Martedì
mattina, ore 9,30. Da Castello a Piazza L'Unione Sarda scorre uno spicchio
rappresentativo della città. Il centro dei negozi, quello dove si passeggia,
dove si smoccola alla ricerca di parcheggio. Il quartiere più alto della città
non è granché rappresentativo come punto di partenza. Questo è un paese, molti
camion che rivelanom ristrutturazioni in corso poche persone. Eppure ieri anche
Castello aveva una faccia inedita. Panificio e farmacia aperti, autentici presìdi
democratici in servizio permanente effettivo, il bar De Candia, nient'altro.
Vie strette e vuote, rimbombo dei
passi, odori di soffritto a ricordare che dietro i portoni qualcuno si muove.
Primo incontro alla rotonda di via Mazzini: «È consentito portare i cani a fare
pipì?». Perplessità nell'aria. Si decide che sì, è ammesso, come si può
altrimenti. Sotto il Bastione, due vigili urbani: vuoi
vedere che la passeggiata, pur in solitaria, è
vietata? Invece fila liscia.
Via Manno
è un deserto urbano sotto un cielo bellissimo. Cartello d'ordinanza in tutte le
vetrine: « No baci no abbracci no strette di mano ». Non c'è il rischio per carenza di materia prima (i clienti). Vuoti i templi della moda
low cost, vuoti i negozi importanti, chiusa la chiesa di Sant'Antonio
Abate. Nei manichini è già primavera, i cartelli raccontano che
all'interno ci sono gli ultimi scampoli di saldi. Purtroppo tira aria
che i registratori di cassa oggi riposeranno.
In Piazza
Yenne, un timido assaggio della vita di ieri che sembra improvvisamente
fantastica: parcheggio selvaggio, finalmente. Tre-furgoni-tre dei corrieri in
sosta disordinata, addirittura uno sulle strisce
pedonali. Sembra niente in questa città lunare dove gli individui
sono scomparsi, eppure fa ben sperare: oggi è così perché è giusto ma le
nostre abitudini, quelle villane comprese, sono lì che ci
aspettano. Domani o dopo, ma le cose cambieranno.
Stalli
vuoti fra le strisce blu di via Manno, cinque in cento metri, a ricordare che
questa volta il messaggio è arrivato forte e chiaro: state a casa, del resto se
ne parlerà dopo. Al Caffè Svizzero una parvenza di socialità, pur
rivista e corretta secondo le nuove e indispensabili regole. Un
tavolino occupato all'esterno da una coppia con mascherina
regolamentare. Il personale ricorda con garbo il nuovo mantra: stiamoci alla larga, non meno di un metro fra noi e chiunque altro.
Da un
certo punto di vista anche Piazza del Carmine ha qualcosa di familiare che non
riesce però a sfumare in nostalgia. Si spaccia droga alacremente, anzitutto, si
beve vino in brik come se fosse the verde, si conversa con tono già alticcio e
impastato. In altri tempi, l'altro ieri, si sarebbe potuto fare
un abbozzo di polemica sui cagliaritani sfrattati de facto, oggi
sarebbe accademia.
In Viale
Trieste iniziano le ferie, sono decine le serrande abbassate con il cartello
che improvvisamente ha perso il suo intrinseco senso di festa e levità. Sarebbe bello conoscerli
uno ad uno questi commercianti in vacanza nel più
drammatico marzo che sia dato immaginare. Giusto per
essere sicuri che stiano bene da qualche parte a riposare e non a versare
lacrime sugli affari. Andati quelli sì
altrove.
Nei
ruderi davanti all'assessorato comunale, buste di spazzatura nuove di zecca,
umido appena prodotto come segnala il percorso olfattivo. Vuol dire che qualche teppista della differenziata, pur nell'emergenza, si è cimentato con successo nel lancio della busta ai danni della collettività. C'è vita
sotto il sole, poca ma c'è. I cafoni invece sono tutti in salute.
Lorenzo Paolini
Articolo
tratto da “La Nuova Sardegna”, 11.03.2020
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Federico
Marini
skype:
federico1970ca
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