(09 Maggio1978) Mentre l’Italia è inorridita per il
ritrovamento a Roma del cadavere di Aldo Moro, a Cinisi, in Sicilia, Peppino
Impastato, trent'anni, muore dilaniato dall’esplosione di una carica di tritolo
posta sotto il suo corpo, in precedenza adagiato da mani vigliacche sui binari
della ferrovia. La matrice mafiosa del delitto viene individuata grazie all'attività
del fratello Giovanni e della madre Felicia Bartolotta, scomparsa nel 2004, che
rompono pubblicamente con la parentela legata a Cosa Nostra. Ma anche grazie ai compagni di
militanza e del Centro siciliano di documentazione di Palermo, fondato nel 1977
(e che dal 1980 è stato intitolato a Giuseppe Impastato).
Sulla
base della documentazione raccolta e delle denunce presentate viene riaperta
l'inchiesta giudiziaria.
Peppino Impastato nacque
a Cinisi, nella provincia di Palermo, il 5 gennaio del 1948, in una famiglia
mafiosa: il padre Luigi era
stato inviato al confino durante il periodo fascista, lo zio e altri parenti
erano mafiosi. Il cognato del padre era il capomafia Cesare Manzella, ucciso
nel 1963 in un agguato nella sua Alfa Romeo Giulietta imbottita di tritolo.
Dopo aver rotto con parte della famiglia, nel 1965 Peppino
fonda il giornale "L'idea socialista" e aderisce al PSIUP. Dal 1968
in poi partecipa col ruolo di dirigente alle attività dei gruppi comunisti.
Conduce le lotte dei contadini espropriati per la costruzione della terza pista
dell'aeroporto di Palermo in territorio di Cinisi, degli edili e dei
disoccupati.
Impastato si è sempre
battuto contro la mafia, denunciandone i traffici illeciti e le indiscutibili
(ed oggi provate) collusioni con la politica. A dare l’ordine di ucciderlo è il boss Gaetano
Badalamenti, bersaglio preferito di Peppino in “Onda Pazza”, il programma di
punta di Radio Aut, la Radio libera che lo stesso Impastato fondò a Cinisi nel
1977.
Nel 1998, nella
Commissione parlamentare antimafia, si è costituito un Comitato sul caso
Impastato, e il 6 dicembre del 2000 è stata approvata una relazione sulle
responsabilità di rappresentanti delle istituzioni nel depistaggio delle
indagini. Nella commissione si
rendono note le posizioni favorevoli all'ipotesi dell'attentato terroristico
dei seguenti militari dell'Arma dei Carabinieri: il Maggiore Tito Baldo
Honorati; il maggiore Antonio Subranni; il maresciallo Alfonso Travali. Il 5
marzo 2001 la Corte d'assise ha riconosciuto Vito Palazzolo colpevole e lo ha
condannato a trent'anni di reclusione. L'11 aprile 2002 anche
Gaetano Badalamenti è stato riconosciuto colpevole e condannato all'ergastolo.
Un aspetto poco noto
dell'attività giornalistica d'Impastato fu la sua inchiesta sulla strage di
Alcamo Marina, in cui vennero uccisi due Carabinieri e della quale furono
accusati cinque giovani del posto che, si scoprirà poi, furono torturati (e uno di loro forse
ucciso in cella) per estorcere false confessioni. La strage era probabilmente
legata tanto alla mafia quanto a elementi dell'Organizzazione Gladio collusi
con gli stessi carabinieri.
Non si sa cosa l'attivista di Democrazia Proletaria
avesse scoperto sulla strage, poiché la cartella con i documenti su Alcamo
Marina fu sequestrata dai Carabinieri nella casa della madre Felicia, poco dopo
la morte di Peppino, e non fu più restituita a differenza degli altri documenti
(come riferito dal fratello Giovanni).
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