Ieri sera, Coop di Montebelluna,
reparto frutta e verdura. Una mamma cinese spinge il passeggino con il bimbo
sopra. Il bimbo avrà otto, dieci mesi. Sta tutto imbragato nelle bretelle (è un
passeggino blu: molto voluminoso, molto complicato). Tiene in mano una mela.
Rossa rossa, una mela da cartone animato.
Porta la mela alla bocca, spalanca la
bocca a più non posso, una bocca tutta gengive e ancora niente denti. Cerca di
ciucciare, di mordere con le gengive qualcosa della mela. Non ci riesce, gli
viene un movimento da pesciolino muto. Pa pa pa un boccheggiare muto. La mamma
tiene in mano un sacchetto, con altre mele dello stesso tipo. Si avvicina e
prende la mela del bimbo.
Il bimbo fa un’espressione corrugata,
accartocciata, preparandosi al pianto. Stringe e rilascia i pugni, allunga le
mani verso la mela, sta proprio per piangere. Io penso: la mamma gliel’ha presa
per via dello sporco o dei pesticidi o perché non si può (consumare i prodotti
nel punto vendita eccetera). La mamma ha fatto bene. La mamma ha fatto quel che
avrei fatto (forse)
io. Io penso: adesso il bimbo frignerà
un poco e poi si calmerà. Con la smorfia corrugata è bellissimo. Tutti i bimbi,
specie a quell’età – attorno all’anno: l’età dei putti, degli amorini – sono
bellissimi, ma i bambini orientali hanno qualcosa che. Quel bimbo porta i
capelli nero inchiostro tutti tagliati a spazzola, come un velluto sulla testa.
La mamma mette la mela nel sacchetto e la pesa assieme alle altre. Poi la
riprende dal sacchetto, la lustra alla bell’e meglio sulla maglietta, e la ridà
al bimbo.
Il bimbo ci affonda subito le gengive.
Cerca un punto dove la mela sia cedevole e affonda. S’ingarbuglia con il
picciolo e tenta. Si sposta con la bocca e ritenta dal fondo. La mela sembra
ancora più rossa: io la guardo, guardo il bimbo, la scena: incantata. Sembra
che in quel momento, al mondo, per quel bimbo, non ci sia che una cosa: la sua
mela. Non esiste spazio, non esiste tempo, non esiste mamma: solo la mela. La
mamma mi guarda guardare, ci sorridiamo. In mano, stringo un sacchetto pieno di
zucchine, che alla fine mi scorderò di pesare. Alla fine, comprerò anch’io un
sacchetto di quelle mele rossissime. Non lo avrei mai fatto: non è ancora
stagione di mele e quelle verranno dal Cile o dal Sudafrica, come minimo.
Rossissime: chissà cosa ci mettono. La
cera, per lucidarle. I pesticidi, per difenderle dall’attacco degli insetti. Ma
alla fine ho comprato, anch’io, un sacchetto di quelle mele rossissime.
Stamattina ne ho mangiata una: e sì, non sapeva proprio di niente. Ma è stata
la felicità
Di Valentina
Durante.
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