(20 Aprile 1945) E’ il giorno del cinquantaseiesimo
compleanno del Fuhrer. Berlino è circondata ed investita da pesanti
bombardamenti da parte delle truppe sovietiche. Mentre Hitler decora fuori del
bunker i giovanissimi militari del suo Reich, i carri armati dell'Armata Rossa
sono a trenta chilometri da Berlino, e la loro avanzata è inarrestabile.
Ormai
i giochi sono fatti: la capitolazione della Germania è rinviata per un Adolf
Hitler che non vuole arrendersi, per portare il popolo tedesco a dover pagare
il “giusto tributo”, perché dimostratosi incapace di affrontare la sfida. I più
alti gradi dell’esercito dicono chiaramente al Führer che non ci sono più
possibilità, ma lui continua a spostare armate esistenti solo nella sua mente
ottenebrata.
Nella capitale tedesca tutto brucia, le case sono un cumulo
di macerie, sotto cui giacciono 60 mila morti. Intanto nel Bunker della
cancelleria si danza ubriachi, in feste dominate dell'alcool e della morfina.
Molti di loro, tra poche ore si suicideranno, come lo stesso Hitler e Joseph
Goebbels, che non esiterà ad uccidere i figli.
Era chiaro a tutti che la sconfitta tedesca era solo questione
di poche settimane, ma i combattimenti sarebbero stati feroci come nel resto
della guerra; l'orgoglio nazionale pangermanico, il desiderio di non capitolare
come accadde durante la prima guerra mondiale, l'insistenza degli Alleati per
una resa incondizionata e il desiderio di guadagnare tempo per permettere ai
rifugiati di arrivare ad ovest prima dell'arrivo dell'Armata Rossa portarono le
unità tedesche a combattere fino all'ultimo.
Nonostante le insistenze dello Stato maggiore della
Wehrmacht Adolf Hitler decise di rimanere a Berlino, non scappa come Mussolini:
Hitler vuole distruggere il popolo tedesco, ridurre Berlino in macerie, ordina
la fucilazione dei vigili e fa distruggere le infrastrutture della capitale,
come i russi fecero con Napoleone.
Tanto Hitler quanto buona parte della sua corte rimasero
preda di sogni ed illusioni fino all'ultimo, in particolar modo Hitler, che
meditava sovente su Federico II di Prussia "il Grande", che era
riuscito a salvarsi dalla completa sconfitta nella Guerra dei Sette Anni perché
i suoi nemici (ed in particolare la Russia) avevano iniziato ad ostacolarsi a
vicenda uscendo dall'alleanza.
Le idee che circolavano nel bunker sotterraneo della
cancelleria, tra i più alti gradi del III Reich, rimanevano però improntate a
un totale scollegamento dalla realtà: la guerra era ormai persa da mesi se non
da anni, ma ci si ostinava da un lato a credere ad una vittoria impossibile,
dall'altro a pensare che il Reich dovesse finire in una sorta di autodistruttivo
crepuscolo degli dei.
Si era completamente dimentichi delle povere condizioni
dell'esercito tedesco, uno dei più potenti eserciti del mondo , che aveva
schiacciato la Francia in pochi giorni. Le divisioni erano formate da ragazzi
di 13-14 anni ed anziani di 60-70, pesantemente sotto organico (3 - 4.000
uomini contro i quasi 12.000 teorici), armati con un coacervo di armi
modernissime e antiquate (fucili d'assalto accanto a moschetti Carcano 91/28).
Secondo Hitler avrebbero dovuto resistere indefinitamente, mentre altre
formazioni analoghe avrebbero dovuto garantire una immensa quanto assurda
controffensiva da Sud.
Gli Alleati occidentali avevano dei piani abbozzati per il
lancio di truppe paracadutate che prendessero la città, ma decisero di non
farne nulla. Dwight Eisenhower non vedeva il bisogno di soffrire delle perdite
per prendere una città che sarebbe ricaduta nella sfera d'influenza sovietica
alla fine della guerra, secondo accordi già stabilito dai leader di Russia
Inghilterra e Stati Uniti.
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