Ieri il Papa parlando di immigrazione ha
detto che in Italia esistono dei campi di concentramento. Ai giornalisti che
sono sobbalzati sulla sedia ha anche rivolto queste parole: 'non era un lapsus,
intendevo dire proprio dei campi di concentramento'.
Se avesse fatto una dichiarazione così forte su qualsiasi altro tema (ad esempio le unioni civili o il fine vita) sarebbe stata la notizia del giorno. Invece questa volta non è stato così.
In molti intanto si sono prodigati a prendere posizione contro il saluto dei fascisti al campo 10 del cimitero di Milano, a partire dal Sindaco della città Sala. Ecco, io mi sarei aspettata che il nostro antifascismo si sarebbe manifestato nel dire No sempre e comunque a quei saluti romani e contemporaneamente nel chiedere l'immediata chiusura di quei campi. Mi sarei aspettata una reazione del Governo - che di quei campi è responsabile - di fronte ad un Papa che lancia una tale denuncia e un così importante monito. Invece niente: la lotta contro fascismo e nazismo pare essere una questione simbolica, quasi estetica. La sostanza sfugge, sfugge la necessità di difendere i diritti umani, la libertà di ogni persona, affermare l'uguaglianza di ogni essere umano di fronte ad ogni discriminazione di Stato.
Mi addolora questa situazione, ma non mi stupisce: in fondo basta leggere 'La banalità del male' di Hannah Arendt per sapere e capire. E per decidere che di fronte a quella banalità la cosa più importante è rifiutare ogni giorno della propria vita qualsiasi complicità.
Elisabetta
Piccolotti
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