Qualche minuto fa
seguivo una trasmissione scientifica. Mi ha colpito molto il fatto che in
Italia ci siano oltre novemila persone in attesa di un trapianto e che l’anno
scorso ne siano morte ben quattrocento, perché non hanno fatto in tempo a
ricevere gli organi di cui avevano bisogno. Pur rispettando profondamente la
libertà di ognuno di disporre del proprio corpo, considero un segno di
arretratezza e di barbarie che al giorno d’oggi, con gli enormi progressi della
scienza, ancora tante persone debbano morire, perché non si possa disporre di
organi espiantati da persone ormai decedute.
Dal primo gennaio di
quest’anno in Francia, ad esempio, è diventato legge il silenzio-assenso, il
quale prevede che una persona alla sua morte diventi automaticamente donatrice
d’organi, a meno che non si iscriva in un apposito registro, dichiarando
esplicitamente di essere contraria all’espianto.
Se una persona non si
iscrive in questo registro, quindi, diventa automaticamente donatrice, anche al
di là del parere dei parenti, mettendosi nelle condizioni di salvare tante vite
umane. In Italia è esattamente il contrario: vanno a chiedere a una madre
disperata, che non riesce ad accettare che il proprio figlio sia morto, se
vuole che i suoi organi siano espiantati.
Una persona cara è
istintivamente portata a pensarti ancora vivo, non accetta la tua morte, è
sconvolta: difficilmente ha la serenità di giudizio per poter capire che un tuo
organo salverebbe una vita. Allo stesso tempo sono poche le persone che
riflettono sull’uso del proprio corpo dopo la morte e prendono una decisione.
Secondo me l’abisso di
civiltà tra queste due posizioni dovrebbe essere un’occasione di grande
riflessione nella nostra società, proprio a causa dell’importanza che ha per
tutti. Credo che argomenti del genere debbano essere discussi attivamente anche
dagli indipendentisti, per ampliare il dibattito oltre i soliti steccati e per
arricchire i propri programmi, solitamente abbastanza ripetitivi e scarni. Cosa
c’entrano gli indipendentisti? C’entrano eccome! Non ci basta costruire un
nuovo Stato: lo vogliamo costruire migliore!
Di Pier Franco Devias
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