«La
sanità sarda è malata» Il grido di dolore dei territori I sindacati: l'Ats ha
creato solo danni. Moriconi (Pd): ora gli Stati generali
Due casi ai confini della realtà, ad
esempio, uno a nord l'altro a sud dell'Isola. A Tempio il sindaco manda la polizia
all'ospedale Paolo Dettori e ordina alla Assl di «ripristinare immediatamente
le attività connesse alla sala operatoria e blocco parto», e garantire
«ricoveri e piene prestazioni sanitarie come da
legge». Nel Sarrabus Gerrei, l'Unione dei Comuni chiede di riportare il San
Marcellino alla piena operatività, h24, insomma, che venga restituito a
residenti e turisti tutto quello che è stato chiuso, e minaccia di denunciare
la Regione.
LA DENUNCIA «Mi chiedo: se non c'è
nessuno contento, per chi la stanno facendo questa riforma?», dice Pietro
Borrotzu, parroco alla Beata Maria Gabriella di Nuoro, accanto al carcere di
Badu 'e carros. «Non stanno dando risposte a nessuno, parlate con chiunque, se
non è uno yes man dell'assessore vi dirà che la sanità in Sardegna è gravemente
malata. Le cose non stanno funzionando, dottori, infermieri, pazienti,
amministratori locali sono sconcertati. Provate a prenotare una visita, vi
diranno che dovrete aspettare a lungo, se invece decidete di pagare, con lo
stesso medico, le file si accorciano come per incanto».
IL PROGETTO AGENAS A novembre scorso
è partito anche nell'Isola un progetto dell'Agenas per la “valutazione
partecipata del grado di umanizzazione delle cure”, un monitoraggio delle
strutture ospedaliere fatto da osservatori e operatori per evidenziare quello
che non va: i sopralluoghi sono terminati, la relazione è stata inviata, i
risultati saranno resi noti in un convegno a giugno, ma alcune informazioni
trapelano: il voto medio degli ospedali sardi non raggiunge la sufficienza. Una
conferma dell'indagine dell'istituto Demoskopica pubblicata tre settimane fa:
il grado di soddisfazione è del 30,5%, il punteggio di 32,5, cioè neppure un
sardo su tre promuove il sistema. E ancora: è vero - come ha certificato anche
la Corte dei conti - che il “rosso” diminuisce leggermente, ma è anche vero che
nei giorni scorsi la Giunta ha evidenziato per Ats, Aou Cagliari e Sassari e
Brotzu, un disavanzo presunto per il 2018 di 253 milioni 434 mila 385 euro
(«perdite da ridefinire», sottolinea l'assessore Luigi Arru»).
I SINDACATI «Le notizie che ci
arrivano da tutti i territori ci rimandano una sanità sempre più impoverita,
che rischia seriamente il tracollo», dice Roberta Gessa, segretaria generale Fp
Cgil, «la nostra richiesta di riorganizzare e incrementare i servizi
territoriali è rimasta lettera morta. La creazione
dell'Ats ha aumentato le criticità già esistenti, reso il governo dei processi
organizzativi caotico, ridotto la qualità e l'offerta dei servizi agli utenti.
Sembra che si registri un risparmio di spesa, se fosse vero invitiamo la
politica a riflettere sul prezzo che stanno pagando cittadini e lavoratori».
Davide Paderi, segretario Cisl Fp,
avverte: «Del mega piano di assunzioni annunciato, se va bene inizieremo a vedere
gli effetti tra molti mesi. I sardi la riforma l'hanno sentita eccome, ma
negativamente, chi prima aveva un servizio entro 20 chilometri da casa, ora o
non ce l'ha più o ce l'ha a 60 chilometri, e questo vale nel Sulcis, in
Gallura, a Sassari, in Barbagia. Sono stati fatti i tagli senza avere un
modello alternativo». Dice Fulvia Murru, segretaria Uil Fpl: «L'Ats è stato un
grosso errore, ha portato solo confusione e disorganizzazione, inoltre stanno
continuando a svuotare gli ospedali delle zone disagiate senza dare nessuna
alternativa alla gente».
DAL CONSIGLIO Marco Tedde,
consigliere regionale di Forza Italia, critico su ogni singolo punto, chiede:
«Dov'è andato a finire il piano di riorganizzazione ospedaliera? Perché è fermo
al ministero? Perché la Sardegna non può agire in autonomia e invece deve
applicare riforme progettate per altre regioni?». Raimondo Perra, presidente
della Commissione regionale Sanità ammette: «Sono preoccupato, il piano della
rete ospedaliera è al ministero, che sta facendo valutazioni, ma i tempi si
stanno allungando. Non ci dovrebbero essere grandi ostacoli, però non
conosciamo i contenuti delle interlocuzioni dell'assessorato con Roma».
LA PROPOSTA Sottolinea Cesare
Moriconi, consigliere regionale del Pd: «Tra i cittadini-utenti e gli operatori
del mondo della sanità serpeggia disagio, manifestato anche con diverse forme
di protesta. Sarebbe un gravissimo errore politico far finta di niente. Sarebbe
utile e opportuna la convocazione degli Stati generali della sanità: consiglieri
regionali, sindaci, sindacati, associazioni, riuniti per analizzare le
disfunzioni. E se dovesse emergere la necessità di correttivi, anche di
carattere normativo, abbiamo il dovere di intervenire immediatamente».
Cristina Cossu
La
Nuova
«Sindaci,
il partito non c'è Ma ci hanno lasciato soli»
Emiliano
Deiana: il 5 maggio un incontro come altri tra amministratori
La
politica ha smesso di dare risposte, noi siamo gli unici che ci
mettono
la faccia
di Luca Rojch
SASSARI
La trincea è il loro quotidiano. Per
fare il sindaco serve una certa
vocazione al martirio. Il sicuro
trampolino politico del passato oggi
assicura un tuffo nel vuoto. Senza
risorse, tartassati dallo Stato,
abbandonati dalle istituzioni. Senza
scuole, uffici postali, caserme,
servizi. I sindaci devono cercare di
sopravvivere alla rivolta delle
comunità, ai nuovi tagli che
arrivano dal governo, alle tempeste delle
loro maggioranze sempre più inquiete
e magmatiche. Emiliano Deiana
conosce in modo perfetto la
solitudine dei sindaci. Prima di essere
presidente dell'Anci è primo
cittadino di Bortigiadas. Concentrato
perfetto delle emergenze: piccolo
centro a rischio spopolamento che
lotta per conservare residenti,
servizi e qualità della vita.«È vero
fare il sindaco è diventato sempre
più complicato - spiega -.
Spesso ci troviamo da soli davanti
alle emergenze quotidiane che portano i
cittadini».Da tribù a partito. Cani
sciolti, spesso arroccati nei loro
fortini, nelle piccole monarchie
cittadine, per decenni i sindaci
hanno vissuto come monadi. Chiusi
nel loro campanilismo. Ma la grande
crisi ha avuto un effetto
dirompente. In poco tempo sono diventati re
del nulla. Monarchi di regni dai
forzieri vuoti. L'ostilità è
diventata collaborazione. I sindaci
si sono ritrovati a condividere le
stesse difficoltà. Il rapporto si è
cementato. «Ma nessuno parli di
partito dei sindaci - dice Deiana -.
Io ho un ruolo istituzionale. Li
rappresento come presidente
dell'Anci. So quali sono le emergenze, ma
qualcuno sostiene che si stia
formando un partito trasversale fatto da
sindaci. Non è vero. O almeno non
sono di certo io che lo sto creando.
Questo non significa che qualcuno
possa farlo. Ma secondo me il
ragionamento deve essere differente.
Prendiamo le ultime tre
legislature, gli ultimi 10 anni. C'è
stato un attacco incommensurabile
verso i territori e le autonomie. Si
è tagliato tutto. E lo hanno
fatto tutti i partiti. Compresi i 5
Stelle che hanno presentato una
proposta di legge per accorpare
tutti i comuni sotto i 5 mila
abitanti. Pensate a cosa accadrebbe
in Sardegna.
Tra i sindaci si è
rinsaldato un sentire comune.
Rinforzato dal taglio indiscriminato
attuato da tutti i governi.
Berlusconi, Monti, Letta. Gentiloni e
Renzi hanno allentato per un solo
motivo. Non c'era più nulla da
tagliare. Tecnicamente il partito
dei sindaci non può esistere. Quando
finisci il mandato ti dimetti? Se
non sei sindaco non puoi farne
parte? Ma è chiaro che i partiti
così come sono non riescono a a
rispondere alle esigenze dei
sindaci. O si riformano, o cambiano pelle
o rischiano di venire superati da
chi sceglie di
autorappresentarsi».Il partito dei
sindaci.
Deiana lo esclude, ma i
sindaci sembrano sempre più trovare
una linea comune. E alcuni dei
motivi li spiega lo stesso
presidente dell'Anci. «La crisi economica e
politica ha avvicinato molto i primi
cittadini tra loro e li ha
allontanati dai partiti. Basta una
banale osservazione. Nel 2011 l'80
per cento dei sindaci aveva una
tessera di partito in tasca. Oggi l'80
per cento non la ha. Questo non è un
giudizio di merito, ma una
constatazione. I partiti li hanno
esclusi, hanno smesso di
rappresentare le comunità
locali».Ottana. Il simbolo del disagio e di
una certa unità dei sindaci è il
caso Ottana. Al di là dell'iniziativa
del Partito dei Sardi si è vista una
certa unità dei sindaci. «Gli
egoismi sono stati lasciati da parte
- dice Deiana -.
Da tempo ci
sostituiamo con un ruolo politico
nei territori a una funzione che
dovrebbe essere di partito». Il 5
maggio. In altre parole il partito
dei sindaci non esiste, per ora, e
Deiana non lavora per crearlo. Anzi
vuole anche dare un'interpretazione
autentica del confronto che ci
sarà il 5 maggio a Tempio tra alcuni
primi cittadini: Massimo Zedda
sindaco, Cagliari, Andrea Soddu,
Nuoro, Carla Medau, Pula, Daniela
Falconi, Fonni, Marisa Careddu,
Luras, Roberto Ragnedda, Arzachena.
Oltre allo stesso Deiana. «Questo
non è un vertice per varare il
partito dei sindaci - spiega -, ma
uno dei tanti incontri in cui si
discute di temi comuni agli
amministratori. Un convegno promosso dal
circolo culturale Don Primo
Mazzolari.
Mi chiedo perché si cerchi di
dargli una valenza che non ha». Il
partito dei sindaci per ora sembra
essere un prodotto della fantasia, o
forse un'anticipazione spinta da
un elettorato in crisi di
rappresentatività. Perché i sindaci sono
quelli che mettono la faccia davanti
alle emergenze. Protestano con
Regione e Stato, cercano soluzioni.
Pd. Deiana parla anche del suo
partito, il Pd. «Non ho mai fatto
parte di nessuna corrente perché
penso che limiti le persone. E credo
che il partito debba discutere
nei luoghi deputati. La realtà è che
il Pd è ancora incartato dallo
scontro del 2007 tra Soru e Cabras,
e che sia fermo all'ascesa e
caduta di Soru del 2004-2009.
Ma il mondo è andato avanti. Come
può
capire un simile stallo un ragazzo
che oggi ha 20 anni? O ci
rivolgiamo ai giovani o il Pd è
destinato a scomparire». Il lato
positivo. Ma Deiana non si limita a
criticare. Elogia lo sforzo della
Regione per strumenti come il Reis o
l'iniziativa di Lavoras. «Certo
sono tutti perfettibili, ma sono una
risposta. Due anni fa erano
disponibili 43 milioni, oggi sono
90. È chiaro che non è la soluzione,
ma è la partenza di uno stato
sociale che in Sardegna è
indispensabile. La Regione si mostra
attiva, si impegna. E questo va
riconosciuto. Anche perché
l'intervento di Lavoras non è diretto solo
ai privati, ma anche alle imprese.
Si aiuta in modo concreto il
tessuto produttivo».
Maninchedda
sul blog: con Pigliaru abbiamo discusso solo di Ottana. E
ora stop
ai vertici a Villa Devoto
Il leader
Pds: non ho parlato di politica
CAGLIARI
Si è parlato solo di crisi
industriale del centro Sardegna, le
questioni della maggioranza sono
rimaste fuori dall'incontro tra il
governatore Francesco Pigliaru e il
leader del Partito dei sardi,
Paolo Maninchedda. È lo stesso ex
assessore ai Lavori pubblici a
"smentire" il contenuto
del colloquio avuto due giorni fa a Villa
Devoto. Un faccia a faccia che
arrivava dopo mesi di turbolenze tra il
centrosinistra e appunto il Partito
dei sardi, componente fortemente
critico della maggioranza. Ma che, a
quanto dice il segretario, non ha
avuto alcun risvolto chiarificatore.
«Smentisco che il colloquio
informale avuto con il presidente
della Regione abbia avuto contenuto
politico - ha scritto Maninchedda
sul suo blog Sardegna e libertà -.
Si è parlato delle misure anticrisi
a Ottana, punto».
In particolare
il confronto ha riguardato
l'emergenza reddito nei paesi che insistono
sull'area industriale e in tutta la
Sardegna centrale. Cose che da
fare subito, dunque. Primi passi da
mettere in campo a beneficio delle
aree del Nuorese, come le misure di
Lavoras, il piano da 128 milioni
di euro varato dalla giunta: per
Ottana, che negli ultimi 15 anni ha
perso 3.500 posti di lavoro, ci sono
a disposizione 126mila euro che
consentiranno al Comune di assumere
nei cantieri per otto mesi una
decina di disoccupati. Altro
strumento utile per far fronte
all'emergenza è la richiesta da
presentare al governo per il
riconoscimento di Ottana come area
di crisi complessa.
Poi il reddito
di cittadinanza nazionale, Rei, e
quello regionale, Reis. Di altro,
giura Maninchedda, non si è parlato.
«Il nostro progetto era e rimane
ciò che abbiamo annunciato a Ottana:
prima uniti sugli interessi
nazionali dei sardi, poi diversi per
impostazioni culturali. Noi
costruiamo la Convergenza nazionale,
un progetto di unità dei sardi
rispetto al quale ogni formula
politica attuale appare insufficiente.
Siamo interessati a processi
popolari e trasversali, non ad accordi di
vertice. Non verremo mai fatti
prigionieri da prospettive politiche
anguste. Dato l'equivoco creatosi -
conclude il leader del Partito dei
sardi -, non parteciperò più a
riunioni a Villa Devoto». (al.pi.)
Unione
Sarda
No al M5S, si mobilita anche Renzi
L'ex leader Pd “consulta” i militanti in piazza.
E Berlusconi paragona
i grillini a Hitler
Maurizio Martina ci vuole provare:
«Credo che questa sfida vada
accettata», dice il reggente del Pd
parlando a Porta a porta delle
trattative sul governo. «Il Pd deve
giocare all'attacco e sfidare il
M5S per capire come fare cose utili
per l'Italia».
Ma gran parte del partito non ci
sta, e in particolare Matteo Renzi.
Ieri l'ex segretario ha condotto una
sorta di sondaggio sul campo,
chiedendo ai passanti in piazza a
Firenze se fossero favorevoli a un
accordo Pd-pentastellati. E ha
ricevuto una valanga di no. Ribadito da
molti big: il ministro Carlo
Calenda, fresco di tesseramento dopo la
sconfitta elettorale, minaccia di
uscire subito dal suo nuovo partito
in caso di intesa con il M5S.
Martina non vuole spaccare il
partito: «So che la disponibilità a
discutere col M5S ha un prezzo»,
aggiunge parlando con Vespa, «Tanti
per la strada mi dicono di fare
l'accordo e tanti mi dicono di no. In
questo passaggio c'è bisogno del
contributo di tutti nel partito,
anche di Renzi. Non mi sognerei mai
di farlo da solo». Con l'ex
segretario, assicura, il contatto è
continuo.
BERLUSCONI Anche nel centrodestra
però ci sono tensioni. Berlusconi
dal Friuli scatena la polemica con
una frase che sembra paragonare i
5Stelle a Hitler. Poi precisa di
aver solo riportato la frase di un
militante, che davanti al M5S
vincente gli aveva detto di sentirsi
«come gli ebrei davanti a Hitler».
La precisazione non basta a placare
l'ira di Matteo Salvini, che
definisce la frase di Berlusconi
«una sciocchezza». Gli replica Renato
Brunetta: «Com'era una sciocchezza
l'annuncio di Salvini di una
“passeggiata su Roma” in caso di
governo senza il centrodestra».
Oggi intanto Roberto Fico riprenderà
le consultazioni, incontrando il
Pd alle 11 e il M5S alle 13. Ieri il
presidente della Camera ha fatto
sapere che per ragioni di sicurezza
rinuncerà a spostarsi a piedi tra
i palazzi della politica, come ha
fatto ultimamente, e si rassegnerà
all'uso dell'auto con la scorta.
Migranti,
rotta sulla Sardegna
La
Regione: «Il Cpr di Macomer sarà un deterrente». Cappellacci: «Stop
ai
clandestini»
Riprendono
gli sbarchi degli algerini: quasi 50 in pochi giorni
Certo, i numeri non sono quelli
dello scorso anno, quando in 12 mesi
arrivarono 1.936 immigrati a bordo
dei barchini (quasi tutti
algerini): da gennaio a oggi sono
arrivate appena 211 persone. Di
queste, 46 sono sbarcate nelle coste
del Sulcis negli ultimi cinque
giorni. Segno che - anche se in
proporzioni minori - il traffico tra
Algeria e Sardegna è in ripresa.
IL DETERRENTE «È un canale illegale
e va stroncato», dice senza
esitare Filippo Spanu, assessore
regionale agli Affari generali. Ora
gli algerini sanno che dopo
l'identificazione nel centro di Monastir e
il foglio di via (che lo obbliga a
lasciare l'Italia entro sette
giorni) possono sparire, magari a
bordo di un traghetto diretto nella
Penisola. Ma entro l'anno la Regione
conta di scoraggiare gli arrivi
con l'inaugurazione del Cpr (Centro
di permanenza e rimpatri) di
Macomer: «Sarà operativo in sei
mesi, otto al massimo», spiega Spanu.
Qui i migranti irregolari verranno
ospitati e controllati fino al
ritorno in patria, che dovrebbe
avvenire entro 90 giorni.
LE TRATTATIVE Poi si lavora anche
sull'altra sponda del Mediterraneo.
«Insieme al ministero dell'Interno
stiamo mandando avanti degli
accordi di cooperazione con la
regione di Hannaba, da dove partono i
migranti algerini. Il governo
nordafricano ha istituto il reato di
emigrazione clandestina: il calo
degli sbarchi negli ultimi mesi
potrebbe essere legato anche a
questo», dice l'assessore agli Affari
generali
L'ACCOGLIENZA Rappresentano un
capitolo a parte, invece, i migranti
che hanno richiesto asilo politico.
Nell'Isola sono 4.146, ospitati in
143 centri di accoglienza straordinaria.
Di questi, una parte seguirà
i programmi di integrazione già
attivi. Nelle ultime settimane sono
stati firmati contratti a Sarule,
Villanovaforru, Iglesias. I
rifugiati partecipano a piccoli
progetti legati ai servizi pubblici
(dalle pulizie nei centri urbani
all'assistenza di altri migranti),
secondo quel modello di accogleinza
«diffuso ed equilibrato», messo in
piedi «facendo tesoro delle
esperienze di altri territori che si
trovano nelle nostre stesse
condizioni», spiega Spanu, che lunedì è
intervenuto a Bruxelles nella sede
del Comitato delle Regioni in una
conferenza sul tema “Migrazione e
asilo”. All'incontro, organizzato
dal Comitato europeo delle Regioni,
dalla Conferenza delle Regioni
periferiche marittime e dalla
Regione greca dell'Attica, hanno preso
parte rappresentanti di Italia,
Spagna, Svezia e Grecia.
L'ATTACCO Ma gli ultimi sbarchi
hanno riaperto lo scontro tra
maggioranza e opposizione sul tema
dei migranti: «Occorre bloccare la
rotta dei clandestini», attacca il
deputato e coordinatore regionale
di Forza Italia Ugo Cappellacci, «e
approvare al più presto delle
disposizioni che rendano effettivi,
non più solamente teorici, i
rimpatri».
Nel mirino dell'ex governatore c'è
il modello di assistenza ai
migranti messo in piedi negli ultimi
anni: «La politica del
centrosinistra anziché governare e
arginare il fenomeno ha generato
un'accoglienza che è sempre meno
umanitaria ed è sempre più un
business per soggetti bene
individuati o bene individuabili.
L'auspicio è che» a livello
nazionale, «nasca un governo orientato a
superare questa logica, a bloccare
l'immigrazione clandestina e ad
aiutare chi veramente ha bisogno nel
suo paese», conclude Cappellacci.
I MORTI Intanto si contano già i
primi morti: nei giorni scorsi sono
stati 11 i migranti annegati in mare
dopo che avevano cercato di
lasciare la Libia. Sono 1.361 gli
stranieri soccorsi in mare negli
ultimi giorni da tre navi umanitarie
e delle imbarcazioni militari
della missione europea Eunavformed,
coordinate dalla sala operativa
della Guardia Costiera italiana.
Michele Ruffi
Melis:
«Affossati per il Mater Olbia»
Intervista
a Gian Benedetto Melis
« La Regione ha voluto punire
l'azienda ospedaliero-universitaria di
Cagliari e centinaia di pazienti. La
penalizzazione è sotto gli occhi
di tutti». Gian Benedetto Melis,
direttore del dipartimento integrato
materno-infantile, scandisce le
parole al centro dell'ufficio inondato
di sole, terzo piano del policlinico
di Monserrato affacciato su
giardini malconci. Mentre sgancia il
siluro è consapevole di aprire un
fronte politico: «È stata fatta una
scelta sbagliata e contro la
legge».
Settant'anni e millecentoventitré
pubblicazioni scientifiche
conteggiate nel curriculum, sferra
l'attacco senza sollevare la voce
di mezzo tono: «Nonostante le norme
prevedano che le Aziende
universitarie siano il riferimento
per tutte le attività connesse con
l'urgenza-emergenza, quella di
Cagliari è stata esclusa. Questa scelta
improvvida ha provocato un
grandissimo problema all'Ostetricia, ai
punti nascita. Il nostro è quello
che ha il maggior numero di parti in
Sardegna, ha superato i
millesettecento, a livello nazionale viene
considerato un hub, come quello di
Sassari. Ma - siccome hanno
attribuito al policlinico solo il
primo livello - anche la clinica
ostetrica ufficialmente è
considerata due gradini sotto quello che in
realtà è il potenziale espresso
quotidianamente».
Chiede una deroga?
«È doverosa. La Regione ha
dimenticato di chiarire che il riferimento
obbligatorio per le emergenze
ostetriche è la nostra clinica. Un
errore grave che getta alle ortiche
un patrimonio di esperienza e
professionalità».
Gli effetti del vostro
declassamento?
«C'è una legge nazionale
sintetizzata nell'accordo Stato-Regione del
16 dicembre 2010 che riconosce il
nostro ruolo. Stranamente non se ne
fa cenno nel Piano. C'è il mancato
riconoscimento di ciò che facciamo
anche per l'oncologia ginecologica.
Eravamo sede dello screening dei
tumori di colon, collo dell'utero e
mammella. Non sappiamo per quale
ragione siamo stati cancellati».
Chi se ne occuperà?
«L'Ats ha deciso che gli screening
devono essere effettuati dal Centro
donna del Binaghi. Con costi
aggiuntivi da non credere».
Un complotto contro l'Aou di
Cagliari?
«Sto ai fatti. Il Piano non parla
delle reti oncologiche preesistenti.
Nelle tante dichiarazioni pubbliche
l'assessore regionale alla Sanità
Luigi Arru non ha mai citato gli
ospedali universitari di Sassari e
Cagliari, che da anni hanno
istituzionalizzato percorsi di ginecologia
oncologica di ottimo livello».
Un esempio?
«Il nostro ospedale ha una
collaborazione con l'Oncologia del Businco
e la clinica ginecologica di
Sassari: con il professor Salvatore
Dessole e il dottor Antonio Macciò
lavoriamo assieme. Come nei loro
ospedali, anche nel nostro esiste
una commissione che analizza ogni
caso di tumore scegliendo per
ciascuno il tipo di trattamento, la
terapia chirurgica e quella medica,
gli esami post intervento.
Facciamo riunioni quindicinali con
l'anatomopatologo Gavino Faa,
l'oncologo Mario Scartozzi, il
radiologo Luca Saba, i colleghi che si
occupano della radioterapia al
Businco. Abbiamo un centro che si
occupa del cancro alle ovaie e non
ha ottenuto alcun riconoscimento.
Andiamo avanti solo per le nostre
pazienti».
Quante?
«Il numero può variare in base a
come vengono classificati i casi
oncologici trattati».
Cioè?
«I tumori per i quali c'è la
necessità di interventi chirurgici
importanti sono ottanta-novanta
l'anno, ma arriviamo ad oltre
centocinquanta considerando le donne
che si rivolgono a noi con una
diagnosi iniziale di carcinoma al
collo dell'utero».
Il disegno della Regione?
«Plasmare la sensazione di
arretratezza sino a trasformarla in una
necessità impellente di nuovi
centri, quasi un passo indifferibile.
Nel frattempo non esiste neppure un
registro dei pazienti oncologici
che fornirebbe dati importanti».
Forse servono nuovi centri perché
voi non avete i requisiti di legge
per essere giudicati un hub.
«Li abbiamo tutti, e infatti siamo
già hub. Però è evidente che è
stata costruita a tavolino l'urgenza
di un polo oncologico al Mater
Olbia. Non un ospedale pubblico ma
privato con forti interessi del
policlinico Gemelli e della
Fondazione Qatar».
La Regione favorisce il Mater Olbia?
«Per quanto riguarda la ginecologia
non c'è di certo bisogno di
novità. Sarebbe più vantaggiosa e
produttiva una campagna di tutela e
rinforzo dei centri che già operano
con risultati verificabili».
Cosa pensano i colleghi
dell'Oncologico e della clinica universitaria
di Sassari?
«Sono d'accordo con questa
interpretazione. All'Oncologico, per dirne
una, a fronte di una richiesta di
ampliamento dell'attività non si
risponde in alcun modo con il
miglioramento della struttura. Invece la
situazione sta peggiorando per
potenzialità, liste d'attesa e
percorsi».
La Regione punta a evitare le
trasferte oltre Tirreno dei pazienti.
«In realtà sta completando un
percorso discusso con nessuno che non
avrà alcun ruolo nel ridurre i
viaggi della speranza. Temo che sia una
situazione simile a quando il
progetto della clinica di Olbia era
sotto l'ombrello del San Raffaele e
avrebbe dovuto avere perlopiù la
funzione di anticamera del più
celebre ospedale lombardo».
In che senso?
«Una volta visitati i malati a
Olbia, sarebbe stato più facile
suggerire controlli più approfonditi
da eseguire al San Raffaele di
Milano».
Ne ha parlato con l'assessore Arru?
«L'ho incontrato solo come
presidente regionale del Comitato nascite».
Forse non sa esattamente ciò che
fate.
«Chi decide conosce per filo e per
segno la nostra attività».
Sicuro?
«Francesco Pigliaru e Raffaele Paci,
presidente della Regione e vice,
sono ex professori universitari. Il
primo è stato responsabile della
commissione Ricerca scientifica
dell'ateneo cagliaritano. Sa che siamo
un punto di riferimento nazionale e
internazionale. La ginecologia in
Sardegna, tutta la ginecologia, è di
ottimo livello. È una delle
discipline che scientificamente
produce di più. Quale interesse spinge
a fare scelte che appaiono
irrazionali? Mistero. Di sicuro non ci
hanno chiesto un contributo di
idee».
Eppure c'è chi sostiene che la
Regione abbia premiato il policlinico
penalizzando gli altri ospedali.
«Un'emerita stupidaggine. L'ho
sentita dire anche al presidente della
commissione regionale sanità e mi
sono meravigliato».
L'Ats è...?
«Inutile e dannosa. Non si capisce a
cosa serva un'unica, gigantesca
Asl. Si rischia di non entrare più
nel dettaglio, nell'analisi delle
varie situazioni. È questa la sanità
che vogliamo? Penso di no».
MONSERRATO.
Crisi, nuovo scossone: i due Riformatori lasciano la maggioranza
«Il
sindaco Locci ci ha tradito: voteremo contro il bilancio»
Dimissioni, uscita dal partito ed
ennesimo attacco al sindaco Tomaso
Locci che, a questo punto, sembra
non avere più una maggioranza per
continuare a governare Monserrato.
«Mi dimetto dalla carica di
vicepresidente del Consiglio
comunale e da capogruppo dei Riformatori
- spiega la consigliera Valentina
Picciau in una lettera inviata al
sindaco - e insieme al collega
Salvatore Zuddas passiamo al gruppo
misto, non trovandoci in sintonia
con l'operato del partito riguardo
le questioni locali. Questo anche
per sottolineare che non siamo
attaccati alle poltrone: il nostro
scopo era dare il vero slancio
all'amministrazione di Monserrato
senza rivendicare alcun ruolo per
noi».
L'ATTACCO Nella lettera un lungo
attacco al sindaco: «Ha
strumentalizzato le nostre critiche
di qualche settimana fa per
rassegnare le dimissioni convinto
che lo portassero al voto di
giugno», scrivono Picciau e Zuddas.
«In realtà ci ha considerato fuori
dalla maggioranza per scaricare su
di noi e sui cosiddetti “ribelli”
le responsabilità e lanciare con
queste sterili argomentazioni la sua
nuova campagna elettorale che
avrebbe previsto liste di automi e non
di persone pensanti».
LA CRISI E il riferimento è
all'uscita dalla coalizione dei
socialisti: «Ha ridotto la
maggioranza da 12 a 10 consiglieri quindi
non sufficienti per approvare il
bilancio, e di questo se ne deve
assumere la responsabilità -
precisano rivolgendosi al sindaco Locci -
L'indebolimento della coalizione nel
2017 ha aperto le porte
all'inciucio, fatto per il mero
mantenimento delle poltrone, in primis
quella del sindaco. Per non parlare
dell'ordine del giorno sulla
solidarietà ai consiglieri minacciati
di morte di cui ringraziamo la
minoranza e non di certo il sindaco
che non ha fatto nulla per
condannare questo vile atto. Anzi, a
poche ore dal rinvenimento delle
scritte, ha ulteriormente alzato i
toni durante una conferenza stampa
per l'inaugurazione del nuovo
asilo».
NO AL BILANCIO Poi il chiaro
annuncio di Picciau e Zuddas, neanche
tanto velato, sul loro “no” al
bilancio di previsione già votato in
Giunta ma mai portato in Consiglio
comunale per il via libera
definitivo. « Ci auguriamo - precisano
- che il sindaco trovi
miracolosamente altri volontari
disposti a garantirgli la poltrona che
tanto gelosamente ha voluto
custodire ritirando le dimissioni». Per i
due consiglieri non si tratta di un
tradimento nei confronti della
coalizione e del partito. «È il
sindaco che ha tradito noi non
rispettando il patto elettorale e il
programma stipulato», precisa
Picciau.
Federica Lai
IGLESIAS.
Intanto anche la civica “Ainnantis” guarda al centrosinistra
Piazza
Sella-Udc e Pd, l'alleanza (pare) possibile
Tutto è probabile, nulla ancora è
certo. Tra Piazza Sella-Udc e Pd
continuano le interlocuzioni in
vista di un allargamento della
coalizione di centrosinistra, ma nel
partito di cui è leader regionale
Giorgio Oppi c'è chi chiede segnali
concreti di apertura prima di
suggellare la nuova alleanza.
I CONTATTI A confermarlo è il
consigliere comunale Andrea Pilurzu, che
era stato indicato come possibile
candidato alla carica di sindaco,
prima che il centrodestra si
dividesse (con l'uscita di Forza Italia)
sul nome della giornalista Ilenia
Mura. «Personalmente sarei per
mantenere la nostra autonomia -
dichiara Pilurzu - ma con segnali
reali che manifestino la volontà di
convergere su tematiche di
fondamentale importanza, non avrei
difficoltà a far parte di
un'alleanza di centrosinistra. Del
resto, in Consiglio, mi è capitato
in più di una circostanza di votare
a favore di atti della
maggioranza: l'ho sempre fatto
nell'interesse della città e, con
quest'obiettivo, accetterei la
formazione di una coalizione ampia».
Per Andrea Pilurzu c'è un segnale
forte che potrebbe arrivare dal
centrosinistra e riguarda la Sanità:
«La difesa del laboratorio
analisi del Santa Barbara,
ridimensionato e parzialmente trasferito a
seguito del crollo avvenuto nelle
scorse settimane, sarebbe il primo.
Ci aspettiamo che il centrosinistra,
in testa il Pd, si adoperi con
determinazione per fare in modo che
il servizio riprenda in maniera
completa». Entro la settimana,
tuttavia, il gruppo Piazza Sella-Udc
dovrebbe ufficializzare la sua
decisione: ancora qualche giorno per
sapere se il matrimonio con il Pd è
possibile, oppure se è il caso
(eventualità non del tutto sfumata)
di proseguire il cammino con
Fratelli d'Italia «i cui
rappresentanti - tiene a precisare Pilurzu -
sono stati leali e pazienti durante
tutto il percorso fatto insieme».
LISTA AINNANTIS Intanto Giancarlo
Mameli, coordinatore della lista
“Ainnantis Iglesias”, ha diffuso una
nota con la quale approva
l'apertura del confronto con Pd e
alleati. «Occorre proporre alla
città un progetto non solo politico,
ma soprattutto di alta caratura
amministrativa - scrive - Se si
dovessero trovare linee programmatiche
convergenti, Ainnantis è disponibile
ad apportare il suo contributo di
politica identitaria. Nei prossimi
giorni chiederemo un incontro al
segretario del Pd».
CACCIARRU EX PCI Novità arrivano
dalla coalizione di Valentina Pistis,
in particolare da Alberto Cacciarru,
ormai ex Pci: «Continuo a stare
al fianco, e sostenere con
determinazione, il progetto della nostra
candidata. L'ingresso di Forza
Italia è dovuto alla condivisione di un
programma mirato a risolvere i
problemi della città: l'ideologia non
c'entra e ognuno conserva la sua».
Cinzia Simbula
La
Nuova
Un mare
di plastica rischia di soffocare i fondali dell'isola
In
Sardegna 59 rifiuti per ogni chilometro quadrato
La
ricerca su un'area che va da zero a meno 800 metri
di Antonello Palmas
CAGLIARI
Plastica e ancora plastica, in
quantità industriali: buste, taniche,
reti, bottiglie. Ma anche barili in
metallo, bottiglie. Una vista
sconfortante per chi ama l'ambiente.
Il fondo del mare usato come
discarica, anche quello bellissimo
della Sardegna. È quanto emerge (è
il caso di dire) dalla ricerca del
biologo marino Andrea Alvito per
conto dell'Università di Cagliari,
pubblicata sulla prestigiosa
rivista scientifica britannica Waste
management.
Trent'anni, di
Cagliari, Alvito ha terminato nel
2017 il dottorato di ricerca coi cui
fondi ha condotto lo studio e con
esso la collaborazione con l'ateneo,
ma è grande la soddisfazione per il
riconoscimento («postumo», scherza
lui) ai suoi sforzi.«Si tratta del
primo completo lavoro sul tema dei
rifiuti nei fondali marini in
Sardegna, in cui ci sono mappatura,
caratterizzazione, censimento e
distribuzione a una batimetria
(profondità) da 0 a 800 metri, dove
l'occhio normalmente non riesce ad
arrivare» spiega Alvito.
«È durato tre anni e ha suscitato
interesse
in parecchi comuni costieri, che mi
hanno contattato per saperne di
più sulle condizioni delle loro
aree, ma anche nei centri diving. C'è
grande attenzione sull'argomento,
anzi possiamo dire che si tratta
dell'unica "moda" di cui
sono contento».Andrea e altri studiosi hanno
compiuto il periplo dell'isola
effettuando tre anni di campionamenti,
dal 2013 al 2015, con partenza e
arrivo a Cagliari.
Grazie a un
accordo dell'Università con i
pescherecci, in periodo estivo («per
motivi di meteo, ma il mare grosso
l'abbiamo trovato lo stesso...»)
sono stati compiuti centinaia e
centinaia di rilevamenti con le reti a
strascico su fondali molli,
sabbiosi, quelli tipici dei territori di
pesca. Qualche anno fa l'Unione
europea aveva emanato la Marine
strategy framework directive, che
impegna tutti gli Stati a produrre
il maggior numero possibile di dati
su vari argomenti , tra i quali i
rifiuti marini inquinanti. La mia
ricerca è inserita in quest'ottica e
fa parte del lavoro compiuto dal
gruppo di ricerca di Angelo Cau,
allora direttore del dipartimento di
scienze dell'ambiente
dell'Università di Cagliari, che
comprendeva anche Andrea Bellodi,
Alessandro Cau, Davide Moccia,
Antonello Mulas, Francesco Palmas,
Paola Pesci, Maria Cristina
Follesa».
Le cale a strascico sono state
ripetute per tre anni per vedere
come variavano le quantità e le
tipologie di rifiuti. «Ciò che viene
fuori - dice Alvito - è che in un
confronto con altre regioni del
Mediterraneo in cui sono stati
compiuti studi analoghi, la Sardegna
è messa non dico bene, ma meno
peggio». Nei mari dell'isola ci sono
in media 59 oggetti per kmq,
contro ad esempio i 97 di Malta, i
913 dell'Adriatico, i 240 di Patras
(Grecia), i 179 del Portogallo. E
ciò nonostante le reti con maglie da
20 millimetri, le più strette
utilizzate in questo genere di studi.
Perché meno rifiuti? Probabilmente
per la minore densità abitativa
dell'isola e il fatto che i fiumi
maggiori siano solo Tirso e
Flumendosa, comunque dalla portata
inferiore rispetto ad esempio a
quelli del Continente ».
E i corsi d'acqua hanno un grande
ruolo nel
fenomeno. C'è poco da gioire, i
rifiuti ci sono comunque, e in gran
quantità. Le presenze maggiori si
segnalano al largo di Sant'Antioco:
l'area è nella fascia dai 571 ai 66
oggetti per kmq. La spiegazione
risiederebbe in una corrente che
costeggia l'isola da nord a sud
trasportando i rifiuti, in
particolare plastica leggera. Alta
concentrazione anche a sud di capo
Teulada (da 285 a 380), mentre
altre aree sono meno
"affollate" di oggetti (da 95 a 190 nel Golfo di
Cagliari, al largo del Sinis e di
Alghero, nel Golfo dell'Asinara, al
largo di Olbia, zona che però spicca
per la presenza di vetro. La
costa orientale da Olbia in giù ha
solo zone con 0-95 oggetti.
La plastica è una presenza preponderante, è il
60 per cento del materiale
pescato dalle reti, il 10% è
composto da vetro, il 9% da metallo, il
6% da tessuti, il 4& da legno,
il 2% da gomma, l'1% da cartone, l'8%
da altro materiale. Relativamente
alla plastica, il 35% sono buste, il
20 % bottiglie, il 19% contenitori
per alimenti, il 17% plastica dura,
il 9% materiale da pesca). «L'Ue a
partire da questa direttiva sta
facendo sempre più pressione perché
si elimini la plastica, che ha
tempi di degradazione di millenni e
in questo processo frantumandosi è
capace di entrare nelle reti
trofiche e quindi nella catena
alimentare, causando danni enormi -
dice il biologo - dagli anni 50 a
oggi è stata capace di invadere
l'ambiente. Sarebbe interessante uno
studio sulla provenienza delle
plastiche.
All'interno della mia tesi
del dottorato di ricerca si parla di
una campagna sperimentale che
riguarda cale a strascico su fondali
di quasi 2000 metri, lontani
dalle coste e si accerta la presenza
di quantitativi di plastica molto
superiori: evidente la
responsabilità di mercantili e navi da
crociera, che ripuliscono le stive
lontano da occhi indiscreti».
Che fare? «Sono i primi passi verso
la conoscenza del fenomeno - risponde
Alvito - ma si devono adottare
misure gestionali per affrontare il
problema. I danni all'ambiente si
ripercuotono sul turismo e in una
regione come la nostra non è
pensabile restare a guardare».
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Federico
Marini
skype:
federico1970ca
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