L’esca è sempre quella.
Come fosse un manager alla ricerca di nuovi mercati, il militare in stellette
associa le armi allo sviluppo economico. Non dice «servono a difenderci». Non dice «le useremo solo
in missioni di pace». Esche usurate che non attirano più nessuno. No. Dice che
le armi portano sviluppo economico. Lo dice a reti unificate, a microfoni
isolani congiunti.
È inutile prendersela con
i ventenni che, non sapendo dove battere la testa, scelgono la divisa. A lasciar passare il messaggio
malsano sono prima di tutto le nostre istituzioni, colpevoli di un doppio
cedimento: morale e materiale. Ancor più quando si abbellisce il discorso
parlando di poli tecnologici. Terribile.
Perché non c’è crescita tecnologica che non possa essere
perseguita per via diversa dalle armi. Non so come andrà. Io
spero che la futura Repubblica di Sardegna scelga la neutralità disarmata. O solo le armi necessarie alla
difesa estrema. E che le sfrutti unicamente dopo aver esaurito ogni mezzo di
pace. Sono scelte che spettano a chi verrà dopo di noi. Oggi però tutto questo
sfoggio, tutto questo roteare di pale, sfrecciare di caccia, parata di
uniformi, sfavillio di politici, tutto questo è inutile fumo negli occhi.
È propaganda. Nessuno
abbocchi ancora. Non è vero che il denaro non puzza mai. Il denaro portato
dalle armi, da queste armi, puzza. Incassarlo significa rinunciare a cercare altre strade,
altre felicità. E non è sviluppo, di nessun tipo, in nessun caso.
Di Maurizio Onnis
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