Nuova
Sardegna
Tangente
da 80mila euro inchiesta chiusa per nove.
Confermate
le accuse di peculato per Cappellacci e l'assessora Zedda. Favori a
una società, il deputato di Fi deve rispondere anche di corruzione.
di
Mauro Lissia
CAGLIARI
L'indagine
sulla presunta tangente da 80 mila euro è chiusa, la notifica degli avvisi è in
corso in queste ore e nell'atto firmato dai pm Emanuele Secci e Diana Lecca le
accuse sono confermate per tutti i personaggi principali coinvolti nella prima
fase del procedimento: il leader sardo di Forza Italia Ugo Cappellacci è indagato per corruzione e peculato, imputazione di peculato anche
per la neoassessora al lavoro
Alessandra Zedda. Dall'ordinanza di 99 pagine firmata l'8 ottobre
dell'anno scorso dal gip Giuseppe Pintori ad oggi l'impianto dell'inchiesta è
rimasto sostanzialmente invariato: esce di scena soltanto il commercialista
cagliaritano Carlo Dessalvi e risulta fortemente alleggerita la posizione di
Carlo Alberto Zualdi.
Qualcosa
potrebbe cambiare se alla discovery completa degli atti d'indagine qualcuno fra
gli indagati deciderà di farsi sentire dai pubblici ministeri e spiegherà il
proprio ruolo nei fatti contestati: ci sono venti giorni di tempo, ma molto ne
servirà per esaminare la mole di conversazioni intercettate dalla polizia
giudiziaria della Procura, alcune
segnate dall'imbarazzante mescolanza di vicende private con azioni di rilevanza
penale.
La
vicenda, esplosa con una serie di misure cautelari l'anno scorso, risale al
2013 ed è tutta incentrata su una tangente: gli
80 mila euro finiti secondo il Nucleo di Polizia tributaria sul conto della società Omen, costituita ad hoc da persone vicino a Cappellacci che l'avrebbe usata
come deposito di denaro estraneo
alle proprie attività professionali e pubbliche. Per quella via il denaro sarebbe transitato fino
alle tasche dell'ex governatore in cambio di un intervento prima sul manager del fondo scelto dalla Regione per gestire i finanziamenti Por
e dopo sull'allora assessora regionale all'industria Zedda. L'obiettivo:
favorire un prestito di 750 mila euro su fondi europei alla società "Fm
fabbricazioni metalliche" malgrado non ne avesse diritto.
Gli
altri indagati sono i commercialisti colleghi nello studio di Cappellacci Piero
Sanna Randaccio e Tonino Tilocca, quest'ultimo ex presidente della Sfirs e dal
2016 a capo della Fondazione Dinamo. Quindi Fabio Sanna e Carlo Alberto Zualdi,
amministratore e liquidatore della Fm. L'accusa di corruzione è ipotizzata per
Cappellacci, Sanna Randaccio, Tilocca e l'amico di Cappellacci Flavio Mallus,
quella di peculato è condivisa con Zedda, Roberto Bonanni, Sanna Randaccio e
Tilocca, mentre Mallus deve rispondere anche di truffa e di bancarotta,
quest'ultima accusa estesa a Sanna Randaccio, Zualdi e Bonanni.
Tutto
ruota attorno al bando della programmazione regionale, anno 2009, per gestire
il fondo "Ingenium Sardegna" cui la società Zernike aveva partecipato
in perfetta solitudine. Si tratta di 17 milioni cofinanziati in
parte dalla
Regione e destinati ad aiutare imprese impegnate in progetti innovativi purché avessero conti in
ordine e bilanci in equilibrio. Fallita la Fm, la polizia tributaria decide di dare un'occhiata all'insieme delle pratiche di
finanziamento per scoprire subito che i criteri sono stati rispettati solo in parte: alcune imprese non avevano i requisiti previsti dal Por
2007-2013.
Le
tracce portano a Cappellacci, il cui studio viene perquisito su ipotesi di
truffa. Tra documenti sequestrati e testimonianze, gli investigatori ricostruiscono i passaggi del prestito concesso
alla Fm e sostengono che a
fare pressioni su Bonanni perché all'ormai decotta Fm arrivassero i 750 mila euro sarebbe stato
Cappellacci. I passaggi successivi, nell'ipotesi
accusatoria, riguarderebbero Alessandra Zedda, chiamata in causa come esecutrice
dei mandati di pagamento d'intesa con Cappellacci.
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Federico
Marini
skype:
federico1970ca
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