martedì 7 agosto 2018

Rassegna stampa 07 Agosto 2018


Unione Sarda

La scelta dell'M5S costringe i partiti ad accelerare i tempi sulla scelta dei candidati Regionali, è già campagna A sinistra Zedda in pole. Lega: alleanze, niente di scontato

Il passo in avanti del Movimento 5 stelle sulle candidature, costringe i partiti ad accelerare la corsa verso le regionali. Nel centrosinistra si fa sempre più concreta l'idea di puntare sul sindaco di Cagliari, Massimo Zedda, mentre nel centrodestra tutto dipenderà dagli equilibri tra Forza Italia e la Lega insieme al Psd'Az. Inoltre, dopo le dimissioni di Andrea Mura, che verranno calendarizzate nella settimana dall'11 al 18 settembre dai capigruppo della Camera, in Sardegna ci saranno le elezioni suppletive che potrebbero accavallarsi con la campagna elettorale per le regionali, diventando così un banco di prova per i partiti.

L'IPOTESI Più passano i giorni e più il nome di Zedda trova estimatori tra i partiti che dovrebbero comporre il centrosinistra. Il problema è che dietro la scelta del sindaco di Cagliari c'è un vuoto da riempire perché ancora il centrosinistra deve fissare i propri confini, confermare le adesioni dei partiti e scrivere un programma. Infatti, Zedda accetterà soltanto se ci saranno le garanzie di potersela giocare sia con il Movimento 5 stelle che con il centrodestra. Rimane in piedi l'eventualità che il centrosinistra ricorra alle primarie per scegliere il candidato.

LA LETTERA Di sicuro, nella coalizione ci sarà Campo progressista Sardegna, partito di cui Zedda fa parte. Non a caso il presidente di Cp, Luciano Uras, ha scritto una lettera al neo segretario del Pd, Emanuele Cani, per fissare al più presto un incontro. Invito accolto dal numero uno del Pd che organizzerà il faccia a faccia in tempi rapidi. Per l'ex senatore Uras, in questa legislatura «sono state fatte cose di rilievo ma, la percezione diffusa è che sia necessario fare di più, nonostante l'impegno profuso». Campo progressista promuoverà incontri «anche con altre realtà politiche democratiche, sarde autonomiste, di sinistra e indipendentiste, perché riteniamo nostro dovere il confronto e la discussione».

IL CANTIERE Il centrodestra non ha un candidato in pectore, girano diversi nomi, ma ancora nessuno ha ricevuto l'investitura ufficiale. L'incognita è rappresentata dal rapporto tra Lega-Psd'Az e Forza Italia che potrebbe innescare un braccio di ferro sulla primogenitura del candidato. Inoltre, il commissario del Carroccio in Sardegna, Eugenio Zoffili, sostiene che «nonostante non ci sia alcun pregiudizio personale, l'alleanza non è scontata».  Questo perché «vogliamo anche guardare verso le forze che puntano a un'autonomia vera, tradita dal centrosinistra».

Gli azzurri, nell'Isola, sono ancora il primo partito della coalizione, ma a livello nazionale la Lega vola nei sondaggi. Il coordinatore regionale di Forza Italia, Ugo Cappellacci, dice: «Stiamo lavorando sul territorio e già questa settimana è previsto un incontro con una cinquantina di amministratori». Un mondo al quale guarda anche il consigliere regionale, Stefano Tunis, che, con l'associazione Sardegna 2020, organizzerà un incontro con gli amministratori. Riguardo allo svantaggio sulla scelta del candidato governatore, Tunis, attacca: «Il centrodestra ha il resto. Una classe dirigente sul territorio e un programma di governo. Chi non ha queste due cose, occupa il tempo indicando i candidati presidente».

SUPPLETIVE Per la sostituzione di Andrea Mura si voterà di nuovo nel collegio di Cagliari. Un impegno che rischia di affaticare i partiti isolani, impegnati nella campagna elettorale per le regionali. Per i nomi è ancora tutto da decidere, anche se è circolata l'ipotesi di una candidatura di Silvio Berlusconi. «Sarebbe una gioia e un privilegio avere il presidente candidato nel collegio di Cagliari», spiega Cappellacci, «ci auguriamo possa essere un'ipotesi plausibile, anche se per il momento non se ne è parlato». Un pensiero potrebbe farlo anche l'eurodeputato, Salvatore Cicu, in scadenza di mandato a Bruxelles.

Matteo Sau


LA NUOVA SARDEGNA

Pd, Sabatini vice di Cani Uras: riuniamo la coalizione

Nella squadra del nuovo segretario dem tutte le correnti eccetto i soriani
L'ex senatore di Campo progressista: subito un confronto in vista delle elezioni

CAGLIARI
Se il rilancio si vede dal mattino, quella intrapresa dal neo
segretario del Pd, Emanuele Cani, sembra essere la strada giusta. Dopo
appena una settimana dall'elezione, domani presenterà il gruppo che lo
affiancherà in uno dei mandati più complicati nella storia recente dei
Dem isolani. Avrebbe voluto una segreteria unitaria, con tutte le
correnti dentro a dargli un mano nella risalita, ma i soriani non ci
saranno. L'eurodeputato gli ha negato la disponibilità a entrare nel
nuovo vertice, anche se si è detto pronto a dialogare per il «bene del
partito».

Così in quella che lo stesso Cani ha definito un «direttivo
snello e modulabile secondo le esigenze del momento», entreranno a far
parte solo le due correnti che, a fine luglio a Su Baione, lo hanno
eletto: i popolari-riformisti dell'area Cabras-Fadda e il gruppo
formato dai renziani e dagli ex Diesse. I nomi più gettonati. Il
vicesegretario regionale sarà Franco Sabatini, consigliere regionale,
presidente della commissione bilancio e che si riconosce nell'area
allargata dei renziani sardi.

Considerato uomo di esperienza e grande
conoscitore delle dinamiche del partito, Sabatini dovrebbe occuparsi
dell'organizzazione. È uno dei temi più delicati per il Pd, che ha
bisogno come l'aria di ritrovare il rapporto con i territori e
rimettere in piedi la rete dei circoli. Per gli altri quattro o cinque
componenti della segreteria i nomi più accreditati sono Cesare
Moriconi, consigliere regionale che ha come riferimento l'ex
sottosegretario Paolo Fadda, Laura Pisano, ex civatiana che faceva
parte della segreteria guidata da Silvio Lai, il tesoriere Franco
Pinna, lo era anche con Cucca, più un rappresentante dei Giovani
Dem.

Ultimi contatti. Dopo quelli con il governatore Francesco
Pigliaru, con Renato Soru e i leader delle altre correnti, Cani ha
incontrato i presidenti dell'Associazione dei Comuni e del Consiglio
delle autonomie. Con Emiliano Deiana e Andrea Soddu, ha parlato
soprattutto della crisi finanziaria che attraversano i Comuni, messi
in ginocchio dalla mannaia di Stato, che ha dimezzato i trasferimenti.
Emanuele Cani lo ha detto sin dall'inizio, «i sindaci dovranno essere
per il Pd punto di riferimento essenziale».

Centrosinistra in
movimento. Non si sa ancora quali saranno i confini della coalizione
che si presenterà alle prossime regionali. Detto che il tentativo sarà
confermare l'alleanza sarda con il gruppo di Mdp, alle Politiche era
un avversario, e allargarla verso le forze indipendentiste, bisognerà
vedere ad esempio cosa farà il Partito dei sardi, a settembre Cani
dovrà comunque convocare il tavolo del centrosinistra. È proprio di
questo tenore l'appello lanciato dal portavoce di Campo progressista,
l'ex senatore Luciano Uras, al Pd. «È necessario e urgente un
confronto politico fra di noi», scrive Cp, per poi aggiungere: «In
questa legislatura sono state fatte diverse cose importanti ma la
percezione diffusa è che sia necessario fare di più, nonostante
l'impegno profuso».

Con anche uno sguardo al passato: «Non possiamo
nascondere - scrive Uras - che il rimpasto di medio termine (quello in
cui Cp è stato escluso dalla giunta a favore di Mdp) invece di
rilanciare l'azione di maggioranza ha determinato squilibri e
tensioni. A questo punto anche alla luce della pesante sconfitta del
centro-sinistra alle Politiche, abbiamo il dovere di riaffrontare
tutte le questioni in campo con una rinnovata volontà unitaria e
soprattutto grande attenzione ai bisogni e alle aspirazioni di
riscatto dei sardi». Comunque bisogna fare in fretta, come ha postato
su Facebook Emiliano Deiana: «Il M5s ha già scelto il
candidato-presidente.

A destra e a sinistra, invece, ci si attarda in
conciliaboli. A sinistra, il mio luogo di residenza, si chiacchiera,
si tergiversa, si fanno passare mesi preziosi. Si faranno le primarie
o il prescelto sarà unto dall'alto? Ma soprattutto - sono le ultime
domande di Deiana - ci si candida per fare cosa e insieme a chi?».

Province, Deriu: ritornino elettive
Il dem promuove la proposta della Lega. Agus, Cp: prima le risorse

SASSARI
Travolte dalla furia dell'antipolitica, rischiano di ritornare in auge
proprio col governo che ha fatto dell'antipolitica la sua bandiera. I
ministri leghisti Salvini e Centinaio, infatti, hanno presentato al
Senato un disegno di legge per ritornare alla elezione diretta delle
Province. Una proposta targata Lega che trova consensi anche sulla
sponda del centrosinistra.

È il caso di Roberto Deriu, consigliere
regionale del Pd, uno dei pochi paladini delle Province, anche nel
momento in cui gli enti intermedi venivano additati da tutti come il
simbolo degli sprechi della politica. «È cosa risaputa che io ho
criticato tutte le proposte sulla abolizione delle province, da
Tremonti a Monti, fino ai governi del Pd perché serviva una riforma
costituzionale - dice l'ex presidente della Provincia di Nuoro -. È
stata fatta ma poi il referendum è stato bocciato e ora le Province
sono a pieno titolo nella Carta costituzionale. Di conseguenza, è
giusto che siano elettive.

Le Province sono enti che rappresentano il
territorio, sono un pezzo della Repubblica e se lo Stato non dà loro
risorse lascia scoperti i diritti dei cittadini. Basta vedere qual è
oggi la situazione. I cittadini hanno meno strade, meno scuole, meno
servizi decentrati rispetto a prima». Deriu fa l'esempio del Nuorese.
«È un territorio che si basa su politiche decentrate e infatti ha
pagato più di tutti questo centralismo. Per non ridurre la spesa
centrale si è voluta diminuire quella periferica, avvantaggiando i
grandi centri e penalizzando le aree più disagiate. Rendere le
Province elettive significa ridare rappresentanza alle istanze
periferiche».

Più tiepida la reazione di Francesco Agus, consigliere di
Campo progressista. Da presidente della commissione Autonomia è in
prima linea nel pressing sullo Stato per fare sì che vengano
restituiti alle Province sarde i milioni di euro tagliati negli anni.
«Qualora le province dovessero ritornare a livelli finanziari
accettabili e avere un programma di sviluppo per il territorio sarebbe
naturale che i loro rappresentanti venissero eletti direttamente dalla
popolazione - dice l'esponente di Campo progressista -.

Ma oggi sono
purtroppo enti che pagano a malapena gli stipendi e portano avanti
solo parte delle competenze obbligatorie. In una situazione del genere
se ci fossero rappresentanti eletti ci sarebbero solo ulteriori
problemi. E comunque lo Stato prima di ripristinare le elezioni
dovrebbe ripristinare le risorse sottratte alla Sardegna a favore del
Nord Italia». Già ai tempi del referendum Agus era a favore delle
province. «Del quesito sulle nuove non presi nemmeno la scheda -
ricorda - perché trovavo assurdo che si chiedesse a me di Cagliari di
pronunciarmi sulla autonomia di Olbia o del Medio Campidano». (al.pi.)

L'estate bollente di M5S e Lega
Ok al Milleproroghe Dal Senato 148 sì Ora va alla Camera

Dai vaccini allo slittamento della riforma del credito cooperativo e
di quella delle intercettazioni telefoniche. Tanti i temi affrontati
dal primo decreto Milleproroghe 2018 - cui ne dovrebbe seguire
l'altro, classico, a fine anno - che istituisce tra l'altro, il 31
ottobre, anche l'election day provinciale. Il provvedimento dopo l'ok
del Senato con 148 sì passa alla Camera che darà la seconda lettura a
partire dall'11 settembre.

Tra i principali punti del decreto, i
vaccini ; il bonus cultura, che resta per i diciottenni per tutto il
2018; il rinvio di un anno dello stop al mercato tutelato gas e
energia, con il termine per la cancellazione che slitta dal 1° luglio
2019 al 1° luglio 2020; il termine di applicazione delle nuove norme
sulle intercettazioni che viene prorogato al 31 marzo 2019; la proroga
dagli attuali 90 giorni a 180 giorni del termine per l'adesione delle
banche di credito cooperativo (Bcc) al contratto di coesione che dà
vita al gruppo bancario cooperativo.

Entro il 31 ottobre 2018 dovrà
inoltre essere approvato il decreto che rende operativo il fondo salva
risparmiatori delle banche venete e dei quattro istituti in
risoluzione.di Silvia GasparettowROMALa riforma della legge Fornero
sarà nel menu della prossima manovra. Se reddito di cittadinanza e
flat tax, per essere «compatibili» con i conti, potranno muovere solo
i primi passi, governo e maggioranza sono al lavoro per mettere a
punto i dettagli di un altro cavallo di battaglia sia della Lega sia
del Movimento 5 Stelle.

E la misura, che dovrebbe costare attorno ai 4
miliardi, sarà inserita nella prossima legge di Bilancio che salirebbe
così a circa 26-27 miliardi, in linea, si osserva nella maggioranza,
con il peso delle manovre degli ultimi anni dei governi a guida Pd. A
spingere per un segnale «entro l'anno» era stato nelle scorse
settimane il leader della Lega, Matteo Salvini, cui aveva fatto eco,
assicurando che l'esecutivo stava elaborando la misura, lo stesso
vicepremier Luigi Di Maio.

Il leader M5S ha confermato ora anche
l'arrivo imminente della proposta per tagliare le pensioni d'oro. Una
scelta «simbolica», un «atto di giustizia e di equità», come ha
sottolineato il sottosegretario Claudio Cominardi, che dovrebbe
portare, però, risparmi per meno di 200 milioni da indirizzare verso
«le pensioni minime». Il provvedimento, che dovrebbe essere
calendarizzato a settembre, viaggerà quindi in parallelo alla legge di
Bilancio che conterrà invece «quota 100». Ancora da stabilire, sempre
guardando ai vincoli dei conti, se si farà anche «quota 41», cioè la
possibilità di lasciare il lavoro a qualsiasi età avendo versato
contributi per 41 anni e mezzo.

L'asticella dell'età per quota 100
dovrebbe invece essere fissata a 64 anni e l'altro paletto per
limitare la platea sarà quello dei contributi figurativi, che potranno
essere conteggiati con dei limiti (si è ipotizzato per massimo 2
anni). Con la legge di Bilancio il governo sta valutando anche di fare
un passo ulteriore per spingere gli investimenti degli enti locali,
liberando circa un altro miliardo, dopo lo sblocco di oltre 2 miliardi
di avanzi di amministrazione di Comuni e Regioni in arrivo con il
decreto Milleproroghe.

«Si ritorna a sistemare scuole, strade e
infrastrutture», ha spiegato il viceministro all'Economia Massimo
Garavaglia. Il rilancio degli investimenti, peraltro, è uno dei
«pallini» del ministro Giovanni Tria, che a metà settimana dovrebbe
fare un altro punto con il premier Giuseppe Conte e con gli altri
ministri economici prima della pausa estiva. Sul tavolo anche il nodo
dell'Iva: per evitare gli aumenti vanno trovati 12,4 miliardi e nei
giorni scorsi sono circolate ipotesi di aumenti selettivi per
recuperare risorse ma i due vicepremier hanno ribadito la chiara
volontà politica di evitare aumenti di tasse.

Intanto oggi il governo
incasserà il via libera definitivo al dl dignità, senza fiducia.di
Michele EspositowROMAL'estate della Rai, delle Grandi Opere e della
sfida ai vincoli europei. Con, sullo sfondo, il voto in 4 Regioni e
alle Europee. Nel mese di agosto saranno questi i tre binari sui quali
si giocherà la partita, politica, elettorale e finanziaria, tra Matteo
Salvini e Luigi Di Maio in un campo che vede incrociarsi nomine
pesanti, bandiere elettorali e necessità legate ai conti pubblici.
Mercoledì, nel nuovo vertice convocato a Palazzo Chigi dal premier
Giuseppe Conte sulla manovra si parlerà anche dei nodi delle
infrastrutture e di quello legato a viale Mazzini. Con una
possibilità, seppur flebile, all'orizzonte: che lo stallo sulla
presidenza della Rai si sblocchi poco dopo Ferragosto.

L'impasse sul
nome di Marcello Foa genera una situazione che, chi è a conoscenza del
dossier, definisce in «alto mare». «Sulla Rai non stiamo pensando a
niente, le ipotesi di sostituire Foa non sono attendibili», fanno
notare fonti della Lega. Ma su Foa, allo stesso tempo, sembra
assottigliarsi il sostegno del M5S. Con un doppio corollario, tutto a
carico di Salvini: individuare una carica che possa in qualche modo
«compensare» il giornalista italo-svizzero e trovare, per la
presidenza della Rai, un nome che sia proposto della Lega ma che vada
bene anche a M5S e FI. L'intenzione di Salvini è non perdere tempo
anche perché lo stallo sulla presidenza si traduce in uno stallo sulle
direzioni di Rete e dei Tg.

E la Lega punta tutto su Tg1 e Tgr. Per
ora a circolare sono nomi che hanno poche speranze di avere l'ok della
Vigilanza, come quello di Giovanni Minoli, sul quale c'è il veto di
FI. Mentre, in queste ore, nel M5S fa da mediatore anche il presidente
della Camera Roberto Fico, che nel pomeriggio incontra i capogruppo Pd
assieme alla presidente del Senato Elisabetta Casellati. Al vertice di
mercoledì, «a latere» dei temi economici si parlerà anche di Grandi
Opere. La polemica tra M5S e Lega infuria ma, assicurano fonti
dell'esecutivo, la tensione per ora resta in superficie. «Non c'è
alcun litigio», spiegano fonti del Carroccio. Le visioni, tuttavia,
restano differenti.

La linea di Salvini resta quella di andare avanti
sulle Grandi Opere e di non chiudere Ilva. L'Italia ha bisogno di
infrastrutture moderne e di acciaio per le nostre imprese, è il
ragionamento che si fa nel quartier generale leghista. Il M5S, per
ora, basa qualsiasi giudizio sugli esiti delle analisi costi-benefici.
Ma il rischio è che, già su queste ricognizioni si alzi la tensione
con la Lega. Nel Movimento, ad esempio, si sottolinea che un giudizio
sarà espresso solo sui dati «finali» e non su quelli «parziali», come
ha fatto Salvini in questi giorni. E, anche sul team che il Mit
metterà in campo per la valutazione della Tav, nel Movimento si guarda
con qualche sospetto alla «sorveglianza» della Lega.

La squadra sarà
completata per settembre e tra i nomi circolati in queste ore gli
unici sui quali c'è la conferma del governo sono quelli di Marco Ponti
e Franco Ramella, personalità che in passato non hanno certo tifato
per la Tav. L'impressione è che nel gioco di «do ut des» tra M5S e
Lega sia più il Tap che la Tav, al momento, a vedere luce verde. Anche
perché le salate penali previste sul gasdotto potrebbero avere effetto
su una manovra che si annuncia un percorso a ostacoli tra le promesse
elettorali di M5S e Lega e i margini strettissimi dei conti. Su un
punto Salvini e Di Maio non sembrano dare margini al ministro Tria:
reddito di cittadinanza e flat tax vanno almeno avviate. La seconda,
per la Lega, si applicherà innanzitutto alle partite Iva.


Puddu, petizione contro  l'investitura

Una petizione per chiedere l'annullamento della candidatura di Mario
Puddu, alla carica di governatore per il Movimento 5 stelle. Finisce
in rete la prima polemica post regionarie che hanno incoronato l'ex
sindaco di Assemini. La petizione è stata pubblicata sul sito
change.org e denuncia una «evidente infrazione del nostro codice
etico». Il riferimento è al rinvio a giudizio di Puddu con l'accusa di
abuso d'ufficio per il quale lo stesso ha chiesto il giudizio
abbreviato. Sino a ieri erano 104 le firme di una petizione che può
essere sostenuta da chiunque voglia registrarsi e sottoscriverla.

Dunque, risulta difficile capire quanti attivisti hanno partecipato
alla votazione. La polemica è nata in una pagina Facebook chiamata
Sardegna a cinque stelle in cui si chiede a Luigi Di Maio, di «fermare
questa azione politica al fine di tutelare lo statuto del Movimento
affinché nessuno si senta autorizzato a infrangere le regole».

Il candidato governatore pentastellato, Mario Puddu, ha chiuso le
regionarie con 981 preferenze su 1.804 votanti, pari al 54%. Sulla
polemica sollevata da alcuni attivisti dice: «Il primo che si sveglia
si inventa una petizione, oltretutto partita su presupposti fasulli e
quindi con un chiaro intento diffamatorio». Sui contenuti della
petizione, Puddu sottolinea che «si basa su un non ben precisato
codice etico, che non viene violato in nessun modo dalla mia
posizione, vagliata e sostenuta da tutto il Movimento 5 stelle».
M. S.

Conferenza dei capigruppo
Mura, a settembre il voto alla Camera sulle dimissioni

La Camera discuterà a fine settembre, e forse più in là, le dimissioni
da deputato di Andrea Mura. Ieri la conferenza dei capigruppo a
Montecitorio ha fissato il calendario delle sedute che avranno luogo
nelle prime due settimane di settembre, al termine della pausa estiva.
La Camera riprenderà i lavori l'11 settembre per discutere le mozioni
Gelmini sulle delocalizzazioni e Carnevali sul reddito di inclusione e
la discussione generale sul decreto milleproroghe, con voto previsto
nei giorni 12 e 13.

La conferenza dei capigruppo si riunirà in una data compresa tra l'11
e il 18 settembre e deciderà la data del voso sul caso Mura. Sino ad
allora Mura continuerà a incassare la sua indennità di parlamentare
che, considerate le ulteriori assenze che si sommeranno dalle
dimissioni in poi, dovrebbe essere di circa 7mila euro mensili.

Il deputato del Movimento 5Stelle si è dimesso sabato scorso dopo che
Ugo Cappellacci (FI) aveva reso pubblici i dati sulle sue assenze alla
Camera. Qualche giorno dopo Mura aveva rilasciato un'intervista nella
quale aveva detto, tra l'altro, che la politica si può fare anche in
barca. Poco dopo il Movimento l'aveva scaricato. «Sono stato oggetto
di un linciaggio mediatico senza precedenti, di accuse ignominiose su
affermazioni da me mai pronunciate, che nessuno ha mai verificato», ha
scritto Mura nella lettera al presidente della Camera.

ROMA. Fascicolo aperto
Attacco sul web a Mattarella: in campo gli 007

ROMA La procura di Roma indaga sugli attacchi web al presidente Sergio
Mattarella arrivati tra il 27 e il 28 maggio scorsi, subito dopo il no
del capo dello Stato all'ipotesi di Paolo Savona come ministro
dell'Economia del governo Lega-M5S. Attentato alla libertà del
presidente della Repubblica e offesa all'onore e al prestigio del capo
dello Stato i reati ipotizzati nel fascicolo, al momento a carico di
ignoti, nel quale si indaga su una presunta regia dietro gli attacchi
giunti dalla Rete.

Coordinano le indagini il procuratore aggiunto Francesco Caporale, del
pool antiterrorismo della procura, e il pm Eugenio Albamonte. Il
giorno in cui il Quirinale bocciò il ministro proposto per il
dicastero di Via XX Settembre, migliaia di insulti e inviti alle
dimissioni si riversarono in poche ore sul web diretti al capo dello
Stato. In particolare, su Twitter si registrarono quel pomeriggio
centinaia di nuovi profili, che la polizia postale ha dimostrato esser
tutti riconducibili a un'unica origine. Da qui l'indagine volta a
verificare se ci sia stata una regia dietro gli attacchi al Quirinale
proprio nel momento in cui si decidevano le sorti del governo
gialloverde.

Gli inquirenti vogliono inoltre chiarire se dietro questi attacchi
possano esserci operatori russi specializzati in troll, gli account
anonimi che sui social lanciano messaggi provocatori finiti al centro
del cosiddetto Russiagate, durante l'ultima campagna elettorale
statunitense. Nel pomeriggio di ieri sulla vicenda è stato audito dal
Copasir Alessandro Pansa, direttore generale del Dipartimento
informazioni per la sicurezza.

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Federico Marini
skype: federico1970ca


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