Unione
Sarda
CAGLIARI
- POLITICA. I sardisti chiedono un incontro a Zedda: Secchi ha le ore contate «No
agli strappi, ci ascolti» - Chessa nella veste di assessore e segretario Psd'Az.
«Invito il sindaco a incontrare i
consiglieri e i segretari dei partiti per fare il punto». Gianni Chessa,
segretario cittadino dei sardisti e assessore ai Lavori pubblici, si trova in
bilico tra una posizione di lotta e una di governo e prova a spiegare le
tensioni in Aula col sindaco. «Non è in discussione la sua fiducia, confermiamo
quella data in campagna elettorale: è onesto e lavora bene, sono convinto che
quella di un anno e mezzo fa sia stata la scelta giusta». Se questa è la
posizione di chi incontra Massimo Zedda al tavolo della Giunta, è diversa la
situazione di chi si siede in Consiglio.
IL NUOVO PROGETTO «Questo nuovo
progetto politico che coinvolge Psd'Az, La Base e Pds sta crescendo a Cagliari
e nella città metropolitana e non può essere relegato a fare da badante agli
altri partiti. Serve maggiore dialogo col
sindaco, che non ascolta i sei consiglieri - spiega Chessa - non ci sono
strappi col sindaco e con la maggioranza: quello che è successo è un segnale,
magari sbagliato, ma è sbagliato non ascoltare i consiglieri».
L'impressione è che queste tensioni
dentro palazzo Bacaredda nascano altrove, con le Regionali alle porte e il
grande fermento dei movimenti che puntano tutto sulla Sardegna. «Le scelte
future di questo progetto riguardano i partiti, tutto si fa in funzione di
altri progetti più ambiziosi - conferma l'assessore ai Lavori pubblici – la crescita
non è solo per Cagliari, ma io mi occupo di questo».
TURN OVER IN GIUNTA Anche sul ruolo
dei sardisti in Giunta c'è un po' di tensione all'interno dei Quattro
mori con l'assessore alle Politiche sociali in bilico. «Nando Secchi è una persona
onesta, ma si è accettata l'idea di fare rotazione già dall'inizio e si tratta
solo di decidere i tempi - spiega Chessa - tra i tanti aspetti c'è anche una
visione diversa tra i consiglieri del gruppo sulle politiche sociali». Il turn
over sarebbe stato studiato a tavolino da tempo. «L'indicazione è quella di
premiare chi si è impegnato in campagna elettorale e far scalare la lista,
l'assessore lo può fare un consigliere eletto ma anche un esterno, come il
validissimo Roberto Porrà».
L'ex esponente dei Riformatori aveva
riportato il Psd'Az in Aula nel 2015 (all'opposizione di Zedda) proprio assieme
a Gianni Chessa che aveva da poco lasciato l'Udc. Il primo dei non eletti nella
lista sardista è però Nando Secchi, quindi se un consigliere sardista dovesse
entrare in Giunta al suo posto lascerebbe spazio tra i banchi proprio all'attuale assessore alle
Politiche sociali, lasciando fuori Porrà. Ma viene da chiedersi se il turn over
valga solo per un assessore o anche la poltrona di Chessa sia a rischio. «Il
progetto prevedeva di far girare solo quell'assessorato tra chi non era stato eletto
- conclude Gianni Chessa - ma se per il mio futuro il partito o il sindaco
dovessero decidere diversamente sarò pronto ad accettare tutto».
Marcello Zasso
La
Nuova
Legge
elettorale, soglia del 2% per i partiti
La
commissione Riforme vuole introdurre uno sbarramento anche
all'interno
delle coalizioni
CAGLIARI
Mai più "porte girevoli",
con onorevoli che entrano ed escono, uno
dopo l'altro, a seconda di questa o
quella sentenza. È accaduto con la
legge elettorale del 2014, non dovrà
succedere con quella con cui fra
due anni i sardi voteranno per il
Consiglio regionale. La nuova
missione della commissione riforme è
questo: uno sbarramento interno
alle coalizioni. Solo i partiti
alleati che lo supereranno, potranno
partecipare alla suddivisione dei
seggi. Sbarramento invece
inesistente nella legge in vigore,
quella già modificata con
l'inserimento della doppia
preferenza di genere, e vero motivo
dell'andirivieni di consiglieri in
questa legislatura, con continui
avvicendamenti - decisi dal
Consiglio di Stato - sia fra i banchi
della maggioranza di centrosinistra
sia dell'opposizione. Per il
presidente della commissione -
Francesco Agus di Campo progressista -
«su questo punto (l'ipotesi di
lavoro è una soglia intorno al 2 per
cento) l'accordo potrebbe essere
trovato abbastanza in fretta, perché
nessun partito vuol vivere un'altra
legislatura nell'incertezza». Sul
resto della riforma invece l'accordo
appare più complicato.
Le proposte di legge in campo sono
cinque e spesso neanche conciliabili
fra loro. Ad esempio non è ancora
chiara l'intenzione se confermare,
abbassare o addirittura abolire le
soglie di sbarramento per i partiti
che si presentano da soli (oggi è
del 5 per cento) e quelle a carico
delle coalizioni, il 10 per cento.
Secondo alcuni sarebbero troppe
alte ed è ovvio che a spingere
perché siano ridotte sono soprattutto i
piccoli parti, mentre quelli più
grandi vorrebbero tenerle come sono
per evitare una rischiosa
parcellizzazione all'interno delle coalizioni.
«I punti in discussione sono anche
altri, ad esempio il
diritto di tribuna per i
candidati-presidenti sconfitti, quelli dal
secondo posto in poi, che però
superano una soglia di voti - ha detto
il presidente della commissione - Ma
solo fra qualche giorno capirò
fino a che punto i capigruppo
vogliano spingersi nei prossimi mesi nel
confronto sulla riforma elettorale».
La Spisa,
Forza Italia: «La sentenza non cambia nulla: a riscuotere le
tasse
sarà sempre lo Stato»
Entrate,
il centrodestra boccia l'Agenzia
CAGLIARI Altro che far festa
sull'Agenzia sarda delle entrate: «La
verità è che la Sardegna mai potrà
incassare le tasse direttamente e
quindi la legge, sventolata come un
festone dal centrosinistra, è solo
una foglia di fico e niente più». È
questa l'interpretazione del
centrodestra alla sentenza con cui
la Corte costituzionale ha salvato
dalle contestazioni del governo gran
parte dell' Agenzia. «Se leggiamo
con curiosità il verdetto della
Consulta e poi rileggiamo con
attenzione la legge con cui è stata
costituita l'agenzia Ase - ha
scritto l'ex assessore alla
programmazione Giorgio La Spisa, ora
commissario a Cagliari di Forza
Italia - dobbiamo prendere atto che in
sostanza nulla è cambiato.
Il ministero dell'economia, che
attraverso
l'Agenzia nazionale delle entrate
riscuote le tasse, continuerà a
farlo e solo dopo girerà alla
Sardegna quanto le spetta, per questo
nulla è cambiato». Per i
Riformatori, con Michele Cossa e Franco
Meloni «il cuore della legge era
proprio la previsione che le entrate
destinate alla Sardegna dovessero
affluire direttamente all'agenzia
sarda e poi riversate nelle casse
della Regione. Ma la Corte ha
scritto tutt'altro. Cioè: l'Ase può
certo controllare l'andamento dei
tributi mentre la raccolta dovrà
rimanere comunque e ancora in mano
allo Stato. Dunque, la parte della
legge lasciata in piedi dai giudici
è superflua, inutile e costerà
qualche milione di preziosi soldi dei
contribuenti sardi ma la si farà per
dare qualcosa al Partito dei
sardi che deve esibire un trofeo,
sia pure fasullo, ai suoi elettori».
Ancora più duro il commento dell'ex
governatore Ugo Cappellacci,
coordinatore regionale di Forza
Italia. «La Giunta - ha scritto in un
comunicato - non sia ridicola.
Continua a parlare di Agenzia delle
entrate, ma a quell'entrate ha
rinunciato con lo sciagurato accordo
del 2014. Oggi Pigliaru e soci sono
convinti che basti esultare,
mentre come sempre, a Roma, hanno
incassato l'ennesima sconfitta». Per
poi affondare i colpi: «Pigliari e
più hanno ritirato tutti i ricorsi
e permesso che i soldi dei sardi
fossero preda del governo. Si sono
fatti scippare tre miliardi e mezzo
e hanno ancora il coraggio di
aprire bocca».
Sono tutti commenti che il
centrosinistra ha respinto
al mittente: «La vittoria - hanno
detto a caldo giunta e partiti - è
stata completa». Concetto ribadito e
allargato da Paolo Maninchedda,
presidente del Partito dei sardi:
«La sentenza conferma quanto avevamo
detto sin dall'inizio rispetto al
ricorso presentato dal governo: era
un ricorso politico, fondato sulla
paura della Sardegna e non sul
diritto. E questa sentenza conferma
anche le differenze fra due
modelli che continuano a
confrontarsi in questa legislatura. Il
nostro, che teorizza e pratica la
competizione con Roma, e quello di
gran parte del governo sardo,
fondato invece sulla fiducia nel governo
italiano. Se il secondo finora ha
prodotto cocenti delusioni, il
nostro ha costruito importanti
risultati, come lo è la piena e
riconosciuta legittimità
dell'Agenzia sarda delle entrate».
Mafia,
anche l'Isola è a rischio
L'evoluzione
della criminalità organizzata. Lirio Abbate: «Adesso
utilizzano
nuove strategie»
Il
dibattito a Cagliari: «Le cosche contaminano ogni territorio»
Tante facce, ma un solo nome: mafia.
A venticinque anni dalle stragi
di Capaci e via D'Amelio i tentacoli
delle cosche organizzate non
mollano la presa sull'Italia e sulla
Sardegna. Anzi, le infiltrazioni
malavitose si sono fatte negli
ultimi anni più subdole e invisibili.
Ma non per questo meno preoccupanti,
anche in un territorio
apparentemente tranquillo come la
Sardegna.
GUARDIA ALTA Ecco perché l'appello a
non abbassare la guardia è
arrivato unanime ieri pomeriggio dal
convegno L'evoluzione delle
Mafie. Dallo stragismo ad oggi ,
organizzato a Cagliari dalla Polizia
nell'aula Maria Lai della Facoltà di
Giurisprudenza. Un evento che non
poteva far incontrare nel modo
migliore studenti e istituzioni. Uniti
anche nel nome di Emanuela Loi, la
poliziotta di Sestu morta a Palermo
con il giudice antimafia Paolo
Borsellino, immortalata in un ritratto
donato all'Ateneo cagliaritano.
I RISCHI NELL'ISOLA A ricordarla ci
hanno pensato i numerosi ospiti
intervenuti all'incontro moderato
dal Prorettore Pietro Ciarlo. Al
microfono, davanti a una sala
gremita, si sono succeduti prima il
Questore di Cagliari, Pierluigi
D'Angelo, e poi la prefetta Tiziana
Giovanna Costantino, entrambi memori
della recente visita nell'Isola
della Commissione parlamentare
Antimafia. «Le cosche non agiscono in
un solo territorio - ha avvertito
D'Angelo - ma si espandono dove
possono, in tutti i gangli economici
più redditizi. Anche in un'Isola
non ricca come la nostra, tuttavia,
sono noti i legami tra traffico di
cocaina e 'ndrangheta».
Un concetto ribadito dalla
Costantino: «Le sacche più deboli della
società sono anche le prime a
soccombere ai poteri forti delle mafie.
Un motivo in più per contrapporre ad
esse un approccio culturale sano
che parta proprio dagli studenti».
LA SOCIETÀ CIVILE Sì, perché in
campo contro le nuove forme di
criminalità organizzata non ci sono
solo le forze dell'ordine, ma
anche società civile e giornalisti.
E tra questi, da sempre in prima
fila, c'è sicuramente il reporter
del Gruppo Espresso Lirio Abbate, da
tempo sotto scorta, arrivato a
Cagliari con un messaggio chiaro:
«Cambiano i tempi, le tecniche di
investigazione e le strategie del
malaffare, ma non deve mutare il
modo di cercare la verità. Ascoltare
il territorio e la gente che lo vive
è ancora una delle armi più
efficaci che abbiamo noi giornalisti
per comprendere meglio i fatti».
E le orecchie bisogna tenerle sempre
tese, «perché alla Mafia non
piace fare chiasso - ha chiarito
Gaetano Grasso, presidente della
Federazione Antiracket italiana -
l'epoca delle stragi clamorose è
stata solo una parentesi. I clan
preferiscono muoversi in silenzio,
nell'ombra, dove pensano di agire
indisturbati».
LA TESTIMONIANZA Rita Borsellino,
sorella di Paolo, nel suo
video-intervento ha invitato perciò
a mantenere vivo il ricordo degli
eroi caduti nella lotta per la
legalità. «Emanuela Loi era una di
loro. Una splendida donna che aveva
tutta una vita davanti. Morta in
uno dei momenti più bui della nostra
storia, da cui però è nato il
cambiamento che ci ha portato a
vincere tante battaglie importanti».
Luca Mascia
L'INTERVISTA.
«Così si può rilanciare il porto»
Il
presidente dell'Autorità portuale rassicura i lavoratori: faremo l'Agenzia
La
ricetta di Massimo Deiana contro la crisi del traffico merci
«L'agenzia per la fornitura di
manodopera temporanea si farà, non
abbandoneremo neanche un lavoratore.
Quanto al futuro del porto forse
è il momento di cominciare a pensare
a uno sviluppo complessivo
alternativo, soprattutto sul
versante del traffico merci».
Il presidente dell'Autorità portuale
Massimo Deiana, in carica da
luglio, spiega la strategia per
rispondere alle emergenze che stanno
togliendo il sonno agli operatori
dello scalo marittimo cagliaritano,
spaventati da una crisi che pare
irreversibile.
Nell'ultimo anno al porto canale si
è registrato il 40% in meno di
traffico container. Di chi la colpa?
«In realtà il calo è stato del 28%,
mentre la perdita nell'ultimo
quadriennio è stata del 5,2%. Sto
citando i dati ufficiali che abbiamo
trasmesso al Ministero».
Sempre di crisi parliamo.
«Certamente, però è aumentato il
traffico RoRo, cioè dei semi
rimorchi, e quello delle merci alla
rinfusa».
Ma in banchina si lavora soprattutto
con i container e secondo molti
esperti Cagliari ha dotazioni non
adeguate: ad esempio gru obsolete e
troppo piccole per intervenire su
navi sempre più grandi.
«Fosse solo quello la soluzione
sarebbe semplice, basterebbe
acquistare nuove gru e adeguare le
banchine. Purtroppo c'è
dell'altro».
Ce lo spieghi.
«Il porto canale è un porto di
transhipment puro, che significa che
funziona come una piattaforma
logistica. Le grandi navi in arrivo ad
esempio dall'Estremo Oriente
scaricano i container che poi quelle più
piccole ricaricano per trasportarli
ovunque nel Mediterraneo. Il
problema è che se sino a qualche
anno fa queste grandi navi
trasportavano al massimo 8mila
container ora sono dei mostri che
arrivano a oltre 20mila e hanno
un'esigenza: approdare in un porto che
sia più vicino possibile a quello di
partenza e che rappresenti
l'accesso anche via terra a un
territorio vasto e quindi a un mercato
ampio. Non a caso le navi in arrivo
dall'Oriente entrando da Suez
vanno al Pireo dove i cinesi hanno
investito miliardi. La stessa cosa
accade per quelle che arrivano da
Gibilterra, scelgono Tangeri o la
Spagna con Algeciras».
Insomma, paghiamo ancora una volta
il fatto di essere un'isola?
«Soprattutto non siamo un mercato,
basti pensare che solo l'1-2% delle
merci che passano da porto canale
sono destinate a noi sardi».
Quindi siamo spacciati?
«No, il porto si può rilanciare, ma
in questo scenario immaginare che
possa essere uno scalo di
transhipment puro è una scommessa persa.
Bisogna sviluppare la nostra
capacità tecnica e mantenere il massimo
appeal possibile, migliorando le gru
e facendo tutto ciò che serve, ma
si devono anche avere prospettive
innovative.
Ad esempio?
«Ci può aiutare molto la zona
franca, perché se arriva una nave cinese
piena di forni a micronde destinati
al Nord Africa che hanno necessità
di un surplus di lavorazione, con un
regime doganale agevolato noi
potremmo candidarci ad aprire i
container, fare l'operazione e farli
ripartire. Inoltre dobbiamo puntare
di più sul traffico dei semi
rimorchi che è ancora al porto
storico ma che presto trasferiremo al
porto canale dove abbiamo già
spostato le merci rinfuse: in entrambi
questi settori le prospettive di
crescita sono molto interessanti».
Nel frattempo però proprio per il
crollo del traffico merci il
Ministero ha bloccato la nascita
dell'Agenzia che avrebbe dovuto
riassorbire i 48 lavoratori della
Compagnia portuale sull'orlo del
crac.
«Sì ma ha anche aggiunto che se
riusciamo a costruire un percorso che
tiene conto di tutto il traffico del
porto e non solo dei container,
riprenderà in considerazione l'ipotesi».
E a che punto siete?
«Ci stiamo lavorando e nell'incontro
del 28 novembre abbiamo messo in
condizioni il Ministero di
riconsiderare la questione, anche
autorizzando l'Autorità portuale a
entrare nell'Agenzia per 36-48 mesi
con una percentuale del 30%. Siamo
molto ottimisti e stiamo elaborando
una forma sostenibile dal punto di
vista legale e amministrativo».
Tempi?
«Giorni, sicuramente entro l'anno.
Di certo non lasceremo nessun
lavoratore portuale a piedi, ho un
impegno morale con loro e manterrò
la promessa».
Massimo Ledda
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Federico
Marini
skype:
federico1970ca
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