giovedì 29 settembre 2016

Il politico nostrano, ovvero, cambiare tutto per non cambiare niente

Quando si parla di politica è importante fissare il concetto di “presente”, cioè cos’è attuale e cosa no. Questo per definire opportunamente un futuro che ognuno di questi signori che combattono al loro personale guerra per arrivare in alto, spacciandosi per "hobbisti". Magari non andrà così, però non mi risulta che ci siano mai stati politici che si gettarono nella mischia per sopravvivere. Per sopravvivere si lavora e, a volte, si compare con un capello fuori posto. Cosa che alla stragrande maggioranza di questi campioni dallo sguardo perennemente presente non capita mai e poi mai. Forse significa qualcosa.


Ma lasciando stare i dettagli che forse sono insignificanti, il punto è che non sono affatto convinto che questo concetto di presente sia chiaro al pubblico, e questo per vari motivi oltre lo stranoto che "nessuno lo informa".
Osservando la realtà, è appurato che le parti, dall'avvento di Berlusconi in poi, si sono affannate sopratutto a cambiare nome (cosa che sicuramente non hanno fatto per caso) così come non è stato raro che signori eletti da una parte passassero all'altra che sulla carta si dichiarava opposta se non antagonista (poi, se leggiamo i volantini e i programmi, tutti sono simili ma questo è un altro discorso). 


Certo è che tutto ciò ha alimentato e continua ad alimentare quelle lunghe e tediose chiacchiere che servono soltanto a mettere di cattivo umore perché tanto, nulla esclude che più di un qualcuno voti a da una parte per poi raccontare di essere dell’altra: l’Italia, come dice quel tizio che incontro nei posti più impensabili, non è un luogo di ferrea carenza e lealtà. (Ok, così, citandolo, lo faccio contento, va).


Nonostante questo, ci si ostina a considerare l’elettore di sinistra o di destra come se la manifestazione di voto (la “x” sulla scheda) si trattasse di un qualcosa scritto nel segmento 21 del codice genetico di chiunque entri in un seggio.
A questo punto, non credo sia snob considerare quest’idea di identikit dell’elettore una colossale cazzata. 


Affermata questa sintesi molto spiccia, poi, possiamo dilungarci a discutere sul cosa ci sia dietro il caos comunicativo innescato dalla miriade di rivoli, tra i quali svettano, in disordinato elenco, varie "fonti": cominciamo con a) le molte inutili radio libere solo ai tempi che si credeva che i bambini li trovavano sotto il cavolo, che tra un “brano” e l’altro, tra una pubblicità e l’altra, ci innaffiano di insopportabili “news-fotocopia” dentro la nostre macchine (tutte complete di autoradio o la macchina è da buttare) dove trascorriamo quotidianamente “tot-tempo”; b) i quotidiani che si sono auto-evirati molti anni fa rendendosi sudditi della televisione e, da non dimenticare, il più recente gusto per c) post e tweet sedicenti “demolitori”, lanciati tra un gattino, un cagnolino e un “mi piace” alla tipa che manda selfie-baci mentre guida quella figata di macchina che è la Vamos à la Festa Connect e che una percentuale importante dell’utenza internet pensa (la tipa) di trovarla nei siti porno tanto per divertirsi a renderle la vita insopportabile. Poi ci sono d), e), f), g), h), i) fino a x) y) e z) (come le targhe ma facciamola breve che tanto basta e avanza per informare chi vi sta attorno e si diverte a raccontarvi "storie originali" come gli asciugamani comprati al discount del tessuto.


Ora, piuttosto che queste sciocchezze, che si integrano a meraviglia con l’incessante attività d’incolpare di astrazioni fantasiose e illazioni varie i personaggi che molto semplicemente s'invidia, è venuto a qualcuno il dubbio che l’opinione personale, come l'invidia, non la si fonda più sugli stessi identici elementi che invece, come si diceva allora, “facevano opinione” nel 1968? E anche nel 1978 e pure nel 1988 quando non nel 1998?


Se ci pensiamo lucidamente, rispetto al ’68 (cito la data più lontana, anche se in politica più d'uno la cita ancora) sono cambiate tante cose. Non solo allora non si guardavano partite 24 ore su 24 ma anche altri gesti erano differenti. Era diverso il modo di “andare in macchina”, com’è cambiato il modo di cucinare, il modo di vestire, di depilarsi e di fare tante altre belle cose. Anche il linciaggio morale era diverso, a pensarci bene. Gli altri gesti non so, dal punto di vista dell'approccio, senz'altro, qualcosa è cambiata anche lì.


Detto questo, alla mente normalmente lubrificata, suppongo venga spontanea la domanda che è, approssimativamente la seguente: se tutto cambia, come si può pensare che non possa cambiare il modo di “fare politica”?
Per quanto mi riguarda, è quasi ovvio che sono convinto di si. Il problema è stabilire come tutto ciò sia cambiato.
Quindi, il post continua… ma sui canali a pagamento.
:-D

(Sono accettate anche le principali carte di credito, tramite PayPal, ma vanno bene anche banali bonifici, comuni vaglia, sporchi contanti e altro che non cito per autentico senso del pudore)


Paolo Manca.

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