L'allevatore
del Movimento 5 Stelle eletto deputato nel collegio di Oristano Cadeddu:
«Porterò a Roma la voce delle campagne sarde»
Un allevatore alla Camera. Non è il
titolo di un film, ma la storia di Luciano Cadeddu, 42 anni, sino a poco tempo
fa impegnato soltanto a mandare avanti l'azienda di famiglia. Per lui, si
profila una nuova esperienza con il Movimento 5 Stelle che ha deciso di
sceglierlo come rappresentante di un settore preciso: «Voglio essere il
portavoce degli agricoltori e degli allevatori sardi, tutti, a prescindere dal colore
politico». La sua storia ha suscitato curiosità, ma anche una campagna
denigratoria sui social, dove l'allevatore di Uras è stato preso di mira a
causa di un linguaggio poco forbito e una presenza poco adatta a Montecitorio.
«Non sono un uomo immagine e non voglio esserlo, ma ho il diritto di stare alla
Camera», spiega il neodeputato, che ha vinto nel collegio uninominale di
Oristano, superando il 42% delle preferenze grazie a oltre 62 mila voti.
La sua storia non è così comune per
la Camera. «È vero, ma sono contento perché mi impegnerò per portare la voce
dei pastori e degli agricoltori in Parlamento».
È stato questo il segreto della
vittoria? «Penso che la gente abbia capito chi sono e cosa intendo rappresentare.
Dopo l'elezione ho ricevuto tanti messaggi di stima e questo mi ha fatto capire
che c'è voglia di una politica del “fare” che punti al bene comune e a trovare
soluzioni per migliorare la vita delle imprese e quella quotidiana delle
famiglie».
Quali sono le urgenze del suo
settore? «Innanzitutto la riorganizzazione dei vari finanziamenti. Agea non è più
in grado di garantire la puntualità delle risorse alle aziende che non possono
programmare il lavoro. Sono contributi necessari a compensare il mercato che
spesso vanno perduti per ritardi e burocrazia».
Qualche altra criticità? «Bisogna
lavorare sulla filiera perché si parla sempre di consorzi di tutela di un
determinato prodotto, ma paradossalmente non si tutela il produttore».
Cosa l'ha spinta ad accettare la
candidatura? «Il fatto che in tanti anni ho potuto parlare con le persone che lamentavano
sempre di non avere qualcuno che potesse rappresentare le loro istanze. Il mio
settore ha subìto molte decisioni calate dall'alto o è stato vittima di scelte
sbagliate».
Cosa significa? «Faccio solo un
esempio: la Sardegna è la Cenerentola d'Italia, basta pensare alla media dei
premi comunitari che per l'Isola, per esempio, otto volte più bassa di quella
del Veneto. Questo è il frutto di una regionalizzazione che ha danneggiato la
nostra terra».
Alla Camera, però, non si parlerà
soltanto di agricoltura. Pronto ad
affrontare altre tematiche? «Non
voglio che passi il messaggio che io sappia solo di agricoltura e allevamento.
Certo non sono un tuttologo, ma posso dire con certezza di essere pronto a
impegnarmi, documentarmi e studiare. Insomma fare tutto quello che è necessario
per incidere in maniera positiva sulla vita dei cittadini».
Un lavoro da condividere con i suoi
colleghi pentastellati eletti in Sardegna? «Certamente. Siamo una bella
squadra, tra noi ci sono persone esperte in altri settori e ci facciamo da
tutor reciprocamente».
Lei viaggerà spesso. Ha già testato
il problema dei trasporti? «Sì, dal momento che per partecipare al primo
incontro con Luigi Di Maio sono dovuto andare in nave assieme a una mia
collega. Non c'era un posto in aereo disponibile. Quello dei trasporti è uno
dei temi sul quale è necessario intervenire con urgenza».
Gli eletti del Movimento 5 Stelle
hanno assunto l'impegno di mantenere vivo il contatto con il proprio
territorio. Anche per lei sarà così? «È una nostra prerogativa, ci chiamiamo
“portavoce” con la consapevolezza di questo ruolo. Tutti i giorni abbiamo
contatto con le persone a prescindere che siano nostri elettori o legate al
nostro settore. La mia famiglia vive a Uras, siamo radicati qui ed è importante
mantenere il rapporto con la propria terra».
Continuerà a seguire la sua azienda?
«Certo, anche perché noi del Movimento 5 Stelle non intendiamo la politica come
una professione e soprattutto non prevediamo carriere trentennali. Abbiamo il
limite dei due mandati ed è giusto sia così. Inoltre, ho la fortuna di avere
un'azienda a conduzione familiare e per me è un aspetto molto importante».
In che senso? «Quando ho deciso di
candidarmi ne ho parlato subito con i miei familiari che mi hanno incoraggiato.
Ora c'è il Movimento e sono pronto a questa esperienza in una seconda
famiglia».
Sente di avere gli stessi diritti
degli altri a stare in Parlamento? «Assolutamente sì. Sono un allevatore e per
questo non posso contribuire a migliorare le cose? Non penso di non avere il
diritto di stare alla Camera solo per il lavoro che svolgo».
Lei è finito nel tritacarne dei
social con commenti ironici sul suo modo di porsi o di comunicare. Più rabbia o
delusione? «Direi delusione. Soprattutto perché non c'è stato confronto sui
temi, ma tanti si sono limitati a giudizi superficiali anche solo per un verbo
che posso aver sbagliato. Questo mi ha lasciato l'amaro in bocca. Non voglio
essere un uomo immagine della politica: in questi anni ce ne sono stati tanti e
i risultati sono sotto gli occhi di tutti».
Si prepara anche ad essere più
“social”? «Non sono un grande utilizzatore della comunicazione on line. Riconosco
sia uno strumento importante, ma solo se dietro ci sono persone vere, in grado
di guardarti negli occhi e dire le cose con sincerità. Questo è il mio modo di
fare, non voglio nascondermi dietro una tastiera come hanno fatto diverse
persone».
Interverrà senza paura alla Camera
davanti ai deputati? «Sì. Con l'emozione e il rispetto per l'istituzione, ma
senza paura».
Matteo Sau
Puddu:
non mi ricandido ad Assemini
La scelta
del leader M5S apre nuovi scenari per le Regionali. Al suo
posto Sabrina
Licheri
Non ci sarà il Mario Puddu bis nel
Comune di Assemini. Il sindaco del
Movimento 5 Stelle ha sciolto i
dubbi e ha deciso di non candidarsi
per il suo secondo mandato. Una
scelta annunciata con un post su
Facebook, ieri a tarda sera, in cui
si fa anche il nome della prossima
candidata dei pentastellati, Sabrina
Licheri: «È bellissimo
rappresentare la comunità
asseminese, ve lo dico per esperienza. Sono
certo che Sabrina lo farà nel
migliore dei modi», scrive il
coordinatore della campagna elettorale
M5S.
La rinuncia alle amministrative di
primavera apre nuovi scenari
soprattutto in vista delle elezioni
regionali del 2019: Puddu è
considerato il favorito per la
candidatura dei Cinquestelle alla
presidenza della Regione. Per la
regola grillina che vieta di fare più
di due mandati elettivi, se
l'attuale sindaco venisse riconfermato non
potrebbe correre per Villa Devoto.
La candidatura di Sabrina Licheri
non è una sorpresa. Da tempo veniva
indicata per la possibile eredità di
Puddu, insieme alla vicesindaca
Jessica Mostallino e all'assessore
all'Urbanistica Gianluca Mandas.
Quarantasei anni, sposata, un
impiego nell'ambito della consulenza del
lavoro, negli ultimi cinque anni ha
ricoperto la carica di presidente
del Consiglio. «Sono molto felice,
tutto è nato all'improvviso»,
commenta a caldo. «Sono pronta per
la nuova avventura e non vedo l'ora
di iniziare. Ringrazio il gruppo per
la fiducia dimostrata nei miei
confronti: mi hanno sostenuto fin da
subito». (l. e.) (m. s.)
Presidenze:
M5S vuole la Camera, Lega verso il Senato
Al via le
trattative informali tra i partiti. Prendono quota i nomi di
Carelli e
Calderoli
ROMA Un accordo per i presidenti
delle Camere. Difficile da scindere
da quello per la formazione di un
nuovo esecutivo. A otto giorni
dall'apertura di Montecitorio e
Palazzo Madama ai nuovi eletti si
avviano le consultazioni informali
tra i capigruppo delle forze
politiche alla ricerca dell'intesa,
prove generali di una eventuale
maggioranza di governo.
I NOMI Il Movimento 5 Stelle mette
le mani avanti, si intesta la
presidenza della Camera (dove i nomi
da proporre sono Emilio Carelli e
Riccardo Fraccaro) e ripete, quasi
come un ritornello, che queste
votazioni non faranno da preludio ad
alcuna alleanza, ma in realtà c'è
chi già si fa i conti. I numeri
parlano chiaro: il centrodestra più
l'M5S riuscirebbero nell'impresa di
votarsi da soli entrambi i
presidenti, senza sostegni esterni.
Quindi l'ipotesi potrebbe essere
quella di Emilio Carelli alla Camera
e Roberto Calderoli in Senato,
anche se su quest'ultimo Giorgia
Meloni ha avvertito Salvini: «Se si
sceglie di dare la presidenza del
Senato ad un altro esponente della
Lega, significherebbe che non si
crede al progetto di Salvini premier:
la Lega non potrebbe, infatti,
esprimere insieme il premier ed il
presidente» di palazzo Madama.
Per questo scranno infatti a
scalpitare
è anche Forza Italia, che vede in
Paolo Romani l'uomo giusto, anche
nell'ipotesi che venga investito
dell'incarico esplorativo.
I SONDAGGI Le trattative, che stanno
portando avanti i Cinquestelle
servono solo per capire se una terza
carica dello Stato pentastellata
ha dalla sua parte i voti della Lega
o anche quelli del Pd, anche
perché, fanno notare, le figure da
proporre «non le fanno i capigruppo
ma i leader». Il vero nodo sarà
infatti sciolto con l'incontro la
prossima settimana tra Matteo
Salvini e Luigi Di Maio, quando si
scopriranno davvero le carte.
«È già tutto spartito» confidano
fonti
parlamentari «gli incontri servono
solo per coprire l'eventuale
percentuale di crisi numerica, che
il voto segreto porta con se».
Il Partito democratico certo non
resta a guardare, apre seppur di poco
a nomi che sia degni del loro voto.
Insomma figure di garanzia, come
per esempio Giancarlo Giorgetti
«apprezzato dai Dem».
Una dichiarazione che scombina i
piani dei 5Stelle, che vedevano la
presidenza di palazzo Madama già
affidata alla Lega. La campanella
suonerà il prossimo 23 marzo, per il
Senato tutto dovrebbe concludersi
alla quarta votazione. Mentre per la
Camera i tempi si preannunciano
lunghi. Il Colle in tutto questo
tace e osserva.
Replica
di Cabras a Tunis
«Fabbrica
di bombe, non chiusura ma riconversione»
«Da parte di Tunis penso ci sia
molta malafede». Il deputato M5S Pino
Cabras risponde al consigliere
regionale di Forza Italia, Stefano
Tunis, sulla fabbrica di bombe Rwm
di Domusnovas. L'esponente azzurro
ha accusato il neo deputato di aver
dichiarato di essere propenso alla
chiusura, mentre «io ho sempre
parlato di riconversione», sottolinea
Cabras.
Per il deputato pentastellato, la
priorità è «salvaguardare il posto
ai lavoratori». Una riconversione si
rende necessaria per attutire il
colpo qualora cambi lo scenario
internazionale. «La fabbrica è
strettamente legata all'Arabia
Saudita, se dovesse venire meno questa
commessa ci sarebbe un rischio».
Inoltre Cabras si dichiara «contrario
a questo rapporto con l'Arabia
perché fortemente destabilizzante per
la pace».
Lo scenario racconta di una guerra
saudita che «ha prodotto
10 milioni di senzatetto nello
Yemen», sottolinea, «e questo si
traduce in una migrazione della
disperazione per tantissime persone».
Dunque, non chiusura ma
riconversione: «Tunis vuole inserirmi nella
cornice del grillino antindustriale,
ma il mio obiettivo è trovare un
altro modello». Nel Sulcis,
(territorio di elezione di Cabras) «non si
è investito sull'industria
aeronautica, nonostante ci sia
un'importante filiera
dell'alluminio». (m. s.)
La
Nuova
Gli eletti
I
venticinque parlamentari Sedici sono dei Cinque stelle
CAGLIARI Venerdì 23 marzo saranno
questi i venticinque parlamentari
sardi che timbreranno il loro primo
cartellino alla Camera e al
Senato. L'Ufficio elettorale ha
confermato gli stessi nomi ufficiosi
circolati poche ore dopo la
conclusione dello spoglio nei seggi.Cinque
stelle 16. Alla Camera i sei eletti
nei collegi uninominali che sono:
Andrea Mura (Cagliari), Pino Cabras
(Sulcis), Luciano Cadeddu
(Oristano), Mara Lapia (Nuoro) Nardo
Marino (Olbia) e Mario Perantoni
(Sassari). Più i cinque eletti col
proporzionale: Emanuela Corda,
Andrea Vallascas e Lucia Scanu nel
collegio del Sud, Alberto Manca e
Paola Deiana in quello del Nord.
Al Senato invece i tre del
maggioritario, Gianni Marilotti
(Cagliari-Sulcis), Emiliano Fenu
(Oristano-Nuoro) e Maria Vittoria
Bogo (Sassari-Olbia). Più i primi
due del listino proporzionale
regionale: Ettore Licheri ed Elvira
Lucia Evangelista.Forza Italia 3.
Alla Camera con il proporzionale Ugo
Cappellacci (collegio Sud) e Pietro
Pittalis (Nord). Al Senato Emilio
Floris, capolista nel collegio
regionale.Partito democratico 3. Alla
Camera i due capolista nei due
collegi proporzionali: Gavino Manca
(Nord) e Romina Mura (Sud). Al Senato,
Giuseppe Luigi Cucca, capolista
in Sardegna.Lega-Psd'Az 2.
Alla Camera il capolista del
collegio Sud
proporzionale, Guido De Martini. Al
Senato, il capolista Christian
Solinas.Fdi 1. È il neo deputato
Salvatore Sasso Deidda, capolista del
collegio proporzionale del
Sud.Possibile ricorso. A presentarlo
dovrebbe essere Dario Giagoni,
capolista della Lega nel proporzionale
al Nord . Contesta il travaso di
seggi fra i collegi e anche
l'assegnazione dello stesso seggio a
Fdi.
Proclamati
gli eletti: nessuna novità sui nomi. Il 23 la prima seduta
delle
Camere
l
proporzionale il collegio di Sassari-Olbia-Nuoro scende da 5 a 4 parlamentari
Ecco
perché il Nord ha un deputato in meno
CAGLIARI
È ufficiale: nelle elezioni del 4
marzo, il Sud Sardegna ha fatto lo
sgambetto al Nord. Rispetto alle
previsioni, il collegio
Cagliari-Oristano-Iglesias avrà
infatti un deputato in più: sette
contro i sei previsti. L'ultimo, il
settimo, l'ha scippato proprio al
collegio Nuoro-Sassari-Olbia, che
invece da cinque è sceso a quattro.
A confermalo è l'Ufficio elettorale
della Corte d'appello, che ha
proclamato gli eletti nel
proporzionale dieci giorni dopo lo spoglio
delle schede.Solo conferme. Non c'è
nessuna novità sui nomi degli
eletti, sono gli stessi annunciati
all'alba del 5 marzo, e non è una
novità neanche il travaso del
seggio, tra l'altro anche questo
all'indomani dello spoglio.
In questi ultimi giorni, i passaggi
tecnici sono stati tre. Il primo:
dopo un complicato calcolo su base
nazionale, la Cassazione ha
assegnato i seggi circoscrizione per
circoscrizione. Alla Sardegna, che
era un'unica circoscrizione seppure
divisa in due collegi, ha confermato
quelli previsti dalla legge
elettorale, undici. E questo perché
la Sardegna non è entrata, grazie
al numero di votanti, nel meccanismo
delle compensazioni fra le
diverse circoscrizioni, da non
confondere con le regioni, com'è
accaduto da altre parti. Il secondo
passaggio sempre della Cassazione
è stato questo: in ogni circoscrizione,
ha calcolato quanti seggi
spettassero a ciascuna lista, anche
all'interno delle coalizioni, ed è
lì che sarebbe scattato il travaso.
Il meccanismo. Nonostante il
decreto del presidente della
Repubblica prevedesse, in base alla
popolazione, l'assegnazione di sei
seggi al Sud e cinque al Nord, è
scattata la correzione tecnica.
Spiegare in base a quali criteri sia
stata decisa, è complicato, ma a
grandi linee dovrebbe essere accaduto
questo. Esclusi quelli ottenuti con
i quozienti pieni, in base ai
resti su base circoscrizionale alla
Lega-Psd'Az avrebbe dovuto avere
un seggio, ma non per la Cassazione.
Che, all'interno delle
compensazioni stavolta però su base
regionale, ha deciso invece di
dirottarlo sul terzo partito del
centrodestra oltre lo sbarramento del
3 per cento e dunque a Fratelli
d'Italia. Fatte queste premesse, la
Corte d'appello ha chiuso il
cerchio: siccome Fdi al Sud ha ottenuto
un resto più alto rispetto a quello
conquistato al Nord, proprio il
Sud avrà un deputato in più.
Il M5s
vuole la Camera Tensione con la Lega
Giro di
consultazioni dei capigruppo Cinque stelle: «Montecitorio ci spetta»
Salvini
blocca il patto e punta su Giorgetti. Torna Grillo: «Sarò la
vostra
voce»
ROMADue giorni senza appuntamenti
pubblici, le consultazioni sulle
Camere affidate ai capigruppo:
bastano questi due dati per connotare
la prudenza con cui, in queste ore,
si muove Luigi Di Maio. I giorni
«caldi» delle trattative si
avvicinano e nel Movimento cresce,
parallelamente, il timore di restare
fuori dai giochi di governo.
Anche perché quell'asse con la Lega,
che il primo contatto tra Di Maio
e Matteo Salvini sembra aver fatto
emergere, presenta più di un nodo
da sciogliere. A cominciare dalla
eventuale modifica del Rosatellum
nelle modalità chieste dalla Lega:
con il premio di maggioranza alla
coalizione. Soluzione che il
movimento vede come il fumo negli occhi
essendo l'unica forza che corre da
sola.
Innanzitutto, dalla parte
della Lega, non sembra esserci al
momento la volontà di rompere, a
questo punto definitivamente, con
Silvio Berlusconi. Dall'altra parte,
nel M5S, l'ipotesi di una
convergenza di governo con la Lega è
destinata a trovare un'ampia fronda
contraria. «Il gruppo è compatto,
questo è certo», assicura un
parlamentare tra i più vicini a Di Maio.
Ma il grande bivio tra Pd e Lega,
nella base - e non solo - resta
attualissimo. «L'accordo non ci
sarà, ci sono in tanti nel gruppo che
protesterebbero», spiega un senatore
uscente in mattinata dando il
senso delle difficoltà dei vertici
del Movimento. E infatti, Di Maio e
i suoi non si sono ancora esposti in
direzione Lega tenendo aperto,
invece, uno spiraglio ai Dem.
Nelle consultazioni sulla Camera
nessun
cenno, viene raccontato da fonti
parlamentari, dal M5S è stato fatto
alla delegazione Pd su una possibile
convergenza programmatica. Ma
resta agli atti come mezzo governo 5
Stelle sia, soprattutto da un
punto di vista economico,
sbilanciato a sinistra. E c'è un'altro
timore che in queste ore aleggia sul
M5S: quello di restare fuori dai
giochi di governo. È un timore che
fa rima con l'insistenza dei 5
Stelle su Montecitorio e che è
legata all'ipotesi di un incarico
esplorativo ad uno dei presidenti
delle Camere. Il motivo è duplice:
l'assenza, per il M5S al Senato, di
un nome davvero forte e il rischio
che, con Giorgetti alla guida della
Camera sia più facile, per la Lega
formare una maggioranza che riporti
anche il Pd dentro i giochi e
tagli fuori il Movimento. (m.e.)
Gentiloni
sferza il Pd «Ci serve più coraggio»
I Dem,
tagliati fuori dai giochi sulle presidenze, si concentrano sui capigruppo
Calenda
sponsorizza il presidente del consiglio come futuro leader del partito
di
Giovanni Innamorati
ROMA
Maurizio Martina compie i primi passi
in vista dell'Assemblea
nazionale di aprile, che dovrà
eleggere il segretario del Pd, e lo fa
sminando le tensioni sulla nomina
dei capigruppo Dem di Camera e
Senato. Intanto inizia il confronto
per l'avvio della legislatura. Un
confronto interlocutorio con i 5
stelle per le presidenze delle
Camere.Il Pd - costretto dal voto ad
un ruolo di spettatore rispetto
alla partita giocata in campo da M5s
e Lega-Forza Italia - non chiude
all'ipotesi di votare profili
autorevoli e di garanzia. Ma deve
giocoforza aspettare le mosse degli
avversari politici.
Intanto prosegue la partita interna
e il reggente dem ha avuto infatti
colloqui con i leader delle diverse
anime del Pd per evitare una
contrapposizione tra renziani e non
renziani in questo passaggio
delicato. E mentre sono iniziate le
Assemblee che dovranno coinvolgere
tutti e 6000 circoli Dem presenti in
Italia, Carlo Calenda rilancia la
leadership di Paolo Gentiloni:
«Dovrà essere il punto di riferimento»,
dice rimproverando che non sia stato
fatto il suo nome come candidato
premier del centrosinistra,
favorendo esiti ben diversi della partita.
Gentiloni, dal canto suo, parla per
la prima volta dopo il voto ed
ecumenico osserva che «servono
serietà e coraggio per dare un futuro
al Paese». Un invito che qualcuno ha
visto rivolto anche al Pd.
Martina nel pomeriggio ad Ostia ha
incontrato i cittadini al Ciofs-Fp,
il centro di formazione
professionale delle suore salesiane. «Vogliamo
tornare nei territori - ha detto - e
ascoltare esperienze come questa,
partire dalla comunità, dalle realtà
anche più difficili in cui si
fanno progetti importanti».
Il partito ha lanciato anche
l'hashtag
#6000assemblee per incentivare i
Circoli del Pd a condividere sui
social gli esiti delle loro
assemblee. Tra esse quella di Modena, dove
il Ministro Claudio De Vincentis, ha
riferito che è emerso il «no» dei
militanti a «innaturali alchimie
governiste», cioè a patti con M5s o
con centrodestra. In mattinata a
Martina e Guerini era toccato
affrontare con i M5s la partita
sulle presidenze dei Camera e Senato.
I Dem sono ininfluenti in caso di
accordo M5s-Lega mentre avrebbero
voce in capitolo in caso contrario:
il dubbio è se a fronte della
proposta di figure di garanzia (come
Giancarlo Giorgetti alla Camera)
il Pd debba votarle, col rischio che
tra i militanti tale scelta
appaia un accordo col centrodestra
in ottica di governo.Ieri mattina
ci sono stati anche i colloqui con
esponenti delle diverse correnti
Dem (sabato Gianni Cuperlo riunirà i
suoi ma ha invitato Martina,
Andrea Orlando e Calenda) in vista
dell'elezione dei due capigruppo:
obiettivo, su cui è stata raggiunta
una intesa, è evitare che i
renziani si arrocchino e che i non
renziani puntino a «vendicarsi».
Per ora si è parlato di profili, ma tra
i nomi di dialogo fatti ci sono
quelli di Guerini alla Camera e
Andrea Marcucci al Senato, con
Graziano Delrio non intenzionato ad
entrare in competizione con
Guerini. Mossa che può essere anche
intesa come possibilità di
presentarsi all'Assemblea di aprile
per la segreteria, per la quale
Carlo Calenda ha rilanciato
Gentiloni: «Il leader del Pd oggi è
Gentiloni: ha una popolarità
immensamente superiore alla mia e al di
là dell'ottimo lavoro che ha fatto
al governo dovrà essere il punto di
riferimento».
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Federico
Marini
skype:
federico1970ca
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