L’orchestra del Titanic,
che suonava impassibile di fronte alla morte, mentre la nave affondava. E’ a
quella che penso nel vedere il Popolo Sardo in questa epoca storica. Scivoliamo, apatici, verso la
nostra fine e pare non interessarci assolutamente la nostra sorte.
A nulla servono gli allarmi, le denunce, le grida disperate di chi si vuole salvare: niente distoglie la tranquillità dell’orchestra che va verso la morte. Ovunque - ovunque ci sia un briciolo di amor proprio - sarebbe scoppiato il finimondo alla notizia che non si sa dove siano finite seimila, dico sei-mi-la, tonnellate di ceneri di combustione di rifiuti industriali di Ottana.
Migliaia di tonnellate di veleni smaltiti chissà dove, probabilmente sotterrati nella piana. Una piana attraversata dal Tirso, che placidamente ha raccolto questi veleni e li ha distribuiti con rigorosa equità in tutti i campi irrigati, fino al golfo di Oristano. Una distribuzione tanto equa da poter dire che il cancro ha rispettato tutte le soglie democratiche e senza sbarramenti. Nemmeno di età.
Ovunque – ovunque ci sia un briciolo di amor proprio – ci sarebbe stata una rivolta, a sentire questa notizia.
Ma il commento più arrabbiato che ho trovato sui giornali sardi era quello di un tizio che si chiedeva se il dirottatore dell’autobus di Milano aveva le ricariche telefoniche e il Rolex… Mentre l’orchestra, impassibile, continua a suonare.
E non sono tanti i posti in Europa in cui il più votato in assoluto è un signore imputato per concussione aggravata, in cui si protesta eleggendo le stesse persone contro cui si protesta, in cui si usano le donne per dirottare voti agli uomini. Salvo poi scrivere post lacrimevoli l’8 marzo. Ma l’orchestra, tranquilla, continua a suonare.
Lo vedi anche dalle piccole cose, che non ci interessa più la nostra sorte. Lo vedi quando nei cantieri se ne fregano della mascherina, quando a scuola non si perde tempo a spiegare l’eroina, quando avvisi l’amico pastore “Mi chi ti sun filmande” e lui ti risponde “Non mi nd’afutit. Tante oramai semus mortos”.
Lo vedi quando denunci l’emigrazione, i salari da fame, l’inquinamento, la speculazione, la corruzione, le umiliazioni, e ti senti rispondere che è colpa nostra, che ce lo meritiamo. Mentre l’orchestra, con allucinata serenità, continua a suonare. E allora no, non vale sentirsi inferiori agli altri popoli, no.
Perché non esiste l’inferiorità: è che i popoli che lottano, che costruiscono un futuro migliore, che diventano esempio da ammirare, sono fatti di persone che hanno amor proprio, che si riconoscono valore, che hanno imparato a volere bene a sè stesse. E io posso fare tutto ciò che posso, tutti noi possiamo fare tutto il possibile, ma non riusciremo mai a salvarti se tu non vuoi salvarti.
Nessuno potrà salvarti se non inizierai, tu, a volerti bene.
Di
Pier Franco Devias
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