La Nuova
Il capogruppo di Sel Scotto sarà oggi a
Sassari: «Noi accozzaglia? Loro poltiglia» Sull’addio di Zedda e Uras: «Mi
auguro ci ripensino, abbiamo bisogno di loro» Sinistra, appello per il No: è
una riforma autoritaria.
SASSARI Massimo Zedda non aderirà al
progetto di Sinistra italiana, preferisce l’alleanza con il Pd, ma dagli ex
compagni di strada arriva un appello a ripensarci. A rivolgersi al sindaco
di Cagliari è uno degli esponenti di spicco dei vendoliani, Arturo Scotto,
capogruppo alla Camera di Sel, partito che in Sardegna deve fare i conti con l’addio
di numerosi dirigenti. Non solo Zedda, ma anche il senatore Luciano Uras,
l’assessore Claudia Firino, i consiglieri Daniele Cocco e Francesco Agus e
decine di amministratori.
«Faccio appello a Massimo, Luciano e agli
altri compagni – dichiara Scotto – Chiedo loro di ripensarci e di contribuire,
anche con un profilo critico, al processo di costruzione di una forza di
sinistra aperta e di governo. Abbiamo bisogno della loro passione e
competenza». Scotto sottolinea la necessità di una nuovo forza di sinistra
autonoma che si candida a governare, anche con il Pd, a condizione che mandi in
soffitta la stagione renziana.
«Se il Pd cambia politica e mette in
discussione questi anni di Partito della nazione potremmo anche essere
disponibili al dialogo. Il governo Renzi non è il governo del cambiamento che avevamo
immaginato quando abbiamo dato vita all’Italia bene comune di Pierluigi
Bersani, ma ha sposato le idee dei forti». La nuova stagione della sinistra dovrà passare per forza
dalla vittoria del No al referendum. Su questo Scotto - che oggi alle 15 sarà a
Sassari, in via Mameli 12 A, per un incontro organizzato
da Sinistra italiana - non ha dubbi.
A differenza di Zedda, ma anche dell’ex
sindaco di Milano Giuliano Pisapia, che hanno annunciato che non voteranno No.
«La ritengo una posizione sbagliata – afferma il capogruppo a Montecitorio –
perché il No può diventare un No ricostruttore per una pagina nuova della
politica italiana. Bisogna chiudere la stagione della personalizzazione della
politica che ha distrutto la democrazia dal basso, che ha messo in discussione
i capisaldi della partecipazione democratica.
Il No può rappresentare una svolta». Per
Scotto la riforma Boschi è da bocciare in toto. «Non risolve i problemi e introduce
un bicameralismo pasticciato e confuso sia dal punto di vista della
composizione del Senato che dei suoi poteri, riducendo fortemente la
rappresentanza dei cittadini». No anche ai nuovi rapporti tra Stato e regioni.
«Siamo di fronte a una neocentralizzazione di competenze da far paura. La
clausola di supremazia rischia di mettere tutto sotto il governo. È una riforma
con tendenze autoritarie».
A dire No insieme a Sel ci sono anche Berlusconi,
Salvini, la Meloni e Forza Nuova. Un fronte che Renzi ha definito una
accozzaglia. «Se resto al suo livello di volgarità – conclude Scotto – allora
il fronte del Sì è una poltiglia di trasformismo e clientele».
di Alessandro Pirina
Il premier: «Sei con la casta». Il leader
Fiom: «Riforma fatta male». Il Financial Times: «Col No rischio Italia fuori
dall’euro»
ROMA «Ho il sospetto che la riforma non
l’abbia letta, Landini. Glielo dico con rispetto. Bisogna cambiare le cose, non
difendere la casta come fate voi». Matteo Renzi, ospite di “In Mezz’ora”
condotto da Lucia Annunziata, risponde così al segretario della Fiom in un
duello televisivo sul referendum del 4 dicembre.
Ma per Maurizio Landini il problema della riforma costituzionale è nel merito:
«La Cgil era per un Senato vero delle autonomie, questa
cosa invece è un animale bicefalo che non si capisce se sarà eletto. Non capisco
come si possa fare sia il sindaco o il consigliere sia il senatore. Questa
riforma è malfatta». Intanto però arriva anche una previsione apocalittica
messa nero su bianco dal Financial Times a firma Wolfgang Munchau, condirettore
esperto di Unione Europea.
La vittoria del populismo in Europa con la
Brexit e negli Usa la vittoria di Donald Trump sono indice del probabile
«ritorno della crisi dell’Eurozona». Crisi che, secondo il quotidiano inglese,
potrebbe essere accelerata «se Renzi perderà il referendum. A quel punto si
innescherebbero degli eventi che solleverebbero dubbi sulla permanenza
dell’Italia nell’Eurozona» ma anche, eventualità più remota, che potrebbero
portare al collasso dell’euro tout court.
Tornando al botta e risposta serrato tra
governo e Fiom, Landini ricorda che «neanche contro la Legge Truffa del ’53, quando
il Pci votò insieme al Msi, si usarono termini così pesanti: «Quando definisce
“accozzaglia” chi non la pensa come lei, mi permetto di dirle che sta facendo
un grande errore. Noi oggi abbiamo bisogno di unire questo Paese, continuare a
dividerlo fa male».
«Non volevo offendere nessuno, mi scuso -
risponde a stretto giro il premier, che però poi incalza - il mio era casomai
un complimento perché penso che le posizioni vostre e di Casapound siano molto
diverse, ma se preferite vi chiamo coalizione». Il segretario della Fiom non
concede alcuna apertura: «Tutta la Cigl, all’unanimità, ha votato sull’indicazione
di voto che è di votare No, poi c’è la libertà che ha ogni iscritto. Ma posso
dire che dopo 1000 giorni di governo il suo “stai sereno” non convince più
nessuno».
Renzi incrocia la spada e ribatte:
«Landini è come Alice nel paese delle meraviglie. Abbiamo ascoltato tutti ma la
democrazia non è fare solo quello che dice Fiom-Cgil. Voi non siete più la
verità in terra, dovete prenderne atto».
I temi affrontati sono tanti. Landini
critica fortemente il governo che con l’utilizzo dei voucher fa credere che
siano aumentati i posti di lavoro e «invece si tratta di persone che lavorano
un solo giorno a settimana». Poi ancora Renzi: «Se vince il Sì al referendum, si
cambia anche sul lavoro. Se vince il Sì le politiche attive sul lavoro
diventano nazionali e non c’è più diversità tra le singole regioni».
Il Movimento 5 Stelle continua invece a
insistere sul tema del voto degli italiani all’estero a rischio brogli, e i
parlamentari chiedono al governo di chiarire come mai ad alcuni elettori siano arrivate
due schede. Beppe Grillo invece si prepara al video appello che andrà in onda oggi
sulla sua pagina Facebook per aprire una nuova settimana ad alta tensione.
di Gabriella Cerami
Unione Sarda
Il varo di Sinistra italiana Sel si
scioglie Uras e Firino: «Non ci stiamo»
Dal sindaco di Cagliari Massimo Zedda al
senatore Luciano Uras, dall'assessore regionale alla Cultura Claudia Firino al
capogruppo in Consiglio regionale Daniele Cocco, e poi una serie di
amministratori
locali ed eletti nelle istituzioni:
l'assessore comunale di Cagliari all'Urbanistica Francesca Ghirra, il
presidente della commissione Autonomia del Consiglio regionale Francesco Agus e
molti altri. È folto l'elenco dei sardi che rifiutano lo scioglimento di Sel,
dopo che a livello nazionale è stato deciso di costituire una nuova forza, Sinistra
italiana.
«Abbiamo sempre sostenuto come questa
decisione fosse sbagliata tanto nel merito quanto nel metodo», si legge in un
documento politico, diffuso ieri: «Non la condividiamo e non faremo parte di
Si». Il vero nodo sembra la scelta di mettere fine all'alleanza di
centrosinistra che Sel ha sostenuto a lungo, sia a livello nazionale che
locale. I firmatari del documento Zedda-Uras dicono invece di voler «continuare
il lavoro intrapreso e svolto come Sel Sardegna in questi anni nei Comuni,
nella città metropolitana, nell'intera Isola.
Ritroviamo questo obiettivo in tutti quei
luoghi, da Milano a Genova, in cui si è lavorato per un centrosinistra in grado
di unire e aggregare e, quindi, di governare». La scelta di campo resta «l'area
democratica e progressista, in relazione con tutte le forze del centrosinistra
e quelle di ispirazione identitaria e sardista».
Pur con un saluto affettuoso ai compagni
di viaggio che scelgono altre strade e in particolare a Nichi Vendola, si
dichiara di «rifiutare un destino di testimonianza politica minoritaria».
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Federico Marini
skype: federico1970ca
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