Unione
Sarda
Matteo
Renzi smentisce i sondaggi «Il Pd può essere il primo partito»
Il
segretario Dem assieme a Pier Ferdinando Casini alla casa del
popolo di
Bologna
BOLOGNA Matteo Renzi chiama il Pd
«al rush finale». «Ci devono vedere spuntare da tutte le parti», bisogna fare
«un lavoro scientifico» sugli indecisi, esorta i suoi. Il segretario dem è di
scena in Emilia Romagna, con tappe a Bologna, Modena, Reggio Emilia e Parma. La
giornata inizia con un pranzo tra i militanti alla casa del Popolo di Bologna
insieme al compagno Casini. «Vi rendete conto che siamo riusciti a far
diventare quasi comunista perfino Pier Ferdinando, che volete di più?» scherza.
«Non è così, Casini diventa comunista solo con Carla Cantone (ex leader dello
Spi-Cgil, candidata a Bologna e presente a tavola), ormai sono diventati una
coppia di fatto, li vedo fissi, sempre insieme contro gli estremismi».
LA STRANA COPPIA L'ex presidente
della Camera risponde all'ironia provando a mettere al collo del segretario dem
una sciarpa rossoblù del Bologna: «Eh no, con le sciarpe non si scherza»,
replica Renzi. Nessuna difficoltà, insomma: «Per me non cambia niente. Questa è
la mia città, ci sono sempre stato, per me è la continuità», spiega Casini.
L'effetto di essere in una Casa del popolo? «È come stare a casa, tra la gente
che conosco da 30 anni, con cui non ho condiviso dei progetti politici e oggi
condivido un'idea di fondo: fermare i barbari che sono Matteo Salvini e i
Cinquestelle».
A sinistra, però, non la pensano
così. Massimo D'Alema se la prende direttamente con Romano Prodi dopo
l'investitura fatta a Paolo Gentiloni: «Diciamola verità, non si puo votare
Gentiloni», attacca, «con questa legge elettorale si vota Renzi. A Romano dico
con grande amicizia che dicendo che vota “Insieme” voterà per Casini e per
Renzi, e ritengo che non sia utile né al paese né al centrosinistra. È lunare pensare
che possa vincere il Pd».
L'ATTACCO DI GRASSO Anche Pietro Grasso
affonda il colpo: «Se Renzi ha detto che bisogna turarsi il naso anche per
votare Pd - ragiona – non c'è dubbio che anche Prodi si dovrà turare il naso
per votare a Bologna Pierferdinando Casini e non Vasco Errani». La replica di
Renzi non cambia: «Chi vota D'Alema avvicina Salvini a Palazzo Chigi», mentre
il Pd può ancora «essere il primo partito». «Vi vogliono tutti raccontare che è
finita, che il Pd non ce la farà, ma i sondaggi stavolta non ci azzeccano»,
assicura. «Sono 10 giorni belli, non bisogna avere la faccia preoccupata o
triste. Ho fatto del mio meglio», ripete, «ho l'orgoglio di aver messo su una
squadra che è stata contestata da tanti, poi però tutti dicono “Gentiloni è
bravo”, “I ministri sono bravi”, certo. Mettetela a paragone con gli altri la nostra
squadra».
Nicola
Fratoianni (Liberi e uguali) ieri a Serdiana «Più equità e
nessuna
alleanza»
«Combatteremo le disuguaglianze che
hanno contribuito ad aumentare le
tensioni sociali». La promessa
arriva da Nicola Fratoianni, segretario
nazionale di Sinistra Italiana,
impegnato nel progetto politico di
Liberi e uguali. Fratoianni, ieri
pomeriggio, ha partecipato a un
incontro a Serdiana, ospite della
comunità La Collina, dal titolo “Tra
i diamanti e i fiori, noi scegliamo
i fiori”. Un'occasione per
lanciare la volata finale della
campagna elettorale in Sardegna. Il
leader di Leu ha le idee chiare e
respinge le ipotesi di governi del
presidente o larghe intese.
«Sui singoli contenuti ci potremo
confrontare con gli altri partiti,
ma non faremo alleanze».
L'obiettivo di Liberi e uguali,
progetto guidato da Pietro Grasso, è
«ricostruire un tessuto sociale»,
attraverso un programma preciso che
mira alla «distribuzione della
ricchezza, del reddito e delle
opportunità», sottolinea Fratoianni.
Altro tema principale è riuscire
a intervenire in maniera concreta
per «risolvere il problema del
lavoro» che si tratterebbe di «un
grande passo verso la lotta alla
disuguaglianza». Ancora una volta,
Fratoianni getta acqua sul fuoco
delle polemiche scaturite dalla
presenza dei candidati “paracadutati”
in Sardegna.
«La vostra terra ha delle
specificità e una storia che
devono essere una parte centrale
dello sforzo collettivo». Infine,
quello che il leader di Liberi e
uguali rilancia è fare in modo di
evitare il «clima di odio che mette
in contrapposizione migranti e
disoccupati». (m. s.)
La
curiosità - Il ministro in campo
In una campagna elettorale sempre
più “social”, capita anche che un
candidato riceva importanti
endorsement a distanza, proprio grazie
alle tecnologie. Sul web sta infatti
circolando molto il
videomessaggio che il ministro dello
Sviluppo economico Carlo Calenda
ha inviato nei giorni scorsi a una
manifestazione di Francesco Sanna,
numero due della lista Pd alla
Camera (collegio proporzionale Sud
Sardegna).
Parlando della svolta sull'Alcoa,
Calenda ha detto che
«senza Sanna questo percorso non si
sarebbe compiuto»: un elogio al
lavoro parlamentare che ha
consentito di varare una norma per
alleggerire la bolletta elettrica
delle imprese energivore. «In queste
elezioni fa la differenza la serietà
dei comportamenti rispetto alla
cialtroneria degli annunci», ha
aggiunto il ministro, e agli elettori
ha detto: «Avete un candidato serio,
dategli una possibilità».
Di Maio,
birra e casu marzu Un sorso al Poetto e l'impegno contro lo
stop ai
prodotti sardi Il candidato grillino a Cagliari: «L'Ue vieta di esportare il
formaggio,
ma non le bombe»
Un'Ichnusa al Poetto al tramonto
prima di cominciare la kermesse
elettorale, il cielo arancione sul
mare, lui di profilo appoggiato
alla staccionata di un chioschetto.
L'immagine fa in un battibaleno
11mila like su Facebook e 6700 su
Instagram, e quando finalmente alle
otto di sera Luigi Di Maio entra nel
padiglione della Fiera dove terrà
il comizio, millecinquecento persone
lo accolgono come una popstar.
L'ACCOGLIENZA Sembra che la Sardegna
sia una terra “gialla”, almeno
così raccontano i sondaggi
proiettati sul maxischermo, e il candidato
premier del Movimento Cinque Stelle
è tornato a Cagliari dopo appena
due settimane dall'altra visita.
Allora i casi di Rimborsopoli e dei
massoni in corsa non erano ancora
esplosi, ma si sorvola, d'altronde
il pubblico è tutto di fan, piovono
solo applausi, non c'è spazio per
le critiche.
«Ormai manca poco, tra due lunedì avremo
i risultati delle elezioni e
adesso è arrivato il momento di
dirci una cosa importante: ora siamo a
un bivio, la classe politica che si
sta presentando contro di noi, e
che ci attacca ogni giorno, è quella
che ha rubato il futuro della mia
generazione, di quella precedente e
di quella successiva».
IL BALLOTTAGGIO Prosegue: «Il 4
marzo ci sarà un ballottaggio tra noi
e quell'accozzaglia dei partiti di
centrodestra. Il Pd è fuori
combattimento. Spero che gli
italiani non vogliano rimettere il Paese
nelle mani di partiti
impresentabili». Di Maio ne ha per Berlusconi -
«è sette volte traditore della
patria ed è pure incandidabile, come
ammette tranquillamente» - e
ovviamente per Renzi - «lo ringrazio»,
dice con ironia, «sta facendo
campagna elettorale per noi, ha detto in
tv che noi parlamentari Cinquestelle
abbiamo restituito 23 milioni di
euro». Ancora: il primo ha un
partito del 15%, il secondo raggiunge a
stento il 20%, dunque, «siamo noi la
prima forza politica del Paese, e
tra loro non c'è alcuna differenza,
come dimostra anche il fatto che
ci sia gente come Giacomo Mancini,
candidato alla Camera con il
centrosinistra e pronto a entrare
nel Consiglio regionale della
Calabria con Forza Italia».
I RICHIAMI ALL'ISOLA Continua.
«Siete la terra di Berlinguer e di
Gramsci, che hanno coltivato la
questione morale, che hanno parlato di
scelte - odio gli indifferenti -
persone che hanno ispirato la
sinistra, e siamo al paradosso, il
partito che doveva raccogliere
questa eredità batte il centrodestra
per numero di condannati e
imputati candidati: 29 a 24. Mentre
noi abbiamo regole ferree, non ci
troviamo impresentabili nelle
liste».
Ancora, riguardo alla Sardegna, Di
Maio sottolinea: «Non si vietano le
esportazioni di bombe mentre c'è una
legge che impedisce di portare
fuori le vostre eccellenze
enogastronomiche, il casu marzu , ad
esempio. Esistono regolamenti e
direttive che hanno distrutto la
vostra agricoltura, l'artigianato,
il turismo, ma la vostra Isola non
è mai stata difesa ai tavoli
europei». Questo per dire - ancora una
volta - che Bruxelles va bene ma non
sempre. Insomma, un po' di Europa
e un po' no.
Ma forse non è questo quello che la
gente vuole sentire. Sono i denari
restituiti da deputati e senatori
grillini (quelli che l'hanno fatto
con onestà e trasparenza), gli aiuti
per la famiglia e le coppie che
mettono al mondo bimbi come fanno in
Francia, le pensioni da riportare
sopra la soglia di povertà, i tagli
ai vergognosi sprechi della
pubblica amministrazione, la
cancellazione delle leggi e degli enti
inutili, lo stop al business
dell'immigrazione, le politiche per il
lavoro, sono queste cose, comunque
già sentite, a suscitare
l'entusiasmo dei simpatizzanti
giovani e anziani.
NAPOLI Infine: «Sono rimasto molto
turbato dall'inchiesta di Napoli,
fatta dai bravissimi giornalisti di
Fanpage, che dimostra che la Terra
dei fuochi è responsabilità politica
prima ancora che camorristica.
Hanno preso tangenti, fatto accordi
con criminali sui rifiuti e i
veleni, c'è gente, la mia gente, che
sta morendo di tumore, e la
responsabilità di tutto questo è
anche della famiglia De Luca. Chiedo
le dimissioni di Vincenzo De Luca e
di tutti i consiglieri regionali
campani».
Cristina Cossu
La
Nuova
Il
segretario di Si lancia Liberi e uguali: «Serve una redistribuzione
della
ricchezza e delle opportunità»
Fratoianni:
il Pd è il centro, noi la sinistra
CAGLIARIIl centrosinistra di una
volta non c'è più, «c'è rimasto solo
il Pd centrista di Renzi, che
scimmiotta la destra e continua a essere
un disastro per la sinistra». A
dirlo è Nicola Fratoianni, segretario
nazionale di Sinistra Italiana e uno
dei leader di Liberi e Uguali.
«Noi siamo l'unica alternativa al
Partito democratico, ai Cinque
stelle ed è ovvio alla destra
xenofoba e fascista che alimenta la
paura e l'odio», dice per poi
aggiungere: «In questa campagna
elettorale, si parla di tutto meno
di come azzerare le diseguaglianze.
Noi lo facciamo da sempre ed è
questa la nostra specificità: LeU parla
da sinistra a chi crede ancora nella
giustizia sociale, dalla lotta
alla povertà a quella contro il
precariato, e vuole l'immediato
ritorno al sistema dei diritti
invece fatto a pezzi in questi anni».
Il programma di Liberi e Uguali - su
cui campeggia la frase «proposte
concrete per la vita reale» - è
quello di chi vuole «cambiare l'Italia
con una redistribuzione effettiva
della ricchezza e delle
opportunità». Ma da quali banchi:
del governo o dell'opposizione? La
risposta Fratoianni è secca: «Noi
vogliamo che si cambi davvero e
subito la rotta dopo gli anni
disastrosi dei governi da Berlusconi a
Renzi fino a Gentiloni.
Quindi, dopo il 4 marzo, una volta
letti i
risultati, decideremo, ma non certo
in base alla convenienza, ma ai
progetti». Escluso qualunque
rapporto con il centrodestra, «mai da e
con quella parte, perché il ritorno
del fascismo parte da lì», in
forse quelli col Pd, «il problema
non è solo che ci sia ancora o meno
Renzi, a cambiare devono essere alla
radice gli obiettivi dei dem», e
incerti anche quelli con i Cinque
stelle: «Non faremo pasticci -
sottolinea - Il movimento di Grillo
continua a ballare da una parte
all'altra a seconda del momento». Se
a marzo dalle urne non uscisse
una maggioranza e poi neanche dal
Parlamento, Fratoianni non ha dubbi:
«Meglio ritornare subito al voto e
non costringere gli italiani a
subire invece e chissà per quanto
tempo un governo trasversale e
impegnato, com'è accaduto in
passato, solo a tutelare i grandi
interessi di pochi».
In cui, secondo il leader di LeU,
c'è sempre meno
spazio per la Sardegna: «È stata
tradita dai troppi presunti governi
amici ed emarginata dagli altri, a
volte per disinteresse, oppure
colpevolmente come con le leggi sul
lavoro che hanno reso ancora più
precario chi già lo era». Lo strappo
con il Pd è evidente per Sinistra
italiana lo è ancor di più, ma non è
detto che il risultato elettorale
nazionale debba avere per forza
ripercussioni sulla Regione: «Nei
confronti dei territori, c'è sempre
grande rispetto e saranno loro a
decidere». Ma la stella popolare
comunque resta una sola dalle Alpi
alle isola: «Ricostruire una
sinistra popolare, perché è finita la
stagione di quella presunta
impegnata che ha scimmiottato la destra.
Gli elettori di sinistra lo hanno
capito in noi hanno l'alternativa
per combattere le troppe
diseguaglianze». (ua)
Di Maio
sente la vittoria: la Sardegna è tutta con noi
di Umberto Aime
CAGLIARI
Millecinquecento sardi in sala, il
salone della Fiera è pieno, c'è
gente arrivata da Sassari e Porto
Torres, sindaco compreso. Sold out,
i ritardatari restano in piedi. Il
primo saluto di Luigi Di Maio dal
palco è però per la terza fila: «Lì
ci sono seduti alcuni miei
concittadini di Pomigliano d'Arco,
mi seguono dovunque». Anche nella
sua seconda volta in Sardegna, dopo
poche settimane dalla prima, per
la campagna elettorale di
febbraio-marzo.
La platea, caricata a molla
dal coordinantore regionale dei
Cinque stelle, Mario Puddu, e da un
po' di candidati alle Politiche,
vuol sentire parlare subito della
«nostra terra», e lui ha la slide
pronta con annessa un'orazione più
passionale del solito. «Siete
meravigliosi, bellissimi», dice dopo
aver indicato una cartina di un
giallo più o meno intenso. «Vi
ringrazio. Vedete, la Sardegna è
tutta gialla. È il colore del nostro
Movimento. Lo dicono i sondaggi, gli
altri partiti non ci sono
nemmeno». Per andare in crescendo:
«Anche il 4 marzo vi voglio così:
gialli. Tutti per il nostro, il
vostro Movimento». Le ultime
intenzioni di voto danno ragione
eccome al capo politico e
candidato-premier dei Cinque stelle.
Qui, stando ai bookmaker, i
grillini sono in testa nei sei
collegi uninominali per la Camera,
anche se qualcosa d'importante
l'avrebbero persa nell'ultima settimana
dopo il caos dei rimborsi
parlamentari fantasma - di cui accennerà
solo con questa frase: «Noi chi
sbaglia lo mettiamo alla porta, gli
altri se lo tengono in casa o peggio
se lo portano dentro» - e
sarebbero messi bene anche nella
corsa per il Senato. Dunque, Di Maio
gioca in casa, con il suo solito tono
che è un continuo saliscendi fra
note medie e altre basse.
Non grida, lui parla, anche se sulla
Sardegna dirà poco nell'ora
abbondante di comizio. Si gode la colonna
sonora rock scelta dallo Staff e
l'ovazione spontanea che lo accoglie:
è un ingresso da star, con il
passaggio fra chi si alza in piedi,
sventola bandiere e prova a
toccarlo. In sala ci sono moltissimi
giovani, poi chi ha superato i
cinquanta, tanti, e i sessanta anche,
più intere famiglie. È proprio la
varietà del mondo pentastellato a
colpire. Il «nostro popolo - dice
dopo la premessa - è formato da ogni
strato sociale. Perché la sinistra
ha tradito gli operai, Berlinguer e
Gramsci, mentre la destra le
imprese». Si sente, seppure non da solo,
«ricordate, ho bisogno di voi, i
cittadini», un salvatore della Patria
e lo dichiara, ma senza essere
arrogante: «Dopo il 4 marzo, in questo
Paese cambierà tutto e sarà così
grazie al vostro voto e al voto di
chi, in questi anni, ha disertato i
seggi per protesta ma presto
ritornerà a votare.
Noi tutti siamo la speranza
dell'Italia». Ha un
mazzetto di foglietti in mano, ma
gran parte del discorso è a braccio,
anche se ci sono le slide a
dettargli tempi e argomenti. «Lo sappiamo,
ormai siamo a un ballottaggio fra
noi e il centrodestra. Il Pd s'è
fatto fuori da solo. Per questo
siamo a un bivio. Non possiamo ridare
il via libera a una classe politica
che ha rubato il futuro alla mia
generazione (a luglio compirà 32
anni), a quella precedente e che
vorrebbe mettere all'angolo anche la
successiva. Basta, il nostro
domani è di nuovo nelle nostre
mani», mentre sul maxischermo scorre lo
slogan partecipa-scegli-cambia, e
nell'atrio continua ad accendersi
una sorta di bancomat al contrario:
raccoglie le offerte, carte di
credito comprese, e vai via con la
ricevuta.
Dentro gli applausi sono
continui, gli incitamenti anche.
Soprattutto quando parla d'
impresentabili e denuncia gli affari
sporchi nella «mia Terra dei
fuochi, la Campania», fino a
pretendere le dimissioni di qualunque
amministrazione «inquinata dalla
famiglia De Luca», il governatore
Vincenzo e figli, «Quelli che il Pd
difende e che fanno comodo anche a
Berlusconi». Su cui dirà: «È rimasto
lo stesso del 2001, capelli
ritrovati a parte, solo che questa
volta non può ricandidarsi e deve
scegliere. Ma non vuole Salvini e
neanche Giorgia Meloni. È chiaro a
tutti? Il centrodestra è
un'accozzaglia». Del Pd quasi neanche si
preoccupa: «Renzi, Gentiloni o
Minniti?
Sono uguali e sapete perché?
Perché ci hanno reso tutti infelici,
Gli unici felici sono loro che
continuiamo a snocciolare i dati di
una ripresa che non c'è». Della
Sardegna ritornerà a parlare sul
finire, quando farà la differenza fra
un'Europa che permette
l'esportazione delle bombe (dalla Rwm di
Domusnovas) ma «vi vieta di
esportare le eccellenze agroalimentari, o
vi rema contro nell'artigianato».
Di chi le colpe? Di «un'Europa
sbagliata così com'è, non c'è
dubbio, ma soprattutto dei governi che
mai l'hanno difesa. Con noi,
tranquilli, questo non accadrà». Poco
prima aveva elencato i punti forti
del programma: dal reddito di
cittadinanza alla pensione minima,
dai benefit alle aziende che
assumono alle 400 leggi da tagliare
nei primi 100 giorni di governo.
«Perché anche grazie a una Sardegna
tutta gialla, i 5 stelle non solo
continueranno a essere il primo
partito, ma diventeranno un movimento
popolare di governo». Con la lista
dei ministri, annunciata, «anche se
sono scaramantico», alla vigilia del
4 marzo. Ci sarà un sardo nella
squadra? Chissà, bisognerà vedere se
la riconoscenza è fra i pregi di
chi, con molto anticipo, si dice
ormai quasi certo della vittoria.
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Federico
Marini
skype:
federico1970ca
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