La
nuova Sardegna
legge
elettorale «Sì al sistema tedesco ma il 5% non si tocca»
di
Cristina Ferrulli
ROMA Matteo Renzi chiama la
direzione del Pd a ratificare il patto a tre con Fi e M5S sul sistema tedesco
per «chiudere la riforma elettorale entro il 7 luglio». Un'accelerazione che
sembra portare verso un anticipo delle elezioni tra settembre e ottobre perché,
chiarisce il leader dem, «io non sono impaziente, il voto però non è una
minaccia ma democrazia». Ma se il premier Paolo Gentiloni partecipa alla
direzione dem per testimoniare fisicamente che seguirà le scelte del suo
partito, molti ministri, da Angelino Alfano a Andrea Orlando, sono contrari. Ed
il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan non nasconde le sue preoccupazioni
sulla manovra da scrivere «sotto ciclo elettorale».
Il Pd ha chiuso con Forza Italia il
ciclo di incontri a livello di vertici parlamentari per verificare l'intesa sul
sistema tedesco. E dopo l'ok con M5S, anche Fi conferma i pilastri della legge:
soglia al 5 per cento, nessun premio di governabilità e nomi dei candidati
sulla scheda. «La soglia al 5% è un elemento inamovibile del sistema tedesco -
chiarisce il leader Pd - e l'altro elemento cardine è che la scheda deve avere
i nomi».
No ai «veti» dei piccoli partiti, è
la linea del Pd e anche di Silvio Berlusconi che smentisce retroscena su una
sua contrarietà alla soglia al 5. «Fosse per me la porterei all'8 per cento»,
rincara il Cavaliere. Porta sbattuta in faccia ad Angelino Alfano per il quale
«l'impazienza del Pd di portare l'Italia al voto tre o quattro mesi prima in
piena legge di stabilità costerà» miliardi all'Italia. Ma il leader di Ap non
si perde d'animo e annuncia il suo progetto di aggregare «una coalizione liberale
popolare che supererà la soglia». Per altri motivi e su un altro fronte, c'è il
ministro e leader della minoranza Pd Andrea Orlando.
«Puntare ad elezioni in autunno
rischiando l'esercizio provvisorio di bilancio significherebbe assumersi la
responsabilità di un salto nel buio», protestano 31 senatori legati al
Guardasigilli. Il dubbio, chiede Orlando in direzione, è «se questo sistema
garantirà stabilità». Preoccupato per le difficoltà di approvare la legge di bilancio
entro il 31 dicembre in caso di conclusione anticipata della legislatura si
dice anche il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan.
«Sotto ciclo elettorale - sostiene
il titolare di via XX Settembre - in Italia ma anche negli altri Paesi, è molto
difficile fare dei cambiamenti». In caso di elezioni tra settembre e ottobre si
dovrà infatti fare lo slalom tra impegni con Bruxelles, insediamento del nuovo
Parlamento e giuramento del governo su una maggioranza che, con il sistema
tedesco, potrebbe formarsi dopo le urne in caso di assenza di un vincitore
chiaro. Ma il commissario agli affari economici Pierre Moscovici è attento a
non entrare in valutazione politiche dei singoli paesi: «Le elezioni non sono
mai un problema, siamo preparati a prendere tutte le decisioni per ogni tipo di
situazione».
Mentre il Colle è attento a non fare
valutazioni prima dell'approvazione della riforma elettorale, Gentiloni non ha
intenzione di mutare la sua azione di governo finchè sarà chiamato a reggere il
paese. «Ribadisco che il governo - sostiene il premier che oggi ha incontrato
il primo ministro canadese Justin Trudeau - si augura un'intesa sulla legge elettorale,
ma che non abbiamo un ruolo da protagonisti. Confermo che il governo è nella
pienezza dei suoi poteri e ha degli impegni che intende mantenere».
La Nuova Sardegna
Pigliaru:
«Non dimetterti»Ma la giunta non è a rischio
Il
governatore respinge il forfait dell'assessore, ma già si parla del sostituto
di Umberto Aime
CAGLIARIStesso mezzo, una lettera,
per scrivergli «le tue dimissioni
non sono accettate». Il presidente
Francesco Pigliaru ha risposto così
(il testo integrale è pubblicato a
fianco) al suo ex assessore Paolo
Maninchedda. Anzi, per il
governatore lo è ancora: «Sono convinto e lo
spero - ha detto nel giardino di
Villa Devoto - che la trattativa sia
ancora possibile». La fiducia di
Pigliaru è evidente, anche se in
serata sarà un messaggio di
Maninchedda, rimbalzato da un iphone
all'altro, a gelare possibili
entusiasmi.
«Oggi sto meglio. Cosa farò
da oggi in poi e dopo la lettera -
che avrebbe molto apprezzato - del
presidente? Nulla». Sono state
queste le poche frasi ufficiose capaci
di superare il muro di silenzio
sollevato intorno a sé dall'ex
assessore.La crisi c'è. Non è un
incidente di percorso e potrebbe
trasformarsi presto in una valanga
se la soluzione non dovesse saltare
fuori prima di sabato. Qualunque
potrebbe essere: il ripensamento,
sempre più difficile, di chi s'è
dimesso o la più probabile staffetta
in giunta fra i sovranisti. Il
centrosinistra, con in testa il Pd, ha
paura che ci possa essere un effetto
contagio nell'alleanza, altri
come Maninchedda potrebbero
ribellarsi, e sarebbe una tragedia a poche
settimane dalle elezioni
amministrative dell'11 giugno e soprattutto a
una manciata di mesi dal sempre più
probabile scioglimento delle
Camere. Tanto che il segretario del
Pd Giuseppe Luigi Cucca ha
lanciato un appello agli alleati:
«Abbiamo bisogno di una profonda
riflessione, è indispensabile fra
noi ci sia un confronto responsabile
e schietto, però oggi più che mai è
indispensabile ricompattarci».
Ma i nervi sono ancora troppi tesi
dopo l'addio di Maninchedda: la
lettera di lunedì e soprattutto il
suo contenuto devono essere ancora
essere metabolizzati dalla giunta
(ieri a Villa Devoto il caso ha
tenuto banco per un'ora buona) e dal
centrosinistra.La sorpresa. Prima
della lettera con cui ha respinto le
dimissioni, inviata nel tardo
pomeriggio, in mattinata Pigliaru ha
detto: «Sono sorpreso per i tempi
che ha scelto, perché con Paolo
(senza pronunciare mai il cognome
dell'assessore e rendere così il
tono della dichiarazione più
confidenziale) abbiamo parlato
spesso delle difficoltà e della fatica
di governare. Tutti sanno che fra e
me Paolo ci sono state anche di
recente differenze di opinioni, ma
insieme abbiamo fatto un grande
lavoro e sono orgoglioso dei
risultati ottenuti assieme. Però rispetto
le decisioni di ognuno, ma non posso
nascondere che queste dimissioni
mi hanno sorpreso». Poi poche ore
dopo, sempre da Villa Devoto,
arriverà la richiesta ufficiale:
«Caro Paolo, ripensaci».L'album.
L'Agenzia Ansa, dopo un lavoro
certosino di ricerca negli archivi del
blog «Sardegna e libertà», il
giornale online dell'ex assessore, ha
rilanciato le frasi più
significative - dal 2014 in poi - di
Maninchedda contro lo Stato. Eccole:
«È violento, immobile nei
confronti della Sardegna, gonfiato
com'è di strutture che hanno poteri
esorbitanti».
Poi: «È uno Stato che non produce
ricchezza, minaccia di
continuo le libertà individuali,
rinuncia a investire in educazione,
conoscenza e solidarietà». Oppure:
«Cambia di volta in volta le regole
del gioco pur di trattenere la
nostra ricchezza, compresa quella dei
pastori, nelle sue tasche». Alla
fine, come ha scritto nella lettera
indirizzata avantieri a Pigliaru,
«quando mi sono sentito isolato
anche in giunta sul futuro in cui
credo sempre più della Nazione
sarda», ha tagliato il cordone
ombelicale. L'ha fatto anche in
passato: prima con Renato Soru, nei
primi anni Duemila, poi con Ugo
Cappellacci, nella legislatura
successiva, quando entrato nel Psd'Az,
rinnegò poi l'alleanza dei Quattro
mori con il centrodestra. Quelle
due volte, Maninchedda litigò di
brutto, nella terza più che il corpo
a corpo pare aver cercato, con
Pigliaru, un confronto di alto profilo,
ma con lo stesso risultato del
passato.
L'addio in corso d'opera.Il
Pds. È rimasto spiazzato dalla
scelta del suo presidente. Dicono che
alcuni consiglieri regionali e
diversi simpatizzanti abbiamo saputo
delle dimissioni solo mezz'ora prima
o addirittura a cose fatte.
Seppure sotto choc, il Partito dei
sardi non s'è perso d'animo. Il
giorno dopo lo strappo ha convocato
un vertice con i cinque
consiglieri regionali - Gianfranco
Congiu, Augusto Cherchi, Roberto
Desini, Piermario Manca e Alessandro
Unali - presenti il segretario
Franciscu Sedda e l'ex Zona Franca
Modesto Fenu, che fa parte del
direttivo. Il conclave è durato a
lungo e alla fine una prima
decisione è stata presa: «Non
usciremo dalla maggioranza e saremo
presenti ancora in giunta». Con chi?
Oggi forse lo sveleranno in una
conferenza stampa annunciata
affollata e in cui saranno presenti
iscritti e simpatizzanti sovranisti.
«Perché la nostra scelta di
rimanere nel centrosinistra - hanno
detto - è stata collegiale, ma
questa giunta sulla Nazione Sarda
deve cambiare passo». Poi venerdì,
in delegazione, busseranno al
portone di Villa Devoto e allora si
saprà chi sarà il nuovo assessore ai
lavori pubblici proposto a
Pigliaru.
La
lettera
«Proseguiamo
il lavoro insieme»
Caro Paolori spetto profondamente le
motivazioni che esponi nella tua
lettera. Ne comprendo la dimensione
più personale e il bisogno di
potersi fermare per ragionare e
ritrovare le motivazioni più profonde.
Ne comprendo anche il senso politico
a partire dalla condizione di
solitudine che spesso accompagna i
momenti più faticosi di chi ha
responsabilità di governo. È una
condizione che in varia misura ha
riguardato ciascuno di noi.
Cionondimeno penso che il grande lavoro
che abbiamo fatto assieme e che tu
stesso ricordi, la qualità
istituzionale che abbiamo seminato
pur avendo utilizzato talvolta
approcci diversi, il mio
riconoscente, forte apprezzamento per la tua
attività, siano gli obiettivi che ci
siamo dati e per i quali hai
lavorato così duramente.
Caro Paolo, ti ribadisco perciò il
mio pieno
rispetto, la comprensione e la
discrezione che sono necessari per gli
aspetti più strettamente personali
alla base delle tue scelte. Allo
stesso tempo ritengo che invece
sussistano le condizioni politiche per
non accettare le tue dimissioni e
per ragionare nelle prossime ore,
assieme a te, al Partito dei sardi,
che ha avuto sempre un ruolo
costruttivo e leale, e alla
coalizione che rappresento, sui modi con
cui proseguire questo importante
lavoro, a partire da una serena
valutazione sui dossier aperti e sul
rapporto con lo Stato e con i
governi nazionali.Con fraterna
amiciziaFrancesco Pigliaru
L'opposizione:
centrosinistra diviso su tutto. Cocco, Pd: andiamo avanti
Forza
Italia legge i titoli di coda
CAGLIARINei banchi del centrodestra
hanno cominciato il conto alla
rovescia, fanno sapere da Forza
Italia. «Se la giunta Pigliaru -
dicono - continuerà a perdere un
assessore dopo l'altro con questo
ritmo, uno o due ogni trenta giorni,
non basterà un altro rimpasto a
tenerla in piedi. Ormai è un
centrosinistra sempre più diviso su tutto
e la legislatura rischia di
trasformarsi in un'agonia fino al giorno
delle elezioni anticipate». Qualche
giorno fa, prima delle dimissioni
di Maninchedda, dall'Udc ai
Riformatori avevano parlato di strappo
evidente fra giunta e maggioranza
fino a denunciare: «Se non cambia
qualcosa, macché due anni, il
centrosinistra su sanità, urbanistica e
sui dei rapporti con lo Stato, che
continua a sbattere la porta in
faccia alla Sardegna, salterà per
aria fra pochi mesi».
Con i Fratelli
d'Italia pronti nel rilanciare: «Ora
sono al fuggi fuggi. Nessun
partito al governo vuole più essere
confuso con il fallimento di
Pigliaru». A puntare il dito contro
la Regione è anche - fuori dal
Palazzo - il Movimento Cinque
Stelle. «Se Maninchedda - ha scritto
Mario Puddu - avesse avuto a cuore
il futuro dei sardi, avrebbe dovuto
fare un passo indietro molto prima e
subito dopo gli schiaffi ricevuti
a Roma dalla giunta di cui ha fatto
parte». A respingere l'ipotesi di
una conclusione anticipata della
legislatura è il centrosinistra. Dal
Pd in giù l'appello lanciato
all'assessore dimissionario è uno solo:
«Ripensaci». Con Pietro Cocco,
capogruppo del Partito democratico, che
ha una certezza: «Abbiamo bisogno di
tutte le forze possibili per
andare avanti e rispettare il patto
con gli elettori».
Ma da Roma il
senatore Luciano Uras di Campo
progressista, partito escluso
dall'ultimo rimpasto, a marzo, non
nasconde invece il suo pessimismo:
«Escludere noi e altri dalla giunta
è servito solo ad aumentare il
caos e la lontananza dai problemi
della gente. Se vogliamo rilanciare
la vertenza Sardegna, è
indispensabile un maggior coinvolgimento delle
forze progressiste, autonomiste e
sociali». Con la replica immediata
del segretario del Pd Giuseppe Luigi
Cucca: «Non è certo questo il
momento degli anatemi. Non
disgreghiamoci, restiamo uniti». Però
sempre per il Campo, stavolta col
deputato Roberto Capelli, storico
avversario di Pigliaru, «la
delusione nel centrosinistra e non solo,
cresce di giorno in giorno e la
rabbia è sempre più dietro l'angolo».
Per Pierfranco Zanchetta, capogruppo
dell'Upc, «non dobbiamo più
sottometterci allo Stato che
continua a voltare le spalle alla
Sardegna». A questo punto è
indispensabile un vertice di maggioranza.
Ci sarà, in settimana.
«Polveri
a Macchiareddu? Colpa del riscaldamento»
il
caso fluorsid »le indagini di Mauro Lissia
CAGLIARISecondo l'Agenzia regionale
per l'ambiente le nubi di polveri
sottili (Pm10) che nel 2015 facevano
andare più volte fuori servizio
le centraline di monitoraggio a
Macchiareddu e ad Assemini erano
prodotte per il 56 per cento dai
caminetti domestici, dalle stufe
tradizionali e dalle caldaie
installate nelle case. Sempre gli
impianti di riscaldamento
producevano il 64 per cento delle
micropolveri Pm2,5 e l'83 per cento
di benzopirene soprattutto nel
periodo invernale. Nella tabella coi
dati contenuta nella relazione
annuale sulla qualità dell'aria in
Sardegna per il 2015 elaborata
dall'Arpas non c'è traccia della
produzione Fluorsid, malgrado
ispezioni e rilievi condotti nelle
abitazioni di cittadini autori di
denunce e segnalazioni, stanchi di
dover respirare le polveri di
Fluorite portate dal vento e
provenienti dallo stabilimento di
Macchiareddu, abbiano dato al Corpo
Forestale la certezza sull'origine
dell'inquinamento.
A leggere la relazione
sull'agglomerato di
Macchiareddu «gli impianti di
riscaldamento sono sempre più spesso
obsoleti e non garantiscono
un'efficace combustione con elevati
rendimenti e ridotto inquinamento
atmosferico. Questi impianti termici
mostrano elevate emissioni di
polveri sottili, tali da compromettere
la qualità dell'aria anche quando il
loro numero sia minoritario». La
tabella con le emissioni tradotte in
milligrammi conferma: caminetti e
caldaie sono in testa come fonti
principali di polveri sottili,
seguite con grande distacco dalla
produzione di calcestruzzo, porti,
estrazione, produzione di laterizi,
veicoli leggeri e veicoli pesanti.
Nessun riferimento alle produzioni
della Florsid. Il capitolo
Macchiareddu della relazione si
chiude con un'affermazione
tranquillizzante: «In definitiva si
può concludere che la qualità
dell'aria presenta nell'agglomerato
di Cagliari criticità per il Pm10,
sebbene non ecceda nel numero di
superamenti del valore limite sulla
media giornaliera».
Va ricordato che già nel 2015 le
denunce da parte
di aziende agricole e privati
cittadini, oltre che da parte di altri
stabilimenti industriali, erano
all'ordine del giorno. Scrive il
giudice Ornano nell'ordinanza di
custodia cautelare destinata a sette
persone: «Le persone abitanti le
zone periferiche dell'abitato di
Assemini lamentavano che, specie
quando spirava il vento, le polveri
si infilavano in casa anche
attraverso gli infissi, creando
dappertutto una densa patina
biancastra, tutti avevano lamentato
bruciori agli occhi ed alle vie
respiratorie, avevano riferito
dell'odore acre e acido delle
polveri.
Alcuni avevano notato effetti
nocivi sui figli minori, e altri li
avevano paventati». Ma per l'Arpas
la colpa è dei caminetti domestici
oppure - come è scritto nella
relazione e riportato dal gip,
all'arrivo «di polveri dal Sahara».La
relazione del 2015 è all'attenzione
del Corpo Forestale, che indaga
per associazione a delinquere in
inquinamento e disastro ambientale.
Sospeso il capitolo discariche dopo
gli ultimi ritrovamenti dell'altro
ieri e acquisiti documenti all'Asl e
all'assessorato regionale
all'ambiente, gli uomini del
commissario Fabrizio Madeddu sono
impegnati in queste ore a incrociare
i dati raccolti nel corso
dell'indagine con i documenti
dell'Arpas e dell'Ispra, i due organismi
incaricati di monitorare lo stato
dell'ambiente. Attiivtà carente,
come ha osservato il gip Ornano,
nonostante la Regione non abbia
lesinato gli investimenti per tenere
in piedi il sistema delle
centraline diffuse nell'isola: il 24
ottobre 2016 sono stati destinati
solo per la manutenzione della rete
un milione e 508 mila euro, con un
appalto complessivo pari a due
milioni e 459 mila euro. Soldi che
dovevano servire a fermare sul
nascere situazioni come quella
scatenata dalla Fluorsid nell'area
industriale di Cagliari, sulla
quale invece ha dovuto intervenire
la Procura della Repubblica.
Unione Sarda
Il
Pd: l'Isola ritrovi un ruolo autonomista Ma c'è chi vuole il voto
Scrivere il capitolo finale della
vicenda Maninchedda non è una cosa
semplice. Lo sanno bene i partiti
del centrosinistra, che si
interrogano sulla tenuta della
coalizione e sulle prossime mosse del
Partito dei sardi. Perché se è vero
che quella dell'assessore è una
vicenda molto personale, le
conseguenze politiche si potrebbero
allargare a macchia d'olio.
Stamattina gli esponenti del Partito dei
sardi parleranno dopo due giorni di
silenzio ed è probabile che emerga
una certa necessità di rivedere la
bussola della maggioranza, troppo
lontana dalle battaglie sovraniste.
Ma il clima in maggioranza è
soggetto a tensioni improvvise come
testimonia il botta e risposta tra
il segretario regionale del Pd,
Luigi Cucca e il senatore di Campo
progressista, Luciano Uras.
LO STATO Il rapporto conflittuale
con lo Stato, citato tra le
motivazioni dell'addio, sembra aver
aperto il vaso di Pandora nella
maggioranza. Tanto che, anche Luigi
Cucca, ribadisce «l'importanza che
la Sardegna si riappropri del suo
ruolo autonomista e faccia sentire
la sua voce anche battendo i pugni
sul tavolo». Dunque, Maninchedda
non si senta solo perché «capita
anche a noi in Parlamento di avere la
sensazione di lottare contro i
mulini a vento anche se il governo ha
comunque dimostrato di essere vicino
alla Sardegna», dice Cucca. Il
segretario ipotizza un incontro per
affrontare il tema della tenuta
della maggioranza e risolvere qualsiasi
problema, nel tentativo
comunque che «l'assessore possa
ritornare sui suoi passi e rinunciare
alla dimissioni».
GLI ATTACCHI Il senatore di Campo
progressista, Luciano Uras, dopo
aver preso atto che «il rimpasto non
ha rilanciato la Giunta», punta
il dito contro l'amministrazione
regionale. «Si allontana dalla
comunità e si autodisgrega», attacca
il senatore, preoccupato per la
«condizione di disagio della
Sardegna senza una guida». Nei prossimi
giorni il futuro della legislatura
diventerà oggetto di confronto in
maggioranza perché è un tema da «non
nascondere sotto il tappeto». Ma
l'attacco non va giù al segretario
dem perché «parlare di
autodisgregazione, dopo le
dimissioni di un assessore, per attaccare
Pigliaru e la Giunta, è un atto di
strumentalizzazione». Il deputato
di Campo progressista, Roberto
Capelli si scaglia contro «le
dichiarazioni politiche di
circostanza» e aspetta le «dimissioni che
contano perché la Sardegna ha
bisogno di una guida trasparente, salda
e autorevole».
«SOTTOMESSI» L'atto di accusa di
Maninchedda nei confronti dello Stato
riapre le ferite sulla vicenda della
Maddalena. Il capogruppo
dell'Upc, Pierfranco Zanchetta usa
parole dure nei confronti dello
Stato e dei «suoi rappresentanti
truffaldini che hanno fatto carne di
porco dell'isola». Atto d'accusa
anche per la Regione «vittima passiva
dell'arroganza romana ai quali non è
corrisposta un'adeguata azione di
contrapposizione». L'atto di
riconoscimento nei confronti di
Maninchedda è per il suo «cimentarsi
in questa partita senza essere
messo in condizione di portare a
casa il risultato a favore della
Maddalena e della Sardegna».
Matteo Sau
La
replica del governatore all'assessore: «Non accetto le dimissioni»
Ma
Maninchedda non revoca l'addio alla Giunta
Pigliaru:
«Caro Paolo, resta al tuo posto»
Caro Francesco, caro Paolo. I
protagonisti del più grave terremoto
della legislatura regionale, dopo
tre anni di telefonate quotidiane,
colloqui e messaggi a raffica,
sentono il bisogno di dirsi addio con
le care, vecchie lettere. Lunedì
quella in cui Paolo Maninchedda
annunciava le sue dimissioni
dall'assessorato ai Lavori pubblici; ieri
un'altra a firma Pigliaru, con cui
il governatore tenta di non perdere
uno dei suoi collaboratori più
stretti. «Ritengo che sussistano le
condizioni politiche per non
accettare le tue dimissioni - scrive a
Maninchedda - e per ragionare
insieme sui modi con cui proseguire
questo importante lavoro». Ma chi ha
in tasca dieci euro, non li punti
sul ripensamento: sarà molto
difficile rivedere l'assessore al suo
posto. Chi ci ha parlato lo descrive
psicologicamente già lontano. Per
dire: pare che abbia fatto subito
disattivare la sua casella mail
della Giunta.
SILENZIO Non che ci siano finora
parole ufficiali (né ufficiose) di
Maninchedda per commentare l'appello
di Pigliaru. A rendere
improbabile la retromarcia sono i
concetti già consegnati agli atti
dall'assessore dimissionario: nella
comunicazione di due giorni fa non
si è limitato a confidare la propria
stanchezza personale per le
battaglie con mulini a vento come
l'Anas, l'Enel, i debiti di Abbanoa.
Ha raccontato anche un isolamento
politico, in maggioranza e in
Giunta, sul tema a lui più caro: la
necessità di uno scontro aperto
con lo Stato. Lui a dire il vero lo
chiama indipendenza, ma da
Pigliaru non avrebbe preteso tanto.
Però nella lettera di ieri, sia pure
in maniera più sintetica della
precedente (meno di 1.500 battute
contro oltre 7.900), il governatore
raccoglie alcuni degli spunti di
Maninchedda. In prima battuta gli
esprime comprensione sia per la
fatica personale, sia per la
condizione di solitudine, «che in
varia misura ha riguardato ciascuno
di noi». Poi gli riserva elogi non
di circostanza: «Penso che il
grande lavoro fatto assieme, la
qualità istituzionale che abbiamo
seminato pur talvolta con approcci
diversi, il mio riconoscente, forte
apprezzamento per la tua attività,
siano l'argomento migliore per
auspicare un impegno ancora comune».
E per «non accettare» le
dimissioni.
COL GOVERNO Ma Pigliaru non si ferma
qui. Aggiunge la volontà di
«ragionare nelle prossime ore,
assieme a te, al Partito dei Sardi e
alla coalizione sui modi con cui
proseguire questo importante lavoro».
E proseguirlo - ecco il passaggio
più rilevante - «a partire da una
serena valutazione sui dossier
aperti e sul rapporto con lo Stato e i
governi nazionali». Del resto, pur
senza condividere l'orizzonte
indipendentista, lo stesso
governatore ha accentuato di recente il
tono polemico con Roma. Come quando,
meno di due mesi fa, ha definito
«inaccettabili» i tagli imposti per
risanare il debito pubblico
italiano.
Pigliaru sa meglio di chiunque altro
che un ripensamento di
Maninchedda è assai improbabile. E
non sembra neppure preoccupato per
le voci di una fine anticipata della
legislatura. Ma sa che per
scongiurare i rischi bisogna
rinsaldare la missione della maggioranza.
E non intende ignorare le istanze
del Partito dei sardi, che per altro
conta cinque consiglieri regionali.
Non sembra che il gruppo intenda
passare all'opposizione: la stessa
lettera di Maninchedda ipotizza una
staffetta all'assessorato, con un
nome di quell'area. Eppure non è
detto che il Pds intenda indicare il
nuovo assessore. Sarebbe come far
finta di niente sulle critiche del
loro leader allo scarso profilo
anti-Stato della Giunta. Al tempo
stesso, se quel posto venisse ceduto
ad altri alleati sarebbe un
affronto per il partito.
SCENARI Una soluzione potrebbe
essere un interim assunto dallo stesso
presidente. O al limite dal vice
Raffaele Paci, che occupandosi di
entrate e vertenze simili ha
sperimentato più di altri com'è arduo
trattare col governo. A meno che non
si trovi un nome valido sotto il
profilo delle competenze ed esterno
al Partito dei sardi, ma non
sgradito (Gian Valerio Sanna?). Una
cosa sembra certa: Pigliaru - che
dovrà a breve risolvere il problema
della sostituzione di Massimo
Deiana ai Trasporti, e pare che
voglia farlo in fretta - non intende
impelagarsi in un altro rimpasto
infinito. Quindi è da escludere che
si riapra un grande valzer degli
assessorati.
Giuseppe Meloni
Dal
presidente l'appello in extremis
La
risposta alla lettera di congedo inviata ieri dall'alleato
Pubblichiamo
la risposta di Francesco Pigliaru alla lettera di Paolo
Maninchedda.
«Caro Paolo,
rispetto profondamente le
motivazioni che esponi nella tua lettera. Ne
comprendo la dimensione più
personale e il bisogno di potersi fermare
per ragionare e ritrovare le
motivazioni più profonde. Ne comprendo
anche il senso politico, a partire
dalla condizione di solitudine che
spesso accompagna i momenti più
faticosi di chi ha responsabilità di
governo. È una condizione che in
varia misura ha riguardato ciascuno
di noi.
Cionondimeno, penso che il grande
lavoro che abbiamo fatto assieme e
tu stesso ricordi, la qualità
istituzionale che abbiamo seminato pur
avendo utilizzato talvolta approcci
diversi, il mio riconoscente,
forte apprezzamento per la tua
attività, siano l'argomento migliore
per auspicare un impegno ancora
comune per realizzare pienamente gli
obiettivi che ci siamo dati e per i
quali hai lavorato così duramente.
Caro Paolo, ti ribadisco perciò il
mio pieno rispetto, la comprensione
e la discrezione che sono necessari
per gli aspetti più strettamente
personali alla base delle tue
scelte. Allo stesso tempo ritengo invece
che sussistano le condizioni
politiche per non accettare le tue
dimissioni e per ragionare nelle
prossime ore, assieme a te, al
Partito dei Sardi, che ha avuto
sempre un ruolo costruttivo e leale, e
alla coalizione che rappresento, sui
modi con cui proseguire questo
importante lavoro, a partire da una
serena valutazione sui dossier
aperti e sul rapporto con lo Stato e
con i governi nazionali.
Con fraterna amicizia»
Francesco Pigliaru
Heminas:
Giunta in crisi e non c'è legge elettorale
Il
centrodestra: legislatura finita M5S: dimissioni fuori tempo
«La legislatura è finita. Si deve
dimettere Pigliaru, non i suoi
assessori». A ventiquattro ore di
distanza dalle dimissioni di
Maninchedda, il coordinatore
regionale di Forza Italia, Ugo
Cappellacci, tenta di scrivere la
parola “fine” all'esperienza della
Giunta. A motivarlo sono una serie
di esperienze ritenute
«fallimentari sul piano politico
come lo smantellamento della
continuità aerea, l'accordo con la
Tirrenia, lo sfascio della sanità
con i super-stipendi per i manager e
i disservizi per i cittadini».
Sulle dimissioni, Cappellacci
intravede il gesto di chi «si accorge
del disastro e lascia una barca
ormai priva di qualcuno che tenga il
timone».
LE DISTINZIONI Davanti a una «scelta
personale» il capogruppo dell'Udc
in Consiglio regionale, Gianluigi
Rubiu, preferisce non «cavalcare gli
eventi per attaccare una Giunta che
non condividiamo». Rubiu, però,
concede a Maninchedda «grandi
capacità politiche che lo hanno portato
molto spesso a essere una voce fuori
dal coro». Pressappoco sulla
stessa linea anche Pietrino Fois,
coordinatore regionale dei
Riformatori che, però, non perdona
all'ex assessore ai Lavori pubblici
di «aver fatto parte di questo
governo della Sardegna, che si è
rivelato decisamente negativo».
Dunque, nessun attacco sulle
motivazioni umane ma se la scelta
dovesse rivelare una radice politica
allora «anche lui dovrà condividere
il fallimento di tutta la Giunta».
«FUORI TEMPO» Mario Puddu, sindaco
di Assemini del Movimento 5 stelle,
scrive su Facebook il suo parere
sullo scossone delle dimissioni. Una
scelta che l'esponente pentastellato
reputa «fuori tempo massimo e
tardiva», con delle motivazioni
precise. Puddu è convinto che
Maninchedda «avrebbe avuto maggior
considerazione se avesse fatto un
passo indietro subito dopo le
sconfitte incassate a Roma dalla Giunta
Pigliaru».
HEMINAS Le elezioni anticipate non
sono un'ipotesi concreta, ma se
così fosse si voterebbe con «una
legge elettorale priva della norma
sulla doppia preferenza di genere».
A suonare il campanello d'allarme
sono le rappresentanti di Heminas,
la rete che riunisce numerose donne
sarde per incentivare la presenza
femminile nelle istituzioni. Ogni
volta che c'è il rischio della fine
anticipata della legislatura, si
ripresenta il problema perché ancora
il Consiglio regionale non è
intervenuto per colmare questa
lacuna. Per le rappresentanti di
Heminas «non è più tollerabile che
la Sardegna vada al voto senza
alcun meccanismo di garanzia a
favore di una equa rappresentanza di
donne nella massima assemblea
regionale». (m. s.)
CARBONIA.
Colpo a sorpresa del sindaco: l'ex avversario entra nello staff
Andrea
Corda era il capolista di Unidos nelle elezioni del 2016
Da avversari nella campagna
elettorale a collaboratori. Un anno fa si
misuravano, assieme ad altri quattro
candidati, nella competizione per
conquistare la carica di primo
cittadino. Adesso invece Paola
Massidda, primo sindaco M5S, ha
sciolto la riserva e deciso di
individuare come segretario del suo
ufficio di staff Andrea Corda,
cioè l'ex candidato sindaco nelle
file di Unidos. Il contratto è da
formalizzare (fra oggi o domani) ma
già da alcuni giorni Andrea Corda,
36 anni, curriculum di tutto
rispetto, ha iniziato a prender contatti
con gli uffici in attesa di assumere
servizio accantonando il suo
credo politico per svolgere un ruolo
strettamente tecnico.
IL CONTRATTO Sarà per un anno
componente part-time dello staff,
svolgendo un compito di carattere
fiduciario tant'è che la legge
consente al primo cittadino di
scegliere la persona che ritiene più
indicata. Anche se si tratta, come in
questo caso, di un ex
avversario. «Andrea Corda –
sottolinea Paola Massidda – è un
professionista serio, ho avuto modo
di conoscerlo proprio nel corso
della campagna elettorale dello
scorso anno e mi aveva fatto una buona
impressione per la lealtà e la competenza».
Paola Massidda sgombra il
campo dalle interpretazioni
politiche di questa assunzione: «Si
sottrae a speculazioni di questo
tipo: è un giovane valido e il fatto
che avesse preso non pochi voti va a
suo merito».
L'EX AVVERSARIO Andrea Corda, in effetti,
aveva portato a casa 1.317
voti (la lista singola circa mille).
È stato scelto nell'ambito di una
selezione fra circa 60 candidati: il
bando era stato indetto un mese
fa. Laureato in Scienze della
comunicazione all'Università La Sapienza
di Roma, dottorato in Storia moderna
e contemporanea sul giornalismo
all'Ateneo di Cagliari, vincitore di
premi nazionali come lo
“Spadolini” e il “Pestelli”,
ricercatore universitario, ex direttore
di un'emittente tv locale,
nonostante il discreto risultato (che però
non gli è valso un posto in
Consiglio) Corda non si proclama un
politico di professione. E il nuovo
incarico non l'imbarazza: «Affatto
– conferma - finita la competizione
elettorale ho considerato chiusa
l'esperienza pur avendo mantenuto
buoni rapporti con i tanti che mi
avevano sostenuto: svolgerò un
incarico tecnico».
LA SFIDA ELETTORALE Della sfida
elettorale con Paola Massidda,
Giuseppe Casti, Ugo Piano, Francesco
Cicilloni e Daniela Garau,
ricorda un aspetto: «Il fair play
che nei miei confronti non è mai
venuto meno». Circostanza rimarcata
pure dal sindaco: «Fu un
avversario leale». Per ora silenzio
da parte delle forze di
opposizione consiliare.
Andrea Scano
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Federico Marini
skype: federico1970ca