La Nuova Sardegna
Orlando riconosce la vittoria
dell’ex segretario: «Ma la partita è ancora aperta» Emiliano: «L’8% è un
successo». Il 26 aprile sfida in tv. D’Alema: «Pensano a Fi» Primo round a
Renzi, ora sfida alle primarie, di Cristina Ferrulli
I dati ufficiali arriveranno solo
domani ma, il giorno dopo la fine del voto tra gli iscritti, Andrea Orlando depone
l'ascia di guerra e riconosce la vittoria di Matteo Renzi rinviando alla vera
sfida delle primarie del 30 aprile. Battaglia che chiamerà al voto anche chi
non è iscritto al Pd e se i supporters del Guardasigilli sperano nel voto dei
fuoriusciti Mdp, Michele Emiliano guarda anche al voto dei grillini. «Ora
spingeremo ancora più di prima», assicura l'ex premier che chiede di «non
sporcare con le polemiche del giorno dopo» una competizione che ha chiamato al
voto 266.979 iscritti.
La corsa verso i gazebo culminerà il
26 aprile con il confronto tv su Sky, l'unico per ora certo anche se Orlando
chiede ai rivali di farne uno ogni settimana. Il grande tema, oltre al vincitore,
sarà quanti parteciperanno alle primarie per verificare se il Pd, dopo la
sconfitta al referendum, ha ancora appeal tra gli elettori. Se non si ferma «la
scissione silenziosa», sostiene il sindaco di Bologna Virginio Merola che sta
con il ministro della Giustizia, quella di Renzi rischia di essere «una
vittoria di Pirro».
Disaffezione negata dalla mozione
Renzi che in base ai dati quasi definitivi parla di un'affluenza pari 59,4%
rispetto ai 449.434 iscritti con il picco in Puglia, seguita dal Lazio e dalla
Liguria mentre è bassa la partecipazione in Trentino Alto-Adige, con il 38,48% e
in Sardegna, penultima con il 40,23%. L'ex segretario, che spera di tornare in
sella, definisce «impressionante» la vittoria al 68 per cento, invitando a «Non
sporcare questa prova di democrazia con le polemiche del giorno dopo». Ma anche
chi segue si sente ancora in partita. «La partita è aperta - si dice certo
Orlando – tenendo presente che la mia candidatura è arrivata nelle ultime ore
utili con il 90% del gruppo dirigente
schierato con Renzi e con una partecipazione che non è stata eccezionale». Non
si scoraggia neanche il governatore pugliese.
«Per noi l'8% è un successo perché è
fatto da persone che quando si sono iscritte al Pd non sapevano della candidatura
di Emiliano e quando Emiliano si è candidato hanno chiuso le iscrizioni», è
l'analisi del braccio destro del governatore Francesco Boccia. Ora bisognerà
vedere su che temi gli sfidanti incalzeranno il vincitore in pectore: se sulla
legge elettorale chiedendo a Renzi di uscire allo scoperto sulle alleanze, come
chiedono i sostenitori di Emiliano, oppure sulle scelte economiche con una
maggiore attenzione alle politiche sociali.
Un assaggio della sfida si avrà
all'assemblea dei deputati per un confronto sul Def con il ministro Padoan. Non
ha invece più dubbi sulla strada intrapresa dall'ex premier Massimo D'Alema:
«Ho visto sui giornali un appello di Cuffaro per un'alleanza con il Pd in
Sicilia. La prospettiva del Pd di Renzi è quella di un'alleanza con Forza
Italia».
Unione Sarda
Pd,
prime scintille - Cucca: ho provato a mediare. Sanna: no a
correnti
di potere Oggi le liste, lite sulla gestione del partito
Volano le prime frecce della
campagna elettorale per la segreteria del
Pd sardo. Giuseppe Luigi Cucca,
senatore sostenuto dall'ex minoranza e
dall'area Cabras-Fadda, e Francesco
Sanna, deputato appoggiato dai
soriani, si punzecchiano a distanza
su concetti simili espressi da
entrambi i candidati.
FRECCIATE L'obiettivo comune è
«superare le correnti per la gestione
unitaria del partito». Nonostante i
propositi siano praticamente
uguali, per Sanna e Cucca le
differenze ci sono. Il primo a chiarire
la questione è Cucca: «Quando ho
proposto di ritirare le candidature e
lasciare la competizione, ho dato un
segnale tangibile». Il
riferimento è all'inizio della
trattativa, perché «quando si discuteva
su un nome unitario, sul tavolo è
stato calato il nome di Francesco
Sanna».
L'ACCUSA Il deputato chiarisce la
sua posizione e contrattacca.
«Quello che voglio superare sono le
degenerazioni correntizie - dice -
che vedono gruppi interni forti e
puntati alla gestione del potere».
Sanna, inoltre, punta il dito contro
il diretto avversario: «Mi sembra
che Cucca le correnti voglia
federarle nel patto di gestione, più che
superarle. Questo lui lo chiama
gioco di squadra, ma vorrei dirgli di
stare attento, la squadra lo sta già
commissariando».
I NOMI Intanto comincia a emergere
qualche nome dei candidati per
l'assemblea regionale. Saranno tre
le liste a sostegno dei due
candidati: una per Francesco Sanna,
due per Giuseppe Luigi Cucca.
L'area popolare-riformista, mette in
campo i big e candida l'assessore
regionale degli Enti locali,
Cristiano Erriu, il presidente del
Consiglio regionale, Gianfranco
Ganau e il senatore Silvio Lai. Nelle
liste dell'ex minoranza compare
Priamo Siotto a Nuoro, il sindaco di
Bari Sardo, Paolo Fanni e l'ex vice
sindaco di Sassari, Gianni
Carbini.
I RISULTATI I circoli sardi
confermano il sostegno a Matteo Renzi
nella corsa alla segreteria
nazionale. In Sardegna hanno votato 5.863
tesserati e di questi, 4.198 hanno
scelto l'ex premier che raggiunge
il 72% delle preferenze. Orlando
ottiene 1.588 voti, mentre il terzo
candidato, Michele Emiliano si ferma
a 61 preferenze. Coda al veleno
tra i due circoli Pd di Olbia che
riaprono la contesa dopo un periodo
di pace. Lo screzio riguarda la
presentazione in ritardo dei
tesserati. Uno dei due circoli
diserta le urne e per ora la Gallura ha
congelato i risultati in attesa di
arrivare a un chiarimento.
Matteo Sau
Il
pg: «Soru non ha evaso, dev'essere assolto»
La condanna a 3 anni inflitta in
primo grado all'ex governatore Renato
Soru per una presunta evasione
fiscale di 3 milioni di euro è frutto
di una «impostazione non corretta»
da parte del giudice di primo
grado. Le condotte eventualmente
ascrivibili all'ex leader del Pd
potrebbero riferirsi a una
«infedeltà dichiarativa», problema già
risolto da «un accordo» tra le
parti.
Insomma: per il pg Giancarlo Moi la
vicenda processuale nata da un
prestito multi milionario nel 2004
fatto a Tiscali dalla società
inglese Andalas Ltd, anch'essa di
proprietà di Soru, va chiusa con
l'assoluzione dell'imputato «perché
il fatto non sussiste». In questi
mesi, inoltre, l'ex governatore ha
già archiviato la partita
tributaria, versando oltre 7 milioni
di euro (cifra che, oltre alla
presunta evasione, comprende multe e
interessi).
Davanti alla Corte
d'Appello - dov'è in corso il
processo di secondo grado - l'accusa ha
dunque chiesto ieri l'assoluzione
per il patron di Tiscali. Dai
documenti, ha sottolineato il pg, è
emersa «una trasparenza assoluta»
nei comportamenti di Soru. Conclusa
anche l'arringa dell'avvocato
Ennio Amodio, l'8 maggio parleranno
gli altri difensori Fabio Pili e
Giuseppe Macciotta. Poi, la
sentenza.
La
leader della Cgil Camusso oggi
nell'Isola
Oggi la segretaria generale della
Cgil Susanna Camusso è in Sardegna.
Alle 8 è in programma un'assemblea
con i lavoratori dell'area
industriale di Sarroch (mensa
consortile Cacip, di fronte all'ingresso
Saras), alle 10 volantinaggio al
mercato rionale di Pula, alle 11,30
assemblea al piccolo auditorium di
piazzetta Dettori a Cagliari.
Il pomeriggio, dalle 15, al Teatro
Lirico di Cagliari, dopo i saluti
del segretario della Cgil di
Cagliari Carmelo Farci, è in programma
un'iniziativa, coordinata da Carmina
Conte, che prevede un'intervista
a Susanna Camusso da parte dei
giornalisti Roberta Secci (Agi),
Roberta Celot (Ansa), Umberto Aime
(La Nuova Sardegna), Giuseppe
Meloni (L'Unione Sarda), il
dibattito con Michele Carrus, segretario
regionale Cgil. A seguire gli
interventi di Omar Chessa, docente di
Diritto costituzionale
all'università di Sassari, Sabrina Perra e
Gianni Loy, docenti di Sociologia
dell'organizzazione e di Diritto del
lavoro all'università di Cagliari, e
Luca Santus, studente di Scienze
Politiche a Cagliari. Alla serata
partecipano il musicista Leonardo
Sarigu e gli attori Simeone Latini e
Felice Montervino che reciteranno
monologhi sul tema della precarietà
e dei diritti nel lavoro.
L'ex
premier festeggia, cauto il ministro: «Vedremo il 30 aprile»
Pd,
Renzi contro Orlando «Chi perde lo ammetta»
Matteo Renzi trionfa tra gli
iscritti Pd con il 68% dei consensi e
avverte gli avversari al congresso:
«È un dato impressionante viva la
democrazia», è il primo commento, a
cui segue poco dopo un altro
messaggio: «Quando si vince, si
vince. Quando si perde, si ammette.
Punto», dice riferendosi agli
avversari. Renzi trionfa ovunque, dalla
sua Toscana a Roma, dal Veneto alla
Lombardia e anche in Sardegna.
Tra i 266.726 votanti (dato
ufficioso, sarebbe il 59,29% dei 449.852
iscritti) il ministro della
Giustizia Andrea Orlando si fermerebbe
poco sopra il 25%, il governatore
pugliese Michele Emiliano andrebbe
appena oltre il 6%.
Nessun dubbio sulla straripante
vittoria dell'ex premier ma Orlando,
pur senza parlare di brogli, rimarca
l'anomalia dei numerosi iscritti
dell'ultima ora in alcuni circoli e
chiarisce che niente è ancora
perduto. «Stiamo facendo ancora le
prove libere di Formula 1»,
chiarisce, «la gara deve ancora
incominciare e il vincitore uscirà
dalle consultazioni del 30 aprile».
Quel giorno ci saranno le primarie
alle quali voterà tutto il popolo
del centrosinistra. L'ex leader Pd,
per i sondaggisti, è stabilmente
tra il 50 e il 60% e non sembra
esserci partita. «Mi sento accerchiato
da tanto affetto e condivisione»,
dice in uno dei tanti commenti della
giornata. «Chi ha votato la mozione
Renzi-Martina ci sta dicendo che
dobbiamo spingere ancora più di
prima, tutti insieme facendo tesoro
degli errori. Ma non perdendo mai la
fiducia e la tenacia», sostiene.
«Domenica a Roma i risultati saranno
proclamati e in quella sede
lanceremo lo sprint per arrivare
alle primarie di domenica 30 aprile»,
aggiunge.
Poi l'ex presidente del Consiglio
marca ancora una volta la differenza
tra il Pd e il Movimento
Cinquestelle, oggi principale competitor (nei
sondaggi sono entrambi attorno al
28%) per la conquista della
maggioranza al Governo.
«Il Pd», evidenzia, «è un partito
democratico. Nel nome e nei fatti.
Decidono gli iscritti nel congresso
e poi nelle primarie. Mesi di
polemiche e scissioni. Poi la parola
passa agli iscritti. Migliaia di
circoli, migliaia di dibattiti,
centinaia di interventi. Alla fine si
vota, grazie a uno sforzo
democratico di volontari e militanti che non
ha paragoni in Italia. Lo ridico»,
conclude Renzi, «perché sia chiaro:
nessuno fa ciò che facciamo noi in
termini di democrazia e
trasparenza».
CARBONIA.
Casti: «Il sindaco dica la verità». Massidda: «Un equivoco»
Il
mistero delle dimissioni tra polemiche e smentite
Mercoledì 29 marzo, ore 10.24: è in
quel preciso istante che Emanuela
Rubiu, protocollando le sue
dimissioni, smette, formalmente, di essere
un assessore comunale. Forfait vero,
quindi - non informale come aveva
detto il sindaco Paola Massidda -
con tanto di restituzione delle
deleghe della Cultura, del Turismo e
degli Spettacoli che il primo
cittadino le aveva affidato lo
scorso luglio. L'opposizione grida allo
scandalo parlando di «bugie ai
cittadini» ma Paola Massidda parla di
«equivoco con gli uffici: pensavo
non fossero state formalizzate in
attesa di una decisione definitiva.
Nessuna bugia». Ma intanto,
formali o informali che siano, la
dimissioni sono congelate in attesa
di ripensamento da parte della
diretta interessata.
L'ATTESA Oggi è previsto lo
scioglimento della riserva: non è
avvenuto, infatti, ieri mattina al
termine di un lungo faccia a faccia
in Municipio fra Massidda e Rubiu.
Due ore di colloquio con fumata
nera: «Domani mattina (oggi, ndr )
saprete tutto», ha concluso nel
pomeriggio Emanuela Rubiu che
giovedì scorso era stata fra le
protagoniste di una riunione fiume
fra Giunta e M5S, servita alla fine
a respingere e tenere in freezer le
dimissioni dell'amministratrice
presentate sei giorni fa. Che le
dimissioni siano state respinte lo
ribadisce anche il presidente del
Consiglio Massimiliano Zonza: «Si è
riservata di riconsiderare tutto
dopo nostra esplicita richiesta». Da
ripianare evidentemente dissapori
anche in seno alla Giunta ma la
causa determinante potrebbe essere
stato un post sulla pagina Fb di un
attivista M5S sulla storia mineraria
locale e il ruolo del museo del
carbone, con giudizi poco graditi da
Emanuela Rubiu.
L'ATTACCO Tuttavia in questa
telenovela dai contorni tutti da
chiarire, passa all'attacco
l'opposizione. Va giù duro l'ex sindaco Pd
Giuseppe Casti: «Segreti e bugie -
dice - le dimissioni risalgono al
29 marzo e il sindaco ha mentito su
una cosa importante anche se non
essenziale». Per nulla tenero anche
Fabio Usai, Partito dei sardi:
«Assistiamo a un teatro che sta
mettendo in scena la peggior specie di
politica: cosa triste è che gli
spettatori sono i cittadini».
SOSTITUZIONE? Ma dietro le quinte,
nel caso in cui Rubiu dovesse
confermare le dimissioni, si
scorgono i primi nomi e rimbalza quello
di Sabrina Barlini, regista, manager
e attrice teatrale da oltre venti
anni col Teatro del Sottosuolo: «Lo
apprendiamo dagli organi di stampa
- ammette il capogruppo Manolo Cossu
- è un'attivista di tutto
rispetto ma non abbiamo fatto alcuna
valutazione». Lo conferma la
diretta interessata: «Grazie per la
stima, ma in realtà non mi hanno
contattato».
Andrea Scano
Il
caso Andalas-Tiscali, in primo grado l’ex governatore condannato a 3 anni
La
procura in Appello: «Soru deve essere assolto» di Mauro Lissia wCAGLIARI
Commettere un errore nella
dichiarazione dei
redditi non significa evadere le
tasse ma solo eluderle, perché si
possa parlare di reato e scatti la
sanzione penale dev’essere chiara e
dimostrata la volontà dell’imputato
di non pagarle. Malgrado la
condanna a tre anni di reclusione
decisa il 5 maggio dell’anno scorso
dal giudice Sandra Lepore, per il
sostituto procuratore generale
Giancarlo Moi il ricorso della
difesa va accolto e l’ex governatore e
leader del Pd sardo dev’essere
assolto in appello perché il fatto al
centro del procedimento non
sussiste, una richiesta clamorosa che
smonta radicalmente l’impianto
accusatorio sostenuto dalla Procura -
che aveva a sua volta ricorso per
chiedere una pena più pesante - e
confermato dal tribunale. Manca per
il pg Moi il dolo specifico, la
consapevolezza di commettere un
reato, in questo caso di omettere il
versamento al fisco legato agli
interessi maturati su un prestito di
27 milioni tutto in famiglia, dalla
società londinese dormiente
Andalas alla cagliaritana Tiscali.
Su quegli interessi, che
ammontavano a due milioni - ha
sostenuto il giudice di primo grado -
Soru avrebbe dovuto pagare 400 mila
euro, ma non l’ha fatto. Per il
tribunale quell’omissione è un
reato, per la Procura generale è
soltanto un errore. La requisitoria.
Erano le 13 e 45 quando il pg Moi
- davanti alla Corte d’Appello
presieduta da Claudio Gatti,
consiglieri Lavena e Belelli - ha
concluso la sua ora abbondante di
requisitoria, giocata sul filo di
precedenti decisioni legate a
vicende tributarie ma soprattutto
sulla valutazione dell’elemento
psicologico alla base della condotta
tenuta dal parlamentare europeo
prima e durante il processo di primo
grado: «Soru ha confessato di
aver sbagliato, ha ammesso l’errore
davanti all’Agenzia delle entrate
con l’adesione all’accertamento - ha
spiegato Moi - e ha l’ha
confermato pubblicamente in
tribunale. Ha spiegato il perché di
quell’errore, riferendosi a un anno
2004 piuttosto complesso, che
coincide con la sua elezione a
presidente della Regione.
Non capisco
perché nella sentenza di primo grado
non si sia tenuto conto di queste
spiegazioni, era un incarico
importante, non era stato eletto
presidente della repubblica di
Molentargius». Riletti i fatti in
questa chiave alternativa, la
vicenda giudiziaria assume connotati
opposti rispetto a quella esposta
dal giudice Lepore nella motivazione
della sentenza di condanna e dalla
Procura: «In quel momento - ha
fatto i conti il magistrato - Soru
poteva contare su un patrimonio di
circa mille miliardi di lire a
rischio di fallimento, mi sembra
inverosimile che abbia rischiato
consapevolmente di perdere due
milioni di euro e finire in
tribunale per risparmiare 400 mila euro di
tasse». I precedenti. Una tesi che
per la procura generale ha radici
nel passato: «Fino al 2004 le
dichiarazioni dei redditi di Soru
risultano perfette, lo riconosce la
Guardia di Finanza negli atti del
procedimento - ha insistito Moi -
eppure la sentenza del tribunale gli
attribuisce una volontà piena di
evadere il fisco proprio quando la
sua persona finisce al centro
dell’attenzione politica, della cronaca
e degli organismi di controllo.
Qualcuno ha tenuto conto anche di
questo? Qualcuno s’è chiesto se
l’errore di Soru sia stato commesso in
buona fede?». Il fatto non sussiste.
Il pg Moi ha chiesto che il
ricorso presentato dagli avvocati
Fabio Pili, Ennio Amodio e Giuseppe
Macciotta venga accolto con la
conseguente riforma della sentenza di
primo grado, l’assoluzione di Soru e
il dissequestro dei beni.
All’udienza finale, quella del
prossimo 8 maggio, la Corte dovrebbe
sciogliere la riserva sulla
richiesta di rinnovazione dell’istruttoria
dibattimentale avanzata dalla
difesa, che ha chiesto l’audizione
dell’ex presidente della Corte
Costituzionale Franco Gallo. Per come
s’è messo il processo è probabile
che la Corte d’Appello decida di
andare direttamente alla sentenza
alla conclusione dell’ultima
arringa, quella dell’avvocato Fabio
Pili.
L’avvocato
Amodio: passaggio di denaro avvenuto alla luce del sole.
L’8
maggio le ultime arringhe La difesa: «Accuse basate su presunzioni»
CAGLIARI Renato Soru ha perso due
milioni di euro perché al momento di
versare all’Agenzia delle Entrate
gli ultimi 5 milioni sui 7 milioni e
125 mila euro che doveva al fisco
per tasse omesse e sanzioni, non
sapeva che dopo pochi giorni il
governo avrebbe varato il
provvedimento per la rottamazione
delle cartelle esattoriali, che gli
avrebbe garantito il risparmio: la
rata finale è stata pagata il 13
ottobre 2016, la rottamazione è entrata
in vigore il 22 ottobre
successivo, nove giorni dopo. Una
brutta botta per l’ex governatore,
mitigata dalla requisitoria
clamorosamente favorevole incassata ieri
mattina nell’aula della Corte
d’Appello. Silenzioso come al solito,
l’europarlamentare del Pd si è
illuminato quando ha capito che il pm
Giancarlo Moi avrebbe chiesto
l’assoluzione.
Per mister Tiscali quella
di ieri è stata una mattina di sole,
malgrado il diluvio che ha
allagato Cagliari. Alla fine ha
parlato solo il primo dei difensori,
il celebre docente di diritto penale
Ennio Amodio, eloquio
elegantissimo, rigore logico, un
avvocato d’altri tempi: «Il giudice
del primo grado ha parlato di
indagine complessa da parte della
Guardia di Finanza - ha detto il
legale - in realtà tutto si è risolto
facilmente, visto che Soru ha subito
ammesso che Andalas era sua e il
passaggio di denaro è riportato con
precisione nel bilancio di
Tiscali». Amodio ha insistito su
quest’aspetto, che si riflette sulla
valutazione del dolo specifico: «Non
c’era alcuno schermo,
l’operazione è avvenuta alla luce
del sole».
Pacato ma fermo il
giudizio sulla sentenza di primo
grado: «Si basa tutto su presunzioni
e non sui fatti, che sono
chiarissimi». Nel ricorso, l’avvocato Fabio
Pili - che parlerà l’8 maggio,
incentrando l’arringa sull’elemento
psicologico e la valutazione del
dolo specifico - ha sostenuto che in
base a recenti sentenze
internazionali un cittadino non può essere
sanzionato due volte per lo stesso
fatto, il principio del ne bis in
idem vale anche se l’intervento
giudiziario è di diversa natura, per
esempio tributario e penale. Il pg
Moi ha respinto questa tesi,
sostenendo che nel caso di Soru
l’elusione delle tasse sia un fatto
diverso dall’accertamento - con
sanzione conseguente - dell’Agenzia
delle Entrate. (m.l)
Subito
dopo la condanna, il 5 maggio 2016, aveva rinunciato
all’incarico.
Non è stato ancora sostituito
Si
era dimesso dalla segreteria del Pd
SASSARI Un istante dopo la condanna in
primo grado, Renato Soru si era
dimesso dall’incarico di segretario
regionale del Pd. Tre giorni dopo
il patron di Tiscali aveva deciso di
autosospendersi dal gruppo dei
Socialisti e Democratici al
Parlamento europeo, seggio conquistato nel
2014: l’elezione in Europa aveva
rappresentato per l’esponente Dem
l’avvio della rinascita politica
dopo la bruciante sconfitta
elettorale alle regionali del 2009,
quando da governatore uscente era
stato sconfitto dal candidato del
centrodestra Ugo Cappellacci.Pochi
mesi dopo l’elezione in Europa, Soru
aveva conquistato la segretaria
del Pd: nella corsa a tre
l’eurodeputato aveva ottenuto il 51,2% delle
preferenze. Grazie anche al patto di
ferro stretto tra la corrente dei
soriani e quella dei
popolari-riformisti (che fanno riferimento ad
Antonello Cabras e Paolo Fadda).
Un’alleanza esplosa due anni dopo,
alcuni mesi prima rispetto alle
dimissioni di Soru dalla segreteria in
seguito alla condanna in primo
grado. Da allora, da quel 5 maggio
2016, il Pd non è ancora riuscito ad
eleggere la sua guida in
Sardegna. Il partito, dilaniato da
lotte intestine e contrapposizioni
feroci fra gli ex alleati, ha
vissuto una fase difficilissima.
Con lo
stesso Soru protagonista di forti
attacchi: per esempio quello nei
confronti “delle quattro cariatidi
che tengono in ostaggio il partito
e pensano solo a mantenere il
proprio potere e il proprio stipendio”,
parole pronunciate in occasione di
un’assemblea a Oristano nell’agosto
2016 convocata proprio per eleggere
il segretario. Dopo l’ennesimo
nulla di fatto e di fronte
all’incapacità delle varie anime del
partito di fare sintesi, la
direzione nazionale a ottobre decise di
accogliere la richiesta
dell’assemblea regionale nominando un garante
per il Pd sardo: si tratta di Gianni
Dal Moro, presidente della
commissione nazionale di garanzia.
Il compito di Dal Moro non è
concluso: dovrà infatti traghettare
il partito sino al congresso del
30 aprile, quando sarà eletto il
nuovo segretario (entro domani la
presentazione delle liste). In corsa
ci sono Giuseppe Luigi Cucca e
Francesco Sanna. Il primo è
sostenuto dall’ex minoranza (renziani ed
ex Ds) e dall’area Cabras-Fadda.
Sanna invece conta sull’appoggio del
gruppo di Soru, in una
contrapposizione che dopo gli avvicinamenti del
passato è più forte che mai. (si.
sa.)
-----------------
Federico Marini
skype: federico1970ca
Nessun commento:
Posta un commento