La
Nuova
Salvini-Di
Maio lite con l'Europa
Allarme
delle Regioni sul Def: «I Lea sono indegni, salute a rischio» di Francesca
Chiri
Il vento freddo dell'Europa inizia a
spirare sui tentativi di Lega e M5s di formare un governo, mentre anche i
fondamentali dell'Italia cominciano a scricchiolare di nuovo. I dati di
Bankitalia sull'ennesimo record raggiunto dal debito pubblico a marzo mettono
in allarme le istituzioni europee che lanciano un duro monito sulla necessità
da parte dell'Italia di ridurre ulteriormente la propria montagna di debito e
rispettare il percorso di rientro dall'eccessivo deficit concordato con
Bruxelles «indipendentemente dal governo che ci sarà».
«È chiaro che l'approccio alla
formazione del nuovo governo e, di pari passo, verso la stabilità finanziaria,
deve essere quello di rimanere nel corso attuale», avverte il vicepresidente
della Commissione Ue Valdis Dombrovskis. È un monito che irrita profondamente i
Cinque Stelle e il Carroccio che, peraltro, proprio sui delicatissimi temi di
Europa e euro si stanno confrontando da settimane sotto l'occhio vigile del
Quirinale. Che è in allarme anche per gli accordi che sarebbero stati scritti
nero su bianco su una delle bozze del programma.
«Ci sono alcuni temi su cui siamo
lontani ed è chiaro che non possiamo andare a Bruxelles con un governo che rappresenti
due idee lontane», è l'avvertimento che lancia il segretario della Lega,
secondo il quale «sono le prossime ore quelle in cui decideremo». Ma non basta.
E non è solo il rispetto dei vincoli europei che l'Europa reclama: il
commissario all'immigrazione, il greco Dimitris Avramopoulos si augura che non
ci siano cambiamenti nella gestione dei flussi da parte del governo che verrà.
Per Matteo Salvini è quasi una dichiarazione di guerra: «Dall'Europa arriva l'ennesima
inaccettabile interferenza di non eletti» tuona.
Luigi Di Maio, da parte sua, cerca
la quadra e commenta: «I vincoli europei vanno rivisti, dialogando con gli
altri Paesi ma vanno rivisti, perché è nell'Unione europea che si gioca la
partita importante per finanziare tutte le misure economiche che diano diritti
sociali agli italiani» afferma. Ma anche lui gioca la carta della critica alla burocrazia
di Bruxelles: «Abbiamo attacchi continui, anche oggi da qualche eurocrate non
eletto da nessuno». Non sono stati però solo i warning della Commissione
europea a surriscaldare il clima.
Il Ft ieri ha parlato infatti anche
di «nuovi barbari» riferendosi ai due partiti che si stanno alleando. «Ma come
vi permettete?», ha risposto indignato il capo politico del MoVimento, convinto
che questo accerchiamento attorno al nascente governo giallo-verde non farà che
accrescere i consensi sui tentativi di dar vita a un «governo del cambiamento».
«Io più vedo questi attacchi, più sono motivato, perché vedo tanta paura di un
certo establishment del cambiamento. Ma chi ha paura del cambiamento oggi è
nostro nemico, chi lo vuole invece lotti con noi», ha spiegato.
Nonostante le nubi che si addensano sull'accordo
tra le due forze politiche, in un video su Facebook Di Maio ha provato anche ad
ostentare ottimismo: «Chi ha coraggio ci dia una mano e se riusciamo allora è
la grande occasione per il cambiamento. I presupposti ci sono? Dipende, ma se
ci riusciamo sarà una bomba. C'è un momento per la paura e uno per il coraggio.
Questo è il momento del coraggio di andare fino in fondo».
Unione
Sarda
Parla
Dolores Lai, candidata alla segreteria regionale: «Pressioni per
ritirarmi»
«Sogno un Pd senza correnti Si cambi o non ci sarà futuro»
Nessun timore di diventare la
segretaria del Pd, anche in un momento
in cui il partito «non gode di
grande simpatia». Però, Dolores Lai, 41
anni, sassarese e dirigente del
partito difende la sua candidatura,
nonostante i tentativi «a volte poco
ortodossi di farmi cambiare
idea». Prima mossa: mettere fine
all'era delle correnti, puntare su
tutti coloro che «vogliono assumersi
la responsabilità di guidare il
partito e avere la libertà di
parlare liberamente senza temere i
capi».
Si sente pronta a fare la segretaria
del Pd?
«Assolutamente sì».
Ha deciso di proporsi in un momento
non proprio brillante.
«Mi sono messa in gioco perché o
riusciamo a dare una svolta oppure
per il partito non ci sarà futuro».
Se dovesse spiegare a chi non sa
nulla di politica che cosa è il Pd
sardo, cosa direbbe?
«Spiegherei che era un progetto
politico ambizioso, un contenitore di
idee positive in grado di
rappresentare valori di centrosinistra e
rispondere ai bisogni della nostra
società. Invece abbiamo accettato
in maniera supina le politiche di
austerità».
E il finale della storia quale
sarebbe?
«Dopo 10 anni non siamo riusciti a
realizzare il progetto, abbiamo
abbandonato quella strada. Ci siamo
concentrati sulle dinamiche
interne e sprecato energia a
costruire spazi di potere piuttosto che
valori».
E il futuro quale sarà?
«Nei momenti di crisi ci sono due
strade: la prima è rimanere chiusi
in sé stessi, senza un minimo di
autocritica come alcuni vogliono
fare. Così il partito è destinato ad
avere due o tre anni di vita.
L'altra via è mettersi in
discussione e fare una rivoluzione culturale
e cambiare rotta».
Le persone attualmente alla guida
del Pd sono in grado di fare questa
rivoluzione?
«Se dovessi valutare le reazioni
all'indomani della sconfitta
elettorale direi proprio di no».
Cosa è successo dopo il 4 marzo?
«Sono stati commessi gli stessi
errori con l'idea di fare un accordo a
tavolino per trovare un segretario
traghettatore e galleggiare fino
alle regionali».
Si immagina un Pd senza correnti?
«No se fossero di pensiero. Ma la
realtà è diversa».
Sono la causa di questo stallo
post-elezioni?
«Di sicuro. Infatti, la mia
candidatura nasce in maniera irrituale nel
tentativo estremo di superare questo
blocco».
Ha avuto segnali di incoraggiamento?
«Sì, in maniera molto trasversale e
questo mi gratifica molto».
Qualcuno, invece, le ha detto di
lasciar perdere?
«Tanti. Alcuni in buona fede, perché
il compito è arduo, altri hanno
tentato di convincermi con metodi
non proprio ortodossi».
Eppure sta chiedendo di fare subito
il congresso.
«Adesso ci sono due posizioni
differenti. Chi vuole andare avanti con
un segretario eletto in assemblea
mentre io, e chi la pensa come me,
voglio avviare il congresso per
restituire vigore al partito».
È il tentativo di dare lo slancio
per le regionali?
«Non dobbiamo pietire alleanze, ma
gestirle. Oggi nessuno si vuole
alleare con noi, mentre dobbiamo
essere di nuovo il traino della
coalizione e dialogare con chi
esprime i valori della sinistra e
dell'autonomia. Il candidato
presidente deve essere un esponente del
Pd che possa partecipare alle
primarie».
Farebbe la segretaria di un partito
della sinistra federato col Pd nazionale?
«Non ci sono i tempi per un progetto
serio di questo tipo. E' un'idea
alla quale abbiamo creduto tutti, ma
oggi apparirebbe come una
riverniciata a una facciata di una
casa crollata dopo il terremoto.
Prima dobbiamo ricostruire la
credibilità del Pd e non può accadere
solo cambiando il nome. Possiamo
avere la nostra autonomia con una
segreteria e un'assemblea
autorevoli. Fino a oggi tutti hanno cercato
sempre protezione a Roma».
Che effetto le fa vedere il Pd che
perde nei quartieri popolari?
«Mi fa pensare che abbiamo buttato
il nostro Dna e che siamo nati in
un modo ma cresciuti diversamente e
non siamo riusciti a difenderci
dalle spinte liberiste».
Qual è stato l'errore più grande?
«Smettere di rappresentare gli
esclusi, i più deboli e tutte quelle
categorie che sono state colpite
dalla crisi. Non abbiamo aiutato i
poveri a migliorare la loro
condizione e nemmeno arginato la discesa
verso il basso le classi medie».
Dopo questo quadro è ancora decisa a
fare il segretario?
«Ancora di più. Però saro la
segretaria».
Matteo Sau
PD. Dopo
le anticipazioni
Martina
attacca: «Quel contratto è inquietante»
ROMA La bozza di contratto di
governo pubblicata dall'Huffington Post
scatena la reazione del segretario
reggente Maurizio Martina, che su
Twitter definisce «inquietante»
l'intesa che starebbero costruendo il
Movimento 5Stelle e la Lega: «Tra
ipotesi di uscite dall'euro e
pericolosi comitati paralleli Lega e
M5S stanno giocando con la
credibilità del Paese. Si fermino.
L'Italia non merita tutto questo».
Altri esponenti del Pd avevano già
tuonato contro l'ipotesi di
abbandono della moneta unica, prima
però che Luigi Di Maio assicurasse
che questa svolta non farà parte
dell'accordo di programma con il
Carroccio.
Nel frattempo i Dem cercano di
tenere unito il partito in vista
dell'assemblea nazionale di sabato,
e soprattutto dopo. È l'ex
segretario Walter Veltroni a
lanciare un appello a tutte le aree
interne, perché si evitino i rischi
di scissione: «Ciò che abbiamo
faticosamente unito non è giunto al
suo compimento. Credo fortemente,
decisamente e pervicacemente il
contrario», dice a Montecitorio
durante un convegno dedicato a
Roberto Ruffilli.
Veltroni richiama
tutti ai valori fondanti del Pd e
sottolinea che serve una «sintesi
nuova e originale»: le diverse
tradizioni e forze da cui il partito è
composto devono creare un'unità che
non sia mera «giustapposizione».
Ma, aggiunge, al bisogno del Paese
di una «grande forza riformista» in
grado di intercettare il disagio
sociale e consentire una «democrazia
governante», sembra non
corrispondere da parte del Pd «l'intelligenza,
la saggezza, lo spirito unitario, la
coscienza della grandezza della
missione».
CONSIGLIO
COMUNALE.
Chessa
parla e Massidda rilancia: seduta ad
alta tensione in Aula
Stara si
lancia sull'ex senatore ma viene bloccato da Bistrussu
Alta tensione in Consiglio comunale
dopo gli attacchi di Gianni Chessa
ai suoi ex compagni di partito. Il
consigliere Piergiorgio Massidda ha
rilanciato le parole rilasciate
all'Unione Sarda dall'assessore
defenestrato che si è scagliato
contro i tre ex colleghi che hanno
dato vita al gruppo Autonomisti per
Lussu.
Le parole di Massidda hanno
scatenato la dura reazione di Francesco
Stara (che compone il gruppo con
Monia Matta e Aurelio Lai) e sono
dovuti intervenire alcuni
consiglieri per fermarlo mentre si
avvicinava all'ex senatore. «Forse
ha dimenticato che sono cintura
marrone di karate», smorza i toni
Massidda. «Ho perso le staffe, ma
sono contro qualsiasi forma di
violenza: volevo andare a parlargli
faccia a faccia, non avrei mai fatto
niente di più», assicura Stara a
sangue freddo.
Però il clima in Aula era molto teso
perché le parole di Massidda non
sono piaciute a Stara che ha
cominciato a lamentarsi e, mentre il
presidente del Consiglio Guido
Portoghese sospendeva la seduta, ha
provato ad avvicinarsi
all'interlocutore. È intervenuto Lino Bistrussu
che ha preso di peso Stara.
Gianni Chessa ha rivelato che gli
accordi tra il sindaco e il Psd'Az
comprendevano due assessorati e la
guida del Ctm. In Aula Massidda ha
rilanciato la sue parole: in base a
quelle spartizioni il Psd'Az aveva
avuto un ruolo determinante nella
vittoria di Zedda. «Il Ctm non ha
cda da agosto, tutto è fermo solo
per questioni politiche: nel
frattempo c'è Roberto Murru,
bravissima persona, che è presidente e
direttore generale: controllato e
controllore».
Le parole e il tono
usati dall'ex senatore hanno
irritato Stara: «Ci ha mancato di
rispetto e quando ha preso di mira
la nostra capogruppo sono scattato.
Basta con questa vecchia politica:
sono stanco delle speculazioni
politiche, non ne posso più di
sentire questi discorsi». Chessa ha
definito «mercenari» i tre
dissidenti che hanno preso le distanze dal
Psd'Az e Massidda ha precisato:
«Altro che compravendita, qua cercano
le poltrone e nel peggiore dei casi
si può parlare di comodato d'uso
gratuito». Netta la replica di
Stara: «Nessuno di noi sta pensando a
poltrone e poltroncine, queste sono
cose da vecchia politica».
Lo scambio d'accuse continua a
distanza. Secondo Massidda sullo sfondo
dello strappo tra il sindaco e il
Psd'Az c'è la campagna elettorale
per le Politiche. «Avrebbero dovuto
votare per Christian Solinas ma il
sindaco ha chiesto ai tre sardisti
di votare per Luciano Uras e così
hanno fatto, ma si è vista come è
andata a finire».
Tra gli spunti di
Chessa rilanciati dall'ex candidato
a sindaco c'è il mancato sostegno
di Stara al segretario cittadino
sardista dopo la cacciata dalla
Giunta. «Lui che è entrato in
Consiglio solo grazie alle dimissioni di
Gianni Chessa, avrebbe dovuto dire
qualcosa - commenta Massidda». Non
accetta neanche questo l'ex
sardista. «Dopo l'annuncio di Zedda avevo
detto che l'assessore non aveva
responsabilità e in Aula avevo chiesto
a Zedda di prendersi 24 ore per
pensarci ed evitare ripercussioni
politiche - conclude Stara - ma dal
partito non ho ricevuto neanche
una telefonata».
Marcello Zasso
ASSEMINI.
M5s e Lega, tesserati Pd in lista Candidature controverse:
procedura
di espulsione per 11 dem
Il
Movimento assolve Pintus: «Non ha mai avuto ruoli interni in quel partito»
Sono 11 i tesserati del Pd candidati
consiglieri nelle liste di altri
schieramenti in vista delle elezioni
comunali di Assemini. Tra i
protagonisti della diaspora ci sono
Davide Pintus, candidato con il
Movimento 5 stelle di Sabrina
Licheri, e Monia Piano, inserita nella
lista Lega-Psd'Az che appoggia
Antonio Scano, candidato a sindaco con
la coalizione di centrodesta “Andare
oltre”.
Piano è una dei 21 dirigenti
dissidenti Pd che si erano dimessi in
segno di sfiducia nei confronti del
segretario cittadino, Antonio
Caddeo, accusato di voler formare
una coalizione col centrodestra.
Parte della corrente è confluita
nella civica “Democratici
progressisti per Assemini”, che con
il candidato a sindaco, Francesco
Consalvo, schiera Anna Maria
Cadeddu, Salvatore Marras, Gianluca
Mereu, Cristian Pinna, Marco Sarigu,
Ignazia Spina, Rita Onnis e
Tamara Tocco.
IL CASO PINTUS Lo statuto dem
prevede l'espulsione per chi scende in
campo contro il partito, e Caddeo
inoltrerà i nomi alla direzione
provinciale. Per Pintus non è un
problema ma per il M5s si pone la
questione morale: sul sito, sezione
“iscriviti”, campeggia la regola
dello statuto pentastellato, secondo
cui “possono aderire al Movimento
i cittadini che non risultino
aderenti ad altri partiti politici o
associazioni”.
Sostiene il M5s asseminese: «Il
candidato non ha mai
avuto ruoli interni al Pd. Aveva
fatto un favore a un amico di
famiglia che gli aveva chiesto di
tesserarsi ma non ha mai rinnovato
l'iscrizione (se così è stato, è
avvenuto a sua insaputa) e si è
dimesso prima dell'adesione al M5s».
Gli uffici tesseramenti dem
confermano però la presenza di
Pintus nell'elenco, precisando che il
rinnovo non è automatico e non
esistono dimissioni (mai arrivate) per
i semplici iscritti, visto che non
ricoprono nessun ruolo
dirigenziale.
PIANO E CONSALVO Monia Piano spiega
il passaggio dal circolo Rosa
Parks (attivista nera americana
simbolo del movimento per i diritti
civili) alla Lega-Psd'Az: «Non mi
rivedevo più nel Pd e l'espulsione
non sarebbe un problema. Prima di
candidarmi ho sentito gli amici dem
e con loro spero di poter trovare
punti in comune per il bene di
Assemini».
Per Consalvo, «Caddeo non si è posto
il problema politico dei motivi,
da individuare nelle sue scelte, che
hanno portato 11 iscritti, tra
cui dirigenti di lungo corso, a
candidarsi altrove».
IL SEGRETARIO DEL PD Secondo Caddeo,
invece, «la vicenda conferma i
progetti architettati già da tempo
da qualcuno per la fuoriuscita dal
partito e la sicurezza di venire
eletto. Chi non si riconosce più nel
Pd se ne vada. Abbiamo tentato di
mediare ma ora pensiamo uniti al
bene della città».
Lorenzo Ena
SASSARI
Resa dei conti in casa Pd su rimpasto e primarie
Domani il
secondo round della direzione cittadina iniziata lunedì sera
Il
sindaco Sanna sembra pronto a forzare sull'assessorato alla Cultura
di Vincenzo Garofalo
SASSARI
Il futuro del Pd e del Comune di
Sassari si deciderà domani sera in
via Mazzini. Lunedì, al termine di
una riunione della direzione e
dell'assemblea cittadine durata
cinque ore, i dem hanno segnato il
primo round nella resa dei conti fra
il gruppo consiliare, il sindaco
e il partito. La riunione, convocata
per risolvere l'ennesima crisi
interna scoppiata a fine aprile a
Palazzo Ducale, e culminata con le
dimissioni da capogruppo di Carla
Fundoni e con l'addio al gruppo Pd
della consigliera Lisa Benvenuto, ha
messo subito il sindaco, Nicola
Sanna, contro l'ala renziana e
popolare-riformista del partito: da una
parte il primo cittadino ha proposto
al Pd di fare un passo indietro
sull'assessorato alla Cultura,
vacante da un anno, e di lasciarlo
nella disponibilità degli alleati, e
di proseguire uniti fino alla
chiusura naturale della legislatura.
Dall'altra parte il segretario
cittadino, Gianni Carbini, ha
chiarito che il partito intende arrivare
fino alla fine del mandato a Palazzo
Ducale, ha chiesto a Carla
Fundoni di ritirare le dimissioni da
capogruppo, a Lisa Benvenuto di
rientrare nel gruppo consiliare, e
ha disegnato un futuro immediato
diverso da quello ipotizzato da
Nicola Sanna: un rimpasto in giunta,
subito, un aggiornamento del patto
di fine consiliatura fissando dei
punti strategici da raggiungere, e
poi, statuto alla mano, primarie di
partito e di coalizione entro
novembre per scegliere il candidato
sindaco del 2019.
Una sfida aperta a Sanna che, da reggente
uscente,
si aspetta una ricandidatura
d'ufficio, come in passato è stata
garantita a Gianfranco Ganau. La
discussione iniziata alle 17.30 è
andata avanti in un clima tutt'altro
che amichevole fino alle 22 e 30,
quando è stato deciso di aggiornare
a domani la riunione, per
proseguire con il confronto e
portare al voto la direzione cittadina
sulla proposta di primarie avanzata
da Carbini. Nel frattempo il
segretario provinciale, Gianpiero
Cordedda, ha chiesto espressamente
al sindaco di soprassedere sulla
nomina del nuovo assessore alla
Cultura, perché non è affatto
scontato che il Pd sia disposto a cedere
quel tassello della giunta comunale
agli alleati.
Ieri sera in
Consiglio comunale Nicola Sanna non
ha annunciato nessun nuovo
ingresso nell'esecutivo, anche se a
Palazzo Ducale danno per certo che
il sindaco abbia già in tasca
l'assegnazione della delega alla
Cultura. Dopo avere tenuta libera la
poltrona per un anno aspettando
che il Pd indicasse il nome del
prescelto, Sanna scalpita per la
nomina: il posto dovrebbe essere
occupato da un'assessora in quota
Upc, si fa il nome di una
sindacalista Cisl, ma a mettersi di
traverso, oltre al Partito
democratico, potrebbero esserci anche le
altre forze della coalizione di
centrosinistra, sempre che ancora ne
esista una.
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Federico
Marini
skype:
federico1970ca
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