giovedì 14 dicembre 2017

Rassegna stampa 14 Dicembre 2017

L'ex premier: avanti Gentiloni se non c'è maggioranza. Poi ritratta
Berlusconi: è crisi con Salvini.  Elezioni, si va verso il 4 marzo

Nella strada verso le politiche del 2018, ipotizzate con sempre maggiore insistenza per il 4 marzo, Silvio Berlusconi innesca un'altra miccia. «Nel caso in cui non ci fosse una maggioranza in grado di governare dopo il voto la soluzione più corretta sarebbe quella di continuare con Gentiloni per consentire un'altra campagna elettorale non brevissima, di almeno tre mesi, che possa permettere ai partiti di far conoscere agli elettori i loro programmi», sostiene l'ex Cav alla presentazione dell'ultimo libro di Bruno Vespa. Più tardi si corregge sostenendo di essere stato frainteso ma l'incidente mina ulteriormente i rapporti già tesi con la Lega.

L'IRA DEL CARROCCIO «Noi non vogliamo tradire gli elettori basta saperlo prima» tuona Giancarlo Giorgetti braccio destro di Salvini. Noi mai con Gentiloni». La tensione è altissima, le sfuriate del leghista sono giudicate da Berlusconi «insopportabili» anche perché la linea, sempre secondo l'ex Cav, deve essere quella di difendere la coalizione senza esporla a inutili polemiche. «Il centrodestra sta raggiungendo delle percentuali altissime, capaci di sfiorare se non di superare la soglia del 40 per cento», e i «panni sporchi si devono lavare in casa. In serata, poi, Berlusconi puntualizza: «È quanto prevede la Costituzione, non è un'indicazione politica, né tanto meno un auspicio».

LO SCONTRO SULLA LEGGE Ma non è l'unico punto di crisi con Salvini. Poco prima del suo ingresso al tempio di Adriano a Roma, il leader del Carroccio aveva scatenato la sua irruenza: «Sospendiamo qualsiasi tavolo e incontro con Silvio Berlusconi finché non avremo spiegazioni ufficiali sul voto contrario di Fi all'iter veloce per la legge Molteni che cancella lo sconto di pena per i reati gravissimi». L'ex Cav derubrica la questione a «sono solo capricci» e aggiunge: «Non dovete sopravvalutare i capricci di Salvini, quando ci si siede al tavolo è ragionevole e sa cambiare idea».

CRISI DI NERVI Il centrodestra è comunque sull'orlo di una crisi di nervi e Giorgia Meloni tenta di riportare alla normalità gli equilibri con un vero e proprio appello agli alleati: «Non parlarsi non è la soluzione: propongo un incontro chiarificatore entro Natale». Il vertice dovrebbe tenersi la prossima settimana. Dopo una battuta, così l'ha definita, su Mussolini che «proprio un dittatore non era», l'ex premier parla di rinnovamento: si parla della ricandidatura di metà di deputati e senatore azzurri nel 2018 «ma c'è la convinzione che il partito deve rinnovarsi, molti hanno detto di non volersi ricandidare».

AL VOTO IL 4 MARZO Intanto il capo dello Stato si preparerebbe ad annunciare la fine della legislatura tra due settimane, a cavallo tra Natale e Capodanno. L'ipotesi che prende sempre più corpo è che Mattarella sciolga le Camere il 27 dicembre, proiettando il Paese verso le urne, previste per il 4 marzo.


La Nuova

Rosatellum, i collegi non cambiano
Approvato il testo definitivo della legge, non ci sono modifiche alla mappa

CAGLIARI
Così com'era, resterà. Il governo non ha spostato neanche un Comune
nella mappa sarda del Rosatellum, la legge con cui il 4 marzo saranno
eletti deputati e senatori. La proposta di riequilibrare Nuoro e
Oristano nell'uninominale e allargare i confini del collegio di
Cagliari città, erano le due richieste del Parlamento, sono state
respinte dal governo Gentiloni. Governo che, nella serata di martedì,
ha approvato il testo definitivo, per inviarlo poi al Capo dello
Stato. Sabato il Rosatellum sarà pubblicato sulla Gazzetta ufficiale,
tabelle comprese.Nessun rimpasto. Le due correzioni richieste
sarebbero state respinte per questo motivo: in Sardegna il
trasferimento di uno o più Comuni da un collegio all'altro, avrebbe
abbassato il numero degli elettori sotto la soglia prevista, in tutta
Italia, per il Rosatellum e sarebbe stato un precedente rischioso. Era
stata la commissione tecnica, presieduta dal direttore dell'Istat, a
mettere il veto al rimpasto sardo prima di consegnare la bozza al
governo Gentiloni. «In Sardegna i collegi - si legge nella relazione
dell'Istat- devono essere ancora quelli con cui nel 1993 è stato
eletto il Senato e l'ultimo censimento non permette lo spostamento di
Comuni da una provincia all'altra».

Le commissioni affari generali
della Camera e del Senato ci hanno provato a rimescolare le carte: la
proposta è stata respinta.Camera. I deputati da eleggere sono 17: sei
in altrettanti collegi uninominali, 11 nei due proporzionali. Con
ordine. Il collegio uninominale numero 1 ha come capofila Cagliari più
Burcei, Maracalagonis, Quartu Monserrato, Quartucciu, Sinnai e
Villasimius. Nuoro, il numero 2, comprende 101 Comuni, e i confini
vanno da una costa all'altra della Sardegna, con all'interno anche una
decina di paesi dell'Oristanese, Abbasanta e Ghilarza, i più grandi. I
punti cardinali, all'incirca, sono questi in senso orario: a Sud da
Tertenia a Orroli, poi da Meana Sardo fino a Santu Lussurgiu, e da
Ovest a Nord Bosa, Sindia, Bolotana, Orotelli, Nuoro, a Est Dorgali,
Baunei, Tortolì, Barisardo e Jerzu. Carbonia è la capitale del
collegio numero 3: 46 Comuni.

I confini sono quelli dell'ex Provincia
del Sulcis Iglesiente, anche se a Est si spinge fino a Selargius, alle
porte di Cagliari. Il collegio numero 4 è Sassari: 26 Comuni, con i
confini tracciati da Villanova Monteleone e Alghero, da Stintino a
Porto Torres, poi Sorso, Sennori, Osilo, Chiaramonti, Siligo, Bessude
e Romana. Olbia guida il collegio numero 5: 80 Comuni, con un
territorio che è la fotocopia della Provincia Gallura, ma con un dente
a Ovest fino a Tergu, Padria e Castelsardo. Infine, Oristano, il
numero 6, con ben 116 Comuni e che taglierà in orizzontale la
Sardegna, da Ovest a Est, con all'interno quasi tutta l'ex Provincia
del Medio Campidano. Sulla costa occidentale il Comune più a nord è
Tresnuraghes, mentre su quella orientale sono Villaputzu, Muravera e
Castiadas. Nel proporzionale, i collegi saranno due: Sardegna 1, che
comprende quelli uninominali di Cagliari, Carbonia e Oristano, 170
Comuni in tutto, con sei seggi a disposizione, e Sardegna 2, formato
dai collegi uninominali di Nuoro, Olbia e Sassari, 207 Comuni, e
cinque seggi a disposizione. Senato. Sono tre i collegi uninominali,
con altrettanti seggi a disposizione, e uno regionale col
proporzionale, cinque seggi.

Il numero 1 è composto da Cagliari e
Carbonia, con 54 Comuni, compresa è ovvio l'area della Città
metropolitana di Cagliari. Oristano e Nuoro formano invece il collegio
numero 2, con addirittura 217 Comuni e, in sostanza, dentro c'è tutta
la Sardegna centrale. Infine, il collegio numero 3, con l'accorpamento
fra Sassari e Olbia. Nel proporzionale, il collegio sarà uno solo,
l'intera Sardegna, con i resti che solo pr il Senato saranno calcolati
su base regionale. (ua)



Unione Sarda

FINANZIARIA. Via alla discussione in Aula, nuove misure anche per
università e agricoltura. Più soldi per lavoro e povertà
Pressing di maggioranza e sindacati: spuntano altri 250 milioni

Aumenta il “borsino” della Finanziaria che potrà contare su 250
milioni di euro in più rispetto alla cifra iniziale di 7,7 miliardi.
Fondi, frutto di emendamenti della Giunta e della maggioranza che
permetteranno di finanziare con 127,9 milioni il pacchetto lavoro. Gli
altri interventi sono per università, sociale con un aumento anche
della quota per il Reis, agricoltura e 40 milioni di euro per il
disavanzo della sanità. Ieri mattina è iniziato il dibattito in
Consiglio regionale: l'obiettivo è riuscire ad approvare la manovra
prima di Natale.

LAVORO Riuscire a incrementare le risorse per il lavoro era
un'emergenza. Il pressing dei sindacati e delle forze politiche ne era
una dimostrazione: il pacchetto supera i 100 milioni richiesti,
sfiorando i 130 milioni. «Abbiamo voluto dare risposte a più categorie
possibile, confrontandoci con le forze politiche e sindacali», spiega
l'assessore al Bilancio, Raffaele Paci. Ma il piano non si limita solo
allo stanziamento perché l'utilizzo di questi fondi sarà programmato e
gestito da una cabina di regia.

La Giunta avrà un mese di tempo
dall'approvazione della legge per dettagliare gli interventi. Sempre
per il lavoro ci sono a disposizione ulteriori 70 milioni da
programmare per il 2019 e 2020. «Non vogliamo decidere ora la
destinazione delle risorse», spiega il presidente della commissione
Bilancio, Franco Sabatini (Pd), «decideremo dopo il confronto con le
parti sociali». Tra le varie voci di spesa del pacchetto lavoro
figurano i soggetti a rischio esclusione sociale (5 mln), incremento
occupazionale (12 mln), misure per situazioni di crisi (4,3 mln),
politiche di stabilizzazione ed esodo Lsu (5,1 mln) e cantieri
Forestas nei Comuni (1 mln).

SOCIALE Era arrivato da uno studio dell'Anci il dato drammatico sulla
povertà in Sardegna con quasi 21mila famiglie, costrette ad accedere
al Reis (Reddito di inclusione sociale). Una città di persone in
difficoltà per le quali i Comuni avevano stimato un fabbisogno di 66
milioni di euro. La Finanziaria 2.0 prevede un'aggiunta di 15 milioni
ai 30 già previsti, ai quali si aggiungono altri 30 che arrivano dal
governo per un totale di 75 milioni di euro. Le leggi di settore che
riguardano tra le varie cose i Centri antiviolenza e i beni culturali,
avranno 5 milioni aggiuntivi sui 30 già in bilancio. Infine, 17
milioni in più, oltre ai 150 già previsti, vanno all'università e 20
all'agricoltura per il settore non ovicaprino.

IL METODO L'assessore Paci l'aveva definita «una Finanziaria aperta» e
l'operazione di revisione ha trasformato la manovra in un «momento di
confronto e di scelte per favorire lo sviluppo e l'inclusione di tutti
i sardi», spiega il titolare del Bilancio.

IL DIBATTITO Eppure in aula non sono mancate le scintille, soprattutto
da parte dell'opposizione, critica nei confronti della manovra. Ad
aprire le danze degli interventi è il consigliere di Forza Italia,
Edoardo Tocco, che parla di «manovra senza prospettiva». Si sofferma
sul pacchetto lavoro, invece, il capogruppo azzurro, Pietro Pittalis:
«Giunta e maggioranza creano illusione e aspettative, stanziando fondi
per il lavoro ma con un rinvio a protocolli e accordi che non
creeranno un circolo virtuoso».

Qualche dubbio è stato sollevato anche
in maggioranza con il capogruppo di Art.1-Sdp, Daniele Cocco, che,
dopo aver apprezzato l'incremento di risorse avverte: «Ci sono altre
questioni che non dobbiamo tralasciare, sulla sanità i problemi
continuano a essere irrisolti e la riforma ancora non ha dato i suoi
frutti». L'aula ha votato il passaggio agli articoli e la seduta
riprenderà stamattina.
Matteo Sau

La Nuova

Scanu: «Bene Pigliaru e adesso le dismissioni»
Il deputato Pd: «Con un governo in scadenza non si poteva ottenere di più»
E chiede un nuovo accordo con lo Stato: «Tempi certi per l'addio alle basi»

di Alessandro Pirina
SASSARI
Bene Pigliaru, bene la Pinotti. Ma la vera svolta sulle servitù
militari è rimandata alla prossima legislatura. Gian Piero Scanu è il
simbolo della battaglia contro le basi. Da anni la sua azione politica
è incentrata sulla liberazione della Sardegna dal giogo della Difesa.
E la legge sulla trasparenza nei poligoni che vuole tutelare la
sicurezza e la salute dei militari e delle popolazioni residenti
vicino alle basi porterà il suo nome. Per questo motivo il
parlamentare del Pd, presidente della commissione d'inchiesta
sull'uranio impoverito, plaude all'accordo tra la Regione e il
ministero che dopo 60 anni di occupazione militare restituirà
all'isola due spiagge a Teulada e Capo Frasca.

Entro il 2018. Ma è
solo un primo passo verso quello che è da sempre l'obiettivo numero
uno della politica di Scanu: la totale dismissione delle basi in
Sardegna. Uno stop definitivo ai giochi di guerra che, però, potrà
essere messo nero su bianco solo nella prossima legislatura.Scanu,
lunedì il presidente Pigliaru e la ministra Pinotti firmeranno
l'intesa sulle servitù militari. C'è chi parla di svolta storica, chi
di accordo al ribasso: qual è il suo giudizio?«Io ritengo che la
giunta e il Consiglio abbiano fatto una scelta appropriata. Hanno dato
applicazione al "principio di realtà": stando così le cose non si
poteva fare di più e diversamente. Questo protocollo è confezionato su
misura per un governo e un Parlamento prossimo allo scioglimento. Un
accordo che si inserisce in una porzione di legislatura nella quale la
ministra Roberta Pinotti ha voluto assecondare le sollecitazioni
politiche che provenivano dalla commissione sull'uranio, dal
Parlamento e dalla stessa Regione.

Possiamo dire che la nuova legge
sui poligoni è frutto di una sinergia istituzionale all'interno della
quale anche la Regione ha svolto una efficace moral suasion. Ma con la
nuova legislatura ci dovrà essere un deciso cambio di passo».Anche
perché ci sarà una nuova legge che disciplinerà la trasparenza nei
poligoni militari. «Appunto, la Regione potrà operare all'interno di
un nuovo impianto normativo grazie al quale cambierà l'attuale
scenario. D'ora in poi, infatti, sarà garantita la trasparenza di
tutte le attività amministrative, la tutela della salute dei militari
e delle popolazioni residenti in prossimità dei poligoni, l'obbligo di
bonificare l'ambiente entro termini certi grazie all'impiego di
risorse adeguate messe a disposizione dal ministero della Difesa».

E in questo nuovo scenario legislativo cosa dovrà fare la Regione?«Il
mio punto di vista resta lo stesso della mia relazione in Senato nel
2012 e dell'ordine del giorno presentato in Consiglio regionale nel
2014. Nel quadro dei rapporti tra Stato e Regione io pongo come primo
obiettivo la graduale dismissione dei poligoni militari e il loro
superamento dal punto di vista economico, sociale e ambientale,
assicurando il mantenimento dei livelli occupazionali
esistenti».Propone una nuova intesa tra Regione e Difesa?«Più che un
protocollo con un singolo ministero io ritengo sia necessario un
accordo tra il governo e la Regione autonoma della Sardegna. Un'intesa
che deve contenere decisioni che comportino precisi vincoli giuridici...».

Tipo?«Un accordo genericamente politico non può bastare,
deve partire l'orologio delle dismissioni. Nell'intesa bisognerà
iniziare a parlare di tempistica». Dunque, tempi certi per le
dismissioni. E poi?«Il governo dovrà farsi carico di attuare tutte le
bonifiche e dovrà riconoscere lo straordinario servizio istituzionale
che la Sardegna ha svolto in questi 60 anni, destinando alla Regione
risorse compensative anche a titolo risarcitorio».

C'è chi in caso di
addio alle basi teme per l'occupazione.«La realizzazione delle
bonifiche potrà determinare numerosi posti di lavoro e sarà bello
vedere finalmente persone che lavorando restituiranno salute alla loro
terra anziché farla ammalare. Questo accordo avrà un'ispirazione
etica, perché si fonderà sulla primazia della salute delle persone,
della tutela dell'ambiente e della sacralità del diritto al lavoro.
Questo accordo permetterà alla Regione di attuare una strategia di
crescita e di sviluppo nel pieno esercizio della propria specialità e
vocazione autonomistica».

Cucca: momento storico. All'attacco Movimento 5 stelle, il Partito dei
sardi e gli indipendentisti. Scatenato il fronte del no, esulta solo il Pd

CAGLIARI. Il Movimento Cinque stelle e gli indipendentisti erano
contrari e lo sono ancora: «La Sardegna è stata svenduta», hanno
scritto dopo che il Consiglio regionale ha detto sì alla firma
dell'accordo fra lo Stato e la Regione sulle servitù militari. Anche
il centrodestra, seppure martedì ha votato uno dei due ordini del
giorno, ha più di un dubbio: «I Comuni in cui ci sono le basi devono
essere risarciti con più soldi», hanno scritto i Riformatori. Solo per
Giuseppe Luigi Cucca, segretario del Pd, «la firma di lunedì, a Roma,
sarà un momento storico per la Sardegna dopo troppi anni di
silenzio».Cinque stelle.

«Siamo tornati indietro di dieci anni»,
comincia così il commento del senatore Roberto Cotti. «Le dismissioni
sbandierate dal governatore Francesco Pigliaru e dal centrosinistra
sono briciole ed è evidente che c'è un inganno». Poi spiegato: «Gran
parte dei beni militari che, nel 2007-2008, dovevano passare
dall'Esercito alla Regione, valevano 200 milioni, oggi sono spariti
nel nulla in questa nuova intesa». Polo identitario. «Ogni passo verso
la liberazione delle terre occupate va salutato con soddisfazione.
Scritto questo, l'accordo non è certo storico. E, quand'anche si
concretizzasse, è anni luce lontano da quel che serve: il presidente
Pigliaru è ancora in tempo per non firmarlo». È questo il contenuto
dell'attacco del Polo dell'Autodeterminazione in cui si riconoscono i
Rossomori, Sardos e gli indipendentisti di Liberu, Irs, Sardigna
Natzione, Gentes, Comunidades e Sardegna possibile.

«Siamo di fronte - è scritto - alla restituzione-spot di poche spiagge e non c'è traccia
delle bonifiche: non si dice chi le farà, né con quali soldi, né con
quale finalità».Partito dei sardi. Il segretario Paolo Maninchedda ha
scritto dopo che i suoi martedì non hanno partecipato al voto:
«L'accordo è un pessimo episodio di subordinazione politica. Sono
previste solo concessioni già previste in passato, e comunque sono
solo promesse». Per poi «salutare invece con piacere la convergenza
dei partiti indipendentisti e autonomisti sardi sul giudizio negativo:
esiste una Sardegna che sa riconoscere i suoi interessi nazionali e
comincia a riconoscersi». Anche il Psd'Az martedì ha votato
controPartito democratico. È di tutt'altro tenore il commento del
segretario Giuseppe Luigi Cucca: «Siamo alla vigilia di un fatto
storico, siamo vicini alla riconquista del potere decisionale dei
sardi in territori finora inaccessibili, con importanti garanzie a
tutela dell'ambiente e della salute».

E ancora: «Mai nessun altro
governo aveva dimostrato una tale apertura e alla ministra Roberta
Pinotti va riconosciuta una grande capacità di dialogo e di mediazione
che, grazie alla costanza e alla tenacia del presidente Pigliaru,
sostenuto dai parlamentari, consegna all'Isola una porzione di
sovranità e apre un nuovo capitolo nei rapporti Stato-Regione, sebbene
non siano state soddisfatte interamente le richieste. Ma l'accordo che
sarà firmato lunedì verrà ricordato come un passaggio fondamentale.
Ora occorre mettere al sicuro, quello che è anche il punto di partenza
per ottenere altro in futuro». (ua)

Zedda, la lady di ferro di FI: non chiamatemi quota rosa

verso le elezioni
di Luca Rojch
CAGLIARI
Non chiamatela lady Forza Italia. Alessandra Zedda è l'unico
consigliere donna del centrodestra in Regione. Non fa molto meglio il
centrosinistra, ne ha tre. Ma lei ha lo spirito combattivo di uno
sportivo. In molti la indicano tra gli astri nascenti del nuovo
centrodestra e la danno per candidata un po' a tutto, da certissima
parlamentare a presidente della Regione. Ma lei respinge qualsiasi
incoronazione.«No per carità - spiega -. Io do la disponibilità al mio
partito, come ho sempre fatto, ma di certo non mi candido io a
nulla».Qual è il ruolo di Forza Italia oggi nell'isola?«Deve ritrovare
il suo ruolo leader. E sono sicura lo farà anche grazie al lavoro che
abbiamo fatto in questi anni in Consiglio. Per le politiche dobbiamo
ripartire dai nostri alleati storici. Udc, Riformatori, sardisti e
indipendentisti. E a guidarci è la spinta che ci ha dato Berlusconi.
Faccia il capitano o l'allenatore è lui il valore aggiunto».Ma chi
vedrebbe come candidato ideale?«Abbiamo un'idea precisa. Ci sono tante
persone valide che potrebbero essere candidate.

Ma ci sono anche tanti
sindaci e sindache che ogni giorno lavorano con competenza e
attenzione. Ma possiamo guardare anche tra chi in passato ha rivestito
cariche prestigiose all'interno delle istituzioni. Io per alcune cose
sono conservatrice. Credo nei valori che vengono dall'identità
nazionale e da quella sarda. Credo nella famiglia e nell'importanza
della scuola. Credo anche che si debbano accogliere gli immigrati, ma
con delle regole e con un piani precisi che abbiano valore europeo e
nazionale». Ma dove deve cercare voti il partito secondo lei?«Di
sicuro tra i delusi. Tra chi non è andato a votare. Sono loro il
nostro obiettivo. Quelli che si sono allontanati dalla politica.
Dobbiamo conquistarli con un programma chiaro. E Berlusconi ha idee
precise su cosa fare. Dobbiamo spiegare ai nostri elettori perché
andiamo a Roma e cosa vogliamo fare». Donne e centrodestra.«È vero
sono l'unico consigliere donna del centrodestra, ma ora il Rosatellum
darà maggiore rappresentanza anche alle donne.

Per le donne sarà uno
stimolo. Ma io sono dal 1994 che vado alla ricerca di ogni voto che
prendo. Non mi sono mai sentita una quota rosa discriminata in
politica. Da quando ho fatto il presidente di circoscrizione ho sempre
lavorato in mezzo agli uomini. Ero l'unica donna su 11 uomini. E sono
stata sempre eletta».È difficile essere l'unica donna nel gruppo?«No.
Tutti mi dicono che sono la secchiona del gruppo. Apprezzano il mio
pragmatismo. È nel mio spirito essere sempre collaborativa e aiutare
gli altri. È una caratteristica che ho portato sempre dentro da quando
facevo sport. Perché sono sportiva io faccio squadra». Forza Italia
ora è una squadra?«Devo dire che noto un approccio differente si vuole
dare valore alla meritocrazia. Si ragiona su valori, idee e progetti.
Ho notato in questo periodo che tutti quelli che rappresentano il
partito nelle istituzioni hanno voglia di provare a lavorare insieme,
questa è una novità. Forse abbiamo fatto tesoro anche degli insuccessi
elettorali».

La Nuova

La massoneria in aula magna? È bufera

la polemica
di Luigi Soriga
SASSARI

Fosse stata la solita conferenza, il giornale l'avrebbe impaginata
così: spalletta, o taglio piccolo, massimo 20 righe, titolo a una o
due colonne. «Sabato prossimo, alle 16, nell'aula magna
dell'Università si svolgerà il convegno dal titolo "Armando Corona:
l'uomo, il politico, il Gran Maestro. Dopo il saluto del Rettore
Massimo Carpinelli, interverrà il presidente del Consiglio regionale
Gianfranco Ganau». Dopodiché qualche riga per un distillato di
informazioni, e l'articolo era confezionato. Ma nella locandina
dell'evento c'è una parola che salta agli occhi: Massoneria
Universale. E il termine massoneria innesca un rimando istantaneo a
lobby, comitati d'affari, complotto, cospirazione, società segreta,
uomini col cappuccio, iniziazione, poteri occulti.

Che c'azzecca l'Università, il rettore, l'aula magna e il consiglio regionale con
tutto questo? I primi a chiederselo sono stati i sindacati: «Abbiamo
sperato sino alla fine che fosse un bizzarro esempio di fake news -
dicono Cgil, Cisl, Uil, Cisal, Confsal - invece la notizia è
tristemente autentica e dobbiamo concludere che i valori della
massoneria hanno fatto formale ingresso nell'Ateneo». Dopodiché
arrivano le bordate anche del "Comitato Lavoro, Democrazia,
Costituzione", del quale fanno parte docenti universitari come
Antonietta Mazzette, costituzionalisti come Omar Chessa, politici come
Giovanni Meloni e dell'Unione degli Universitari: «Non si trova un
precedente di questo genere nella secolare storia dell'Ateneo
turritano e appare difficile trovarne uno anche in quella delle altre
università d'Italia».

Ed ecco come la spalletta di un banale convegno
si spalma improvvisamente a sei colonne. Sassari diventa un caso. Una
coltre di palpabile imbarazzo cala nelle istituzioni. Il sindaco non
ha molta voglia di esprimersi. La responsabile della segreteria del
Rettore, Anna Deriu, invece mette le mani avanti: «La pratica è stata
gestita dal mio ufficio. Come spesso accade abbiamo affittato lo
spazio dell'aula magna a chi era disposto a pagarlo. L'evento che ci
avevano prospettato era questo: un convegno sulla figura di Armando
Corona, politico, già presidente del Consiglio regionale e dirigente
nazionale del Partito Repubblicano. Nessun accenno alla massoneria».

Ma Corona fu gran Maestro del Grande Oriente d'Italia, dal 1982 al
1990, e non potrà essere un particolare marginale dal momento che il
promotore dell'incontro è proprio la più grande e antica associazione
massonica nazionale. Anche il rettore Carpinelli prende le distanze:
«Non c'è alcuno sdoganamento della massoneria da parte
dell'Università. Non mi pare che nella locandina compaia in alcun modo
il logo dell'Ateneo. Quanto ai miei saluti, sono stati inseriti senza
che nessuno me li chiedesse, perché consuetudine ed educazione vuole
che il padrone di casa dia il benvenuto».

Domanda: se Casa Pound
volesse organizzare un convegno su immigrazione e accoglienza in aula
magna, sareste altrettanto ospitali? Risposta: «Siamo laici e aperti
al dialogo. Bisogna vedere come avrebbero intenzione di affrontare il
tema». Domanda: farà i saluti al convegno di sabato prossimo?
Risposta: «Non so se sarò in città e che impegni avrò quel
giorno».Insomma, la sensazione è questa: l'Armando Corona politico può
aleggiare fiero al centro dell'aula magna. Il Corona massone è il
convitato di pietra. «Intervenire al convegno non mi crea affatto
imbarazzo - dice Gianfranco Ganau - come presidente del Consiglio
regionale vengo spesso invitato a parlare di personaggi che hanno
lasciato il segno nella storia della politica.

Sono intervenuto nella
conferenza su Paolo Dettori, lo farò anche per Armando Corona. Che fu
presidente del Consiglio regionale esattamente come lo sono io ora. Il
suo ruolo all'interno della massoneria non sarà materia del mio
discorso».

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Federico Marini
skype: federico1970ca


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