lunedì 12 agosto 2019

La sconfitta americana nel Vietnam. Di Vincenzo Maria D’Ascanio.



« Abbiamo finalmente raggiunto la pace con onore.» (Richard Nixon, presidente degli Stati Uniti, dopo la firma degli accordi di pace di Parigi, gennaio 1973)

« Gli statunitensi non ritornerebbero nemmeno se gli offrissimo delle caramelle... » (Frase pronunciata dal primo ministro del Vietnam del Nord Phm Văn Đng, durante una riunione del governo di Hanoi nel gennaio 1975)

(12 agosto 1972) Le ultime truppe dell'esercito americano abbandonano definitivamente il Vietnam. Gli accordi di pace di Parigi furono firmati il 27 gennaio del 1973, ponendo quindi ufficialmente termine all'intervento statunitense nel conflitto del Vietnam. Il primo prigioniero di guerra fu rilasciato l'11 febbraio e il ritiro totale americano fu concluso il 29 marzo. Al contrario, secondo gli accordi, le forze dell'esercito nordvietnamita già presenti in Vietnam del Sud poterono rimanere sul campo, basando in questo modo un elemento di forte fragilità strutturale nelle possibilità concrete di sopravvivenza del regime filo-americano di Van Thieu.

In realtà Nixon aveva assicurato ripetutamente il massiccio sostegno militare a Saigon in caso di una rottura degli accordi, e di una nuova aggressione nei confronti delle forze comuniste, ma le circostanze della politica statunitense vanificarono qualsiasi promessa ed influirono sugli sviluppi finali della guerra del Vietnam. In primo luogo il Congresso votò contro ogni ulteriore sovvenzionamento dell'azione militare nella regione e a favore di una limitazione dei poteri del Presidente d’intraprendere azioni militari all'estero; in secondo luogo, soprattutto, Nixon lottava per la sua sopravvivenza politica, dinanzi al continuo aggravarsi dello scandalo Watergate. Di conseguenza il sostegno statunitense e i promessi aiuti non si materializzarono mai se non in piccola parte, perciò il governo di Saigon, sempre più fragile e instabile, fu progressivamente abbandonato al suo destino.

La guerra nel Vietnam è stata la guerra più rilevante combattuta dagli Stati Uniti dopo la Seconda Guerra Mondiale, ed è stata anche al centro della cultura pop dell’epoca e degli anni successivi, raccontata in una miriade di libri, canzoni, film, articoli di giornale e fotografie. Secondo Daniel Hallin, esperto di comunicazione politica dell’Università di San Diego, è stata anche il primo conflitto in cui «i giornalisti accompagnarono ufficialmente le forze militari, senza essere oggetto di censura».

Stimare il numero di vittime del conflitto è risultato difficile, poiché le registrazioni ufficiali erano difficili da reperire o addirittura inesistenti. Molti dei soldati caduti durante il conflitto, infatti, vennero smembrati dai bombardamenti rendendo impossibile l'identificazione dei cadaveri. Inoltre, per diversi anni, i nordvietnamiti nascosero il reale numero delle loro perdite per strette ragioni di propaganda. Inoltre per molti anni si verificano tragici incidenti a causa degli innumerevoli ordigni inesplosi, in particolare dalle bombe a grappolo. Gli effetti sull'ambiente prodotti dagli agenti chimici (come l'agente arancio) ed i grandi problemi sociali causati da una nazione devastata hanno sicuramente prodotto la perdita di ulteriori vite.

Ancora oggi gli analisti militari s’interrogano sulle ragioni della sconfitta del potente esercito U.S.A. nel Vietnam. Secondo un’analisi completa, le ragioni sarebbero state tanto interne come esterne. Come abbiamo già scritto, anno dopo anno il popolo americano si schierò contro questa guerra, che appariva del tutto insensata ed utile soltanto ad aumentare il fatturato delle industrie belliche (una lobby forte e compatta, che arriva anche ad influenzare le elezioni Tanto del Presidente quanto del Congresso).

Soprattutto nelle Università le contestazioni furono feroci, e spesso si trasformavano in aperti scontri tra manifestanti e forze dell’ordine. Il pacifismo caratterizzò un’intera generazione di persone, e furono numerose le star della TV o dello sport che si schierarono apertamente contro la guerra. Tra i tanti possiamo citare il caso di Muhammad Ali, che si rifiutò di partire per il Vietnam sostenendo che “nessun vietnamita l’aveva mai chiamato negro.”

Proprio il conflitto razziale, fu un’altra causa della sconfitta. Durante il periodo della guerra negli U.S.A. la tensione tra comunità nere e Wasp era fortissima. Questa tensione, naturalmente, era presente anche nell’esercito americano, minandone la compattezza. Tra i fattori esterni se ne potrebbero citare numerosi, tuttavia la difficoltà di combattere nella giungla Vietnamita fu palese. Del resto i vietnamiti potevano contare sulla strategia militare messa in campo, vittoriosamente, durante le guerre dell’Indocina (dove sconfissero i francesi dalle) e sulle grandi capacità militari del generale Võ N guyên Giáp, che divenne un simbolo mondiale per tutti i paesi del terzo Mondo e soprattutto del loro desiderio di liberazione.

Vincenzo Maria D’Ascanio.

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