di Luca Rojch
SASSARI
Sereno, quasi sornione. Christian
Solinas non ha paura della vertigine del comando. Il candidato governatore per
il centrodestra sembra avere già le idee chiare. Parla da leader senza timore
di prendere posizioni nette. Non ha paura di definire il nuovo Psd'Az un
partito populista. Vede una grande identità di ideali e valori tra sardisti e
Lega. Ha un'idea di sviluppo economico che passa dal turismo e che funzionerà da
antidoto anche contro lo spopolamento.
E si fa trasportare dall'onda anti
commissione Ue quando parla di un modello di continuità territoriale molto
lontano dalle prescrizioni di Bruxelles. Solinas è già salito sul ring della
campagna elettorale. Senatore 30 anni dopo Mario Melis
potrebbe diventare Presidente della giunta regionale un sardista, che effetto
le fa? «Ha un valore simbolico enorme per i sardisti e per i sardi. È il
compimento del progetto politico che i reduci della Brigata Sassari avevano
elaborato al rientro dalla prima guerra mondiale. Quest'anno cadono i 100 anni e credo che non
ci sia modo migliore per celebrarli. Dobbiamo rendere concreto il desiderio di
governare la Sardegna come riscatto sociale e culturale che questi uomini
avevano. Desiderio che è di grande attualità».
Nella
sua coalizione c'è ancora chi va alla ricerca di altri candidati governatore. «Noi guardiamo
principalmente alle cose da fare per i sardi. Siamo concentrati su questi temi
e intorno alle cose concrete si costruirà il consenso sulla persona. In testa
alle priorità abbiamo i bisogni della gente. Del resto non mi interesso».
Qualcuno
la accusa di avere stravolto l'identità del Psd'Az, di averlo portato a destra in
un abbraccio innaturale con la Lega. «Non è così. Questa linea politica
ha avuto l'obiettivo di ripristinare l'identità del partito. Ha cancellato
alcune mistificazioni che in passato c'erano state. Il Psd'Az nasce
federalista, con un'idea di libertà di fondo che si trova anche nello statuto
della Lega. Per noi il Carroccio è un partner politico e culturale naturale. Se
si legge lo statuto della Lega si scopre che per larga parte è la trascrizione
di quello del Psd'Az. Ci sono valori condivisi e sovrapponibili. E non sono io
a dirlo, ma la storia. La prima volta che Umberto Bossi venne eletto e che la
Lega comparì in parlamento durante la prima repubblica gli venne data una stanza
da dividere con il senatore del Psd'Az Carlo Sanna. Il nostro parlamentare
diede a Bossi copia dello statuto e altri documenti che parlavano di
federalismo e autonomia. Bossi strutturò la Lega di allora proprio sulla base
di quei testi. E in tutti questi decenni i contatti sono stati continui e
strettissimi, a partire da Miglio e tanti altri leghisti. Convergenze che non
diedero mai vita ad accordi organici. In passato proprio l'accordo di Mario
Melis con i comunisti portò a un'enorme perdita di consensi del Psd'Az e alla
mancata attuazione di temi chiave del sardismo».
Ma la
Lega di oggi forse è qualcosa di diverso. È per esempio un partito populista.
Lei si rispecchia nelle posizioni populiste? «Ci si deve mettere d'accordo su cosa
si intende con la parola populismo. Se significa interpretare con azioni
politiche le esigenze e le sensibilità dei cittadini e dare risposte alle loro
esigenze quotidiane allora siamo populisti. Io credo che uno dei problemi
maggiori della politica di questi anni sia stato imporre alla gente una agenda
politica che marciava su binari diversi rispetto alle reali esigenze del
popolo. La gente chiedeva lavoro e sicurezza e possibilità di non fare migrare
i propri figli, ma farli restare in Sardegna. L'agenda politica va connotata in
modo diverso senza più preoccuparsi di temi come i vincoli dell'Europa e lo ius
soli. I temi da affrontare sono altri. E più in generale non si può governare a
dispetto dei sardi. La politica deve avere la sensibilità di comprendere i
bisogni della gente e tradurli in azione pratica».
Ma
perché non siete riusciti a mettere insieme tutto l'universo indipendentista? «Beh nella nostra
coalizione ci sono Fortza Paris, Unione dei Sardi e i Riformatori sardi. Sono
presenti le istanze di matrice identitaria. Credo che sia più una questione di temi.
Fino a quando non si troverà la capacità di anteporre gli interessi dei sardi e
le loro battaglie autonomiste rispetto alle divisioni di destra e sinistra la
gente continuerà a dividersi. Ma questi sono schemi che non ci appartengono».
Farete
una lista unica con la Lega? «Con la Lega abbiamo una
condivisione ampia. Ora valutiamo quale sia l'assetto migliore per dare più
forza alla coalizione e per rappresentare valori e ideali»
Ci
sarà anche una Lista presidente. «Abbiamo tante persone in questo
momento che mi chiedono di potere mettersi in gioco con noi. Questo mi onora.
Mi chiedono di fare una lista del presidente in cui possano confluire. Ne
faranno parte esponenti della società civile, politici, professionisti, uomini
di cultura».
Cosa
farà nei primi 100 giorni da governatore? «Questo dei 100 giorni è un po' un
tormentone. Dal primo giorno il massimo impegno sarà rivolto a restituire ai
sardi il senso di una visione del governo della Sardegna. Agiremo da subito
sulla sanità. Basta alle liste d'attesa, basta parametri calati dall'alto.
Serve una vera continuità territoriale, la zona franca e poi la riscrittura
dello Statuto sardo che dia strumenti di autogoverno nuovi ed efficienti. Serve
una legge che difenda e valorizzi la lingua sarda e voglio la regionalizzazione
delle soprintendenze».
Ma a
quali modelli di sviluppo pensa? «Credo si debba pensare alla
cultura e al turismo che può creare. Dobbiamo mettere a sistema gli 8mila
nuraghi, i tesori di Monte Prama, Monte D'Accoddi, i pozzi sacri. E con loro
anche i beni materiali e immateriali come il canto a tenore o la immensa
ricchezza dell'agroalimentare. In questo modo si crea una destinazione Sardegna
e si può accrescere il numero di visitatori. Dobbiamo importare turisti,
consumatori del nostro ben vivere per rilanciare la filiera produttiva con la
nostra regia. C'è un dato importante che arriva dalla Organizzazione mondiale
del turismo. Dice che nel 2020 ci saranno 2 miliardi di turisti, la metà di
loro è in Europa. La Sardegna è a due ore e mezzo di aereo dalla maggiori
capitali europee. Ecco che diventiamo centrali. Dobbiamo superare la
stagionalità e puntare su cultura ed enogastronomia. Dobbiamo superare il
turismo dei non luoghi. Degli hotel a 7 stelle sparsi nel mondo, tutti
bellissimi, ma tutti uguali. Dobbiamo vendere la nostra unicità. Questa
diventerà la ricetta contro l'emigrazione e lo spopolamento. I nostri paesi dell'interno
diventeranno il nostro punto di forza e non più un anello debole».
Resta
il nodo dei trasporti. «Dobbiamo ripensare la continuità territoriale. Per prima cosa quella
interna. Servono più treni e più pullman, collegamenti migliori con i paesi e
riduzione dei tempi di percorrenza».
E su
quella aerea? «È evidente l'emergenza. Il modello che polarizza tutto su Roma e Milano
non funziona. Congestiona il traffico. È necessaria una continuità territoriale
anche con altre città medie dell'Italia come Bologna, Napoli, Torino, Firenze,
Verona. Quindi più rotte e più frequenze. A questo si deve sommare il valore aggiunto
delle low cost. E si deve rivitalizzare l'aeroporto di Alghero. È l'esempio del
fallimento delle politiche trasportistiche della Regione. Uno scalo con flussi
importanti che è stato desertificato. A questo si deve aggiungere una nuova
valutazione per l'aeroporto di Tortolì, che con il porto di Arbatax funzionano
da porta dell'Ogliastra. Sono stati abbandonati. È un errore».
Resta
la continuità marittima. «La Regione deve rivendicare la sua competenza di decidere sulla
continuità marittima. Gli deve essere data dallo Stato per dare certezza ai
passeggeri e alle merci. Le navi sono le nostre autostrade, il traffico merci
deve essere pensato a lungo termine. Ecco perché risorse e strategie devono
essere nelle mani della Sardegna. Si deve conservare la concorrenza, ma non si
può dimenticare che in determinati periodi dell'anno è antieconomico far
viaggiare le navi. Ecco perché il sistema di continuità deve essere studiato a fondo
per mantenere la garanzia del servizio pubblico».
Chi
sarà il vostro avversario principale i 5 Stelle, il centrosinistra, o il Partito
dei sardi? «In verità non ci occuperemo degli altri candidati. Noi stiamo tra la
gente ascoltiamo i loro bisogni e sentiamo le loro aspettative. Faremo le
nostre proposte e saranno i sardi a decidere».
I
sondaggi danno Lega e Psd'Az insieme oltre il 20 per cento. «Non guardo i sondaggi.
L'unico sondaggio che vedo è quello della gente che mi ferma per strada. Le
persone che incontro mi fanno capire che c'è tanta condivisione per il nostro
progetto».
Ma se
dovesse perdere le elezioni resterà al senato o farà il consigliere regionale
di opposizione? Non mi pongo questo problema. Vinceremo noi».
Il
perimetro della coalizione è delineato o c'è spazio per altre forze? «Il perimetro è stato
determinato al tavolo a cui non ho partecipato. Credo che la coalizione abbia
una maturità sufficiente per creare programmi condivisi».
Come
sono i rapporti con Forza Italia? «Sono di cordialità».
Cosa
pensa di Massimo Zedda? «Conosco Massimo Zedda da ragazzo, siamo anche coetanei».
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Federico
Marini
skype:
federico1970ca
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