venerdì 9 giugno 2017

Rassegna stampa 09 Giugno 2017

Unione Sarda


Il sogno delle zone franche. L'assessore Paci: «Presto il via nel Porto canale di Cagliari, poi a Olbia». Sardegna esclusa dalle Aree economiche speciali.

Per la Sardegna le zone franche sono ancora un sogno. Esclusa da un decreto del governo che istituirà le Zes (zone economiche speciali) in alcune regioni del Sud, l'Isola attende da vent'anni le aree esenti da dazi e tasse (almeno) nei porti. A Cagliari dovrebbe essere tutto pronto per l'inaugurazione della “free zone”, manca però l'ultimo passo del Comune, l'ok a una variante al piano regolatore. Sugli altri scali, siamo ancora in altissimo mare.

IL DECRETO Nel dl dedicato al Mezzogiorno che dovrebbe essere esaminato oggi in Consiglio dei ministri, tra le varie misure prevede le Zes - zone economiche speciali - in Campania, Puglia, Calabria, Basilicata, Sicilia e in alcune parti di Abruzzo e Molise. L'Isola è esclusa. L'obiettivo - sul modello, tra le europee, di quelle polacche - è attrarre investimenti con incentivi, agevolazioni fiscali, deroghe normative.

LA REGIONE «Le Zes sono solo per le regioni in “obiettivo convergenza”», sottolinea l'assessore regionale al Bilancio Raffaele Paci, «e noi formalmente, nonostante i parametri del Pil pro capite siano sotto la soglia del 75%, siamo fuori. Abbiamo già chiesto al Governo di avere altre compensazioni. Ora cercheremo di avere un'interlocuzione con Bruxelles per capire se alcune zone possono essere ricomprese tra le Zes».

Il consigliere regionale Pd Mario Tendas ha presentato un'interrogazione urgente al presidente Pigliaru «per conoscere quali azioni la Giunta intenda porre in essere nei confronti del Governo al fine di inserire anche la Sardegna tra le Regioni ammissibili per le Zes». E ricorda che «proprio per avere più peso nell'Ue e negli Stati, e per accrescere le possibilità di creare una zona a fiscalità di vantaggio, come misura compensativa dell'insularità, la Giunta sta lavorando alla costituzione di una macroregione, con Corsica e Baleari, accomunata da problemi e svantaggi economici e strutturali similari».

I PORTI Aggiunge Paci: «Contiamo comunque entro l'anno di veder decollare finalmente la Cagliari free zone, e abbiamo chiesto l'istituzione di una realtà analoga al porto di Olbia». Per la zona franca del porto canale del capoluogo (il primo decreto per la sua attuazione risale al 1998) il piano operativo è già stato approvato e le risorse ci sono (1.200.000 euro). Manca la dismissione delle quote da parte dell'Authority (il primo bando è andato deserto, il secondo
dovrebbe aggiudicarselo l'altro azionista, il Cacip) e, soprattutto, manca l'ok del Comune alla variante al piano regolatore per le ridefinizione delle aree.

Cristina Cossu

QUARTUCCIU - «Nessun candidato per il Pd»

Dopo un lungo silenzio, a due giorni dalle elezioni, il Pd prende
posizione a Quartucciu: «Il Partito democratico non è rappresentato da
nessun candidato e non sostiene nessuna delle tre liste in campo nelle
imminenti elezioni comunali», scrive Carlo Schirru, segretario
cittadino del partito, «mancando le condizioni per assicurare
continuità al progetto “Bentu nou”, il Circolo Pd ha deciso di non
candidare nessuno».


RIFORMATORI. Il “libro nero”
«Sanità sarda, troppi peccati  e falsi miti»

I quattro peccati della sanità sarda sono l'indice del “libro nero”
presentato dai Riformatori. Il primo, quello originale, è «credere che
in Sardegna si spenda troppo per la sanità», dice Franco Meloni, del
Centro studi del partito, «noi abbiamo sempre detto che la quota Cipe
è sottostimata». Ma quello che i Riformatori criticano è tutto
l'impianto della riforma sanitaria perché «ignora i territori, riduce
i posti letto senza presentare alternative e lascia incompiute molte
questioni come l'Areus».

Contenuti di un documento, presentato ieri dai consiglieri regionali,
che impegna il presidente Pigliaru a «riferire immediatamente in Aula
sulla situazione della sanità sarda». Per Michele Cossa la situazione
è «confusionaria, si procede senza capire chi debba prendere le
decisioni». Il coordinatore regionale, Pietrino Fois, critica le
decisioni «prese senza considerare la caratteristiche dei territori».
Luigi Crisponi, per descrivere una «sanità sempre più malata», porta
ad esempio il provvedimento del 2014 quando «fu approvata la legge
sull'endometriosi, ma la Giunta non ha mai fatto le linee guida».
Dunque, serve un confronto in Consiglio regionale dove, aggiunge il
capogruppo, Attilio Dedoni, «serve discutere anche sull'attività della
commissione di inchiesta sui conti». Dalle pagine del libro nero,
quindi, emerge che non è tanto una questione di costi perché se è vero
che gli sprechi ci sono, «possono essere aggrediti con il buon
funzionamento di un'unica struttura che pensi ad appalti e acquisti»,
dice Meloni, «non serve risparmiare sulla salute, ma spendere meglio».
(m. s.)

CARBONIA. «Irrevocabili»
Dimissioni bis per l'assessore Emanuela Rubiu

La Giunta M5S guidata da Paola Massidda continua a perdere pezzi: sono
arrivate le dimissioni bis dell'assessore Emanuela Rubiu, il quarto
amministratore a lasciare la carica. Titolare delle deleghe a Cultura,
Turismo e Spettacoli, Rubiu aveva già presentato le dimissioni tre
mesi fa, salvo ritirarle dopo una settimana di riflessione e di
confronto con il primo cittadino. Tutto scaturì allora per
incomprensioni non tanto con la Giunta (Emanuela Rubiu aveva da subito
confermato fiducia nei confronti del sindaco), ma con una parte degli
attivisti del Movimento cinque stelle con i quali pareva essersi
appianato lo scontro. Stavolta, invece, è precipitato tutto.
Ieri in serata la restituzione delle deleghe che potrebbero aver colto
di sorpresa anche lo stesso entourage pentastellato, sebbene da giorni
fossi in atto un confronto politico interno.

La stessa Emanuela Rubiu,
raggiunta telefonicamente, ammette: «Dimissioni irrevocabili:
evidentemente le mie proposte non sono più prioritarie, la mia
opinione in Giunta non è più richiesta». Parole che significano una
rottura politica. «Ha rassegnato le dimissioni senza formalizzare le
motivazioni della sua decisione - scrive in una breve nota il sindaco
Paola Massidda - sono sorpresa e addolorata per questa sua decisione
improvvisa e non preannunciata. Rassicuro i cittadini: provvederò
quanto prima a sostituirla con una nuova nomina». Fra le prime
reazioni, anche sui social, quelle dell'ex sindaco Pd Giuseppe Casti:
«Certificano l'incapacità di questa amministrazione di governare la
città». (a. s.)

Passa emendamento FI contro il parere della commissione. Il Pd accusa
il M5S: «Avete tradito» Salta il patto: «Legge elettorale morta» E il tabellone svela i franchi tiratori

Sms che invitano a riprendere con lo smartphone voti che dovrebbero
essere segreti, urla e accuse di tradimento, tabelloni che si
riempiono di pallini 'rossi' e verdi quando nessuno dovrebbe conoscere
le preferenze dei parlamentari.
È il caos che va in scena nell'aula della Camera e che affonda il
patto tra Pd, M5S, Fi e Lega. «La legge elettorale è morta, e l'hanno
uccisa i 5 Stelle», sentenzia nella tarda mattinata Emanuele Fiano,
deputato Pd e relatore di maggioranza.

Da giorni si parla di possibili franchi tiratori e i gruppi provano a
tutelarsi in modo da respingere le accuse. Per il M5S è Rocco
Casalino, per la speciale occasione in trasferta dal Senato, a
indicare la rotta. I deputati pentastellati ricevono un sms che li
invita a «votare con un solo dito» così da rendere palese il voto o,
«se possibile» filmare il momento dell'ok. La notizia viene battuta
dalle agenzie e comincia ad agitare gli animi dei deputati. «Mussolini
cancellò il voto segreto», attacca il capogruppo Mdp Francesco
Laforgia. «Lasciamo stare la storia, per parlare dell'oggi basta la
cronaca», si affretta a sminuire Ignazio La Russa.

IL TABELLONE DELLA VERITÀ Alla fine è un disguido tecnologico a
rendere inutili le riprese. Quando si tratta di votare, a scrutinio
segreto, l'emendamento proposto da Micaela Biancofiore per estendere
al Trentino Alto Adige (dove vige ancora il Mattarellum) il cosiddetto
“Fianum” il tabellone fa uno scherzetto di non poco conto: per 10
secondi abbondanti sono ben visibili le preferenze. Tra i banchi i
pentastellati si lasciano andare a fragorose risate di scherno. La
Biancofiore si dispera e impreca temendo che l'incidente possa
compromettere il cammino della sua proposta di modifica. Alla fine,
andrà in maniera opposta: l'emendamento passa con 270 voti favorevoli
e 256 contrari nonostante il parere contrario del relatore di
maggioranza Emanuele Fiano.

IL PATTO È MORTO Sono all'incirca le 11.25 e il patto a 4 è morto, e
con esso la legge elettorale. I parlamentari M5S esultano. Roberto
Fico stringe i pugni, come dopo aver segnato un goal, lui che da
subito non aveva gradito di essere seduto al tavolo con il Pd. «È
finita», fa segno con le braccia risalendo le scale dell'aula e
raccogliendo gli sguardi d'intesa dell'ala oltranzista del movimento.
Nei banchi Pd, invece, la delusione è evidente. E se Alessia Romani si
lancia nel classico «buffoni, buffoni», Roberto Giachetti mima con le
mani una canna da pesca. «Avete abboccato», sembra dire ai colleghi.
Il deputato dem che contro il Porcellum fece anche uno sciopero della
fame, si dispera incredulo. Insieme a lui anche Lorenzo Guerini,
Gianni Cuperlo e Ettore Rosato. L'analisi è presto fatta. Mentre il
capogruppo Rosato prende la parola e accusa il M5S («la loro parola
vale nulla»), Fiano rilancia su Twitter lo scatto che immortala il
tabellone: «Il M5S ha votato a favore, ecco la prova».

TIMORI DI VOTO ANTICIPATO In Transatlantico si fanno i conti cercando
di capire chi e quanti sono i franchi tiratori. Nel pomeriggio i
lavori riprendono e i toni si fanno sempre più accesi: «Traditori»,
urla Rosato, che mette da parte per un attimo i toni generalmente
pacati tipici di un mediatore. «Se in quest'aula ci sono dei
traditori, dei vigliacchi e degli irresponsabili appartengono al Pd»,
replica Toninelli. Alla fine la legge elettorale torna in commissione.
«È finita», è la sintesi. In Transatlantico i più scommettono sul voto
anticipato


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Federico Marini
skype: federico1970ca


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