La Nuova Sardegna
Ridisegnati i
confini elettorali: Alghero con Nuoro e Oristano, Ozieri con Olbia La Sardegna
secondo l'Italianellum
La Sardegna secondo l'Italianellum. La nuova legge
elettorale firmata Pd-M5s-Forza Italia prevede una rivoluzione dei collegi, che
dovranno essere adeguati al nuovo sistema elettorale che si rifà a quello in vigore
in Germania. Ma con correttivi all'italiana. Una rivoluzione che abbatte
confini geografici e ne crea di nuovi. Con Alghero che al Senato abbandona
Sassari e si ritrova con Nuoro e Oristano. O Thiesi e Ozieri che alla Camera
corrono con Olbia e non con Sassari. O ancora Macomer che si ritrova capoluogo
di una provincia a metà tra Nuoro, Oristano e la Provincia del Sud.Emendamento.
Ieri il relatore Emanuele Fiano ha depositato
nella commissione Affari costituzionali il maxi emendamento che riscrive la
legge elettorale. Insieme ad esso un secondo che ridisegna i collegi, modifica
indispensabile per approvare la nuova legge. L'Italia, escluso il Trentino Alto
Adige che andrà avanti con il Mattarellum, viene divisa in 303 collegi e in 27 circoscrizioni
che coincidono con le Regioni, tranne le più popolose divise in più
circoscrizioni. I partiti presentano dei listini bloccati di 2-4 nomi in
ciascuna circoscrizione e un candidato in ciascuno dei 303 collegi uninominali.
Camera. Per Montecitorio la circoscrizione
Sardegna sarà suddivisa in 8 collegi uninominali. Il collegio numero 1 fa
riferimento a Sassari e comprende Alghero, Porto Torres e una parte della
provincia: Cargeghe, Codrongianos, Florinas, Ittiri, Monteleone Rocca Doria,
Muros, Olmedo, Ossi, Putifigari, Romana, Sorso, Stintino, Tissi, Uri, Usini, Villanova
Monteleone. Nel collegio 2 la città riferimento è Olbia, ma al suo interno non
c'è solo la Gallura, ma anche il Monte Acuto, il Meilogu, il Goceano e
l'Anglona. Il collegio 3, con città capofila Macomer, raccoglie comuni del
Nuorese (Aritzo, Fonni, Mamoiada, Ottana, Sorgono), dell'Oristanese (Abbasanta,
Bosa, Cabras, Cuglieri, Tramatza) e della Provincia del Sud (Isili, Nurallao,
Sadali).
Nuoro è la città principale del collegio 4, che
mette insieme Baronia, Barbagia e Ogliastra. Il 5 è il collegio di Oristano e
del suo hinterland, mentre il 6 mette insieme il Sulcis Iglesiente con una parte
del Campidano. Nel numero 7 c'è l'hinterland di Cagliari con Quartu città
capofila, mentre il collegio 8 è quello di Cagliari, più Elmas, Monserrato e
Selargius.
Senato. Più ampi i collegi per Palazzo Madama. E
anche più fantasiosi. Con territori lontani anche dal punto di vista dei
chilometri appaiati sotto lo stesso collegio. Per il Senato l'isola si divide
in quattro. Il collegio numero 1 è quello di Cagliari, che comprende anche Assemini
e Quartu. Nel 2 ci sono il Sulcis Iglesiente, il Medio Campidano e la più
lontana Ogliastra. Il numero 3 mette insieme Oristano, Macomer e Nuoro con - a
sorpresa - Alghero. Nel 4 infine Sassari e Olbia si ritrovano sotto lo stesso
tetto. (al.pi.)
La Nuova
Il
Partito dei sardi resta: «Ma ora l'indipendentismo»
Nessun
diktat però serve più sovranismo. L'assessorato vacante: Paci a interim
di
Umberto Aime
CAGLIARIPrima di tutto e su tutto
per loro c'è la Nazione autonoma di
Sardegna: invocata, pretesa e forse
persino dovuta. Per non sganciarsi
dal centrosinistra, i patrioti del
Partito dei sardi hanno deciso e
detto: «Se non ci saranno fatti
concreti a sostegno della nostra
richiesta, l'indipendentismo di
governo, arrivederci e grazie». Non è
un ultimatum, ma molto li somiglia.
«Oggi noi alla maggioranza diciamo
che è arrivato il momento di
sfondare un soffitto di vetro soffocante.
Questo soffitto è lo Stato italiano,
una cappa burocratica che va
spazzata via. Basta, con questo
effetto serra insopportabile, non ci
permette di respirare a pieni
polmoni». Poi, una volta lanciati i
sassi, in senso metaforico, dopo
forse potrebbe o ci sarà il resto, a
cominciare dal nome di chi - sempre
per i sovranisti - dovrà
sostituire, a giorni o chissà fra
quante settimane, il dimissionario
Paolo Maninchedda.
Mentre nel frattempo l'assessorato
rimasto vacante,
i lavori pubblici, è passato ad
interim sotto il controllo del
vicepresidente della Regione
Raffaele Paci, come voluto dal
governatore Francesco Pigliaru. Il
che vuol dire: la crisi non sarà
breve, rischia invece di essere
complessa e lunga, perché la richiesta
dei cinque consiglieri regionali del
Pds, più il segretario Franciscu
Sedda, non è certo roba da poco. Non
lo è soprattutto per quanti sanno
che l'indipendentismo mai potrebbe
essere un grido di battaglia, non
gli appartiene, del presidente della
Regione.
Anche se in serata il
vice Raffaele Paci dirà: «Il Pds non
ci chiede di essere
indipendentisti, né noi impediamo
loro di esserlo. A me pare che ci
sollecitino di difendere soprattutto
il diritto dei sardi. Noi abbiamo
sempre agito con la schiena dritta e
questa missione rimane comunque
la nostra priorità». Ma è proprio al
governatore che s'è rivolto il
capogruppo del Pds Gianfranco Congiu,
nella prima uscita pubblica del
partito dal giorno, era lunedì,
delle dimissioni di Maninchedda. «Oggi
a Pigliaru chiediamo di allungare il
passo e dare forza alla
rivendicazione. I rapporti con lo
Stato italiano e il governo devono
cambiare. Non è più pensabile che la
Sardegna continui a subire.
Palazzo Chigi è arrivato a impugnare
la legge regionale sull'Agenzia
sarda delle entrate. Perché?
È un'offesa: era uno dei punti
condivisi
della coalizione che ha vinto le
elezioni regionali, e il governo
vuole invece che sia cassata dalla
Consulta. Non è possibile», sono
state le parole forti di Congiu.
Sostenute in un attimo da quelle
ancora più politiche di Sedda: «Non
pretendiamo che Pigliaru si metta
a gridare o vesta all'improvviso i
panni dell'indipendentista, ma i
segnali di un cambiamento devono
esserci ed essere percettibili». Ad
esempio il 24 ottobre, giorno in cui
la Corte discuterà il caso
dell'Agenzia delle entrate. «Sarebbe
bello - ha aggiunto - che quella
mattina la Sardegna sbarcasse a Roma
e, con forza, si facesse sentire.
Vorremmo, in testa al corteo, il
governatore, i parlamentari sardi e
gli europarlamentari: ecco un
segnale che ci aspettiamo». In questa
maratona di avvicinamento, in
sintesi, il Pds non vuole sentirsi più
solo: «Di solitudine - secondo
Congiu - Maninchedda ha sofferto
soprattutto in giunta e s' è
dimesso. Noi ora chiediamo che questa
vertenza sovranista, non nostra ma
di tutti i sardi, diventi bene
comune».
E Sedda ha rilanciato: «Dobbiamo
prendere il toro per le
corna, non possiamo continuare a
essere relegati ad amministratori di
uno sgabuzzino malandato
dell'Italia. Il confronto con Roma su
entrate, sanità, agricoltura,
Province e il resto non può essere
ancora lo stesso. Non possiamo
sopravvivere sotto una cappa
maledetta». A dar manforte al
capogruppo e al segretario c'erano - è
ovvio - gli altri consiglieri
regionali sovranisti Augusto Cherchi,
Roberto Desini, Piermario Manca e
Alessandro Unali.
Nessuno di loro ha
parlato, ma ognuno sa che se domani
dovessero votare in blocco contro
Pigliaru, la legislatura finirebbe
un minuto dopo. «Però noi - ha
detto Sedda - abbiamo voglia di
restare nel centrosinistra. Non siamo
sciacalli, altri purtroppo lo sono
stati nei confronti di Maninchedda,
neanche abbiamo intenzione di tirare
su la posta o tirare la corda
fino a spezzarla. Ma un nuovo patto
col presidente Pigliaru e a
cascata con gli alleati, dobbiamo
siglarlo al più presto». Qualche
incontro riservato c'è già stato in
questi giorni, quello ufficiale
non ancora.
la
sfida dialettica a distanza
Maninchedda
risponde a Fois: «Io coerente, non trasformista»
CAGLIARILo scrittore contro il
professore-assessore. Penne come
sciabole in un duello dialettico a
distanza. Marcello Fois è a suo
modo rimasto colpito dalla lettera
con cui Paolo Maninchedda ha
rimesso il suo mandato nella giunta.
Ma sull'intellettuale nuorese la
missiva ha avuto un effetto
caustico. Nessun gesto nobile dietro
l'addio di Maninchedda. La lettura e
l'analisi hanno dato vita a un
intervento corrosivo pubblicato
sulla Nuova Sardegna. Fois ha usato
più il guantone del guanto.
Fois non gradisce le dimissioni di
Maninchedda. E condivide ancora meno
le motivazioni del gesto. L'ex
assessore aveva parlato di stanchezza
e senso di solitudine nella sua
battaglia per portare avanti i
valori dei sardi. Per Fois il gesto
sembra più dettato da un gesto di
opportunismo politico, anche se Fois
non usa mai questo termine. Parla
delle dimissioni come di un problema
«etico e politico». E dà alle
dimissioni 20 mesi prima della fine
della legislatura una lettura tutta
politica. «Servono per rimettersi
in pista riverginato e anche liftato
se occorresse. Dopo questo tempo
agli elettori sardi sembrerà un
novellino della politica». Poi un
altro affondo mentre lo definisce:
«il nostro Mastella locale». Il
resto è una randellata all'epica,
all'etica e al pathos dell'addio di
Maninchedda. L'ex assessore non la
prende benissimo e dal suo scranno
virtuale, il blog Sardegna e
libertà, risponde senza astio al j'accuse
di Fois. «E adesso dietrologia e
fango, secondo la migliore tradizione
italiana - scrive Maninchedda -.
Fois scrive un pezzo disarmante
nella
sua inutile violenza lui non tollera
che io abbia dissentito da Soru,
né che il Psd'Az, che mi accolse, si
sia schierato nella scorsa
legislatura con Cappellacci. Quindi,
poiché le mie posizioni,
minoritarie e sempre dialettiche,
hanno attraversato questo arco
temporale e queste esperienze
istituzionali, Fois argomenta di me come
di un trasformista. Liberissimo di
farlo, ma i fatti sono tutti lì: io
non ho cambiato le mie posizioni, la
bandiera è sempre quella ed è
quella che sto tenendo in campo
oggi, senza bisogno di alcuna
verginità, che non rivendico perché
per me non è un valore».Sempre in
risposta allo scrittore nuorese:
«Credo sia sempre più chiaro che il
mio partito vive di linfa propria e
ottiene consensi oltre me. Si teme
la nascita di un partito o di una
federazione della nazione sarda, ma
l'aria è proprio questa».
Maninchedda mette tutta la sua
attenzione
anche su un altro passaggio
dell'intervento dello scrittore. «Fois
candida Soru alla Presidenza.
Avrebbe potuto farlo senza per questo
perdere tempo a diminuire ogni mio gesto
passato, presente e futuro.
Io continuo a restare in campo col
mio progetto e con la mia faccia,
senza fare ombra a nessuno e senza
odiare nessuno».Ma nel suo
intervento l'ex assessore non
risparmia una stoccata anche contro
l'altro intervento pubblicato sulla
Nuova a firma di Luciano Marrocu.
«lui ha capito cosa c'è, non dietro,
ma dentro le mie dimissioni, e
cioè la conclamata lotta allo Stato
italiano che io considero il vero
ostacolo alla felicità e allo
sviluppo dei sardi - scrive Maninchedda
-. Dopo la butta in strade, dice che
non è detto che un'Anas sarda
divenga efficiente solo perché
sarda. In realtà proprio questa è la
logica che mi ha schiacciato. Io so
che in giunta ciò che io
percepisco come il più grande dei
problemi, l'Italia col suo disordine
e le sue contraddizioni, è
considerato invece la più grande delle
opportunità». (l.roj)
Unione Sarda
Lavori
pubblici, interim a Paci Dal Pds un avviso per Pigliaru
Il
partito di Maninchedda: «Difenda l'Agenzia sarda entrate o ce ne andiamo»
Si può conciliare l'indipendentismo
con il governo della Regione in
una coalizione di centrosinistra?
Dopo tre anni e mezzo di legislatura
la certezza della tesi all'interno
del Partito dei sardi non è più
così granitica. Dopo 48 ore di
silenzio dall'addio di Maninchedda alla
Giunta, i sovranisti sciolgono le
riserve e chiamano in causa il
presidente Pigliaru. Sarà lui a
dover rinsaldare l'alleanza con «gesti
concreti» che dimostrino una nuova
propensione verso la causa
indipendentista.
Diversamente «faremo le nostre
valutazioni e prenderemo altre strade»,
dice il segretario del Partito dei
sardi, Franciscu Sedda. Intanto, in
attesa di ritrovare o meno
l'affinità, oggi sarà firmato il decreto
che affida al vicepresidente della
Giunta, Raffaele Paci, l'interim
dei Lavori pubblici. Il compito di
Paci si «prolungherà il tempo
necessario a dare seguito al
confronto con il Partito dei sardi e la
coalizione per confermare il buon
lavoro fatto finora e proseguire
l'esperienza di governo intrapresa
insieme».
IL CLIMA Maninchedda lascia; il suo
partito per ora rimane, senza
sbilanciarsi su quanto resisterà
l'ipoteca sull'alleanza. Un'altra
grana per il presidente Pigliaru che
da una parte incassa il sostegno
del Pd (firmato dal segretario
Cucca) ma a breve dovrà gestire la
guerra per la sostituzione di
Massimo Deiana ai Trasporti e per il via
libera alla riorganizzazione della
rete ospedaliera. Dall'altra si
muovono altre forze come il Campo
progressista, pronto alle spallate,
anche se mai definitive, in attesa di
riorganizzarsi per le prossime
elezioni regionali.
LA CLESSIDRA Il primo test
“indipendentista” ha già una data fissata,
il 24 ottobre, giorno del
pronunciamento della Corte costituzionale
sulla legge per l'Agenzia sarda
delle entrate, impugnato dal governo.
«Chiediamo al presidente di farsi
promotore di una grande
mobilitazione popolare», dice Sedda,
che si aspetta una mossa da
Pigliaru per «spingere il governo a
rinunciare all'impugnazione». Un
impegno non semplice per Pigliaru,
che con il governo ha sempre
preferito portare avanti un
rapporto, come lui stesso lo definisce, di
leale e proficua collaborazione.
Eppure questo gesto serve anche per
aiutare il compimento della
missione del Partito dei sardi,
ossia «dimostrare che
l'indipendentismo sa governare»,
dice il segretario. Una delle azioni
per cercare di infrangere «il cielo
di vetro, rappresentato dallo
Stato, che impedisce di volare in
alto», continua Sedda. Non si vuole
arrivare a convincere Pigliaru a
diventare indipendentista, ma a
«interpretare da sardo, da
presidente dei sardi, il conflitto con lo
Stato italiano».
«IL CASO SARDEGNA» Il capogruppo in
Consiglio regionale, Gianfranco
Congiu, riassume tutte le battaglie
in un “caso Sardegna” di cui si
deve riprendere a parlare. «Poniamo
questioni politiche - sottolinea -
che saranno oggetto di un confronto
per fare il bilancio complessivo
dell'azione di governo».
Senza un assessore in Giunta è
possibile che il partito sia più libero
di agire, anche se «l'abbiamo sempre
fatto», spiega il consigliere
regionale, Augusto Cherchi. Che si
prepara a dare battaglia già da
questa mattina sulle linee guida per
gli atti aziendali dell'Ats,
esprimendo il parere contrario. È
successo anche nelle frizioni sulla
nascita dell'Asl unica e sulla
nomina del non sardo Fulvio Moirano.
Posizioni contrarie rispetto a
quelle del presidente che non hanno mai
provocato strappi definitivi, ma
hanno avuto l'effetto di tracciare il
campo d'azione del partito. Oggi,
prima in commissione e poi nel
vertice di maggioranza sulla sanità,
ci saranno i primi segnali dei
nuovi rapporti nel centrosinistra.
IL FUTURO La mossa di Maninchedda
apre una fase di riflessione
all'interno di tutta la coalizione.
Certo un confronto complessivo ci
sarà, anche perché non a tutti è
gradito il rapporto bilaterale
chiesto dal Partito dei sardi a
Pigliaru. Davanti alle motivazioni che
«con il presidente è stato firmato
il patto della legislatura», in
tanti storcono il naso. Specie quei
partiti che in passato speravano
di affrontare il rimpasto di marzo
con un passaggio in maggioranza che
non c'è stato.
Ma i dubbi si annidano soprattutto
in chi vuole capire quanto ci sia,
dietro questa svolta, la volontà di
slegarsi dall'esecutivo in vista
del rush finale verso le prossime
regionali. Gli altri partiti
aspettano di capire cosa succederà
nel caso in cui la seconda forza
della coalizione decida di
abbandonare la maggioranza. Perché, sebbene
tutti parlino di elezioni, sono
veramente pochi i partiti attrezzati
per un terremoto di questo tipo.
Matteo Sau
Intanto
il presidente pensa al dopo-Deiana
Dal
confronto col leader Pd Cucca spunterà il nome per i Trasporti
Quando verrà formalizzata la nomina
di Massimo Deiana all'Autorità
portuale, ci sarà un altro assessorato
senza il titolare. Se per i
Lavori pubblici è stato un passaggio
veloce affidare l'interim a Paci,
così non sarà per sostituire il
titolare dei Trasporti. Una partita
tutta in casa del Pd dove il clima,
quando si tocca l'argomento,
diventa rovente: perché non è solo
sul nome del sostituto che ci si
arena, ma anche sull'area di
provenienza.
Un fenomeno che paradossalmente
mette in contrapposizione le due
correnti che al congresso hanno dato
vita alla maggioranza:
popolari-riformisti e l'area del
segretario Luigi Cucca. Le trattative
sono arenate e nessuno sembra voler
essere intenzionato a fare passi
indietro. In questi giorni ci sono
stati dei tentativi di mediazione
per capire in che modo si possa
risolvere la questione evitando di
creare una rottura interna a poche
settimane dal congresso regionale.
Il portavoce designato per la
trattativa con il presidente è
ovviamente il neo segretario, che
dovrà parlare con Pigliaru. Bisogna
capire se e in quale “pacchetto”
rientra la nomina di Deiana e la sua
sostituzione, perché da questo
dipende lo sblocco degli ingranaggi. Ci
sono ancora alcuni ruoli di vertice
da assegnare, dall'Ersu al Parco
geominerario e quello dell'Asinara,
così come potrebbe essere rimesso
in discussione anche il posto di
Franco Marras alla presidenza
dell'Arst.
Se queste nomine verranno computate
in questo nuovo giro è probabile
che l'effetto bilanciamento possa
essere trovato, altrimenti
difficilmente l'area di Cucca
accetterà di perdere sia l'Autorità
portuale che l'assessorato.
IL VERTICE Un altro tasto dolente
per la maggioranza riguarda la
sanità, più precisamente le linee
guida aziendali dell'Ats e la
riorganizzazione della rete
ospedaliera. Il presidente Pigliaru ha
convocato per questa mattina alle
10.30 un incontro con la coalizione
per cercare di allentare le tensioni
e fare una tabella di marcia per
l'approvazione in Consiglio.
I malumori sono soprattutto
all'interno del Partito dei sardi, che da
tempo contesta lo schema di una sola
Asl ritenuta insufficiente per
gestire un territorio vasto come la
Sardegna. Ma il peccato originale
sta anche nell'aver scelto il
ligure-piemontese Fulvio Moirano per la
carica di direttore generale.
All'interno del Partito democratico,
soprattutto nell'area
popolare-riformista, i segnali di tensione sono
evidenti. Perché è proprio dagli
esponenti di questa corrente che
arrivano le continue interrogazioni
nei confronti dell'assessore Luigi
Arru. Il primo banco di prova sarà
la riunione della commissione
Sanità che stamattina dovrà
esprimere il parere (non vincolante) sulle
linee guida per l'atto aziendale
dell'Ats. Infatti non è certo che la
maggioranza voti compatta a favore
del documento varato dalla Giunta.
M. S.
Mater
Olbia, cambio in corsa Ma tra un anno potrà aprire
Sopralluogo
della commissione Sanità: non ci sarà Cardiochirurgia
Qualche decina di posti letto in
meno, dovuti all'annullamento
dell'attivazione del reparto di
Cardiochirurgia, e l'apertura
definitiva della struttura entro
l'estate del 2018: sono queste le
principali novità emerse durante il
sopralluogo di ieri mattina della
commissione Sanità del Consiglio
regionale, all'interno di quello che
sarà l'ospedale Mater Olbia.
I componenti dell'organismo
presieduto da Raimondo Perra, accompagnati
dal rappresentante della Qatar
Foundation Lucio Rispo, dal sindaco di
Olbia Settimo Nizzi e dai
consiglieri regionali della Gallura, hanno
passato un paio d'ore a verificare
lo stato di avanzamento dei lavori
nell'edificio che sorge sulla
collina del Monte Tabor. Un sopralluogo
«utile ed essenziale, alla luce dei
lavori che la commissione si
appresta a fare per la discussione
generale sulla rete ospedaliera
regionale», ha commentato Perra che
si è detto, al termine della
visita, molto entusiasta.
I TEMPI «Si può ipotizzare un
completamento dei lavori da qui
all'autunno prossimo, quando
inizieranno già le prime attività
relative alla riabilitazione, almeno
stando a quanto ci ha comunicato
il dottor Rispo», ha affermato il
presidente Perra, che ha poi
concluso riferendosi
all'assegnazione dei posti letto: «C'è stata una
piccola rimodulazione degli iniziali
posti di degenza. Non ci sarà più
la Cardiochirurgia, ma quei posti
letto verranno trasformati e
attribuiti alla Radioterapia, per
cui ci sarà solo qualche posto in
meno rispetto alla dotazione
iniziale che prevedeva 242 letti.
Attendiamo che il dottor Rispo ci
fornisca adesso tutta la
documentazione che a breve
valuteremo in Commissione».
ACCELERAZIONE Nelle prossime
settimane, infatti, verranno definiti i
servizi dell'ospedale che dovranno
essere resi nell'ambito della rete
sanitaria sarda, dopo che lo scorso
gennaio si è conclusa
positivamente la procedura per
l'autorizzazione. «Nessuna reticenza o
titubanza dunque da parte della
Regione», sottolinea Perra. «Anzi
sembra voler accelerare le procedure
di apertura della struttura
sanitaria destinata a diventare
un'eccellenza per la Sardegna intera».
Alla mancata attivazione del
servizio di Cardiochirurgia verrà
contrapposta l'apertura di un
reparto di Radioterapia, per il quale la
Qatar Foundation ha annunciato
l'investimento di ulteriori 40 milioni
di euro. «È stata fatta una
valutazione improntando il regolamento
sulla base di quelle che sono le
dotazioni organiche e strutturali
degli ospedali sardi e si è optato
per l'apertura di un reparto di cui
poteva esserci più esigenza», ha
dichiarato Perra. «L'impegno della
Qatar Foundation - ha concluso Rispo
- è quello di portare subito a
conclusione i lavori e definire il
miglior accordo con la Regione
Sardegna, per rispondere alle
esigenze sanitarie dell'Isola».
Antonella Brianda
La Nuova
Proporzionale
e soglia al 5% LE RIFORME
di
Cristina Ferrulli
ROMASul sistema tedesco finisce
l'alleanza tra Matteo Renzi e Angelino
Alfano. Il leader dem e, a suo dire,
anche Silvio Berlusconi sono
inamovibili sulla soglia al 5 per
cento. «Ha fatto il ministro di
tutto, se non arriva al 5 non si
blocca il paese», lo scarica il
leader dem al termine di una giornata
dove il ministro degli Esteri
aveva respinto al mittente l'accusa
del veto dei piccoli partiti,
accusando l'ex premier di essere lui
finora «ad aver fatto cadere i
governi». La riforma elettorale
sembra correre veloce verso la meta:
alla Camera sarà approvata in tempi
lampo, dal 5 al 9 giugno, e
l'intesa tra Pd, Fi e M5S prevede il
via libera del Senato entro il 7
luglio. Un'accelerazione che i
«piccoli», soprattutto Ap e Scelta
Civica (ma non SI e Mdp non contrari
al tedesco), vorrebbero impedire
ma nei fatti hanno le mani legate.
«Se salta il tedesco resta il
Consultellum dove la soglia è all'8
per cento», avverte Matteo Renzi,
ribadendo che il modello su cui si è
trovata una larga intesa «non è
la prima scelta del Pd ma è di buon
senso». Più soddisfatto si dice
l'altro protagonista dell'accordo,
Silvio Berlusconi: «Si potrà
finalmente restituire la parola agli
italiani, consentendo agli
elettori, dopo quattro governi non
scelti dai cittadini, di decidere
da chi vogliono essere governati».
Perchè, nonostante nessun leader
voglia suonare il gong,
l'impressione è che, come sempre,
l'approvazione della legge
elettorali porti ad elezioni anticipate.
Un'ipotesi che non trova d'accordo
nel Pd Andrea Orlando che avrebbe
preferito anche una riforma
elettorale che favorisse l'unione del
centrosinistra. Il Guardasigilli
sente puzza di larghe intese dopo le
elezioni e, guardando a Giuliano
Pisapia e agli ex compagni di Mdp,
chiede a Renzi un referendum sul
nodo delle coalizioni.D'altra parte
lo stesso segretario dem ammette che
«è evidente» che il sistema
tedesco non produca maggioranze
certe» e in quel caso bisognerà
«vedere i numeri in Parlamento». Ma
il Pd, aggiunge, punta ad avere
maggioranze certe. Obiettivo che, da
sinistra, Giuliano Pisapia vede a
rischio: «Il tedesco non serve per
garantire quella governabilità che
è necessaria per il rilancio del
Paese», dice l'ex sindaco di
Milano.Sui tempi del voto, secondo
il leader dem, «votare sei mesi
prima o dopo non cambia molto». Ma
l'(ex) alleato Alfano lo incalza:
«Renzi non risponde alla domanda
cruciale se fa cadere o no
Gentiloni».
Per Luigi Di Maio, invece, il Pd
«ora vuole andare al voto
perchè ha paura delle elezioni
regionali in Sicilia». Il segretario Pd
ostenta indifferenza tra le urne ad
autunno o a scadenza naturale
della legislatura. Ma definisce «una
barzelletta il terrorismo
psicologico» sul rischio di un
esercizio provvisorio per incapacità di
fare entro dicembre la legge di
stabilità. Le opzioni, nel caso si
votasse in autunno, sono due,
chiarisce Renzi: «Se voti ad ottobre la
legge di bilancio la fa il nuovo
governo, se ci sono problemi, invece,
un governo è in carica finchè non ne
subentra uno nuovo. Gentiloni
quindi predisporrà la manovra o
lascerà il testimone agli altri». Dal
canto suo, il Pd è pronto anche ora
ad anticipare la manovra e fare
«accordi con chiunque se inspirata
alla flessibilità e alla riduzione
delle tasse». Neanche M5S, che freme
per votare a settembre, sembra
preoccupato della coincidenza tra
urne e legge di stabilità. «Ora
vedremo quale sarà l'iter della
legge elettorale - sostiene Di Maio -
per capire se i partiti stanno
davvero facendo sul serio: io auspico
comunque che si voti a settembre
affinché il governo, che auspico sarà
dell'M5S possa fare una legge di
bilancio che non sia lacrime e
sangue».
Alghero
il
segretario mario salis
«Il Pd riparta dal territorio»
ALGHEROGrande festa in casa Pd per
l'elezione nel direttivo regionale
di due dirigenti algheresi del
partito. Il circolo cittadino di via
Mazzini sarà rappresentato a
Cagliari da Alma Cardi e Giuseppe
Tiniriello. L'ha deciso qualche
giorno fa l'assemblea regionale di
Arborea, e il segretario del Pd di
Alghero, Mario Salis, ha subito
reso pubblica la soddisfazione del
gruppo dirigente locale. «Il
circolo di Alghero, grazie
all'impegno profuso in questi anni,
registra un importante
riconoscimento, segno della riconosciuta
capacità di essere utile alla
comunità democratica», spiega Salis a
proposito della partecipazione della
Riviera del corallo alla
direzione regionale grazie ai due
iscritti.
«Sono due validi dirigenti
di partito - aggiunge - con il
sostegno di iscritti e simpatizzanti
sapranno dare un significativo
apporto alla costruzione delle
politiche del futuro». D'altronde, è
la convinzione del segretario
cittadino, «il Pd deve ripartire
proprio dal territorio e dal suo
radicamento nelle comunità locali,
dai circoli territoriali e dalla
loro costante attività di ascolto e confronto
con i cittadini». Salis
trae spunto da questa sua
convinzione per criticare aspramente la
coalizione che governa la città.
«La maggioranza non ha una rotta
amministrativa chiara e determinata
- afferma - e neanche uno dei
grandi temi politici verrà portato a
soluzione in questa legislatura».
E giù l'elenco delle doglianze,
«dall'approvazione del Puc alle
infrastrutture, dalla precarietà del
consiglio comunale, che viene
convocato solo in concomitanza delle
ferie lavorative di alcuni
consiglieri, al valzer degli
assessori, dal pasticcio dei barracelli
al mancato rilancio della bonifica».
Per Mario Salis «sono solo alcuni
esempi del caos amministrativo in
cui vive Alghero». (g.m.s.)
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Federico Marini
skype: federico1970ca
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