C’è una questione che appare frequentemente nei commenti del
mondo indipendentista e della quale bisognerebbe discutere con equilibrio.
Anzi, una doppia questione: partecipazione democratica e leadership. Che spesso
vengono contrapposte in un duro bipolarismo, dimenticando quanto sarebbe utile
armonizzarle per la crescita del nostro ambiente. Siamo tutti per la
partecipazione democratica. Che significa militanza di base e possibilità di
influire sulle decisioni dei vertici delle nostre associazioni, partiti,
alleanze.
Spesso purtroppo il desiderio di partecipare si ferma alla
volontà di esprimersi su Facebook: è per tale motivo che poi, in strada, ci
troviamo in così pochi. Ma questa tendenza va comunque coltivata, favorita,
espressa. Non c’è altro modo per farla crescere.
Naturalmente, perché si senta incoraggiato, a chi vuole
partecipare bisogna dare movimenti trasparenti e veramente democratici. In
altre parole, le decisioni non devono essere preconfezionate, la base deve
essere equamente rappresentata in alto, i vertici devono lasciare
periodicamente il passo al ricambio.
Altrimenti, i “partecipanti” diventano solo massa di manovra
e abbellimento retorico. Sfido chiunque a dire che non abbiamo bisogno di
leader decenti. Non ho nessuna intenzione d’idealizzare il leader, ma non
capisco nemmeno perché dobbiamo arrenderci a cattive esperienze passate. Ci
servono uomini e donne che sappiano fare sintesi, indicare una linea senza
imporla, aiutare tutti a praticarla nella mediazione.
Capaci di dialogare senza alzare troppo la voce, affidabili
per gli amici e per gli avversari, decisi, aperti al possibile e pronti al
cambiamento. Leader di questa stoffa non sono più “capi”, ma “primi tra pari”.
E non sono solo utili. Ne abbiamo grande necessità.
Esattamente come abbiamo bisogno di militanti che non si
scoraggino alle difficoltà, credano nel progetto, si riconoscano nell’idea
comune e perseverino, dandosi una mano l’un l’altro. D’altronde, militanti e
leader vengono fuori dalla stessa terra. Possono maturare i primi, possono
maturare i secondi. Partecipazione democratica e leadership non sono cose
astratte. È inutile farci del moralismo sopra.
È nocivo additare il
movimentismo come un pericolo tale quale. Non è vero: dobbiamo molte delle
conquiste di cui godiamo a gente che ha avuto il coraggio di farsi prendere a
randellate dai tutori della legge. È stupido gridare al fascismo ogni volta che
spunta un leader appena un po’ ruvido: l’educazione di un leader può durare
decenni e bisogna lasciargli almeno il tempo di mostrare cosa sa fare. Partecipazione democratica e leadership sono entrambe
indispensabili. Fingere di non accorgersene ci impedirà di progredire.
Di Maurizio Onnis.
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