giovedì 30 maggio 2019

La vendita di armi non porta sviluppo. Il cedimento morale e morale delle istituzioni. Di Maurizio Onnis.



L’esca è sempre quella. Come fosse un manager alla ricerca di nuovi mercati, il militare in stellette associa le armi allo sviluppo economico. Non dice «servono a difenderci». Non dice «le useremo solo in missioni di pace». Esche usurate che non attirano più nessuno. No. Dice che le armi portano sviluppo economico. Lo dice a reti unificate, a microfoni isolani congiunti.

È inutile prendersela con i ventenni che, non sapendo dove battere la testa, scelgono la divisa. A lasciar passare il messaggio malsano sono prima di tutto le nostre istituzioni, colpevoli di un doppio cedimento: morale e materiale. Ancor più quando si abbellisce il discorso parlando di poli tecnologici. Terribile.

Perché non c’è crescita tecnologica che non possa essere perseguita per via diversa dalle armi. Non so come andrà. Io spero che la futura Repubblica di Sardegna scelga la neutralità disarmata. O solo le armi necessarie alla difesa estrema. E che le sfrutti unicamente dopo aver esaurito ogni mezzo di pace. Sono scelte che spettano a chi verrà dopo di noi. Oggi però tutto questo sfoggio, tutto questo roteare di pale, sfrecciare di caccia, parata di uniformi, sfavillio di politici, tutto questo è inutile fumo negli occhi.

È propaganda. Nessuno abbocchi ancora. Non è vero che il denaro non puzza mai. Il denaro portato dalle armi, da queste armi, puzza. Incassarlo significa rinunciare a cercare altre strade, altre felicità. E non è sviluppo, di nessun tipo, in nessun caso.

Di Maurizio Onnis

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