Premessa
-Osservatori economici affermano che in assenza di
immigrazione nei Paesi sviluppati, la popolazione lavorativa si ridurrà del 23%
entro il 2050 e il deficit delle nostre nascite fornito ieri dall’Istat
conferma questa tendenza.
In
Africa, in questo arco di tempo, le persone in età da lavoro passeranno dai 408
milioni del 2005 a 1 miliardo e 120 mila unità, e la popolazione complessiva
passerà dagli attuali 1,2 miliardi, a 2,5 miliardi, secondo le più recenti
proiezioni delle Nazioni Unite. Una crescita demografica che porterà l’Africa ad avere tre
volte la popolazione dell’Europa e a un’ulteriore spinta migratoria verso
economie più sviluppate.
Una crescita
demografica che porterà l’Africa ad avere tre volte la popolazione dell’Europa
e a un’ulteriore spinta migratoria verso economie più sviluppate. Il
problema è che non ci sarà una crescita economica in Africa capace di far
fronte a questo aumento demografico. Non potrà mai farcela senza un cambio
della politica estera da parte dei paesi sviluppati, e immaginare di bloccare
questo flusso di milioni di persone sarà come voler fermare il vento con le
mani.
I fatti
-Ecco
alcuni stringati esempi di politica estera europea che affamano l’Africa, ciò
che genera l’emigrazione e le cause che la alimentano, non è storia dei secoli
scorsi, ma succede adesso. Il Niger è un Paese potenzialmente ricco. È il
quarto esportatore al mondo di uranio. Da
sempre, tra le 4/4,5 tonnellate l’anno di uranio è prelevato dalla Francia
senza pagare alcuna imposta sull’attività estrattiva, ciò in base a un accordo
del 1961 sulla protezione militare.
“Grazie
all’uranio del Niger, la Francia produce un terzo della sua elettricità: un
terzo delle città francesi, delle industrie, degli ospedali e dell’energia che
Parigi vende all’estero è praticamente alimentato dallo Stato africano. Senza
incassare imposte, però, il Niger non ha risorse per investire in
infrastrutture.
Così
soltanto il 7% della popolazione ha accesso all’elettricità e ogni black out
nell’unico grande ospedale pubblico del Paese segna un picco sui registri
dell’obitorio: quando si fermano i ventilatori, nei reparti è una strage di
bambini e anziani uccisi dal caldo. Un coraggioso presidente eletto
democraticamente, Mamadou Tandja, nel 2006 aveva tentato di ridiscutere il
dossier sull’uranio: improvvisamente il Nord del Niger si è trovato sotto
l’attacco di una rivolta tuareg armata dalla Libia di Gheddafi e sostenuta da
Parigi. Poi nel 2010 il solito colpo di Stato ha tolto di mezzo Tandja e quel
poco di speranza.”
In
Italia sono attualmente presenti circa 20mila gambiani richiedenti asilo. Il Gambia, ex colonia inglese, meno di 2 milioni di abitanti,
172esimo Paese su 187 per indice di sviluppo; il suo presidente, Yahyah Jammeh,
un ex militare al potere dal 1994, che ha promesso di tagliare la gola ai gay,
è stato sostenuto dall'Ue nel suo piano di privatizzazioni e Il PIL di questo
Paese è passato dal 4,6% del 2014 a -1,4% attuale: un popolo ridotto alla fame,
alle persecuzioni e alla tortura.
La
protezione bianca contenuta nelle creme solari che d’estate ci spalmiamo sulla
pelle è a base di biossido di titanio che le multinazionali estraggono a
tonnellate dallo sfruttamento selvaggio delle sabbie del Gambia.
Di
ivoriani richiedenti asilo in Italia ce ne sono oltre 27mila. La Costa D’Avorio è
una ex colonia francese, ma la Francia continua a controllare il 75%
dell’economia ivoriana, è il primo produttore mondiale di cacao, però sono
pochi i bambini ivoriani che sanno cosa sia la cioccolata; economia che
comprende anche alcuni giacimenti di diamanti, ferro, bauxite, oro e gas
naturale; pregiatissime essenze della foresta pluviale, giacimenti petroliferi
offshore. Eppure il prodotto interno lordo pro capite non arriva a 1.700
dollari e il tasso di mortalità materna è uno dei più alti del mondo e più di
100 bambini su mille muoiono prima dei cinque anni.
E’
così per il il Mali dove la Francia sta mettendo le mani su un giacimento d’oro
e uno di uranio quattro volte più grande di quello del Niger; così per il Burkina Faso, Il Camerun, il Ghana…
C’è
una politica estera da cambiare, andando a battere i pugni sui tavoli di
Bruxelles, e sulla Francia di Macron che afferma che la fuga da questi inferni
dove si parla ancora il francese, è questione che non lo riguarda, e non sulla
testa di chi accoglie o di chi invoca aiuto. C’è
un colonialismo che ha solo cambiato sembianza e l’emigrazione dall’Africa cui
stiamo assistendo e saremo destinati a subire ancora di più ne è il tragico
risultato.
Fonti: Dossier L’Espresso, Eurostat.
Di
Giovannimaria – Mimmia Fresu
Consulente politiche sociali ed immigrazione.
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