Unione Sarda
Scanu in trincea. «Poligoni, basta»
Servitù militari che sottraggono
coste, altopiani e specchi di mare alla Sardegna e al suo sviluppo; soldati
mandati allo sbaraglio senza protezioni nelle zone inquinate dalle polveri
della guerra; morti sospette attorno ai poligoni sardi: Gian Piero Scanu,
deputato del Pd e presidente della commissione parlamentare d'inchiesta
sull'uranio impoverito, dichiara guerra: «È ora di cambiare». E schiera un armamento
imperniato su nuove leggi e regole. Finalmente a tutela della salute di quei
lavoratori speciali con le stellette, oggi usati come carne da macello e
destinati a non ricevere neppure i risarcimenti per le malattie prese durante
il servizio. E affinché le guerre simulate non violentino più la Sardegna.
Onorevole,
la Sardegna paga un peso eccessivo per le servitù militari?
«Eccessivo è un eufemismo. È
arrivato il tempo di agire. Lo ha già stabilito definitivamente una commissione
parlamentare d'inchiesta: occorre bonificare prima e dismettere poi Capo Teulada
e Capo Frasca e concentrare le attività a Quirra nel rispetto della salute dei militari
e delle popolazioni e dell'ambiente, con una adeguata riconversione delle
attività. Ed è soprattutto ora che alle decisioni del Parlamento seguano i
fatti. Governo e partiti stanno bloccando la riforma da noi pensata e
proposta».
Viene
sventolato il vessillo dei posti di lavoro che si perderebbero.
«Tutto falso. Nel nostro modello i
posti di lavoro resterebbero tutti. Chi agita questo fantasma non ha rispetto
per le persone. L'Italia è fondata sul lavoro, ma anche sulla tutela della
salute e dell'ambiente e sul rispetto delle leggi che deve valere per tutti,
militari compresi: i poligoni e le caserme non devono essere zone franche in cui
tutto è ammesso».
La
situazione per la commissione parlamentare d'inchiesta è allarmante.
«Per garantire la sicurezza sul
lavoro sono necessari la valutazione del rischio, l'adozione di misure
adeguate, controlli seri. Nelle Forze Armate abbiamo verificato che tutto
questo è in gran parte inadeguato. L'attività ispettiva è insufficiente e il
controllore troppo spesso dipende gerarchicamente dal controllato. In un mondo dove
i rischi sono più alti, paradossalmente la sicurezza è meno garantita».
Le
criticità nei poligoni sardi?
«Nessuno ha le carte in regola. E
parliamo non di impressioni, ma di dati documentati attraverso interrogatori su
persone informate sui fatti condotti da una commissione che ha il potere della magistratura».
A
Quirra?
«Napalm sotterrato, anni e anni di
esercitazioni senza alcuna bonifica, brillamenti di armi obsolete che
provocavano colonne di fumo alte 50 metri. Fatti di gravità provata dopo anni
di cinico “negazionismo” contrario alla civiltà giuridica e alla Costituzione. Chissà
cosa è stato sparato in 60 anni, chissà cosa c'è sotto il mare. Occorre che la
politica nazionale e regionale dia risposte concrete:
basta parole al vento».
A
Teulada?
«La penisola Delta è stata
ribattezzata “interdetta” perché secondo i militari per ripulirla dagli ordigni
esplosi e inesplosi occorrerebbero secoli. Ora è cominciata una bonifica che
procede alla velocità di dieci centimetri al giorno. Ci vorranno centinaia di
anni, appunto. Intanto si continua a sparare su quel pezzo di terra diventato
un bersaglio. Un accanimento contro uno degli angoli più belli della Sardegna».
A Capo
Frasca?
«Addirittura mai nessun controllo
ambientale e sanitario».
Come
si è arrivati a tutto questo?
«Le Forze Armate sono l'unico
soggetto nel panorama nazionale autorizzato a essere il controllore di se
stesso. La sicurezza sul lavoro è affidata a una giurisdizione domestica. La
responsabilità di tutto questo è innanzitutto della politica che ha legiferato
in questo modo e ora fa finta di non accorgersene».
Soldati
malati, non esistono dati attendibili presso l'Osservatorio epidemiologico
militare della Difesa.
«L'Osservatorio segue la vita
lavorativa e quella sanitaria dei militari finché sono in servizio, poi li
perde di vista. Una presa in giro. Senza alcuna validità scientifica. Abbiamo
cercato di porre rimedio affidando all'Istituto superiore di sanità il compito
di seguire l'intera vita sanitaria di tutti i militari che da quest'anno andranno
in missione. Ci si doveva pensare molto prima».
I
tribunali civili e amministrativi hanno condannato lo Stato a risarcimenti
milionari perché i soldati che si sono ammalati e poi sono morti non avevano le
adeguate protezioni suggerite dalla Nato.
Come
mai?
«È già inaccettabile che si debba
finire davanti a un tribunale per essere indennizzati per una malattia
riconducibile al servizio svolto. Ancor più inaccettabile che dopo due sentenze
sfavorevoli la Difesa ricorra in Cassazione: sto parlando di casi concreti.
Trasferendo la materia all'Inail come propone la commissione si passerebbe dal contenzioso
giudiziario a un contenzioso assicurativo: tempi rapidi, competenza,
indipendenza e autonomia di giudizio. Tutto questo l'Inail lo assicura a
milioni di lavoratori, può farlo benissimo anche per 200 mila militari».
In
Sardegna è stato in passato sparato uranio impoverito? «Non abbiamo trovato prove
certe di che cosa sia stato sparato e quando. E forse è ancora peggio. Ma
l'uranio impoverito è una questione superata: qualunque esplosione genera nano
particelle tossiche e cancerogene. Anche i brillamenti di materiali inesplosi
che restano sul terreno. L'esplosivo è il mandante, le nano particelle sono il
killer».
In
Sardegna sparati migliaia di missili Milan messi al bando dai paese produttore,
la Francia, all'inizio degli anni 2000.
«Il Milan è stato usato in molti
poligoni e ha lasciato sul terreno residui di torio, una sostanza radioattiva
che soltanto recentemente si sta cercando di rimuovere. Quando la nostra
commissione preannuncia la visita a un poligono quasi contemporaneamente si
cominciano a prendere prime misure. Anche qui sto parlando di casi concreti».
Le
bonifiche come procedono?
«Al momento siamo ancora alla fase
dei carotaggi o ai primi passi di bonifiche condotte lentamente e parzialmente.
Ma le previsioni di spesa sono inezie, i danni sono molto maggiori. Lo Stato ha
danneggiato e adesso deve porre rimedio restituendo ai sardi le zone così come
erano 60 anni fa. La bonifica dei poligoni deve essere un modello per il rispetto del
territorio devastato altrove anche da industria e turismo. Mai più un
centimetro della Sardegna deve essere ridotto a uno scempio».
Perché
la Difesa resiste?
«Ci troviamo di fronte a una
legislazione inadeguata che consente tempi lunghi e parametri poco stringenti.
La nostra Commissione sta presentando una proposta di legge
che ponga fine all'attuale situazione. C'è bisogno di una normativa che affermi
in modo netto che i poligoni non sono terra di nessuno dove tutto è concesso in
disprezzo di salute, ambiente, Costituzione; dopo ogni esercitazione debbono
essere effettuate le operazioni di bonifica; tutte le attività a fuoco debbono
essere documentate e deve essere garantito il libero accesso a questi dati agli
organi regionali di tutela dell'ambiente. In poche parole, trasparenza e
rispetto per beni pubblici che anche quando sono affidati alle Forze armate
restano un bene comune».
I
poligoni uccidono il turismo e creano danno per l'economia?
«I poligoni sono necessari per
garantire l'addestramento alle Forze Armate e quindi la sicurezza di tutti. Non
possiamo, però, rimanere fermi alle logiche della guerra fredda. Vanno
riconsiderati innanzitutto ridistribuendone il peso sul territorio nazionale e alleggerendo
la Sardegna. Il problema addestrativo va inoltre visto in chiave europea e
allora gli spazi si moltiplicano anche con vantaggi per tutti. In Sardegna
neppure un'altra zolla o un ulteriore centimetro di specchio di mare
devono essere sacrificati alla sicurezza nazionale».
La
Nuova Sardegna
Alghero -
Giunta in bilico l'Udc lascia Bruno e va all'opposizione
Il gruppo
consiliare: non sono arrivate adeguate garanzie
E ora il
sindaco non ha più la maggioranza per governare
di Gianni Olandi
ALGHERO Altro che Caronte: per la
politica algherese l'estate in corso
si fa sempre più calda. Il direttivo
dell'Udc e il gruppo consiliare
hanno infatti deciso di non
garantire più l'appoggio esterno in
consiglio comunale alla maggioranza
guidata da Mario Bruno.La
decisione è stata presa nel corso di
una riunione che si è tenuta
nella tarda serata di venerdì,
presenti i dirigenti del partito Lelle
Salvatore e Nina Ansini e i
consiglieri comunali Alessandro Loi e
Donatella Marino. Sul piano pratico
può significare che il sindaco non
ha più la maggioranza per governare
la città. Oggi, con il passaggio
dell'Udc all'opposizione, sul piano
numerico, sono prevalenti le
minoranze, 13 a 12.Ma come mai lo
scudocrociato ha deciso questo nuovo
colpo di coda a così breve distanza
dall'altro, l'uscita dalla
maggioranza e appoggio esterno?
Dall'Udc giunge una sola voce, quella
del gruppo dirigente e gruppo consiliare:
«Non abbiamo ricevuto
adeguate garanzie e atti concreti da
parte del sindaco Mario Bruno e
dai partiti della coalizione in
ordine alla realizzazione dei punti
programmatici che avevamo posto come
condizione primaria». La novità
dell'Udc avviene, tra l'altro, alla
vigilia del voto del consiglio
comunale sul bilancio consuntivo.
Il sindaco non avrebbe più i numeri
per approvare l'importante strumento
della programmazione comunale. Ma
su questo specifico argomento arriva
un provvedimento dell'assessorato
regionale agli Enti locali che
concede una deroga all'approvazione del
provvedimento in questione fino al
12 settembre. Provvedimento che
naturalmente non è stato assunto
solo per Alghero visto che sono
numerosi i comuni che si trovano
nelle stesse condizioni della Città
del Corallo. L'Unione di Centro
precisa ancora, a supporto della sua
decisione di passare
all'opposizione: «La nostra onestà intellettuale
ci impedisce di proseguire una
esperienza politica che non sembra
offrire più margini di realizzazione
secondo quanto più volte
richiesto e concordato. Lo facciamo
nell'esclusivo interesse della
collettività e rinunciando, senza
alcun rimpianto, a ricoprire
importanti ruoli istituzionali».
Ma a margine della decisione
dell'Udc
va segnalato che il pentolone della
politica algherese in questi
ultimi giorni e settimane non è mai
stato staccato dal fuoco.
Ragionamenti infatti sono stati
avviati a livello provinciale,
regionale e forse anche nazionale,
da parte del sindaco Mario Bruno in
direzione del Partito Democratico.
Componente politica della quale
l'attuale sindaco di Alghero è stato
esponente regionale per ben due
legislature ricoprendo anche cariche
di rilievo quali quella di
capogruppo e tesoriere. Una
militanza interrotta alla vigilia delle
amministrative algheresi quando,
appunto, Bruno decise di candidarsi a
sindaco con una lista civica e
grazie alla alleanza con l'Udc vinse le
elezioni andando proprio il Pd
all'opposizione. Una ferita ancora
aperta per essere dimenticata.
Almeno da queste parti.
Unione
Sarda 30 luglio 2017
Stanziato
il 18% delle risorse totali. Su mobilità e strade gli
interventi
più rapidi Patto Sardegna, un anno dopo Spesa ok ma troppa burocrazia
Un anno di Patto per la Sardegna e
un listino della “spesa” che vale
538,9 milioni di euro. Un elenco di
interventi che la Regione ha messo
in campo in questi mesi trascorsi
dall'accordo siglato a Sassari con
l'allora presidente del Consiglio,
Matteo Renzi. Il Patto vale in
tutto 2,9 miliardi di euro: una
parte (un miliardo e mezzo) dal Fondo
sviluppo e coesione 2014-2020, il
resto rappresenta la quota per
colmare gli svantaggi dovuti
all'insularità.
Sono fondi destinati soprattutto a
ferrovie, strade, continuità
territoriale aerea, metanizzazione.
I 538,9 milioni, pari a circa il
18% della somma totale, sono quelli
impegnati con delibere della
Giunta: «In alcuni casi sono già
disponibili», spiega il direttore
generale della presidenza della
Regione, Alessandro De Martini.
«MENO BUROCRAZIA» Luci e ombre per
il presidente della commissione
Bilancio, Franco Sabatini (Pd): «Si
stanno facendo grossi passi avanti
- dice - ma il problema rimane la
macchina amministrativa». A fronte
di «un impegno straordinario della
Giunta, spesso i funzionari
rallentano le procedure. Serve un
cambiamento». Primo anno di «spot
che non serve a nulla», invece, per
il consigliere regionale di Forza
Italia Stefano Tunis: «Abbiamo
sempre detto che erano risorse già
esistenti, ripresentate in chiave
elettorale un anno fa per vincere il
referendum».
STRADE Per le strade sarde il 2017
vale 204,4 milioni per
manutenzione, miglioramento e messa
in sicurezza. Vi rientrano i 30
milioni per la statale 554 (23,5 già
programmati e 6,5 da programmare)
che riguardano interventi per
svincoli e rotatorie. La realizzazione
del collegamento tra Burcei, Sinnai
e Maracalagonis, si prende 29,4
milioni, mentre sull'altra dorsale -
nella tra Cagliari, Pula e
l'aeroporto di Elmas - sono previsti
30 milioni per i collegamenti.
Per la sicurezza sulle statali 195 e
125 (gallerie, illuminazione,
prevenzione del rischio
idrogeologico) la Giunta ha stanziato 65
milioni di euro. Altri 50 in tutto
andranno a migliorare
complessivamente la rete stradale,
con interventi utili a ripristinare
il manto e la segnaletica
orizzontale.
DIGHE E PORTI In questo primo anno
di Patto per la Sardegna, per gli
invasi sono stati stanziati 50
milioni e altrettanti per i porti. I
fondi per le dighe serviranno per
finanziare complessivamente 46
progetti per renderle più sicure ed
efficienti.
Altri 50 milioni sono destinati al
completamento, ampliamento e alla
maggiore funzionalità dei principali
porti sardi. Le opere sono
concentrate su scavi di fondali,
realizzazione di nuovi attracchi per
traghetti e sul ripristino dei danni
dopo le violente mareggiate a
causa dei venti, registrate
soprattutto nel nord Sardegna.
ISCOLA Per l'edilizia scolastica nel
2017 sono stati impegnati oltre
10 milioni di euro dei complessivi
89 previsti per il progetto Iscola.
Un piano di interventi che prevede
la riqualificazione dei locali
delle scuole di qualsiasi grado
dell'Isola. L'obiettivo è restituire
ai ragazzi istituti adatti alla
didattica moderna e maggiormente
accoglienti, in grado di contribuire
al contrasto alla dispersione
scolastica che in Sardegna è un
fenomeno preoccupante.
TRASPORTI E MOBILITÀ Fino a oggi dal
Patto per la Sardegna sono stati
spesi 40 milioni di euro per il
contratto di servizio con Trenitalia
che dovrebbe garantire il trasporto
su ferro nell'Isola. Un
finanziamento di 15 milioni
riguarda, invece, il progetto di mobilità
elettrica che prevede l'acquisto di
veicoli e la realizzazione di
colonnine di ricarica e
infrastrutture sulle strade statali 131, 131
dcn e 130. Sempre in materia di
sostenibilità e reti intelligenti, per
la ricerca quest'anno il Patto
finanzierà 30 milioni di euro
complessivi.
LAVORO E AMBIENTE La spesa più alta
è per liberare gli edifici
pubblici dall'amianto, un intervento
che potrà fare affidamento su 15
milioni di euro, ai quali si
aggiungono altri 7,5 per bonificare le
discariche. Per quanto riguarda il
lavoro sono stati coperti con 45
milioni destinati all'Inps i ritardi
sugli ammortizzatori sociali per
i lavoratori. Infine, per la
gestione dell'acqua in agricoltura con
l'obiettivo di evitare gli sprechi,
i Consorzi di bonifica avranno 30
milioni di euro.
I TERRITORI La programmazione
territoriale riguarda gli accordi di
programma finanziati con diverse
fonti destinate allo sviluppo.
Strettamente legati al Patto sono
già stati stanziati 42 milioni di
euro per i progetti Città di paesi
della Gallura, Unione dei Comuni
Parte Montis, Marghine al Centro, e
Ogliastra: percorsi di lunga vita.
Matteo Sau
capelli
(centro democratico)
«Doppia
preferenza di genere da sempre nostra priorità»
CAGLIARI«Non è più rinviabile un
intervento da parte del consiglio
regionale sulla legge elettorale per
introdurre la doppia preferenza
di genere». Dal Centro Democratico
arriva un ultimatum su un tema
considerato di estrema importanza:
«Il nostro partito - dice il
deputato Roberto Capelli - è
proponente della legge sulla parità di
genere con la nostra consigliera
regionale Anna Maria Busia. Anche nei
giorni scorsi abbiamo evidenziato
come sia inutile aspettare oltre o
rimandare il tema a quando si
deciderà di rimettere mano a tutto
l'impianto della legge elettorale
regionale.
Introdurre la parità di
genere nella scelta dei
rappresentanti del popolo è di fondamentale
importanza per realizzare
un'effettiva democrazia compiuta: se una
democrazia non è compiuta non è una
democrazia». Oltre all'ultimatum
del Centro Democratico sulla doppia
preferenza di genere ha presentato
qualche giorno fa una proposta anche
il Partito dei Sardi, a breve
distanza dagli appelli della rete
Heminas e della Commissione
regionale pari opportunità.
29
luglio 2017
Il
rischio è non riuscire a modificare il testo approvato prima di sei mesi
Resta la
spaccatura. Peru difende la proposta. Forma: aboliamo il voto segreto
Scontro
tra consiglieri sulla norma antiprofughi
CAGLIARI Dentro o fuori? Per ora è
dentro. È l'emendamento, diventato
legge, legge sul turismo, che
all'improvviso ha tracciato un solco fra
gli alberghi, solo loro potranno
chiedere i contributi alla Regione, e
quelli trasformati in centri di
accoglienza per profughi, invece
tagliati fuori da qualunque
possibilità di finanziamento. È lo stesso
emendamento che ha scatenato
un'infinità di polemiche morali, «è
razzista, è nazista», e politiche.
Presentato dall'opposizione di
centrodestra, ha trovato in 7-8 voti
segreti del centrosinistra
un'inaspettata stampella nell'aula
del Consiglio. La macchia nera però
dovrebbe essere cancellata presto.
Chi governa, dunque la coalizione
guidata dal presidente Pigliaru, ha
presentato una proposta di legge
che abroga l'articolo incriminato,
anche se non è detto che il colpo
di spugna arrivi prima della
pubblicazione sul Bollettino ufficiale
della Regione.
Attenzione però: neanche la
cancellazione tempestiva è
sicura. Stando a un'interpretazione
del regolamento dovranno passare
almeno sei mesi prima che una legge
già approvata possa essere
corretta. Sono solo disquisizioni
tecniche o di sostanza? Di sostanza
per chi si è schierato contro
l'emendamento antiprofughi. Rossella
Pinna, consigliera regionale del Pd,
ha scritto su Facebook: «I miei
colleghi del centrosinistra che in
aula hanno votato a favore
dell'emendamento razzista,
dovrebbero provare una profonda vergogna.
Io di sicuro mi vergogno per loro».
Che «oltre a essere vigliacchi,
sono soprattutto dei deficienti», ha
scritto il deputato Roberto
Capelli, Campo progressista.
Mentre il parlamentare Michele
Piras,
Articolo 1-Mdp, è stato deciso: «È
una norma anticostituzionale e sarà
impugnata dal governo». È lo stesso
che hanno detto i consiglieri
regionali di Mdp, con in testa Luca
Pizzuto: sono stati i primi a
contestare l'articolo. La maggioranza
di centrosinistra avrebbe fatto
bene ad ascoltare, prima del voto,
la consigliera regionale del Pd
Daniela Forma. In un vertice, aveva
detto: «Quest'emendamento è
scivoloso. Non basta dire che siamo
contrari, va approfondito». Non le
hanno dato retta e lo scivolone c'è
stato. Rovinoso fino a tal punto
che la stessa Forma prima non ha
sottoscritto la proposta di
legge-smacchiatore, «Era
un'ipocrisia fra le 30 firme del
centrosinistra c'era di sicuro anche
chi aveva votato a favore», e poi
in solitudine ha presentato la sua
di proposta. Questa: l'abolizione
del voto segreto in qualunque caso,
escluso quelli in cui «le
votazioni riguardino singole
persone».
Fin qui chi ha contestato
l'emendamento, ecco invece i
favorevoli. Oltre al primo firmatario
Antonello Peru, Fi, «chi parla di
razzismo non ha capito nulla e non
conosce la realtà», anche la
Confesercenti s'è detta favorevole. «Fra
gli albergatori e chi sceglie di
ospitare i migranti - è scritto in un
comunicato - le differenze sono
nette. Chi ha fatto la seconda scelta,
riceve i soldi dal ministero
dell'Interno e non può chiedere i
contributi destinati invece solo ai
professionisti del turismo». A far
da arbitro fra i due fronti è
intervenuto il governatore Pigliaru: «I
finanziamenti per il turismo devono
sostenere l'attività turistica e
quando le strutture fanno altro, che
si tratti di migranti o attività
non strettamente turistiche, sorge
un problema che va affrontato. Ma
non certo con poche righe
concentrate in un emendamento, tra l'altro
legato a doppio filo solo alle
persone nei confronti delle quali
invece abbiamo il dovere
dell'accoglienza, e neanche con un
inaccettabile voto segreto».
Ex parlamentari ed ex consiglieri
contro l'ok della Camera alla legge Richetti
«È incostituzionale: la
retroattività apre la strada al ritocco delle
pensioni di tutti»Gli ex onorevoli
in rivolta
«I vitalizi non si toccano»
di Alessandro Pirina
SASSARIL'ondata di antipolitica
rischia di travolgerli, di dimezzare i
loro vitalizi maturati in tanti anni
tra Camere romane e palazzi
cagliaritani. Una scure che ha avuto
il via libera di Montecitorio, ma
deve ancora fare i conti col
verdetto meno scontato di Palazzo Madama.
I big della politica che fu nel
mirino della legge targata Pd-M5s.
Sono più o meno un'ottantina gli ex
parlamentari sardi che dovranno
rivedere i loro conti in caso di ok
definitivo alla legge Richetti. E
oltre 300 gli ex consiglieri
regionali, o loro eredi, che potrebbero
vedere ridursi notevolmente il loro
vitalizio. Sarà il Senato a dire
l'ultima parola, ma forse non
basterà.
È facile immaginare che, in
caso di sì alla legge, sarà chiamata
in causa la Corte costituzionale.
Da più parti infatti si grida alla
illegittimità del provvedimento.
Alla sua unidirezionalità punitiva.
«Ci sarà un giudice a Roma, e non
solo a Berlino», scherza Giorgio
Carta, 79 anni, 13 in Consiglio
regionale, 11 da assessore, due
mezze legislature in Parlamento,
sottosegretario con Amato e Ciampi e
oggi presidente della
associazione degli ex parlamentari
sardi. E 2.300 euro al mese di
vitalizio da ex deputato e 4.500 da
ex consigliere. «La retroattività
è incostituzionale - afferma l'ex
segretario nazionale del Psdi -, ma
quello che preoccupa è la grande
confusione: il vitalizio è una
guarentigia posta dalla Carta.
Non è una pensione, ma un emolumento
per rendere possibile il lavoro del
parlamentare, autonomo e
indipendente. Se lo si vuole
trasformare in un lavoro dipendente lo
dicano, perché a quel punto il
rischio è che l'irretroattività venga
estesa a tutti i trattamenti
pensionistici». Rischio per le pensioni.
Per Carta dietro la legge Richetti
si nasconde il pericolo che in un
futuro neanche troppo lontano
vengano toccati i diritti acquisiti di
tutti i cittadini. «Nessuna delle
leggi sulla previdenza ha avuto
carattere retroattivo.
Né la riforma Dini né la Fornero. E
nessuno è
andato a toccare le baby pensioni di
chi è potuto andare dopo 14 anni,
6 mesi e un giorno di contributi. La
pericolosità di questa legge è
che si apre la stura e si rischia il
ritocco e il ricalcolo delle
vecchie pensioni di tutti i
cittadini».Antipolitica. Il numero uno
degli ex parlamentari sardi vede in
questa norma tracce evidenti di
incostituzionalità. «Non può essere
indirizzata verso una sola
categoria. Il problema è che oggi
bisogna colpire i politici. Mi
meraviglia la stupidità politica di
Renzi, che pretende di battere
l'albero e prendersi le mele, ma
alla fine a prendersele sarà solo il
Movimento di 5 stelle.
Sia che la legge passi o non passi
in Senato.
Bastava sentire Di Maio: "vi
abbiamo costretti a votare una legge che
non vi piace". È stato un grave
errore culturale definire una
guarentigia un privilegio. Io a 33
anni avevo una laurea in medicina,
tre specializzazioni e l'idoneità
primario. Non sono affatto pentito,
ma se allora non avessi iniziato con
la politica forse oggi avrei la
villa e il motoscafo, o comunque
avrei molti più soldi». Legge spot.
Tre legislature alla Camera e due al
Senato. Piergiorgio Massidda è
stato uno dei simboli isolani del
ventennio berlusconiano prima della
rottura con l'allora Pdl.
Ininterrottamente in Parlamento dal 1994 al
2011. Ogni mese riceve da Roma circa
5mila euro di vitalizio. «Se
avessi avuto una assicurazione
privata avrei preso molto di più». Il
no di Massidda alla legge Richetti
non è un no corporativo, assicura
lui. «Io sono l'unico che in 20 anni
ha lasciato una delle due
poltrone anche se non obbligato (nel
2011 si dimise dal Senato per la
presidenza dell'Autorità portuale di
Cagliari, ndr.).
E oggi sarei
pronto ad accettare qualsiasi
soluzione se dovesse servire veramente,
ma a mio avviso si tratta solo di
una legge spot - attacca Massidda -.
Avrei capito se fosse stata estesa a
tutte le categorie. Anche perché
si crede che siano i parlamentari a
prendere più soldi e nessuno si
ricorda dei magistrati, dei
giornalisti, dei generali. La verità è che
bisogna parlare solo dei politici.
Io mi rendo conto di essere un
privilegiato e non mi arrocco a
difendere i vitalizi, ma la legge è
uno strumento per arrivare ad altro.
Ha ragione Brunetta - conclude
l'ex parlamentare cagliaritano -:
questo provvedimento ha anticipato
un qualcosa che la gente ancora non
capisce. Prelude ad altri
interventi già anticipati dal
presidente dell'Inps, Tito Boeri, che
potrebbero andare a colpire la
povera gente».Guerra giuridica.
Deputato per soli due anni ai tempi
dell'Unione di Prodi, non ha
maturato i tempi per il vitalizio da
parlamentare. Antonio Satta,
leader dell'Upc, ha solo quello da
ex consigliere regionale. Circa
2.500 euro per la legislatura dal
1989 al 1994. «È in atto una gara
tra parte del Pd e il M5s.
Tra chi dà il segnale più forte
nella
competizione per distruggere la
classe politica - afferma Satta -. Non
è mai esistito che ci fosse una
retroattività, neanche nel diritto
penale, ma mi inchino al Parlamento.
È sovrano e può legiferare come
vuole. Ma sarà ci sarà una guerra
giuridica da parte di tanti ex
parlamentari e consiglieri e sarà la
Corte a dire l'ultima parola».
Misura giusta. Fuori dal coro l'ex 3
volte consigliere regionale ed ex
senatore (ma solo per un anno e
mezzo e dunque niente vitalizio
parlamentare) Silvestro Ladu,
condannato per peculato nel processo sui
fondi consiliari. «Se ritengono di
rivedere i privilegi lo facciano
pure, forse è una misura giusta -
dice -. Quel che è certo è che se
avessi fatto il medico a tempo pieno
avrei guadagnato di più. Ma
ciononostante non mi pento. Anzi,
sono felice di avere servito bene e
onestamente la
comunità».©RIPRODUZIONE RISERVATA
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Federico
Marini
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