La
Nuova
Il
segretario del Pd ha una strategia per riconquistare gli elettori e la Regione:
«Basta alle guerre interne. E dobbiamo essere aperti al dialogo con tutti»
«Ripartiamo dal basso e dagli alleati storici»
di Luca Rojch
Un trapianto di anima, e di cuore,
in un partito stanco e lontano dalla realtà. Il compito di Emanuele Cani, il
nuovo segretario del Pd, è a metà tra l'incantesimo da stregone e l'intervento
a cuore aperto da cardiochirurgo. Perché il paziente è quasi catatonico. Gli
unici a mostrare segni di vita sono i leader delle correnti, che in questi mesi
hanno lavorato a un accordo complicatissimo. E pazienza se serviva uno tsunami,
ma le correnti interne al massimo hanno partorito un venticello. Cani si è già calato nel ruolo e traccia la
linea. Deve rianimare un Pd che, come sostiene Soru, agonizza poco sopra il 10
per cento, e più in generale sembra avere perso l'appeal.
Si concentra sulla ricerca dei
motivi del crollo dei consensi nel Pd in Sardegna. Vuole ritornare nelle piazze
per parlare con la gente e punta anche a riportare l'entusiasmo e il consenso
dei dirigenti del partito. Non vuole che la nuova storia del Pd sia scritta con
l'inchiostro della nostalgia. Ma Cani si concentra anche sulle Regionali di
febbraio.
Non ha dubbi. Ripartirà dalla
coalizione che si è presentata alle Regionali del 2014, ma vuole subito aprire
ai sindaci e osserva anche la proposta del Partito dei Sardi. Non fa nomi sul
candidato governatore. Nelle sue mani in grande malato.
Ma come farà a far uscire il Pd da
questa crisi?«Ci proveremo. Perché il Pd ha grandi potenzialità. E ha una
quantità enorme di risorse da valorizzare. Dobbiamo essere bravi a farlo e a
ricostruire intorno al Partito democratico una grande coalizione».
E in che modo?«Sono convinto ci debbano
essere due fasi. La prima è la ristrutturazione del Pd, la seconda è l'uscita
dall'isolamento in cui siamo finiti e la ricostruzione di una coalizione forte
che abbia radici solide e un programma forte e condiviso».
Ma quali margini avrà questa
coalizione? Quanto sarà vasta?«Dobbiamo ripartire dal tavolo del 2014. Con i nostri
alleati. Quella è la nostra base, ma nello stesso tempo dobbiamo aprirci anche
alle altre spinte di rappresentazione che arrivano dalla società. Dai sindaci
ai sindacati, alle associazioni. E dobbiamo avere l'attenzione di dialogare con
tutti i partiti. Con chi non ha trovato una casa, con chi non si riconosce
nella radicalizzazione populista di Salvini. Ci sono valori democratici che devono
diventare la base del dialogo».
Ma guardate anche a forze in questo
non vicine al centrosinistra come i Riformatori e sardisti?«Dobbiamo valutare
in questo momento anche forze politiche che non hanno avuto rapporto con i
pariti di sinistra. C'è un tavolo da aprire. È chiaro che per prima cosa
dobbiamo discutere con chi ha iniziato con noi da tempo una strada comune. Ma è
molto interessante anche dialogare con le forze di matrice federalista che
hanno una presenza importante nella regione in questa fase storica».
Si riferisce al Partito dei sardi e
al progetto identitario che porta avanti da tempo?«È fondamentale anche un
confronto con loro. Amministriamo insieme in Regione e in molti Comuni. Mi
sembra naturale e quasi scontato parlare con loro».
Esiste, anche se non in modo formale,
un partito dei sindaci che sembra avere un grande riscontro.«I sindaci fanno un
lavoro fondamentale. Sono la parte più esposta in questo momento, sono i
maggiori conoscitori delle emergenze quotidiane delle nostre comunità. Per continuare
a guidare la Sardegna è indispensabile parlare con loro e dialogare insieme su
quale futuro vogliamo dare alla nostra isola».
Una parte del Pd invocava un tipo di
scelta differente, lontana dalle correnti. Soru non la ha votata e ha criticato
la scelta della sua designazione. Le è dispiaciuto?«Certo che mi è dispiaciuto.
Ma sono convinto che sia un dovere morale recuperare tutti e dialogare con
tutti. Dobbiamo ricostruire il Pd e lo dobbiamo fare insieme. Uniti. Non
perderò occasione per chiamare tutti quelli che hanno deciso di non contribuire
alla rigenerazione del partito. Abbiamo bisogno di loro e devono fare parte
della squadra, anche da posizioni differenti. Spero in un loro forte contributo».
Anche Pigliaru ha detto di non
essere andato ad Abbasanta il 9 luglio perché non aveva interesse ad assistere
alle prove di forza tra correnti. Una critica al metodo utilizzato. «Dialogherò
con lui. Ma io credo che sia nell'interesse di Pigliaru e del Pd aprire un canale
privilegiato. Siamo l'unica forza politica che ancora si incontra e si
confronta pubblicamente sui temi. Spesso costruire una soluzione è complicato.
Ma l'apertura totale al dialogo e al confronto può generare tensioni. Pigliaru
è un illustre iscritto del Pd, abbiamo bisogno di lui. È chiaro che ci possono
essere momenti di difficoltà, ma i nostri dirigenti devono aiutarci proprio in
questi momenti. Sono convinto che l'intelligenza di Pigliaru e la sua grande
competenza lo spingeranno in questa direzione».
Berlusconi in queste ore pensa a un nuovo
nome per Forza Italia, "Altra Italia". Secondo lei è la ricetta giusta
anche per il Pd?«Secondo me Pd è un bel nome, che racchiude una storia e una
tradizione. Evoca valori precisi e un radicamento nel territorio. Sarei cauto
prima di prendere certe decisioni».
Ma una parte del partito vuole
indire un referendum per creare un Pd sardo federato con quello
nazionale.«Questa è una cosa differente. Il referendum per me è una cosa
positiva. Perché si esalta la matrice regionale e il suo radicamento nell'isola
senza eliminare la connessione con il partito nazionale. Questo argomento verrà
portato all'attenzione del prossimo congresso programmatico».
Mi scusi, lei parla di un partito
vivo e attento, ma mi spieghi perché nel suo Sulcis i 5 Stelle hanno stravinto.
Il Pd ha di fatto salvato Eurallumina e Alcoa, migliaia di posti di lavoro, ma
nessuno lo ha votato. Come se lo spiega?«Devo essere sincero. Non me lo spiego.
Non lo ho ancora capito. Non so perché anche quando il Pd fa cose positive non
trova il consenso. È evidente che si è rotto qualcosa tra noi e il nostro
popolo. Dobbiamo ripartire da questo. Riallacciare questi nodi. Dobbiamo
ritornare a parlare di lavoro in modo diretto. Ricostruire una matrice politica
che parta dal confronto con le masse. Che sia propria della sinistra e della
sua storia».
A proposito come si spiega il 10 per
cento raggiunto dalla alleanza Lega-Psd'Az?«Secondo me ha funzionato solo dal
punto di vista elettorale. Hanno sfruttato il traino nazionale della Lega.
Certo che come cittadino sardo questa alleanza quasi contronatura mi ha
turbato. Credo che le politiche del Psd'Az siano inconciliabili con quelle
della Lega. Non penso che il Psd'Az sia un partito populista. Considero questo
patto fuori da ogni regola delle relazioni politiche, è incomprensibile e ingiustificabile».
Ma mi pare che gli elettori abbiano
premiato la Lega e il governo gialloverde nei sondaggi sia in ascesa. «Loro
sono ancora in campagna elettorale. Cavalcano il tema della paura. Hanno amplificato
la questione migranti. Ma sono certo che crolleranno quando si dovrà parlare
del futuro del Paese. E quando dovranno affrontare la Finanziaria. Sono
convinto che alla fine l'intelligenza dei sardi e degli italiani li riporterà a
dare una giusta valutazione di queste forze politiche. Noi dobbiamo ragionare
in prospettiva».
Riuscirà a ricompattare il Pd? «Ci
proverò. Ma non devo essere io a ricompattare il Pd. Non deve essere una
posizione verticistica. Si deve partire dal basso. Anche per questo le prime
cose che farò da segretario saranno una serie di incontri istituzionali con il presidente
della giunta, quello del consiglio regionale, i sindaci, i sindacati, le
associazioni imprenditoriali e quelle del volontariato. Ma questo è solo il
primo passo. Mi aspetto il contributo di tutti per dare vita a un reale
cambiamento del Pd».
Unione
Sarda
Soru:
Cani eletto senza analisi del voto, rischiamo la fine di Michela Murgia
«Attento
Pd, così spariremo dal nuovo Consiglio regionale»
Se il Pd è quello di Su Baione,
quello che ha eletto Emanuele Cani
alla segreteria, rischia di sparire.
È fosca la previsione di Renato
Soru, dopo l'assemblea che ha scelto
il successore di Giuseppe Luigi
Cucca: «Il 4 marzo è cambiato lo
scenario politico, un fatto storico,
Credo che meritasse un dibattito nel
Pd sul perché chi guardava a noi
ci ha lasciato al 14%».
In assemblea lei ha citato
percentuali pure peggiori.
«Circolano sondaggi che ci danno al
10. Non sorprende: in questi mesi
non si è fatto nulla per ricostruire
la fiducia intorno a noi».
Un congresso basterebbe?
«Noi abbiamo chiesto di riflettere
sul nuovo contesto, cercare nuovi
linguaggi, nuove relazioni con gli
elettori. Altri si sono
accontentati di eleggere Cani».
Non era la persona giusta o non era
il metodo giusto?
«Non è la scelta giusta. La stessa
maggioranza che elesse Cucca, dopo
essersi dissolta come emerso da
mille dichiarazioni pubbliche, si è
rimangiata tutto e ha eletto una
persona che non reputo più autorevole
di Cucca. Per fare cosa? Raccontarci
la stessa bugia confortevole?»
Quale bugia?
«Che si lavora per l'unità. Ma in
realtà si lavora solo per l'unità di
un ristretto gruppo di vecchi
dirigenti senza popolo. Alimentando la
disunità con la società».
Come si può rimediare?
«In vari modi, bisogna stare nelle
piazze ma anche ritornare a
studiare, e discutere molto
apertamente. Invece si è preferito non
discutere e andare avanti».
Della batosta elettorale si è
parlato molto, a dire il vero.
«Ma scusi: con un segretario che si
dimette, e un dirigente come
Silvio Lai che addirittura vuole superare
il Pd, ritenuto un marchio
non più attraente; con ipotesi di
alleanze contro la nostra storia,
con movimenti secondo me di destra;
possibile che si voglia solo
continuare a controllare il partito,
eleggendo un segretario amico,
anzi ancora più amico?»
Beh, sul Pd federato è stato
proposto anche un referendum tra gli iscritti.
«Una svolta simile richiede un
dibattito aperto a tutti, non ristretto
a un'assemblea con molti che non
vedevamo più da una vita, richiamati
per serrare le fila. Chiedo: eletto Cani,
il tema del Pd sardo è
superato? O se ne occupa la
segreteria aritmetica di Cani?»
“Segreteria aritmetica” è
un'espressione efficace, ma nel 2008
Francesca Barracciu fu eletta da una
maggioranza anche più risicata e
lei era favorevole.
«Allora ci fu un ricorso e il
giudice disse che le regole erano
rispettate, perché il segretario
Cabras aveva detto di dimettersi per
ragioni personali. Non per dissensi
interni come Cucca».
Oddio, anche per Cabras furono
dimissioni politiche...
«Ciò che disse è agli atti. Possiamo
crederci o no; certo nel caso di
Cucca è una maggioranza che si è
sfaldata. Noi però stavolta non
ricorreremo in tribunale».
Ora come si riparte?
«Non lo devo dire io, lo dica il
segretario. Ci sono dirigenti che
hanno deciso, si prenderanno la
responsabilità di quello che
succederà».
Ma Renato Soru che farà?
«Sono quasi sempre stato in
minoranza nel Pd sardo, lo sarò ancora».
Non lascerà il partito?
«Sono stati altri a dire che
sarebbero usciti, salvo poi riarroccarsi.
Io sono abituato a lottare da
dentro».
Crede ancora nel Pd?
«Credo nella politica, che si fa
attraverso i partiti. Ma non credo a
quelli personali, o a Salvini che fa
leva sulle emozioni, sulla paura,
l'egoismo, la xenofobia quando non
il razzismo. L'emotività è
importante ma può farti venire un
attacco di panico in ascensore.
Salvini lavora perché tutti
diventiamo preda di quel panico. E magari
come reazione vogliamo spaccare
tutto, rompendo l'ascensore».
E dei 5Stelle cosa pensa?
«Non credo neppure nella loro finta
democrazia: ora per esempio solo
lo staff di Milano sa chi si è
proposto come candidato presidente.
Anche il caso di Andrea Mura
dimostra che quel sistema non funziona».
A proposito di Mura molti hanno
tirato in ballo lei, per le assenze in
Consiglio regionale o
all'Europarlamento.
«Sciocchezze. Ma io citavo Mura
perché non puoi selezionare uno in
poche ore per un ruolo cruciale, e
poi cacciarlo sempre in poche ore
senza neanche un dibattito pubblico,
lapidandolo in piazza».
E l'antidoto a tutto questo è ancora
il Pd?
«Di certo la politica deve trovare
modalità nuove, responsabili e
rassicuranti. Un attacco di panico
non lo fai passare col solo
ragionamento. Funziona l'empatia,
dimostrare di patire assieme ,
accogliere. Occorrono parole e
comportamenti nuovi».
Anche volti nuovi? Nella quasi-rissa
del 9 luglio, eravate gli stessi
litiganti del giorno in cui lei, nel
2008 si dimise in aula.
«È stata una discussione scomposta,
nessuna rissa. Per me vanno bene i
volti nuovi. Purché i comportamenti
non siano quelli vecchi, con i
soliti manovratori nell'ombra. Non
dobbiamo individuare noi i “nuovi”:
loro devono prendere la bandiera in
mano e proporsi con idee e
progetti propri».
Lei quale ruolo avrà, nella politica
del futuro?
«Io sono interessato a non separare
la mia vita dall'impegno politico.
Ricordo che io sono in politica da
14 anni, altri da 30. E ne sarei
già uscito se nel 2014 non mi
avessero chiesto tutti di candidarmi
alle Europee, perché nessuno lo
voleva fare».
Si riproporrà alla Regione?
«Potrei provare uno spirito di
rivincita. Ma non è sempre intelligente
agire sotto quella spinta o rifare
sempre le stesse cose».
È vero che è migliorato il suo
rapporto con Pigliaru?
«Al di là dei luoghi comuni, anche quando
ho avanzato critiche su
trasporti, entrate o urbanistica,
non era contro di lui ma un
contributo costruttivo. Come sulla
riforma degli enti locali, anche se
poi la soluzione finale non l'ho
condivisa».
Perché?
«Per esempio perché si è fatta una
città metropolitana che è una
piccola provincia, non funzionale
allo sviluppo dell'intera Sardegna».
A conti fatti, Pigliaru è stato un
buon presidente?
«Non voglio giudicarlo. Però di
sicuro ha lavorato con onestà e grande impegno».
Le Regionali sono una partita già
persa?
«No, ma ogni minuto di gioco ora è
decisivo. E se giochiamo come si è
fatto sabato a Su Baione, la
preoccupazione cresce».
Certo non siete i favoriti.
«Neppure i secondi favoriti. E se
siamo terzi, attenti: sotto il 10%
faremmo la fine della coalizione di
Michela Murgia. La regola,
sbagliata, che qualcuno aveva ideato
per fermare lei, rischia di
rivoltarsi contro di noi come una
beffa».
Giuseppe Meloni
«Per la
Sardegna il M5S avrà un programma rivoluzionario»
Il
senatore Ettore Licheri: alle prossime elezioni ci sarà una nuova
idea
della Regione
Ettore Licheri non ha dubbi: il
Movimento 5 Stelle presenterà alle
Regionali un programma «coraggioso e
rivoluzionario». L'avvocato
sassarese, neo senatore
pentastellato e presidente della commissione
Politiche Ue, è ottimista sul futuro
dei Cinque stelle in Sardegna e a
Roma. Ma, dopo le polemiche dei
giorni scorsi su Andrea Mura, ammette
di aver sbagliato a pensare che il
velista «fosse un valore aggiunto».
L'assenteismo di Mura vi ha creato
imbarazzo?
«Su di lui è stato detto tutto. I
cittadini, però, hanno constatato
che il Movimento ha prontamente
allontanato chi ha mancato ai propri
doveri istituzionali».
Personalmente che cosa ne pensa?
«Mi spiace per Mura, ritenevo che
potesse essere un valore aggiunto ma
mi sbagliavo. Andiamo avanti, siamo
tutti utili alla causa ma nessuno
è indispensabile».
C'era l'accordo sul ruolo di
testimonial?
«Assolutamente no».
Le regionarie premieranno il valore
reale dei candidati?
«Non posso rivelare nulla sui nomi.
Ma posso anticipare che, dai
tavoli di lavoro, uscirà un
programma veramente coraggioso,
rivoluzionario, ricco di progetti
innovativi che finalmente
racconteranno una nuova idea di
Sardegna».
Basterà a convincere gli elettori?
«Siamo entrati nel terzo millennio e
spero che scelgano di non farsi
accompagnare in questo percorso dai
politici del secolo scorso».
Sarete avversari della Lega. Un
problema?
«No. Abbiamo percorsi e storie
politiche diversi. A Roma siamo
riusciti a fare una sintesi efficace
moderna consacrata dal contratto,
ma nei territori ognuno porta avanti
i propri progetti».
Dopo due mesi è possibile fare un
bilancio del nuovo governo?
«Sì, ed è straordinariamente
positivo. Dopo 25 anni di cagnolini,
signorsì e raccontatori di
barzellette, ci siamo riconquistati in
Europa l'autorevolezza ed il
rispetto perduto».
Qualche problema sul tema dei
migranti?
«Abbiamo troncato il business
dell'immigrazione che aveva fatto così
tanto felice Salvatore Buzzi di
Mafia capitale e, sia chiaro, senza
aver mai mancato agli obblighi
giuridici e morali di soccorso in
mare».
Quali meriti al Movimento?
«Stiamo liberando i giovani dalla
schiavitù del precariato, i poveri
dalla schiavitù del gioco d'azzardo,
l'economia dal tradimento delle
delocalizzazioni. Stiamo insomma
restituendo ai lavoratori quelle
tutele sociali che destra e sinistra
avevano sacrificato all'altare
del neoliberismo finanziario».
Ha già testato la difficoltà di
rapportarsi con l'Unione europea?
«Al contrario. Sia io che il
ministro Savona abbiamo raccolto un
generale sentimento di
collaborazione da parte delle istituzioni
europee. Certo, stiamo vivendo il
cambio repentino di un epoca. Tutte
le istituzioni devono sentire perciò
l'esigenza di darsi una nuova
architettura più aderente alle nuove
esigenze del popolo».
Il governo è contro il Ceta. I
prodotti agroalimentari sono a rischio?
«Sulla questione l'attuale dibattito
pubblico pecca di superficialità.
Il trattato contiene centinaia di
clausole, alcune potrebbero essere
positive, altre molto negative. Se
un governo ratifica un trattato
nessuno deve piangere e nessuno
gongolare di gioia, per la semplice
ragione che un buon governo firma un
trattato quando questo è
nell'interesse generale di tutti i
cittadini».
Matteo Sau
La
deputata pentastellata
Lapia a
Pd e FI: mandate via gli assenteisti
Non ci sta ad accettare lezioni di
moralità dagli altri partiti, e
soprattutto dai parlamentari sardi:
«Mi rivolgo ai colleghi di Forza
Italia e del Partito democratico,
soprattutto, fate vostro il mio
invito e chiedete le dimissioni dei
vostri colleghi assenteisti». La
deputata nuorese del M5S Mara Lapia
è stata la prima parlamentare nei
giorni scorsi a chiedere le
«immediate dimissioni» di Andrea Mura,
recordman per le assenze dall'Aula.
Poi il velista è stato espulso dal
Movimento - «una scelta chiara e
differente da quelle che sono le
logiche degli altri partiti» - ma il
“caso” non è ancora rientrato.
«Condanno Andrea Mura», sottolinea
Lapia, «ma chiedo che etica e
moralità appartengano a tutti. Per
questo invito gli onorevoli Ugo
Cappellacci, Gavino Manca, Romina
Mura e Giuseppe Luigi Cucca, a
formalizzare la richiesta di
dimissioni per i loro colleghi di partito
assenteisti».
E prosegue con la lista dei
“fannulloni”, recuperata da OpenPolis. Il
primato - spiega in una nota -
appartiene a Forza Italia. La più
assente alla Camera, con lo 0,45% di
presenze, è Michela Vittoria
Brambilla.
La deputata fa parte della
Commissione Affari Sociali e
Sanità, «come me», prosegue Lapia,
«e non ho mai avuto il piacere di
vederla». Ancora: tra i più
assenteisti troviamo Piero Fassino (91,86%
di assenze); il segretario del Pd
Maurizio Martina (57%); Giorgia
Meloni, leader di FdI (85,07%);
Marzia Ferraioli di Forza Italia
(83,71%). Al Senato sono tre
esponenti di Forza Italia a collezionare
oltre l'80% di assenze: Paolo
Romani, Niccolò Ghedini e Giacomo
Caliendo.
La
Nuova
La
deputata M5S chiede agli altri partiti di seguire l'esempio del movimento
Lapia:
gli assenteisti vanno cacciati
CAGLIARI
Dopo l'espulsione del
deputato-velista Andrea Mura, accusato di aver
accumulato il 96,38% di assenze, il
M5S chiede agli altri partiti di
seguire il loro esempio. «Adesso
chiediamo che la stessa cosa venga
fatta anche dalle vecchie forze
politiche!», si legge nel blog delle
Stelle. La prima parlamentare ad
aver chiesto le immediate dimissioni
di Mura - anziché l'espulsione dal
gruppo - è stata la deputata
nuorese Mara Lapia. «Andrea Mura ha
avuto una grande opportunità, ma
non ne ha percepito fino in fondo
l'importanza. Rappresentiamo decine
di migliaia di sardi, che ripongono
in noi le speranze in un vero
cambiamento».
La deputata non accetta però lezioni di
moralità dagli
altri partiti presenti in
Parlamento, e soprattutto dai parlamentari
sardi. «Mi rivolgo ai colleghi di
Forza Italia e del Partito
Democratico in primis - dice Lapia-,
fate vostro il mio invito e
chiedete le dimissioni dei vostri
colleghi. Il Movimento con il
deputato Mura ha fatto una scelta
chiara e differente da quelle che
sono le logiche degli altri
partiti».
Secondo OpenPolis,
l'associazione che monitora la
produttività dei parlamentari, il
primato dei fannulloni è di Forza
Italia: la più assente alla Camera
dei Deputati, con lo 0,45% di
presenze, è Michela Vittoria Brambilla.
Tra i più assenteisti il deputato
del Pd Piero Fassino, Giorgia Meloni
e Marzia Ferraioli di Forza Italia.
Anche al Senato Forza Italia
conferma il suo primato. Sono 3 i
senatori che hanno collezionato più
dell'80% delle assenze: Paolo
Romani, Niccolò Ghedini e Licia
Ronzulli.«Condanno Andrea Mura -
insiste Lapia - e chiedo che etica e
moralità appartengano a tutti e non
solo al Movimento. Pretendo che i
partiti si comportino come il nostro
gruppo, espellendo dai loro
gruppi tutti gli assenteisti,
chiedendone le immediate dimissioni.
Altrimenti - conclude Mara Lapia -
abbiano almeno il buonsenso di
tacere».
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Federico
Marini
skype:
federico1970ca
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