Scritte
contro il sindacato «Cisl complice della Rwm»
l'intimidazione
di Antonello Palmas
CAGLIARI
Sulle bombe in Yemen scoppia la
polemica: a far da detonatore alcune scritte ingiuriose contro la Cisl di
Cagliari, accusata di essere «complice della Rwm»: sono comparse due notti fa
di fronte alla sede principale a Cagliari, all'angolo tra via Ancona e via
Brescia. E la targa con il simbolo del sindacato sul palazzo di via Ancona è
stata imbrattata con alcuni spruzzi di vernice nera. La fabbrica di ordigni Rwm
di Domusnovas, di proprietà del gruppo tedesco Rheinmetall, è da diverso tempo
al centro di polemiche per l'esportazione di bombe che, secondo le denunce
pubbliche fatte da movimenti pacifisti e partiti indipendentisti, verrebbero utilizzate
nella guerra in Yemen.
Su questa ipotesi era stato
pubblicato anche un servizio sul New York Times che dimostrava come le armi
vendute ai sauditi erano le stesse utilizzate nel terribile conflitto yemenita.
Che il clima si stia scaldando lo conferma il fatto che qualche giorno prima
erano già apparse altre scritte con la vernice spray rossa, sui vetri esterni dell'aula
magna di Ingegneria, in quel caso contro Giacomo Cao, docente della facoltà e
presidente del Distretto aerospaziale della Sardegna: «Dass ricerca per la
guerra» e «Cao schiavo dei militari».
La reazione è stata immediata: la
Fit Cisl Sardegna sulla pagina Facebook della federazione trasporti del
sindacato sardo ha affermato di condannare il «grave atto intimidatorio cui è
stata oggetto, ancora una volta, la sede della Ust Cisl di Cagliari». E ancora:
«Respingiamo con forza tutti i tentativi di chi vuole fermare con le
intimidazioni e la violenza quanto tutti i giorni viene svolto dalla Cisl dai
suoi dirigenti e dagli operatori a favore dei lavoratori, dei giovani, dei pensionati
e delle famiglie di tutto il territorio».
Il segretario territoriale della
Cisl di Cagliari Mimmo Contu entra maggiormente nel merito del significato
politico dell'atto: «Penso che sia molto inappropriato dare responsabilità ai
lavoratori e ai sindacati: è un metodo che riteniamo scorretto e quanto di meno
democratico possa essere fatto. Il sindacato e i lavoratori difendono il
lavoro, lo hanno sempre fatto e sempre lo faranno.
Abbiamo già segnalato il fatto alle
autorità competenti e siamo preoccupati, perché un analogo gesto era stato
fatto il 21 dicembre 2015 nel momento in cui era in piedi la vertenza sui posti
di lavoro nella base aerea di Decimomannu». Sullo stesso tono il segretario
regionale Cisl, Gavino Carta: «La Cisl difende il lavoro, non l'attività, e
credo sia ingeneroso scaricare le responsabilità sul sindacato.
Piuttosto, il
vero tema sul tappeto e che deve essere affrontato è quello della
riconversione, ma gli ultimi esempi non sono incoraggianti - sottolinea -,
abbiamo avuto l'esempio della base statunitense a Santo Stefano (La Maddalena)
e, in ultimo, quello della base aerea di Decimomannu (Cagliari), dove una parte
di lavoratori è stata spostata verso la Regione, ma altri sono rimasti senza
occupazione. Quindi - aggiunge Carta - il tema è anche nazionale: trasformare
la nostra industria e renderla eticamente responsabile. Ecco allora che ci
sembra sbagliato l'obiettivo.
Speriamo che la Pasqua possa
illuminare i pensieri e i cuori di chi ha fatto questo gesto, per offrirgli una
visione più chiara della situazione». Condanna del gesto anche da parte di
Arnaldo Scarpa, presidente del Comitato riconversione Rwm per la pace e il
lavoro sostenibile, che su facebook afferma: «Nel condannare ogni atto vandalico
e ogni mancanza di rispetto verso lavoratori e sindacati, non posso non
ribadire che prestare il fianco ad attività deleterie come la produzione di
bombe destinate ad alimentare un sanguinoso ed impari conflitto come quello in
Yemen, è contro ogni principio di solidarietà umana e cristiana.
Proprio contro quei valori sui quali
è nata e dovrebbe proseguire l'azione sindacale. Si vuole difendere il lavoro?
Ci si batta allora per la riconversione della produzione a fini pacifici.
Mantenere lo status quo significa pagare col sangue del popolo yemenita gli
stipendi della Rwm»
CAGLIARI.
Bombe, minacce alla Cisl: «Siete complici della Rwm»
Scritte
davanti alla sede di via Ancona, indaga la Digos
Hanno agito di notte, tra Pasquetta
e ieri, in via Brescia a Cagliari. Con la vernice rossa hanno imbrattato un
muro con la scritta “Cisl complici Rwm” proprio davanti alla sede del
sindacato. Un messaggio intimidatorio preceduto, qualche giorno fa, dal lancio
di vernice nera contro l'insegna della stessa Cisl. L'accusa di essere vicini, addirittura
complici della fabbrica di armi con sede anche in Sardegna a Domusnovas, arriva
a pochi giorni da un altro inquietante episodio: il blitz nella facoltà
cagliaritana di Ingegneria con le scritte ai danni di Giacomo Cao, presidente del
Distretto aerospaziale della Sardegna, “Dass ricerca per la guerra” e “Cao
schiavo dei militari”.
LE INDAGINI I vertici del sindacato
hanno subito richiesto l'intervento delle forze dell'ordine. Sono intervenuti
gli agenti della squadra volante e gli esperti della Scientifica. Le indagini sono
state affidate alla Digos. Chiara la matrice antimilitarista, così come
nell'intimidazione di una settimana fa contro Cao. È probabile che i due
episodi siano collegati. La tensione dunque cresce e l'11 aprile, alle 10, il
movimento “A Foras - Contra a s'ocupatzione militare de sa Sardigna” ha
organizzato un presidio davanti al rettorato di Cagliari per dire “fuori i
militari dall'Università”.
LA CONDANNA La Cisl ha subito
condannato con forza il gesto. «Il sindacato - spiega il segretario regionale,
Gavino Carta - difende il lavoro, non l'attività. Stiamo parlando di duecento
dipendenti. Cercare eventuali nostre responsabilità è una forzatura. Siamo
molto sereni». Poi aggiunge: «Sarebbe necessario lavorare sulla riconversione,
nonostante in passato ci siano stati dei precedenti non proprio incoraggianti.
Il problema deve essere posto allo Stato, non al sindacato». Sulla stessa linea Marco Nappi, segretario
generale della Femca-Cisl: «Noi siamo con i lavoratori. Se si vuole fermare un'attività
produttiva bisognerebbe sapere come sostituirla. In Sardegna le incompiute e le
scelte sbagliate sono state troppe».
Ferma condanna del «grave atto
intimidatorio» anche da parte della Fit Sardegna: «Come sindacato dei Trasporti
respingiamo con forza tutti i tentativi di chi vuole fermare con le
intimidazioni e la violenza quanto tutti i giorni viene svolto dalla Cisl».
LA SOLIDARIETÀ Un messaggio di
vicinanza è arrivato dal sindacato di Polizia del Siulp: «Esprimiamo la
solidarietà per le minacce ricevute dalla Cisl accusata di favorire la ditta
Rwm di Domusnovas», commenta il segretario regionale Salvatore Deidda. «Solo
chi ha una visione distorta non capisce la differenza tra difesa dei lavoratori
e difesa dell'attività d'impresa. Siamo convinti che gli autori delle scritte saranno
identificati e perseguiti. Il dialogo tra sindacato e lavoratori è condizione
imprescindibile per garantire la libertà di associazione della nostra Costituzione».
Matteo
Vercelli
Gli
antimilitaristi: contrari alla violenza
L'indignazione
del Sulcis «Un atto da codardi e una gogna non meritata»
Rabbia e indignazione. E c'è chi
esprime giudizi ancora più forti:
«Atto da veri codardi, da perfetti
vigliacchi». I sindacati hanno una
reazione furente dinanzi alle
minacce nei confronti della Rwm di
Domusnovas e della Cisl. Una rabbia
aumentata dal fatto che nella
annosa polemica, che si trascina da
anni, sono in ballo molti posti di
lavoro.
Non nasconde la vergogna per quanto
accaduto la stessa Cisl
provinciale. «Gesto indegno in una
società civile ma doppiamente
preoccupante», afferma il segretario
confederale Roberto Fallo.
«Intanto perché è l'ennesimo segnale
di qualcosa che in verità si
trascina da mesi. Ce lo aspettavamo
e bisogna aspettarsi altri
comportamenti simili», ammonisce il
dirigente sindacale. «Ma
soprattutto chi agisce in questo
modo dimentica che a subirne le
conseguenze possono essere onesti
lavoratori, i quali non meritano la
gogna cui vengono sottoposti».
In perfetta sintonia anche la
Filctem Cgil, con il segretario
Francesco Garau che, nel condannare
quanto avvenuto, esprime giudizi
anche più severi: «Siamo davanti a
gesti di codardia soprattutto
perché rivolti verso chi difende
tutti i giorni i diritti dei
lavoratori e in sostanza il lavoro
in un Sulcis Iglesiente martoriato
dalla crisi». Garau incalza:
«Occorre ricordare che tutto ciò avviene
in un clima che, ciclicamente,
ritorna avvilente e preoccupante».
Una condanna senza repliche arriva
dagli amministratori comunali di
Domusnovas: «Fesserie che meritano
solo profonda riprovazione», sbotta
il vice sindaco Angelo Deidda. La
stessa manifestata dal segretario
provinciale Uil della Funzione
pubblica Efisio Aresti: «Siamo dalla
parte dei colleghi, sono atti che
non portano a nulla ma si
squalificano da soli». Parole che
dimostrano una volta di più come il
mondo sindacale sia compatto.
Severo anche il giudizio dei
dirigenti del Comitato della
riconversione dello stabilimento, i
quali però non rinunciano a
sottolineare la differenza di vedute
che, su questo argomento, li
distanzia dal sindacato: «È
naturale, condanniamo qualsiasi gesto di
violenza. Compreso questo, che
colpisce chi di professione cerca di
aiutare il mondo del lavoro»,
sottolinea Arnaldo Scarpa.
«Ma ribadiamo
che difendere una fabbrica che
genera bombe e morte non rientra fra i
compiti del sindacato, soprattutto
per chi si affida nel proprio
mandato sindacale ai principi
cristiani di solidarietà e di pace:
capiamo la tutela del lavoro, ma non
a tutti i costi, e non abbiamo
mai nascosto le nostre idee di
riconversione». Le stesse su cui
insiste l'ambientalista Angelo
Cremone: «Quanto avvenuto danneggia una
battaglia civile che occorre
continuare a portare avanti: la
riconversione può avvenire in altri
mille modi, ripensando ad esempio
ai settori ambientali e sanitari e
abbiamo cercato di dimostrarlo con
una iniziativa pacifica che ci ha
visto sfilare, su questo argomento,
anche con i sacerdoti». Cremone
ricorda una manifestazione contro la
Regione «che continua a tacere».
Andrea Scano
Primi
atti della legislatura
Vitalizi
e Def, Camera e Senato da oggi al lavoro
ROMA Passate Pasqua e Pasquetta,
Camera e Senato riaprono i battenti e
si preparano a muovere i primi passi
della 18esima legislatura, con un
occhio alle consultazioni del
Quirinale
SI RIUNISCE LA CAMERA La Camera è
convocata per oggi alle 14 per
eleggere un segretario di
presidenza. In settimana, poi, dovrebbe
riunirsi lo stesso Ufficio di
presidenza di Montecitorio. Com'è noto,
il Movimento 5Stelle vuole portare
avanti una serie di misure sui
vitalizi dei parlamentari.
L'Ufficio, composto dal presidente Roberto
Fico e i suoi 4 vice, da 3 questori
e da almeno 8 segretari, ha tra le
sue competenza proprio la condizione
dei deputati (indennità,
competenze e altro), la ripartizione
dei rimborsi ai partiti per le
spese elettorali, l'organizzazione
dell'amministrazione della Camera,
compreso lo stato giuridico ed
economico dei funzionari.
DOMANI OPERATIVO IL SENATO Palazzo
Madama ha già provveduto
all'istituzione di un'apposita
commissione che si occuperà in primis
del Documento di economia e finanza
(Def), ma anche di altri
provvedimenti, come quello sulle
carceri. Lo scorso mercoledì la
conferenza dei Capigruppo del Senato
ha stabilito la nomina di una
“Commissione speciale per l'esame
degli atti urgenti presentati dal
Governo”. La Commissione sarà
composta da 27 membri, in rappresentanza
proporzionale dei gruppi
parlamentari. La prima convocazione è per
domani alle 15, per l'elezione
dell'Ufficio di presidenza della
Commissione stessa.
L'annuncio
Salvini:
toglierò le sanzioni alla Russia
«Spero di potere presto, dal
governo, raccogliere l'appello del
presidente di Confindustria Russia:
via queste assurde sanzioni che
stanno causando un danno
incalcolabile all'economia italiana!».
Matteo Salvini twitta la sua
posizione sulla fine delle sanzioni
internazionali a Putin riprendendo
un report di Coldiretti che ha
rilevato come il blocco dell'export
in Russia di frutta, verdura,
formaggi, carne, salumi e pesce ha
causato una perdita di tre miliardi
di euro rispetto al 2013, l'anno
precedente all'introduzione delle
sanzioni.
Al divieto di accesso a questi
prodotti - ha chiarito Coldiretti - si
sono aggiunte le tensioni
commerciali che hanno ostacolato di fatto le
esportazioni anche per i prodotti
non colpiti direttamente, dalla moda
alle automobili fino
all`arredamento. Alle perdite dirette - continua
la Coldiretti - si sommano poi
quelle indirette dovute al danno di
immagine e di mercato provocato
dalla diffusione sul mercato russo di
prodotti di imitazione che non hanno
nulla a che fare con il Made in
Italy. Con Salvini anche
l'europarlamentare di Forza Italia Stefano
Maullu.
Domani le
consultazioni al Quirinale, ma resta il nodo-Berlusconi
Governo,
trattative al via Prove d'intesa Lega-M5S
ROMA Pausa per la festività di
Pasqua, ma da domani si riparte con
l'inizio delle consultazioni del
capo dello Stato, Sergio Mattarella.
Tra Matteo Salvini e Luigi Di Maio
prosegue lo scambio di idee e il
confronto, anche se in realtà i nodi
difficili da sciogliere sono
quelli legato alla figura di Silvio
Berlusconi e alla premiership.
M5S: NO A BERLUSCONI L'elettorato
pentastellato giudica negativamente
l'eventuale apertura di un dialogo
diretto con il Cavaliere, con il
quale non vuole avere nulla a che
fare. La replica degli azzurri è
secca e non lascia via di fuga: «Il
centrodestra ha l'onere della
proposta di un governo e affronterà
questo passaggio con
responsabilità», ribadisce Anna
Maria Bernini, capogruppo in Senato.
E anche sul fronte palazzo Chigi, il
Movimento non intende arretrare: il
governo «non può prescindere dalla
presenza di Luigi Di Maio come
candidato premier» ripete come un
disco rotto Alfonso Bonafede «noi
riteniamo che debba essere lui il
candidato premier». E anche Di Maio
non sembra pensare a mollare la
presa: «Insieme siamo arrivati fino a
qui e ora non si fanno passi
indietro, neppure per prendere la
rincorsa. Continuiamo ad andare
avanti insieme e niente ci potrà
fermare».
OGGI INCONTRO SALVINI-DI MAIO Il
leader della Lega, dal canto suo, non
demorde crede che si possa trovare
un punto di incontro. E non ha
abbandonato completamente l'idea di
entrare a palazzo Chigi. In ogni
caso, da premier o da ministro,
Salvini conta di essere nel prossimo
esecutivo e di far valere le idee
che l'elettorato ha premiato. I due
leader dovrebbero incontrarsi oggi
di ritorno dalla breve vacanza di
Pasqua o al massimo mercoledì
mattina, in una sede istituzionale come
annunciato nei giorni scorsi, quindi
in Parlamento. Oggi invece
dovrebbe rientrare a Roma Silvio
Berlusconi, che vedrà prima i
neocapigruppo, Maria Stella Gelmini
e Anna Maria Bernini, per poi
ospitare a pranzo a palazzo Grazioli
gli alleati Salvini e Giorgia
Meloni.
La presidente di Fratelli d'Italia è
infatti la prima del
centrodestra che salirà al Colle,
domani alle 18.30. Per Berlusconi e
Salvini si dovrà attendere il giorno
dopo, il 5 aprile. Forza Italia
incontrerà il capo dello Stato alle
11, mentre la Lega alle 12. Il
Partito democratico aprirà invece la
seconda giornata di consultazioni
alle 10, mentre i 5Stelle la
chiuderanno alle 16.30.
MONSERRATO.
Locci si dà 20 giorni di tempo per tentare di ricompattare
la
maggioranza Il sindaco si dimette e accusa
Scontro
aperto con i due consiglieri “ribelli” dei Riformatori
Dimissioni “provvisorie” in attesa
di trovare un equilibrio in
maggioranza e tornare a governare
Monserrato. Altrimenti tutti a casa
e si torna al voto, con la
possibilità del commissariamento di un
anno. Tomaso Locci lascia
improvvisamente la poltrona da sindaco e
punta il dito contro due consiglieri
dei Riformatori sardi, Valentina
Picciau e Salvatore Zuddas, che nei
giorni scorsi lo hanno attaccato
con un duro comunicato. «Senza di
loro - accusa Locci - non ci sono
più le condizioni per poter
proseguire, se non creando inciuci contro
i quali ho promesso di schierarmi».
CRISI VERA Ma la crisi politica in
Comune era nell'aria da tempo. A
scatenare i malumori, alcune
settimane fa, è stato il cambio di
capogruppo degli stessi Riformatori,
deciso dai consiglieri Zuddas e
Picciau che avevano sfiduciato il
collega di partito Ignazio Tidu.
Immediata la reazione del sindaco
che li aveva accusati di “giochi di
palazzo”. Poi la rivendicazione
dell'assessorato alla Cultura da parte
del gruppo di maggioranza,
Monserrato la tua città, dopo la
sottrazione della delega
all'assessore Franco Ghiani nei mesi scorsi.
Fino al duro comunicato dei due
consiglieri dei Riformatori che, dopo
l'approvazione del bilancio in
Giunta senza nessun passaggio in
commissione, accusano il sindaco di
«gestione padronale
dell'amministrazione nella totale
mancanza di coinvolgimento e
confronto all'interno della
maggioranza».
LE DIMISSIONI L'ultimo atto è la
lettera di dimissioni del sindaco,
presentata alla vigilia di Pasqua.
«Una scelta obbligata – spiega
Locci - causata dall'uscita dalla
maggioranza dei due consiglieri
Picciau e Zuddas: senza di loro non
ci sono più le condizioni per
poter proseguire». Ora l'obiettivo è
ricompattare la maggioranza e
continuare a fare il sindaco.
«Ho venti giorni di tempo per un
eventuale ritiro delle dimissioni –
continua Locci -. Inizia quindi un
percorso nel quale aprirò un
confronto con i tre gruppi consiliari,
Monserrato libera, Monserrato la tua
città e i Riformatori, che dovrà
svilupparsi su eventuali priorità da
dare agli obiettivi contenuti nel
nostro programma, attraverso
proposte, iniziative e azioni positive da
condividere. Tutto questo per
evitare nuove elezioni. In tale caso i
due consiglieri dei Riformatori
dovranno prendersi la responsabilità
per aver interrotto il percorso di
rinnovamento della città».
LA REPLICA DEI RIFORMATORI Dura la
replica del capogruppo dei
Riformatori, Valentina Picciau.
«Mi chiedo dove il sindaco abbia
letto
che io e Salvatore Zuddas siamo
usciti dall'attuale maggioranza – dice
-. Questa è una pura mistificazione
della realtà. Gli ricordo che la
maggioranza non esiste più da quando
i socialisti un anno fa sono
stati messi nelle condizioni di
passare all'opposizione e che il
bilancio del 2017 è stato approvato
grazie alla minoranza. Quindi non
scarichi su di noi il suo
fallimento».
Federica Lai
La
Nuova
monserrato
Rottura
con i Riformatori il sindaco Locci si dimette
CAGLIARI
Pasqua di dimissioni per il sindaco
di Monserrato Tomaso Locci: il
primo cittadino ha lasciato il suo
incarico spiegando in una lettera
le motivazioni, squisitamente
politiche, del suo addio. Ora ci sono
tre settimane per l'eventuale revoca
delle dimissioni: il tempo
potrebbe essere utile per ritrovare
gli equilibri evidentemente
saltati nella sua maggioranza.
Altrimenti sarà commissariamento e
ritorno al voto. Locci è stato
eletto nella primavera del 2016 alla
guida di una coalizione di civiche
vicine al centrodestra battendo
l'ex sindaco Antonio Vacca, che
invece era sostenuto da una coalizione
di centrosinistra. «La sofferta
decisione prettamente di natura
politica, è maturata dopo un'attenta
riflessione che ha trovato il suo
compimento a seguito della nota
stampa del gruppo consiliare dei
Riformatori. Indirizzerò tutte le
mie capacità ed energie,
nell'interesse dei cittadini e della
città, per evitare che Monserrato
torni a nuove elezioni».
Nel Pd
cresce la fronda pro-M5s
Pronti
alla battaglia se non decollerà il governo Lega-Cinquestelle
di Serenella Mattera
ROMA
Vota «scheda bianca», al primo giro
di consultazioni, il Pd: spetta a
chi ha vinto le elezioni «l'onore e
l'onere» di esprimere il governo,
i gruppi Dem da «minoranza parlamentare»
sono pronti a «impegnarsi
all'opposizione». È questo il
messaggio, definito tre settimane fa in
direzione, che la delegazione
composta da Maurizio Martina, Graziano
Delrio, Andrea Marcucci e Matteo
Orfini giovedì mattina ribadirà al
Colle. E fin qui, nessun problema. È
su quel che accadrà dopo che già
si agitano gli animi. Perché se il
dialogo in corso per un governo di
M5s e centrodestra dovesse mostrare
delle crepe, una «fronda» Dem
sempre più numerosa premerebbe per
entrare in partita. E chiedere
l'apertura di un dialogo coi Cinque
stelle.
Ma è l'intreccio con
un'altra partita, tutta interna, a
tenere banco in queste ore nel Pd.
Perché ad aprile dovrebbe essere
convocata l'assemblea per eleggere il
nuovo segretario. E le grandi manovre
sono già iniziate. In casa
renziana c'è chi accarezza l'idea di
far slittare l'assise a giugno,
dopo le amministrative, per avere il
tempo di consolidare un candidato
alternativo al reggente Maurizio
Martina. Ma i "martiniani" si dicono
convinti che la transizione non
possa protrarsi oltre. E dunque la
proposta potrebbe essere quella di
convocare l'assemblea, a
prescindere dai tempi per la
formazione del governo, entro la fine di
aprile (forse il 22). E lavorare a
una scelta condivisa, magari
fissando la data del congresso tra
un anno, nel 2019.
Il nome di
Martina è il più accreditato per
prendere le redini del partito: su di
lui, con un accordo per il congresso
tra un anno, potrebbe convergere
anche la minoranza. Ma dopo il
braccio di ferro sulla scelta dei
capigruppo, Renzi potrebbe puntare
su un altro nome: se Graziano
Delrio tenesse fermo il suo «no»,
potrebbero essere lanciati Lorenzo
Guerini o Matteo Richetti. Tra i
«dialoganti» del Pd - un'area vasta
che va da Dario Franceschini alla
minoranza di Andrea Orlando - c'è
chi è convinto che si debba dare
subito un segnale, a prescindere dal
grado di avanzamento del dialogo
M5s-Lega. Ma per evitare di farsi
strumentalizzare o di dividersi
inutilmente, i più sono persuasi che
il Pd debba fare una mossa se quel
dialogo mostrerà crepe. Ma i
renziani tengono il punto: con Di
Maio, il governo è impossibile. Più
facile, sostiene qualcuno, sarebbe
un sostegno esterno a un governo di
centrodestra.
Il leader
leghista raccoglie l'invito degli industriali russi. Più
prudente
il M5s Va avanti il confronto sul programma, ma slitta il faccia a faccia con
Di Maio La promessa di Salvini: via le sanzioni a Putin
di
Michele Esposito
ROMA
Su binari vicini ma paralleli, in
direzione Colle. Le feste di Pasqua
non avvicinano né allontanano Lega e
M5s, i due grandi protagonisti di
un accordo di governo che appare
ancora difficile, ma non impossibile.
Matteo Salvini da Ischia e Luigi Di
Maio da Pomigliano d'Arco non
recedono dalle loro posizioni
sebbene, nelle ultime ore, i due leader
sembrano esser tornati a porre
l'accento innanzitutto sui programmi,
unico terreno di un potenziale
incontro.
L'incontro tra i due leader,
invece, non sembra si possa
concretizzare a stretto giro. Quasi
impossibile - anche per questioni
logistiche - che il vertice Di
Maio-Salvini si tenga oggi o domani.
Giovedì i due saranno a Roma, ma
organizzare un colloquio dal sapore
dell'intesa nel giorno in cui
saliranno al Quirinale
significherebbe certificare un'accelerazione
nel dialogo che al momento non
appare all'orizzonte. Possibile, a
questo punto, che il vertice slitti
a dopo il primo giro di
consultazioni, magari anche alla
settimana prossima. Sui programmi,
invece, qualcosa sembra muoversi.
Nel giorno di Pasquetta Salvini
raccoglie l'invito della
Confindustria russa e promette che, una volta
al governo, eliminerà «le assurde
sanzioni» contro Mosca, che «stanno
causando un danno incalcolabile
all'economia italiana». Punto che vede
il M5s sostanzialmente d'accordo
sebbene su posizioni di maggior
equilibrio tra Ue e Russia. Un
equilibrio che, negli incontri con le
ambasciate dei Paesi europei in
Italia avvenuti nei giorni scorsi, i
«delegati» per gli Esteri Manlio Di
Stefano e Emanuela Del Re hanno
tenuto a sottolineare, marcando così
una certa - e più rassicurante,
per Bruxelles - distanza dalle più
radicali posizioni leghiste. Sempre
ieri il blog del M5s ha lanciato,
con un post della candidata ministro
dell'Interno Paola Giannetakis, la
proposta di rivedere le misure
anti-terrorismo in Italia.
«Il terrorismo home-grown è un
fenomeno
ancora sommerso, quindi è
ragionevole prevedere una sua crescita e non
una scomparsa», spiega Giannetakis
soffermandosi sulla necessità di
mettere in campo procedure di
identificazione veloci per i migranti.
«I dispositivi adottati fin qui a
breve non riusciranno a rispondere
con la stessa efficienza», è la tesi
con cui il M5s si allontana dalla
linea Minniti facendo un passo verso
la Lega proprio nel giorno in cui
tutto il centrodestra si ribella
alla decisione di Israele di
trasferire oltre 16mila migranti in
Paesi occidentali, tra cui
l'Italia. Eppure i veti incrociati
tra Salvini e Di Maio restano, con
il Pd che, almeno per il primo giro
di consultazioni, non smetterà la
sua veste di opposizione.
Salvini salirà al Colle nella come
leader
della coalizione vincente il 4
marzo. Una coalizione alla quale non
vuole assolutamente rinunciare per
un accordo con il M5s, fermo,
invece, sulla volontà di non trattare
con Silvio Berlusconi. Di Maio,
pur avendo negli ultimi giorni
smussato la forma del suo ragionamento,
non si allontana da un principio
ribadito anche nel saluto di Pasqua
ai suoi elettori: «La sfida più
importante è formare un governo
rispettando la volontà popolare.
Non si fanno passi indietro». Parole
che ripeterà anche all'assemblea dei
gruppi che si riunirà nel
pomeriggio. Ieri il capo del M5s si
è limitato a rilanciare il
discorso di insediamento alla
presidenza della Camera di Sandro
Pertini, e in particolare il
passaggio sull'onestà. Era il 1968 ma per
Di Maio è anche uno degli strumenti
chiave per evitare che i suoi
elettori si sentano traditi.
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Federico
Marini
skype:
federico1970ca
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