« Abbiamo finalmente raggiunto la pace con onore.» (Richard
Nixon, presidente degli Stati Uniti, dopo la firma degli accordi di pace di
Parigi, gennaio 1973)
« Gli statunitensi non ritornerebbero nemmeno se gli
offrissimo delle caramelle... » (Frase pronunciata dal primo ministro del
Vietnam del Nord Phạm Văn Đồng, durante una riunione del governo
di Hanoi nel gennaio 1975)
(12 agosto 1972) Le ultime truppe dell'esercito americano abbandonano
definitivamente il Vietnam. Gli accordi di pace di Parigi furono firmati il 27
gennaio del 1973, ponendo quindi ufficialmente termine all'intervento
statunitense nel conflitto del Vietnam. Il primo prigioniero di guerra fu
rilasciato l'11 febbraio e il ritiro totale americano fu concluso il 29 marzo. Al
contrario, secondo gli accordi, le forze dell'esercito nordvietnamita già
presenti in Vietnam del Sud poterono rimanere sul campo, basando in questo modo un elemento
di forte fragilità strutturale nelle possibilità concrete di sopravvivenza del
regime filo-americano di Van Thieu.
In realtà Nixon aveva assicurato ripetutamente il massiccio
sostegno militare a Saigon in caso di una rottura degli accordi, e di una nuova
aggressione nei confronti delle forze comuniste, ma le circostanze della
politica statunitense vanificarono qualsiasi promessa ed influirono sugli
sviluppi finali della guerra del Vietnam. In primo luogo il
Congresso votò contro ogni ulteriore sovvenzionamento dell'azione militare nella regione e a favore di una
limitazione dei poteri del Presidente d’intraprendere azioni militari
all'estero; in secondo luogo, soprattutto, Nixon lottava per la sua sopravvivenza
politica, dinanzi al continuo aggravarsi dello scandalo Watergate. Di conseguenza il sostegno
statunitense e i promessi aiuti non si materializzarono mai se non in piccola
parte, perciò il governo di Saigon, sempre più fragile e instabile, fu
progressivamente abbandonato al suo destino.
La guerra nel Vietnam è
stata la guerra più rilevante combattuta dagli Stati Uniti dopo la Seconda
Guerra Mondiale, ed è stata anche al
centro della cultura pop dell’epoca e degli anni successivi, raccontata in una
miriade di libri, canzoni, film, articoli di giornale e fotografie. Secondo
Daniel Hallin, esperto di comunicazione politica dell’Università di San Diego,
è stata anche il primo conflitto in cui «i giornalisti accompagnarono
ufficialmente le forze militari, senza essere oggetto di censura».
Stimare il numero di
vittime del conflitto è risultato difficile, poiché le registrazioni ufficiali erano difficili da
reperire o addirittura inesistenti. Molti dei soldati caduti durante il
conflitto, infatti, vennero smembrati dai bombardamenti rendendo impossibile
l'identificazione dei cadaveri. Inoltre, per diversi anni, i nordvietnamiti
nascosero il reale numero delle loro perdite per strette ragioni di propaganda.
Inoltre per molti anni si verificano tragici incidenti a causa degli
innumerevoli ordigni inesplosi, in particolare dalle bombe a grappolo. Gli
effetti sull'ambiente prodotti dagli agenti chimici (come l'agente arancio) ed
i grandi problemi sociali causati da una nazione devastata hanno sicuramente
prodotto la perdita di ulteriori vite.
Ancora oggi gli analisti
militari s’interrogano sulle ragioni della sconfitta del potente esercito
U.S.A. nel Vietnam. Secondo un’analisi
completa, le ragioni sarebbero state tanto interne come esterne. Come abbiamo
già scritto, anno dopo anno il popolo americano si schierò contro questa
guerra, che appariva del tutto insensata ed utile soltanto ad aumentare il
fatturato delle industrie belliche (una lobby forte e compatta, che arriva
anche ad influenzare le elezioni Tanto del Presidente quanto del Congresso).
Soprattutto nelle
Università le contestazioni furono feroci, e spesso si trasformavano in aperti
scontri tra manifestanti e forze dell’ordine. Il pacifismo caratterizzò un’intera generazione di
persone, e furono numerose le star della TV o dello sport che si schierarono
apertamente contro la guerra. Tra i tanti possiamo citare il caso di Muhammad
Ali, che si rifiutò di
partire per il Vietnam sostenendo che “nessun vietnamita l’aveva mai chiamato
negro.”
Proprio il conflitto razziale, fu un’altra causa della sconfitta.
Durante il periodo della guerra negli U.S.A. la tensione tra comunità nere e
Wasp era fortissima. Questa tensione, naturalmente, era presente anche nell’esercito
americano, minandone la compattezza. Tra i fattori esterni se ne potrebbero
citare numerosi, tuttavia la difficoltà di combattere nella giungla Vietnamita
fu palese. Del resto i vietnamiti potevano contare sulla strategia militare
messa in campo, vittoriosamente, durante le guerre dell’Indocina (dove sconfissero
i francesi dalle) e sulle grandi capacità militari del generale Võ N guyên Giáp,
che divenne un simbolo mondiale per tutti i paesi del terzo Mondo e soprattutto
del loro desiderio di liberazione.
Vincenzo
Maria D’Ascanio.
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