La
Nuova
Il
proprietario del bar affronta e allontana quattro giovani sardi. Rifiutano
di essere serviti dal cameriere di colore
di Nino Muggianu
Mamadou ha 20 anni, due piedi buoni
da difensore di calcio. E tanta buona volontà. Da 13 anni vive a Nuoro con la
sua famiglia, gioca a calcio nel Santu Predu, e come tanti altri ragazzi della
sua età lavora in estate per mettere insieme qualche soldo. Mamadou è l'ultima vittima
di un episodio di intolleranza. Ma lui, molto più civile di chi lo ha
discriminato, minimizza. «Razzisti? No, hanno solo un orizzonte limitato».
La storia. Quattro ragazzi rifiutano
di essere serviti al tavolino da un giovane cameriere di colore. Il titolare
del bar li affronta in modo deciso e loro scelgono di andare via. «Forse parlare
di razzismo è inappropriato. Ma non è stato un bel gesto da parte di questi
quattro giovani ragazzi di un paese del circondario».
A parlare è Dionigi Fronteddu
titolare dell'Iris bar caffetteria nella pineta e nel cuore di Cala Gonone, a
due passi dalla chiesa e dalla spiaggia Centrale. Luogo di incontro anche per i
giovani, dove spesso ci sono serate musicali. La vicenda è già diventata virale
sui social e a ogni ora si arricchisce di qualche nuovo, e inesistente, particolare.
A lanciarlo nell'orbita della rete è
stato il titolare del locale che adesso tende a minimizzare il caso. Anche
perché ha avuto come trampolino il clamore mediatico di casi paralleli a
livello nazionale. Tutto è successo sabato. Come ogni sera la terrazza dell'Iris
si è riempita di clienti, tra questi quattro giovani, non del posto. «Comunque
erano del circondario, forse allevatori».
Si sono seduti in un tavolino, e
hanno ordinato alla cameriera quattro birre. A servire i giovani, anzichè la ragazza
si presenta Mamadou, un giovane nigeriano dai modi garbati. Poggia i bicchieri
sul tavolo «A quel punto iniziano o sorrisini, le battute che io non ho potuto sentire
perchè guardavo la camera di sorveglianza - commenta Fronteddu - non c'è stato
nient'altro però era chiarissimo il loro pensiero».
Un modo di fare tipico dei
balenteddos di casa nostra che in gruppo sono capaci di qualsiasi idiozia per
poi nascondersi. Mamadou Niang, questo il nome del giovane cameriere
di colore, immerso a pieno nel suo lavoro che ama, non si è neppure accorto di
quanto stava accadendo. «Quando è tornato da me - aggiunge Fronteddu - gli ho chiesto se i quattri avevano detto o
fatto qualcosa nei suoi confronti.
Risposta negativa, lui non si è
nemmeno reso conto conto della situazione». Scolata la birra i giovani hanno
chesto di poter avere un altro giro di birre. «C'è il mio collega fuori - ho
detto - ordinate pure a lui» e qui l'incredibile risposta: «No vieni tu o la tua
collega, a quel punto - aggiunge il titolare dell'Iris bar – mi sono un po
irrigidito, ho fatto un sorriso rabbia. Non posso accettare questo
atteggiamento. È più forte di me, ho detto loro che noi queste distinzioni non
le facciamo. Tutto qui. Senza batter ciglio si sono alzati e sono andati via,
ma io no ho cacciato via nessuno , sono voluti andare via da soli».
Un altro episodio di intolleranza,
uno dei tanti che in questi giorni vengono segnalati a tutte le latitudini in Italia.
Mamadou Niang è uno sportivo, è un difensore della squadra di calcio Santu
Predu di Nuoro. Vive con la sua famiglia nel capoluogo barbaricino da quando
aveva 7 anni, adesso ne ha 20. Le reazioni.
Del brutto episodio la sindaca
grillina di Dorgali Maria Itria Fancello ha detto: «La madre dei cretini è
sempre incinta. Non posso credere a quanto accaduto a Mamadou Niang proprio nel
nostro Comune. Si tratta di un episodio intollerabile, e bene ha fatto il
proprietario del locale ad invitare i suoi "ospiti" ad andare
altrove. Dorgali e Cala Gonone sono luoghi di accoglienza per persone che
arrivano da tutto il mondo, a volte come turisti, talvolta (come in questo
caso) come lavoratori».
La risposta migliore l'ha data
proprio il protagonista involontario di questa brutta storia: «Razzismo? Ma no,
è solo ignoranza. Sono solo persone che hanno un orizzonte limitato». Fortunatamente
le persone di questo tipo sono una minoranza, anche se a volte riescono ad
essere molto "rumorose".
Pigliaru:
«Il segretario Pd doveva essere di tutti»
Il
governatore: in questa fase era necessario un nome meno legato alle correnti
E su
Abbanoa: il nostro è stato un ragionamento tecnico, quello dei Comuni no
CAGLIARI
Il presidente della Regione
Francesco Pigliaru, che è iscritto al Pd,
ha consegnato a Facebook la
spiegazione dettagliata del perché sabato
scorso - come notato tra l'altro
dall'eurodeputato Renato Soru - non
fosse presente all'assemblea del
partito in cui è stato eletto
segretario Emanuele Cani.La scelta.
«Non ero presente - scrive il
governatore - perché auspicavo una
soluzione diversa da quella che c'è
stata. In questa fase delicatissima,
io ero per l'elezione di un
segretario che fosse capace di
raccogliere un consenso più ampio, meno
legato a un accordo tra correnti».
Va ricordato che Cani è stato
indicato dal gruppo dei
popolari-riformisti e sostenuto dai renziani e
dagli ex Diesse, mentre i soriani
non hanno partecipato al voto.
Prosegue Pigliaru nello spiegare che
lui avrebbe voluto un «segretario
garante per tutti, non solo per chi
si riconosce nelle aree, ma anche
per i molti che non hanno altra
appartenenza se non quella al Partito
democratico». Questa era, o meglio è
stata a suo tempo, la proposta
del governatore per risolvere il
nodo della segreteria dopo oltre un
mese e mezzo di stallo, cominciato
all'indomani delle dimissioni di
Giuseppe Luigi Cucca, Ma è una
proposta, quella di Pigliaru, che,
senza nascondere una certa amarezza,
lui stesso ammette: «È stata
semplicemente ignorata».L'oggi.
Ora il segretario c'è ed è Emanuele
Cani: «Spero - scrive Pigliaru - che
il primo a mettere da parte
l'appartenenza a una corrente, a
dare l'esempio, sia proprio lui. Ora,
tocca a Cani lavorare per un Pd più
unito e più forte, intorno a una
proposta politica che dev'essere
profondamente rinnovata». Poi, anche
in risposta a quanto dichiarato a
caldo dal segretario, «Pigliaru sarà
uno dei primi che incontrerò», il
governatore scrive: «Buon lavoro ad
Emanuele Cani, io farò la mia parte
con il massimo spirito di
collaborazione».
Caso Abbanoa. Con lo stesso post,
Pigliaru ritorna
anche sul caso della recente nomina
dell'amministratore di Abbanoa,
con i Comuni che hanno scelto Abramo
Garau, mentre la Regione puntava
su Andrea Bossola. «Mi basta
ricordare - scrive il presidente - che la
nostra proposta era puramente
tecnica e riguardava una persona con un
curriculum eccellente selezionato da
una società specializzata».
Quindi, «da parte nostra non c'è
stato nessun ragionamento politico,
perché in questo caso si parlava di
un ruolo strettamente manageriale,
che richiedeva e richiede alte
competenze specifiche».Diversità.
«Altri - scrive il governatore,
riferendosi ai Comuni - hanno fatto
una scelta diversa basata su
motivazioni lontane dalle nostre. Non
l'abbiamo condivisa, ma la
rispettiamo, nella chiarezza che ci obbliga
però a sottolineare che i punti di
vista che si sono confrontati sono
stati profondamente diversi».
Perché? Ecco la risposta di
Pigliaru:
«Forse a causa di un difetto di
comunicazione, di un insufficiente
dialogo tra Regione ed Enti locali.
Forse». Quindi, da oggi in poi «ci
parleremo ancor di più e capiremo».
Anche sul caso Abbanoa per
Pigliaru è però necessario che il Pd
lo discuta anche al suo interno:
«Come detto, su quella nomina si
sono confrontati due punti di vista.
Qual è quello giusto? Ecco perché
anche di questo il Partito dovrà
prendere posizione, a futura
memoria, per ricostruire una visione
riformista, seria, credibile. Senza
ambiguità, nella massima
chiarezza».
Buon lavoro. Come l'ha augurato al
segretario del Pd,
Francesco Pigliaru lo augura anche
al neo amministratore unico di
Abbanoa Abramo Garau, per poi
aggiungere: «Non ci siamo e ci saremo,
pronti a collaborazione per il bene
della nostra regione».
Il
segretario Fois: bene l'apertura di Cani ma Pigliaru deve dare
risposte
su sanità e infrastrutture
Riformatori:
se la giunta cambia rotta, trattiamo
SASSARII Riformatori pronti a
dialogare con il Pd targato Cani, ma al
neosegretario chiedono di fare
pressing su Pigliaru per cambiare la
rotta della giunta in questi ultimi
mesi di legislatura. Dalla sanità
alle strade del Nord dell'isola, ma
soprattutto facendo proprie due
battaglie che i Riformatori portano
avanti da tempo: accise e
principio di insularità. «Abbiamo
apprezzato molto le parole di
Emanuele Cani nella intervista alla
Nuova - dice il segretario
Pietrino Fois - ma il nuovo
segretario non può dimenticare che questa
giunta regionale è fortemente a
trazione Pd.
E dunque molte
responsabilità delle questioni
irrisolte sono dovute al governo di
centrosinistra. Noi siamo aperti a
qualsiasi tipo di ragionamento in
vista delle regionali, di fronte a
scenari così incerti a noi
interessa concentrarci sulle
questioni da risolvere e non sul resto,
ma serve una svolta». Ed è proprio
questo il punto su cui Fois chiama
Cani e gli chiede di pressare il
governatore. «Se Cani impegna la
giunta a dare risposte noi possiamo
discutere. Noi vogliamo che il
governo regionale guardi oltre il
sud, ci spieghi perché la 131 si è
fermata a Oristano, perché la
Sassari Olbia è ancora a questo punto.
Per non parlare della sanità: un
partito come il Pd non può non
rendersi conto che attendere 6 mesi
per una visita sia inaccettabile.
Mi auguro che da qui alla fine della
legislatura il Pd dia il segnale
che è riuscito a fare cambiare rotta
alla giunta». Fois chiede anche
un impegno a sostenere le storiche
battaglie dei Riformatori. «Accise
e principio di insularità oggi
darebbero risposte certe alla Regione.
Sono l'unico modo per risolvere la
questione del bilancio regionale
che da anni si accartoccia su 7
miliardi.
Se avremo risposte in questo
senso allora davvero possiamo fare
un ragionamento insieme al Pd». I
Riformatori, storicamente nel
centrodestra, aprono al centrosinistra.
«Per risolvere i problemi dell'isola
siamo disposti a dialogare con
tutti, fatta eccezione per quelli
che parlano di secessione. Noi siamo
sardi e italiani e ci riconosciamo
nella Costituzione. Dialoghiamo
anche con Lega e 5 stelle, ma finora
da parte del loro governo
solamente annunci e poca attenzione
per la Sardegna». (al.pi.)
Unione
Sarda
Pigliaru
boccia la segreteria «Ignorata la mia proposta»: allusione a Cherchi?
Uras:
Cani, novità positiva Pd «Bisogna superare le correnti»
Non cerca di addolcire la pillola:
«Auspicavo una soluzione diversa»,
dice Francesco Pigliaru a proposito
dell'elezione di Emanuele Cani
alla guida del Pd sardo. Pur senza
critiche personali, la presa di
distanza è netta: con un post su
Facebook il governatore dice che
sarebbe stato «essenziale superare
le divisioni fra correnti», per
arrivare a un leader «capace di
raccogliere un consenso più ampio».
LA PROPOSTA Non fa nomi, il
presidente della Regione, ma forse ne
aveva in testa qualcuno ben preciso,
perché traccia quasi un
identikit. Scrive di avere
«auspicato la scelta di un segretario meno
legato a un accordo tra correnti; un
garante per tutti»: per chi sta
in una corrente ma anche per chi
«non ha altra appartenenza se non
quella al Pd».
E invece «la mia proposta è stata
semplicemente
ignorata»: altra frase che fa
pensare a un'indicazione specifica.
Forse Tore Cherchi, dicono alcune
voci. L'ex parlamentare ha in
effetti un rapporto consolidato con
Pigliaru, oltre ai noti requisiti
di indipendenza e autorevolezza. Ma
a parte i nomi, il post
presidenziale ragiona anzitutto sul
metodo.
Se Renato Soru, in assemblea, aveva
letto nell'assenza del governatore
un dissenso verso «l'occupazione
delle poltrone» (definizione
soriana), Pigliaru fornisce
l'interpretazione autentica: «Non ero
presente perché auspicavo una
soluzione diversa». Che mettesse da
parte, appunto, la mappa delle aree
interne, «per lasciare spazio a un
vero dibattito: è urgente discutere
su quale visione possa oggi
tenerci uniti (esiste o no? Urge
rispondere per essere credibili) e
consentirci di parlare con i nostri
elettori e con chi abbiamo
deluso».
IL RAPPORTO CON CANI Nessun giudizio
sul segretario neo eletto, semmai
un'esortazione: «Ora tocca a
Emanuele Cani lavorare per un Pd più
unito e più forte», scrive ancora il
presidente, «intorno a una
proposta politica profondamente
rinnovata. Spero che il primo a
mettere da parte l'appartenenza a
una corrente, a dare l'esempio, sia
proprio lui. Buon lavoro, io farò la
mia parte con il massimo spirito
di collaborazione».
ABBANOA Il post ritorna poi sulla
scelta del manager di Abbanoa
(vicenda accomunata da Soru a quella
della segreteria Pd come
«occupazione delle poltrone»).
Pigliaru spiega che non c'era «nessun
ragionamento politico»
nell'indicazione di Andrea Bossola: solo una
proposta «puramente tecnica, una
persona con un curriculum eccellente
selezionato da una società
specializzata. Altri hanno fatto una scelta
diversa basata su motivazioni
lontane dalle nostre. Non l'abbiamo
condivisa ma la rispettiamo».
Anche qui, «buon lavoro ad Abramo
Garau. Noi ci siamo, pronti a
collaborare». Ma anche su casi
simili, conclude il presidente, il Pd
si dovrebbe confrontare.
IL SEGRETARIO Nessuna risposta da
parte di Cani al governatore; ma è
probabile che i due si incontrino
presto, quindi potranno confrontarsi
direttamente. Del resto il nuovo
segretario ha promesso di impegnarsi
per ricucire gli strappi e svelenire
il clima nel partito, quindi c'è
da immaginare che voglia subito
intensificare i contatti.
C'è attesa anche per la segreteria:
circolano già varie ipotesi, di
sicuro sembra difficile - dopo le
tensioni degli ultimi giorni con
l'area soriana - che riesca a
mettere in campo una squadra unitaria,
con una delegazione della minoranza
interna. Mai dire mai, però: anche
perché non è escluso che ci sia un
faccia a faccia a breve tra Cani e
lo stesso Soru.
L'ALLEATO Chi di sicuro è pronto a
incontrare il nuovo leader è
Luciano Uras, di Campo progressista
Sardegna, che valuta come «una
notizia positiva» il fatto che il
primo partito del centrosinistra
abbia trovato «una significativa
convergenza sul proprio assetto».
Soprattutto in vista del confronto
su programmi e alleanze per le
prossime Regionali.
L'ex senatore però non rinuncia a
ricordare che «abbiamo trascorso
troppo tempo a ragionare sulle sorti
di un singolo partito e così non
ci siamo preoccupati di guardare
l'insieme, la necessità di superare
vecchie barriere per percorrere
strade di collaborazione per il bene
comune. Cosa che invece stiamo
iniziando a fare nella battaglia per il
riconoscimento dell'insularità».
Per quanto riguarda Cp, «noi abbiamo
evitato le polemiche davanti
all'interesse generale», ma
«sentiamo ingiusta la discriminazione
subita nell'attuale maggioranza alla
Regione». Chiaro il riferimento
al rimpasto che aveva escluso dalla
Giunta questa parte degli ex Sel:
«Con il nuovo segretario del Pd
dovremo parlare anche di questo»,
avverte Uras. «Noi rivendichiamo il
lavoro a unire, che abbiamo sempre
fatto. Altri hanno pensato di
lucrare sulle divisioni. Le prossime
elezioni sarde sono un banco di
prova vero», prosegue: «Credo che
Emanuele Cani e il Pd debbano essere
convinti che non possono fare da
soli». Giuseppe Meloni
PIERPAOLO
VARGIU. «I Riformatori col centrodestra Ma serviranno idee e
volti
nuovi» L'ex deputato esclude alleanze rimescolate e apre alla Lega
«Da quando siamo nati, noi
Riformatori abbiamo una collocazione
lineare. Secondo una geografia
politica forse vecchia, direi che siamo
la parte più moderata del
centrodestra».
E lì intende restare
Pierpaolo Vargiu, uno dei leader
storici del partito nato
dall'evoluzione del Patto Segni. In
vista delle Regionali 2019, l'ex
deputato esclude rimescolamenti di
alleanze: «Serve un progetto
innovativo, ma credo che possa
proporlo solo il centrodestra».
Ma nel futuro il centrodestra ci
sarà ancora?
«Mi rendo conto che c'è
un'evoluzione nazionale da seguire
attentamente. Forse dovremo chiamare
la coalizione con un altro nome.
Ma lo schieramento cui noi
apparteniamo, finora chiamato centrodestra,
si ficchi in testa che, se vuole
vincere le Regionali e poi governare
bene, deve proporre ai sardi un
progetto nuovo. Straordinariamente
nuovo».
Sotto quali punti di vista?
«Deve soddisfare due requisiti: una
forte discontinuità col passato e
un grande senso di innovazione».
Quali contenuti possono risultare
così innovativi?
«Non per citare solo i Riformatori,
ma i due temi dell'insularità e
della rivendicazione delle accise
racchiudono tutte le battaglie utili
per la Sardegna».
L'insularità come cardine di un
programma elettorale?
«Beh, ora che 11 o 12 regioni
italiane chiedono più poteri, spesso
contestando la perequazione verso
quelle svantaggiate, la nostra vera
specialità resta la condizione
insulare e periferica».
Cioè si tratta di chiedere
compensazioni allo Stato?
«Non chiediamo né sconti né favori:
si tratta di rivendicare la parità
di condizioni con gli altri italiani
per competere economicamente. A
partire dai costi di trasporto delle
merci e delle persone».
Quali confini dovrà avere il nuovo
centrodestra sardo?
«Io immagino una coalizione
caratterizzata soprattutto da un modo di
essere che sia basato sulla
discontinuità di cui dicevo. Ma penso
tutto sommato a un centrodestra
classico».
E la Lega? Prima in Sardegna quasi
non esisteva, ora è un interlocutore vero.
«Vedo un percorso comune anche con
loro, almeno fino a una prova
contraria che non credo arriverà
mai».
Ma a livello nazionale Salvini ha
preso la sua strada.
«Nelle regioni il discorso è
diverso. E nell'Isola la Lega è
cresciuta, ma non è forte come in
Veneto e Lombardia. Ci si può sedere
allo stesso tavolo e ragionare.
Salvini avrà i suoi difetti, ma ha
saputo creare un modo di comunicare
che ha ottenuto buoni risultati».
E le voci di un vostro dialogo col
Partito dei sardi e altre forze di
diversa area?
«Credo che i Riformatori debbano
rimanere fedeli alla loro
collocazione ideale. Se poi altre
forze convergono su un progetto
davvero innovativo, che però vedo
incarnato solo dal centrodestra, è
giusto dialogare».
Questo però esclude le ipotesi di
totale scomposizione e
ricomposizione delle attuali
alleanze.
«Secondo me sì. E credo che nel mio
partito nessuno la pensi diversamente».
La novità deve riguardare anche i
volti, la leadership?
«Certamente. Chi nega questa elementare
evidenza, lo fa per interessi
personali. Se io volessi fare il
presidente della Regione direi che
serve l'esperienza... I sardi si
aspettano discontinuità anche su
questo».
Ha già il nome di un nuovo leader da
lanciare?
«Se l'avessi non lo direi adesso, ma
comunque non ce l'ho. Ci sono
però molte figure a cui si può
chiedere un atto di generosità: mettere
da parte quello che stanno facendo
adesso e fare un sacrificio per la
Sardegna».
Quindi servono persone esterne alla
politica?
«Diciamo che serve il massimo sforzo
di discontinuità. Anche su questo
aspetto. Perché oltre a vincere, poi
devi governare. Non basta mandare
via Pigliaru, anche se è sacrosanto
farlo».
Che cosa le piace meno, della Giunta
Pigliaru?
«L'errore più grosso è stare lontani
dalla gente. Hanno comunicato
male anche le poche cose buone. Non
c'è propensione al dialogo, pensi
alla riforma della sanità: se lei
gira negli ospedali, non trova
nessuno favorevole».
Eppure foste proprio voi i primi a
parlare di Asl unica.
«Ma se parli di centralizzazione
degli acquisti, gestione
macroeconomica di scala, poi devi
saperlo fare. Se invece a Moirano,
che pure è un manager di qualità,
dici solo di tagliare le spese, è
chiaro che finisce per sacrificare i
servizi».
E invece il governo Lega-5Stelle le
piace?
«Ha contraddizioni difficilmente
sanabili, specie sull'economia. Temo
che non sia quello che serve al
Paese, ma sono abituato a valutare i
fatti, senza pregiudizi. Ci sarà una
legge di stabilità, da lì si
capirà meglio».
Che cosa dovrebbe esserci dentro la
legge di stabilità, nei suoi auspici?
«Beh, hanno parlato soprattutto di
flat tax, superamento della legge
Fornero, reddito di cittadinanza».
E lei condivide quelle tre proposte?
«La flat tax, se libera risorse per
lo sviluppo, ha uno spirito
liberale. Magari non nella versione
drastica della Lega. Sarei
felicissimo anche se si potesse
realizzare il superamento della
Fornero, ma prima di quella legge i
conti non erano in sicurezza. Il
ministro Tria dovrà tenere insieme
gli annunci e i conti in
equilibrio».
Invece il reddito di cittadinanza è
più lontano dalla sua cultura liberale?
«Se significa dare quattro lire
senza lavorare, sì. Se serve a
sostenere chi è temporaneamente
senza lavoro, allora rientra
pienamente in quella cultura». (g.
m.)
«Non
vogliamo il cameriere negro»
Preso di
mira un 18enne senegalese. Il gestore del bar: «È il nostro
dipendente
migliore» Inquietante episodio a Cala Gonone: mandati via quattro clienti
Prima hanno mostrato insofferenza,
qualche battuta a mezza bocca, poi
sono andati dritti al dunque: «Non
vogliamo che la birra ce la serva
lui, è negro». Parole da marziani,
pronunciate da quattro ragazzi
sardi, seduti all'Iris Cafè di Cala
Gonone. Dove da un mese lavora
Mamadou Niang, senegalese
diciottenne, calciatore del Santu Predu di
Nuoro. Il gestore del locale,
Dionigio Fronteddu, ha fatto fatica a
credere alle sue orecchie. Qualche
secondo di riflessione, poi la
decisione: «Visto l'atteggiamento,
ho invitato quei giovani ad
accomodarsi fuori dal locale. Qui
non facciamo distinzione per il
colore della pelle, ma solo tra
buoni e cattivi».
LA STORIA Mamadou ha colpito tutti
per la sua gentilezza e il sorriso
coinvolgente: «Si è presentato da
noi un mese fa, cercava lavoro»,
spiega Fronteddu, «l'abbiamo assunto
e si è rivelato il nostro miglior
cameriere di sempre. Non riuscivo a
credere che quattro ventenni
sardi, nel 2018, dicessero queste
cose».
L'eco degli altri casi di razzismo
rimbalza tra tv e giornali
nazionali e arriva fino a Cala
Gonone. Ma a differenza degli altri
episodi, qui l'intolleranza viene
schiacciata dalla positività: c'è un
proprietario del bar che risponde
con fermezza, c'è la storia di un
posto di lavoro dato a chi ne aveva
bisogno e una piccola comunità,
quella senegalese, che da sempre è
ben integrata nel tessuto
produttivo di Dorgali e dintorni. «È
successo tutto in cinque minuti»,
racconta Fronteddu. «I quattro
ragazzi avevano il colletto alzato, al
tavolo c'era una birra per ciascuno.
Ho notato però da subito
ammiccamenti strani e risatine
quando Mamadou passava davanti a loro».
LA FRASE Al secondo giro di birre,
la singolare richiesta alla
cameriera, in quel momento occupata
con un altro tavolo: «Puoi venire
tu a prendere l'ordine? Lui non lo
vogliamo».
Dionigio Fronteddu ha
una lunga esperienza, nella sua
storia lavorativa ha dovuto affrontare
di tutto, compresa una rapina, anni
fa, nello storico bar di Dorgali.
Non si è scomposto dunque alla
richiesta: «Ho risposto che nel nostro
locale non facciamo queste
distinzioni. Li ho invitati ad andarse e
loro dopo un po' si sono
allontanati».
LA REAZIONE Anche Mamadou sembra
vivere l'episodio con animo serafico.
Diciotto anni compiuti da poco, è in
Italia da quando ne aveva dodici,
insieme ai genitori e ai fratelli.
«Ho preso un appartamento con un
amico, a Cala Gonone, per lavorare
durante l'estate. Anche lui è
senegalese ed è stato assunto in un
altro locale».
Un piccolo esempio
di integrazione riuscita, non nuovo
a Cala Gonone, dove la comunità
senegalese è ben inserita e stimata
dai locali, dove si distingue con
attività che toccano vari settori
produttivi, dalla pesca al
commercio. E anche quella di Mamadou
è una storia personale uguale in
tutto e per tutto a quella di tanti
giovani, dorgalesi, barbaricini,
sardi, che faticano duramente per
mettere qualche soldo da parte e
costruire un futuro lavorativo
nell'Isola. «Lavoro solo d'estate,
durante l'inverno frequento
l'istituto Commerciale. Poi forse mi
iscriverò all'università, ma ci devo
ancora pensare. Mi piacerebbe
continuare nel settore del turismo».
Mamadou risponde veloce: un'altra
cameriera lo chiama perché ha
bisogno di un supporto linguistico con
alcuni turisti stranieri. Per lui,
che parla tre lingue, non ci sono
difficoltà. Un'esperienza lavorativa
che continuerà, a Cala Gonone,
col sorriso e l'entusiasmo di chi sa
guardare avanti e volare alto
sopra piccoli inciampi.
Alessandro Spanu
I casi di
Roseto e Aprilia
Respinto
alla Asl:«Non siamo dal veterinario»
TERAMO È entrato nell'ufficio della
Asl per delle semplici
informazioni. «Dovevo rinnovare il
libretto sanitario, volevo sapere
soltanto quali fossero i documenti
da portare agli uffici. Mi hanno
detto: vattene, questo non è
l'ufficio del veterinario...».
Ibrahima Diop, 39 anni, nato in
Senegal, in Italia dal 2000, vive a Roseto, in
Abruzzo: dopo l'episodio, ha deciso
di sporgere denuncia: «Mai come in
quel momento mi sono sentito
umiliato, è giusto che chi ha sbagliato
paghi». È andato al comando dei
carabinieri e ha raccontato tutto e la
sua storia è stata subito ripresa e
rilanciata su Twitter.
APRILIA Intanto ieri è stata
eseguita l'autopsia sul corpo di Hady
Zaitouni, il marocchino morto ad
Aprilia dopo l'inseguimento in auto e
il pestaggio da parte di due
incensurati che lo credevano un ladro. Su
questo aspetto però non c'è nessuna
certezza. «Non lo abbiamo
picchiato», hanno detto i due
aggressori ai carabinieri. Ma le
telecamere di sorveglianza li hanno
smentiti. Dalle immagini si vede
pure una pistola di uno dei due, una
guardia giurata. «Ci siamo
rovinati», hanno poi ammesso.
Nell'attesa di avere gli esiti
dell'autopsia, gli investigatori stanno
cercando di capire se gli
inseguitori (denunciati per omicidio
preterintenzionale), fossero
impegnati in una ronda. «Non lo escludo,
non abbiamo però ancora elementi per
poterlo affermare, e se così
fosse ne sarei stupito», ha detto il
colonnello Gabriele Vitagliano,
comandante provinciale dell'Arma.
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Federico
Marini
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