3,00)


La storia di Fabiana. Una lucciola anarchica.

In Piazza Matteotti conobbi Fabiana, durante uno degli innumerevoli pomeriggi in cui attendevo la corriera per ritornare al paese. S'era avvicinata per chiedermi una sigaretta, poi un tale le s’avvicinò per domandarle dell’altro, così seppi del suo antico mestiere. Si trattava semplicemente di una lucciola, che aveva la sua zona di competenza proprio in quella Piazza…

 Ogni volta che ritornavo al paese, ed ogni volta che andavo ad accompagnare od attendere qualche amico, scambiavo quattro chiacchiere con quella bella ragazza, e lentamente scoprì alcuni episodi della sua scioccante esistenza. Fabiana proveniva da un paesino del cagliaritano, ed era scappata di casa perché stritolata da una dose insopportabile di noia. No, non era scappata da un genitore violento, oppure da un partner pazzo ed alcolizzato: la noia e soltanto la noia era stata l’unica ragione del suo allontanamento.

 Ad appena diciotto anni il suo primo fidanzato l’aveva convinta a seguirlo nel capoluogo, suggerendole che le avrebbe procurato “il necessario”. Tutto andò abbastanza bene sino a quando questo famoso “lui” non era ripiombato nel suo vizio: quello dell’eroina. Scriteriato, aveva pensato bene di trascinare anche la bella ma corruttibile Fabiana nella sua tragica avventura. Dopo appena un anno e tre mesi dalla loro “fuga” lui morì d’overdose nell’androne di un palazzo in costruzione, e lei rimase sola come una barchetta abbandonata sulla spiaggia dopo una tempesta, anche perché il padre l’aveva minacciata in tutti i modi possibili ed immaginabili.

  Tuttavia Fabiana doveva raggranellare i soldi per la propria dose giornaliera: così il marciapiede divenne la sua unica possibilità poiché, come sosteneva il suo defunto fidanzato, l’eroina non costa quanto un pugno di caramelle … I clienti erano contenti della sue pelle bianca, delle sue gambe sottili e dei suoi modi di fare tanto gentili quanto discreti, lontani anni luce dalle angherie delle mogli e dei rispettivi capoufficio.


Quando attendevo la solita corriera parlavamo, discutevamo e contestavamo (lei sosteneva un’eccentrica ideologia anarco/sindacalista), sino a quando qualche auto non s’accostava per portarla chissà dove. Fabiana aveva ventuno anni, il giorno in cui la vidi andarsene per non ricomparire mai più … Il suo corpo fu ritrovato dopo una settimana, abbandonato come un sacco d’immondizia presso lo stagno di S. Gilla.

 

Il responsabile del suo assassinio non fu mai trovato, ed il motivo della sua morte resta oscuro come un enigma babilonese. Oggi mi piace immaginarla in una bella casetta nel regno dei morti, lontana dalla droga e dalla strada, finalmente felice nel preparare il pranzo per il suo scapestrato fidanzato


Vincenzo Maria D’Ascanio.

http://www.vincenzomariadascanio.flazio.com/

Domenica 06 Novembre, 15° Marcia della Pace.

Domenica 06 Novembre dalle ore 9:30 alle ore 17:30

Paese di Laconi, (Oristano)

XV edizione della Marcia Sarda per la Pace, tra Laconi e Gesturi, è organizzata dalla Tavola Sarda della Pace in collaborazione con i Comuni di Laconi e Gesturi.

mercoledì 26 ottobre 2016

Kurdistan - Tra confederalismo democratico e lotta armata.


Sabato dalle ore 17:00 alle 0re 20:00
Presso infoshop Sa bardana, via Molise 62, Cagliari.


In opposizione a quanto accade negli ultimi 2 anni in Kurdistan turco, dove omicidi politici, massacri, violenze, dichiarazioni di coprifuoco e imbavagliamento dei mass media dell'opposizione la fanno da padrone, dal vicino Kurdistan siriano si alza una voce di libertà, autonomia, autodeterminazione e democrazia. 

La rivoluzione avviata in Rojava il 19 luglio 2012 ha dato vita ad un modello di autonomia democratica, elaborato negli Scritti dal carcere dal leader Kurdo Abdullah Ocalan, che si è posto come la terza via all'interno della crisi siriana. Attraverso l'attuazione di un sistema di auto-governo democratico, la dichiarazione di 4 cantoni, la proclamazione della Carta del contratto sociale del Rojava, la formazione di accademie e la creazione di unità di legittima difesa (YPG e YPJ) si è realizzato, in Rojava, il confederalismo democratico.

Ne parleremo al circolo Default in un focus di aprofondimento con ospiti dal Kurdistan.

Io voto No, ecco perché:


Ritengo che l'ordinamento dello stato italiano sia il più stabile e ben fatto d'europa. Il bicameralismo perfetto permette di far passare leggi in modo veloce ma anche ragionato, un vero sistema di autodifesa della democrazia.
Il Senato come è stato concepito dal governo è un ibrido, le cui funzioni sono confuse. Non c'è semplificazione se si passa da 1 a 10/12 iter per la approvazione di una legge. La scelta doveva essere tra abolirlo del tutto o lasciarlo così com'è. La velocità dell'approvazione di una legge non indica un miglioramento della qualità della stessa, è sempre la volontà politica dei parlamentari a far sì che una legge passi velocemente o no. Siamo uno dei paesi europei che approva più leggi in un anno e, per fare un esempio, la sciagurata legge fornerò passò in soli 10 giorni.
Ritengo che persone elette per fare il consigliere regionale o il sindaco non debbano lavorare su altro se non per i ruoli per cui sono stati scelti. Ritengo che sia sbagliato che questi nominati possano avere voce su questioni importanti come i trattati internazionali, i rapporti con l'Unione Europea e l'elezione del presidente della Repubblica. ritengo che solo persone elette per fare il senatore debbano occuparsi di ciò.
Non sono le istituzioni ad essere sbagliate ma gli uomini che le comandano. Ritengo che questa riforma deformi la repubblica e la partecipazione democratica alla vita istituzionale. ritengo buona la certezza della discussione delle leggi di iniziativa popolare, ma non concordo assolutamente con l'innalzamento della quota di firme da raggiungere, stessa cosa per il referendum: buona l'introduzione dei referendum propositivi ma insensato aumentare la quota di firme da raggiungere in cambio di un sconto sul quorum.
Non mi sono mai interessati i costi delle istituzioni, o almeno non come a tanti, e sono convinto che non è il numero dei parlamentari a misurare la qualità di un parlamento ma la qualità degli uomini e delle donne che siedono in quei banchi.
Di certo sono estremamente contrario al fatto di ridurre i diritti degli elettori per risparmiare qualche milione di euro, le elezioni non sono e non saranno mai un costo. Il voto è una conquista di questo paese, avuta a costi altissimi, toglierla, anche se per un solo ramo del parlamento, è gravissimo.
A chi dice "almeno si cambia qualcosa" rispondo che cambiamento non significa migliorare (almeno non sempre), anzi. Con questa riforma si cambia, è vero, ma in peggio.
Ultima, ma non per importanza, considerazione. Questa riforma è appoggiata da quella JP Morgan (banca tra le responsabili della crisi del 2007/2008) che tempo addietro disse che le costituzioni antifasciste andavano cambiate perché troppo "socialiste". Basterebbe questo motivo per essere contrari a questa riforma.
L'onorevole Paolo Emilio Taviani, deputato della Costituente, è stato il principale promotore dell'articolo 41, che regola l'iniziativa economica privata, e disse chiaramente che quell'articolo introduceva nella nostra Costituzione il ripudio del liberismo. Non sarà forse questo, in un'era pregna di iper liberismo, a dar così fastidio? Per ora non è stato cambiato, ma credo che se passasse il Sì non dovremo attendere troppo tempo. L'articolo già non è ampiamente rispettato, ma toglierlo significherà la sconfitta di quella Costituente.
La nostra Costituzione è la nostra identità. Può cambiare, nessuno dice il contrario, ma che siano cambiamenti dettati dall'estensione dei diritti, non dalla loro restrizione. Per questo voto e farà votare NO il 4 Dicembre.

Di Nicolò Monti