“Grandi
giocatori esistevano già al mondo, magari più tosti e continui di lui, però non
pareva a noi che si potesse andar oltre le sue invenzioni improvvise, gli
scatti geniali, i dribbling perentori e tuttavia mai irridenti, le fughe
solitarie verso la sua smarrita vittima di sempre, il portiere avversario.”
(Gianni Brera, “Pellin Meazza era il folber”, 24 Agosto 1979)
(21 Agosto 1979) È un giorno di lutto per il calcio italiano
e mondiale, che dice addio a Giuseppe Meazza, il migliore
calciatore italiano di tutti i tempi, uno dei pochi
calciatori al mondo ad aver sollevato, per due volte consecutive, la coppa del
mondo (allora chiamata “Coppa Rimet”). Era il lontano 1924 e il piccolo
Giuseppe, dopo aver perso il padre all'età di sette anni durante i
combattimenti della prima guerra mondiale, viveva con la madre, venditrice di
frutta al mercato di Milano. Ovvio che il calcio e il suo mondo,
anche se ancora lontano dagli eccessi divistici di oggi, rappresentasse una
grande speranza di riscatto. E bastava vedere palleggiare "il Peppe" per capire che quel
ragazzino di strada ne avrebbe fatta parecchia.
Iniziò a giocare sui campi milanesi in tenera età e già a 17
anni, fa già parte di una grande squadra, l'Inter (a cui il regime fascista
impose il nome di Ambrosiana*, poiché
“Internazionale” sapeva troppo di socialismo).
Nel 1930 esordisce nella
Nazionale di Vittorio Pozzo e nella partita contro la Svizzera, segna due delle
quattro reti che decretano la vittoria degli Azzurri. Ma la partita che lo consacra
fuoriclasse è quella giocata l’11 maggio a Budapest, contro l’Ungheria: segna
tre dei cinque gol che umiliano la nazionale magiara: 5 – 0 è il risultato
definitivo. Una grande impresa che avrà un’enorme eco, anche per il grande
blasone della nazionale magiara. La partita, seguita alla radio da un pubblico
incredulo, rappresenta un momento di svolta per il calcio europeo, e Meazza
è l'eroe di tutti gli sportivi italiani.
Caratteristiche Tecniche. Centravanti e mezzala destra e
sinistra, disputò 53 partite con la nazionale, segnando complessivamente 33
reti (rimanendo tuttora il secondo miglior marcatore della rappresentativa
azzurra). Dotato di un tiro potentissimo, rapido nei movimenti e avvezzo a giocate acrobatiche, era
dotato di rilevanti qualità tecniche, accompagnata da una velocità mai vista sui campi di calcio.
Sicuro dei propri mezzi,
era solito iniziare il match in sordina, per poi alzare all'improvviso i ritmi
di gioco. Andava frequentemente
in gol dribblando e mettendo a sedere il portiere, una rete denominata «alla
Meazza» o «a invito». Era inoltre abile nel gioco aereo grazie ad uno stacco aereo
prodigioso, a dispetto della sua statura (1,70 cm). Non di rado si incaricava della
battuta dei calci di rigore e delle punizioni, sia per concludere a rete che
per servire i compagni di squadra.
Morì il 21 agosto 1979 a
Lissone in seguito a un tumore del pancreas (organo che gli era già stato parzialmente asportato
chirurgicamente), peggiorato da problemi cardiocircolatori, poco prima di
trasferirsi per un periodo di convalescenza a Rapallo. La notizia fu diramata
per sua volontà a funerali avvenuti, e ciò causò non pochi fraintendimenti su
luogo e data di morte.
Meazza venne inizialmente tumulato al Cimitero Monumentale di Milano; il 2 novembre 2004, alla presenza delle due figlie Silvana e Gabriella, di Giacinto Facchetti e del sindaco di Milano Gabriele Albertini, la salma del leggendario calciatore fu traslata nella Cripta del Famedio del medesimo Cimitero Monumentale, zona riservata alle più importanti figure legate alla città. Alla sua morte gli fu intitolato lo stadio milanese di San Siro.
Vincenzo
Maria D’Ascanio
* L’internazionale
fu costituita nel 1908 presso il ristorante L’Orologio a Milano su iniziativa di 44 soci, tutti ex
membri del Milan che avevano lasciato la società rossonera in polemica con la
regola voluta dai rossoneri di non tesserare calciatori stranieri nella propria
società. Tuttavia il nome dell’Inter successivamente divenne anche un grosso
problema per la società. Un regio decreto del 1927 favoriva la nascita di
squadre di calcio che avessero il nome della città: l’obiettivo era dunque
rendere il campionato italiano un luogo di confronto agonistico per società
calcistiche rappresentative di ogni città. Nacquero in questo periodo la Roma,
la Fiorentina e il Napoli, ad esempio. Con quest’occasione l’Inter fu unita all’U.S. Milanese e gli fu dato
il nome di Ambrosiana. Nonostante ciò i tifosi continuavano a intonare il
coro “Forza Inter!” durante le partite, fatto che portò la dirigenza a porre
fine alla fusione con la Milanese e ribattezzare la squadra Ambrosiana-Inter.
Nel 1945, dopo la definitiva caduta del fascismo, la squadra riprese il suo
antico nome.
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