Imprenditore agrario e manifatturiero oltre che professore
di diritto canonico, è giudice della Reale Udienza Udienza e fa parte della
Giunta stamentaria costituita di due membri di ciascuno dei bracci
parlamentari. Mentre nel capo di sopra nel 1795/96 divampa l’incendio
antifeudale, con le agitazioni che continuano e si diffondono in paesi e ville
del Sassarese, gli Stamenti propongono al viceré Vivalda di nominare l’Angioy
alternos con poteri civili, militari e giudiziari pari a quelli del viceré.
L’intellettuale di Bono
accettò, ritenendo che con quel ruolo avrebbe rafforzato le proprie posizioni
ma anche quelle della sua parte politica incentrate sicuramente nella
abolizione del feudalesimo in primis. Il viaggio a Sassari fu un vero e proprio trionfo: seguaci
armati ed entusiasti si unirono con lui nel corso del viaggio, vedendolo come
il liberatore dall’oppressione feudale. E giustamente. Anche perché riuscì a
comporre conflitti e agitazioni, a riconciliare molti personaggi, a liberare
detenuti che giacevano - scrive Vittorio Angius “in sotterranee oscure
fetentissime carceri”.
Accolto a Sassari dal
popolo festante ed entusiasta – persino i monsignori lo ricevettero nel Duomo
al canto del Te Deum di ringraziamento – in breve tempo riordinò
l’amministrazione della giustizia e della cosa pubblica, creò un’efficiente polizia urbana e
diede dunque più sicurezza alla città, predispose lavori di pubblica utilità
creando lavoro per molti disoccupati e si fece mandare da Cagliari il grano che
era stato inutilmente richiesto quando più vivo era il contrasto fra le due
città: per questa sua opera ottenne una vastissima popolarità.
Nel frattempo i vassalli, impazienti nel sospirare la
liberazione dalla schiavitù feudale (ovvero“de si bogare sa cadena da-e su
tuiu” come diceva il rettore Muroni, amico e sostenitore di Angioy) e di
ottenere il riscatto dei feudi, proseguirono nella stipulazione dei patti
dell’anno precedente: il 17 marzo 1796 ben 40 villaggi del capo settentrionale,
confederandosi, giuravano solennemente di non riconoscere più né voler
dipendere dai baroni.
Angioy non poteva non essere d’accordo con loro e li
riconobbe: in una lettera spedita il 9 giugno 1796 al viceré da Oristano, nella
sfortunata marcia su Cagliari che tra poco intraprenderà, cercò di giustificare
l’azione degli abitanti delle ville e dei paesi riconoscendo la drammaticità
dell’oppressione feudale che non era possibile più contenere e gestire e
assurdo e controproducente cercare di reprimere. Non faceva però i
conti con la controparte: i baroni. Che tutto voleva fuorché l’abolizione dei
feudi: ad iniziare dal viceré. Tanto che i suoi nemici organizzarono durante la sua stessa permanenza a
Sassari una congiura, scoperta ad aprile.
Si decise perciò di “impressionare gli stamenti con una dimostrazione
di forza, che facesse loro comprendere come il moto antifeudale era seguito da
tutta la popolazione e che era ormai inarrestabile”. Lasciò dunque Sassari e il
2 Giugno 1896 si diresse verso Cagliari, accompagnato da gran seguito di
dragoni, amici e miliziani e l’8 giugno giunse in vista di Oristano. Nella
capitale la notizia che un esercito si avvicinava spaventò il viceré che radunò
gli Stamenti.
Tutti furono contro l’Angioy: anche quelli che erano stati
suoi partigiani come il Pintor, il Cabras, il Sulis. Ahimè ritornati subito
sotto le grandi ali del potere in cambio di prebende e uffici. Così il generoso
tentativo dell’Angioy si scontra con gli interessi di pochi: fu rimosso dalla
carica di Alternos, si posero 1.500 lire di taglia sulla sua testa e da leader
prestigioso e carismatico, impegnato nella lotta antifeudale, per i diritti dei
popoli e, in prospettiva nella costruzione in uno stato sardo repubblicano,
divenne un volgare “ricercato”, e fu costretto a fuggire prima in Italia e poi
in Francia, come esule.
Occorre sostenere con
chiarezza che l’Angioy aveva in testa – come risulta dal suo Memoriale non solo
la pura e semplice abolizione del feudalesimo ma una nuova prospettiva
istituzionale: la trasformazione dell’antico Parlamento in Assemblea
Costituente e uno stato sardo indipendente che “doveva comporsi di quattro dipartimenti (Sassari,
Oristano, Cagliari e Orani) suddivisi a loro volta in cantoni ricalcanti le
micro-regioni storiche dell’Isola” Giovanni Maria Angioy
morirà a Parigi povero e solo, abbandonato da tutti, il 22 marzo del 1808
assistito e sostenuto dalla vedova Dupont, presso cui stava a pensione.
Prof.
Francesco Casula
Storico
e saggista, autore de “Carlo Felice e i tiranni sabaudi”
La
prossima presentazione de”Carlo Felice e i tiranni sabaudi”
Si
terrà ad A Ula Tirso il 15 giugno prossimo.
(Sotto la locandina dell'evento)
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