mercoledì 31 maggio 2017

Rassegna stampa 31 Maggio 2017

La nuova Sardegna

legge elettorale «Sì al sistema tedesco ma il 5% non si tocca»
di Cristina Ferrulli

ROMA Matteo Renzi chiama la direzione del Pd a ratificare il patto a tre con Fi e M5S sul sistema tedesco per «chiudere la riforma elettorale entro il 7 luglio». Un'accelerazione che sembra portare verso un anticipo delle elezioni tra settembre e ottobre perché, chiarisce il leader dem, «io non sono impaziente, il voto però non è una minaccia ma democrazia». Ma se il premier Paolo Gentiloni partecipa alla direzione dem per testimoniare fisicamente che seguirà le scelte del suo partito, molti ministri, da Angelino Alfano a Andrea Orlando, sono contrari. Ed il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan non nasconde le sue preoccupazioni sulla manovra da scrivere «sotto ciclo elettorale».

Il Pd ha chiuso con Forza Italia il ciclo di incontri a livello di vertici parlamentari per verificare l'intesa sul sistema tedesco. E dopo l'ok con M5S, anche Fi conferma i pilastri della legge: soglia al 5 per cento, nessun premio di governabilità e nomi dei candidati sulla scheda. «La soglia al 5% è un elemento inamovibile del sistema tedesco - chiarisce il leader Pd - e l'altro elemento cardine è che la scheda deve avere i nomi».

No ai «veti» dei piccoli partiti, è la linea del Pd e anche di Silvio Berlusconi che smentisce retroscena su una sua contrarietà alla soglia al 5. «Fosse per me la porterei all'8 per cento», rincara il Cavaliere. Porta sbattuta in faccia ad Angelino Alfano per il quale «l'impazienza del Pd di portare l'Italia al voto tre o quattro mesi prima in piena legge di stabilità costerà» miliardi all'Italia. Ma il leader di Ap non si perde d'animo e annuncia il suo progetto di aggregare «una coalizione liberale popolare che supererà la soglia». Per altri motivi e su un altro fronte, c'è il ministro e leader della minoranza Pd Andrea Orlando.

«Puntare ad elezioni in autunno rischiando l'esercizio provvisorio di bilancio significherebbe assumersi la responsabilità di un salto nel buio», protestano 31 senatori legati al Guardasigilli. Il dubbio, chiede Orlando in direzione, è «se questo sistema garantirà stabilità». Preoccupato per le difficoltà di approvare la legge di bilancio entro il 31 dicembre in caso di conclusione anticipata della legislatura si dice anche il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan.

«Sotto ciclo elettorale - sostiene il titolare di via XX Settembre - in Italia ma anche negli altri Paesi, è molto difficile fare dei cambiamenti». In caso di elezioni tra settembre e ottobre si dovrà infatti fare lo slalom tra impegni con Bruxelles, insediamento del nuovo Parlamento e giuramento del governo su una maggioranza che, con il sistema tedesco, potrebbe formarsi dopo le urne in caso di assenza di un vincitore chiaro. Ma il commissario agli affari economici Pierre Moscovici è attento a non entrare in valutazione politiche dei singoli paesi: «Le elezioni non sono mai un problema, siamo preparati a prendere tutte le decisioni per ogni tipo di situazione».

Mentre il Colle è attento a non fare valutazioni prima dell'approvazione della riforma elettorale, Gentiloni non ha intenzione di mutare la sua azione di governo finchè sarà chiamato a reggere il paese. «Ribadisco che il governo - sostiene il premier che oggi ha incontrato il primo ministro canadese Justin Trudeau - si augura un'intesa sulla legge elettorale, ma che non abbiamo un ruolo da protagonisti. Confermo che il governo è nella pienezza dei suoi poteri e ha degli impegni che intende mantenere».



La Nuova Sardegna

Pigliaru: «Non dimetterti»Ma la giunta non è a rischio
Il governatore respinge il forfait dell'assessore, ma già si parla del sostituto

di Umberto Aime
CAGLIARIStesso mezzo, una lettera, per scrivergli «le tue dimissioni
non sono accettate». Il presidente Francesco Pigliaru ha risposto così
(il testo integrale è pubblicato a fianco) al suo ex assessore Paolo
Maninchedda. Anzi, per il governatore lo è ancora: «Sono convinto e lo
spero - ha detto nel giardino di Villa Devoto - che la trattativa sia
ancora possibile». La fiducia di Pigliaru è evidente, anche se in
serata sarà un messaggio di Maninchedda, rimbalzato da un iphone
all'altro, a gelare possibili entusiasmi.

«Oggi sto meglio. Cosa farò
da oggi in poi e dopo la lettera - che avrebbe molto apprezzato - del
presidente? Nulla». Sono state queste le poche frasi ufficiose capaci
di superare il muro di silenzio sollevato intorno a sé dall'ex
assessore.La crisi c'è. Non è un incidente di percorso e potrebbe
trasformarsi presto in una valanga se la soluzione non dovesse saltare
fuori prima di sabato. Qualunque potrebbe essere: il ripensamento,
sempre più difficile, di chi s'è dimesso o la più probabile staffetta
in giunta fra i sovranisti. Il centrosinistra, con in testa il Pd, ha
paura che ci possa essere un effetto contagio nell'alleanza, altri
come Maninchedda potrebbero ribellarsi, e sarebbe una tragedia a poche
settimane dalle elezioni amministrative dell'11 giugno e soprattutto a
una manciata di mesi dal sempre più probabile scioglimento delle
Camere. Tanto che il segretario del Pd Giuseppe Luigi Cucca ha
lanciato un appello agli alleati: «Abbiamo bisogno di una profonda
riflessione, è indispensabile fra noi ci sia un confronto responsabile
e schietto, però oggi più che mai è indispensabile ricompattarci».

Ma i nervi sono ancora troppi tesi dopo l'addio di Maninchedda: la
lettera di lunedì e soprattutto il suo contenuto devono essere ancora
essere metabolizzati dalla giunta (ieri a Villa Devoto il caso ha
tenuto banco per un'ora buona) e dal centrosinistra.La sorpresa. Prima
della lettera con cui ha respinto le dimissioni, inviata nel tardo
pomeriggio, in mattinata Pigliaru ha detto: «Sono sorpreso per i tempi
che ha scelto, perché con Paolo (senza pronunciare mai il cognome
dell'assessore e rendere così il tono della dichiarazione più
confidenziale) abbiamo parlato spesso delle difficoltà e della fatica
di governare. Tutti sanno che fra e me Paolo ci sono state anche di
recente differenze di opinioni, ma insieme abbiamo fatto un grande
lavoro e sono orgoglioso dei risultati ottenuti assieme. Però rispetto
le decisioni di ognuno, ma non posso nascondere che queste dimissioni
mi hanno sorpreso». Poi poche ore dopo, sempre da Villa Devoto,
arriverà la richiesta ufficiale: «Caro Paolo, ripensaci».L'album.
L'Agenzia Ansa, dopo un lavoro certosino di ricerca negli archivi del
blog «Sardegna e libertà», il giornale online dell'ex assessore, ha
rilanciato le frasi più significative - dal 2014 in poi - di
Maninchedda contro lo Stato. Eccole: «È violento, immobile nei
confronti della Sardegna, gonfiato com'è di strutture che hanno poteri
esorbitanti».

Poi: «È uno Stato che non produce ricchezza, minaccia di
continuo le libertà individuali, rinuncia a investire in educazione,
conoscenza e solidarietà». Oppure: «Cambia di volta in volta le regole
del gioco pur di trattenere la nostra ricchezza, compresa quella dei
pastori, nelle sue tasche». Alla fine, come ha scritto nella lettera
indirizzata avantieri a Pigliaru, «quando mi sono sentito isolato
anche in giunta sul futuro in cui credo sempre più della Nazione
sarda», ha tagliato il cordone ombelicale. L'ha fatto anche in
passato: prima con Renato Soru, nei primi anni Duemila, poi con Ugo
Cappellacci, nella legislatura successiva, quando entrato nel Psd'Az,
rinnegò poi l'alleanza dei Quattro mori con il centrodestra. Quelle
due volte, Maninchedda litigò di brutto, nella terza più che il corpo
a corpo pare aver cercato, con Pigliaru, un confronto di alto profilo,
ma con lo stesso risultato del passato.

L'addio in corso d'opera.Il
Pds. È rimasto spiazzato dalla scelta del suo presidente. Dicono che
alcuni consiglieri regionali e diversi simpatizzanti abbiamo saputo
delle dimissioni solo mezz'ora prima o addirittura a cose fatte.
Seppure sotto choc, il Partito dei sardi non s'è perso d'animo. Il
giorno dopo lo strappo ha convocato un vertice con i cinque
consiglieri regionali - Gianfranco Congiu, Augusto Cherchi, Roberto
Desini, Piermario Manca e Alessandro Unali - presenti il segretario
Franciscu Sedda e l'ex Zona Franca Modesto Fenu, che fa parte del
direttivo. Il conclave è durato a lungo e alla fine una prima
decisione è stata presa: «Non usciremo dalla maggioranza e saremo
presenti ancora in giunta». Con chi? Oggi forse lo sveleranno in una
conferenza stampa annunciata affollata e in cui saranno presenti
iscritti e simpatizzanti sovranisti. «Perché la nostra scelta di
rimanere nel centrosinistra - hanno detto - è stata collegiale, ma
questa giunta sulla Nazione Sarda deve cambiare passo». Poi venerdì,
in delegazione, busseranno al portone di Villa Devoto e allora si
saprà chi sarà il nuovo assessore ai lavori pubblici proposto a
Pigliaru.

La lettera
«Proseguiamo il lavoro insieme»

Caro Paolori spetto profondamente le motivazioni che esponi nella tua
lettera. Ne comprendo la dimensione più personale e il bisogno di
potersi fermare per ragionare e ritrovare le motivazioni più profonde.
Ne comprendo anche il senso politico a partire dalla condizione di
solitudine che spesso accompagna i momenti più faticosi di chi ha
responsabilità di governo. È una condizione che in varia misura ha
riguardato ciascuno di noi. Cionondimeno penso che il grande lavoro
che abbiamo fatto assieme e che tu stesso ricordi, la qualità
istituzionale che abbiamo seminato pur avendo utilizzato talvolta
approcci diversi, il mio riconoscente, forte apprezzamento per la tua
attività, siano gli obiettivi che ci siamo dati e per i quali hai
lavorato così duramente.

Caro Paolo, ti ribadisco perciò il mio pieno
rispetto, la comprensione e la discrezione che sono necessari per gli
aspetti più strettamente personali alla base delle tue scelte. Allo
stesso tempo ritengo che invece sussistano le condizioni politiche per
non accettare le tue dimissioni e per ragionare nelle prossime ore,
assieme a te, al Partito dei sardi, che ha avuto sempre un ruolo
costruttivo e leale, e alla coalizione che rappresento, sui modi con
cui proseguire questo importante lavoro, a partire da una serena
valutazione sui dossier aperti e sul rapporto con lo Stato e con i
governi nazionali.Con fraterna amiciziaFrancesco Pigliaru

L'opposizione: centrosinistra diviso su tutto. Cocco, Pd: andiamo avanti
Forza Italia legge i titoli di coda

CAGLIARINei banchi del centrodestra hanno cominciato il conto alla
rovescia, fanno sapere da Forza Italia. «Se la giunta Pigliaru -
dicono - continuerà a perdere un assessore dopo l'altro con questo
ritmo, uno o due ogni trenta giorni, non basterà un altro rimpasto a
tenerla in piedi. Ormai è un centrosinistra sempre più diviso su tutto
e la legislatura rischia di trasformarsi in un'agonia fino al giorno
delle elezioni anticipate». Qualche giorno fa, prima delle dimissioni
di Maninchedda, dall'Udc ai Riformatori avevano parlato di strappo
evidente fra giunta e maggioranza fino a denunciare: «Se non cambia
qualcosa, macché due anni, il centrosinistra su sanità, urbanistica e
sui dei rapporti con lo Stato, che continua a sbattere la porta in
faccia alla Sardegna, salterà per aria fra pochi mesi».

Con i Fratelli
d'Italia pronti nel rilanciare: «Ora sono al fuggi fuggi. Nessun
partito al governo vuole più essere confuso con il fallimento di
Pigliaru». A puntare il dito contro la Regione è anche - fuori dal
Palazzo - il Movimento Cinque Stelle. «Se Maninchedda - ha scritto
Mario Puddu - avesse avuto a cuore il futuro dei sardi, avrebbe dovuto
fare un passo indietro molto prima e subito dopo gli schiaffi ricevuti
a Roma dalla giunta di cui ha fatto parte». A respingere l'ipotesi di
una conclusione anticipata della legislatura è il centrosinistra. Dal
Pd in giù l'appello lanciato all'assessore dimissionario è uno solo:
«Ripensaci». Con Pietro Cocco, capogruppo del Partito democratico, che
ha una certezza: «Abbiamo bisogno di tutte le forze possibili per
andare avanti e rispettare il patto con gli elettori».

Ma da Roma il
senatore Luciano Uras di Campo progressista, partito escluso
dall'ultimo rimpasto, a marzo, non nasconde invece il suo pessimismo:
«Escludere noi e altri dalla giunta è servito solo ad aumentare il
caos e la lontananza dai problemi della gente. Se vogliamo rilanciare
la vertenza Sardegna, è indispensabile un maggior coinvolgimento delle
forze progressiste, autonomiste e sociali». Con la replica immediata
del segretario del Pd Giuseppe Luigi Cucca: «Non è certo questo il
momento degli anatemi. Non disgreghiamoci, restiamo uniti». Però
sempre per il Campo, stavolta col deputato Roberto Capelli, storico
avversario di Pigliaru, «la delusione nel centrosinistra e non solo,
cresce di giorno in giorno e la rabbia è sempre più dietro l'angolo».
Per Pierfranco Zanchetta, capogruppo dell'Upc, «non dobbiamo più
sottometterci allo Stato che continua a voltare le spalle alla
Sardegna». A questo punto è indispensabile un vertice di maggioranza.
Ci sarà, in settimana.

«Polveri a Macchiareddu? Colpa del riscaldamento»
il caso fluorsid »le indagini di Mauro Lissia

CAGLIARISecondo l'Agenzia regionale per l'ambiente le nubi di polveri
sottili (Pm10) che nel 2015 facevano andare più volte fuori servizio
le centraline di monitoraggio a Macchiareddu e ad Assemini erano
prodotte per il 56 per cento dai caminetti domestici, dalle stufe
tradizionali e dalle caldaie installate nelle case. Sempre gli
impianti di riscaldamento producevano il 64 per cento delle
micropolveri Pm2,5 e l'83 per cento di benzopirene soprattutto nel
periodo invernale. Nella tabella coi dati contenuta nella relazione
annuale sulla qualità dell'aria in Sardegna per il 2015 elaborata
dall'Arpas non c'è traccia della produzione Fluorsid, malgrado
ispezioni e rilievi condotti nelle abitazioni di cittadini autori di
denunce e segnalazioni, stanchi di dover respirare le polveri di
Fluorite portate dal vento e provenienti dallo stabilimento di
Macchiareddu, abbiano dato al Corpo Forestale la certezza sull'origine
dell'inquinamento.

A leggere la relazione sull'agglomerato di
Macchiareddu «gli impianti di riscaldamento sono sempre più spesso
obsoleti e non garantiscono un'efficace combustione con elevati
rendimenti e ridotto inquinamento atmosferico. Questi impianti termici
mostrano elevate emissioni di polveri sottili, tali da compromettere
la qualità dell'aria anche quando il loro numero sia minoritario». La
tabella con le emissioni tradotte in milligrammi conferma: caminetti e
caldaie sono in testa come fonti principali di polveri sottili,
seguite con grande distacco dalla produzione di calcestruzzo, porti,
estrazione, produzione di laterizi, veicoli leggeri e veicoli pesanti.
Nessun riferimento alle produzioni della Florsid. Il capitolo
Macchiareddu della relazione si chiude con un'affermazione
tranquillizzante: «In definitiva si può concludere che la qualità
dell'aria presenta nell'agglomerato di Cagliari criticità per il Pm10,
sebbene non ecceda nel numero di superamenti del valore limite sulla
media giornaliera».

Va ricordato che già nel 2015 le denunce da parte
di aziende agricole e privati cittadini, oltre che da parte di altri
stabilimenti industriali, erano all'ordine del giorno. Scrive il
giudice Ornano nell'ordinanza di custodia cautelare destinata a sette
persone: «Le persone abitanti le zone periferiche dell'abitato di
Assemini lamentavano che, specie quando spirava il vento, le polveri
si infilavano in casa anche attraverso gli infissi, creando
dappertutto una densa patina biancastra, tutti avevano lamentato
bruciori agli occhi ed alle vie respiratorie, avevano riferito
dell'odore acre e acido delle polveri.

Alcuni avevano notato effetti
nocivi sui figli minori, e altri li avevano paventati». Ma per l'Arpas
la colpa è dei caminetti domestici oppure - come è scritto nella
relazione e riportato dal gip, all'arrivo «di polveri dal Sahara».La
relazione del 2015 è all'attenzione del Corpo Forestale, che indaga
per associazione a delinquere in inquinamento e disastro ambientale.
Sospeso il capitolo discariche dopo gli ultimi ritrovamenti dell'altro
ieri e acquisiti documenti all'Asl e all'assessorato regionale
all'ambiente, gli uomini del commissario Fabrizio Madeddu sono
impegnati in queste ore a incrociare i dati raccolti nel corso
dell'indagine con i documenti dell'Arpas e dell'Ispra, i due organismi
incaricati di monitorare lo stato dell'ambiente. Attiivtà carente,
come ha osservato il gip Ornano, nonostante la Regione non abbia
lesinato gli investimenti per tenere in piedi il sistema delle
centraline diffuse nell'isola: il 24 ottobre 2016 sono stati destinati
solo per la manutenzione della rete un milione e 508 mila euro, con un
appalto complessivo pari a due milioni e 459 mila euro. Soldi che
dovevano servire a fermare sul nascere situazioni come quella
scatenata dalla Fluorsid nell'area industriale di Cagliari, sulla
quale invece ha dovuto intervenire la Procura della Repubblica.


Unione Sarda

Il Pd: l'Isola ritrovi un ruolo autonomista Ma c'è chi vuole il voto

Scrivere il capitolo finale della vicenda Maninchedda non è una cosa
semplice. Lo sanno bene i partiti del centrosinistra, che si
interrogano sulla tenuta della coalizione e sulle prossime mosse del
Partito dei sardi. Perché se è vero che quella dell'assessore è una
vicenda molto personale, le conseguenze politiche si potrebbero
allargare a macchia d'olio. Stamattina gli esponenti del Partito dei
sardi parleranno dopo due giorni di silenzio ed è probabile che emerga
una certa necessità di rivedere la bussola della maggioranza, troppo
lontana dalle battaglie sovraniste. Ma il clima in maggioranza è
soggetto a tensioni improvvise come testimonia il botta e risposta tra
il segretario regionale del Pd, Luigi Cucca e il senatore di Campo
progressista, Luciano Uras.

LO STATO Il rapporto conflittuale con lo Stato, citato tra le
motivazioni dell'addio, sembra aver aperto il vaso di Pandora nella
maggioranza. Tanto che, anche Luigi Cucca, ribadisce «l'importanza che
la Sardegna si riappropri del suo ruolo autonomista e faccia sentire
la sua voce anche battendo i pugni sul tavolo». Dunque, Maninchedda
non si senta solo perché «capita anche a noi in Parlamento di avere la
sensazione di lottare contro i mulini a vento anche se il governo ha
comunque dimostrato di essere vicino alla Sardegna», dice Cucca. Il
segretario ipotizza un incontro per affrontare il tema della tenuta
della maggioranza e risolvere qualsiasi problema, nel tentativo
comunque che «l'assessore possa ritornare sui suoi passi e rinunciare
alla dimissioni».

GLI ATTACCHI Il senatore di Campo progressista, Luciano Uras, dopo
aver preso atto che «il rimpasto non ha rilanciato la Giunta», punta
il dito contro l'amministrazione regionale. «Si allontana dalla
comunità e si autodisgrega», attacca il senatore, preoccupato per la
«condizione di disagio della Sardegna senza una guida». Nei prossimi
giorni il futuro della legislatura diventerà oggetto di confronto in
maggioranza perché è un tema da «non nascondere sotto il tappeto». Ma
l'attacco non va giù al segretario dem perché «parlare di
autodisgregazione, dopo le dimissioni di un assessore, per attaccare
Pigliaru e la Giunta, è un atto di strumentalizzazione». Il deputato
di Campo progressista, Roberto Capelli si scaglia contro «le
dichiarazioni politiche di circostanza» e aspetta le «dimissioni che
contano perché la Sardegna ha bisogno di una guida trasparente, salda
e autorevole».

«SOTTOMESSI» L'atto di accusa di Maninchedda nei confronti dello Stato
riapre le ferite sulla vicenda della Maddalena. Il capogruppo
dell'Upc, Pierfranco Zanchetta usa parole dure nei confronti dello
Stato e dei «suoi rappresentanti truffaldini che hanno fatto carne di
porco dell'isola». Atto d'accusa anche per la Regione «vittima passiva
dell'arroganza romana ai quali non è corrisposta un'adeguata azione di
contrapposizione». L'atto di riconoscimento nei confronti di
Maninchedda è per il suo «cimentarsi in questa partita senza essere
messo in condizione di portare a casa il risultato a favore della
Maddalena e della Sardegna».
Matteo Sau


La replica del governatore all'assessore: «Non accetto le dimissioni»
Ma Maninchedda non revoca l'addio alla Giunta
Pigliaru: «Caro Paolo, resta al tuo posto»

Caro Francesco, caro Paolo. I protagonisti del più grave terremoto
della legislatura regionale, dopo tre anni di telefonate quotidiane,
colloqui e messaggi a raffica, sentono il bisogno di dirsi addio con
le care, vecchie lettere. Lunedì quella in cui Paolo Maninchedda
annunciava le sue dimissioni dall'assessorato ai Lavori pubblici; ieri
un'altra a firma Pigliaru, con cui il governatore tenta di non perdere
uno dei suoi collaboratori più stretti. «Ritengo che sussistano le
condizioni politiche per non accettare le tue dimissioni - scrive a
Maninchedda - e per ragionare insieme sui modi con cui proseguire
questo importante lavoro». Ma chi ha in tasca dieci euro, non li punti
sul ripensamento: sarà molto difficile rivedere l'assessore al suo
posto. Chi ci ha parlato lo descrive psicologicamente già lontano. Per
dire: pare che abbia fatto subito disattivare la sua casella mail
della Giunta.

SILENZIO Non che ci siano finora parole ufficiali (né ufficiose) di
Maninchedda per commentare l'appello di Pigliaru. A rendere
improbabile la retromarcia sono i concetti già consegnati agli atti
dall'assessore dimissionario: nella comunicazione di due giorni fa non
si è limitato a confidare la propria stanchezza personale per le
battaglie con mulini a vento come l'Anas, l'Enel, i debiti di Abbanoa.
Ha raccontato anche un isolamento politico, in maggioranza e in
Giunta, sul tema a lui più caro: la necessità di uno scontro aperto
con lo Stato. Lui a dire il vero lo chiama indipendenza, ma da
Pigliaru non avrebbe preteso tanto.

Però nella lettera di ieri, sia pure in maniera più sintetica della
precedente (meno di 1.500 battute contro oltre 7.900), il governatore
raccoglie alcuni degli spunti di Maninchedda. In prima battuta gli
esprime comprensione sia per la fatica personale, sia per la
condizione di solitudine, «che in varia misura ha riguardato ciascuno
di noi». Poi gli riserva elogi non di circostanza: «Penso che il
grande lavoro fatto assieme, la qualità istituzionale che abbiamo
seminato pur talvolta con approcci diversi, il mio riconoscente, forte
apprezzamento per la tua attività, siano l'argomento migliore per
auspicare un impegno ancora comune». E per «non accettare» le
dimissioni.

COL GOVERNO Ma Pigliaru non si ferma qui. Aggiunge la volontà di
«ragionare nelle prossime ore, assieme a te, al Partito dei Sardi e
alla coalizione sui modi con cui proseguire questo importante lavoro».
E proseguirlo - ecco il passaggio più rilevante - «a partire da una
serena valutazione sui dossier aperti e sul rapporto con lo Stato e i
governi nazionali». Del resto, pur senza condividere l'orizzonte
indipendentista, lo stesso governatore ha accentuato di recente il
tono polemico con Roma. Come quando, meno di due mesi fa, ha definito
«inaccettabili» i tagli imposti per risanare il debito pubblico
italiano.

Pigliaru sa meglio di chiunque altro che un ripensamento di
Maninchedda è assai improbabile. E non sembra neppure preoccupato per
le voci di una fine anticipata della legislatura. Ma sa che per
scongiurare i rischi bisogna rinsaldare la missione della maggioranza.
E non intende ignorare le istanze del Partito dei sardi, che per altro
conta cinque consiglieri regionali.

Non sembra che il gruppo intenda passare all'opposizione: la stessa
lettera di Maninchedda ipotizza una staffetta all'assessorato, con un
nome di quell'area. Eppure non è detto che il Pds intenda indicare il
nuovo assessore. Sarebbe come far finta di niente sulle critiche del
loro leader allo scarso profilo anti-Stato della Giunta. Al tempo
stesso, se quel posto venisse ceduto ad altri alleati sarebbe un
affronto per il partito.

SCENARI Una soluzione potrebbe essere un interim assunto dallo stesso
presidente. O al limite dal vice Raffaele Paci, che occupandosi di
entrate e vertenze simili ha sperimentato più di altri com'è arduo
trattare col governo. A meno che non si trovi un nome valido sotto il
profilo delle competenze ed esterno al Partito dei sardi, ma non
sgradito (Gian Valerio Sanna?). Una cosa sembra certa: Pigliaru - che
dovrà a breve risolvere il problema della sostituzione di Massimo
Deiana ai Trasporti, e pare che voglia farlo in fretta - non intende
impelagarsi in un altro rimpasto infinito. Quindi è da escludere che
si riapra un grande valzer degli assessorati.
Giuseppe Meloni

Dal presidente l'appello in extremis
La risposta alla lettera di congedo inviata ieri dall'alleato
Pubblichiamo la risposta di Francesco Pigliaru alla lettera di Paolo
Maninchedda.

«Caro Paolo,
rispetto profondamente le motivazioni che esponi nella tua lettera. Ne
comprendo la dimensione più personale e il bisogno di potersi fermare
per ragionare e ritrovare le motivazioni più profonde. Ne comprendo
anche il senso politico, a partire dalla condizione di solitudine che
spesso accompagna i momenti più faticosi di chi ha responsabilità di
governo. È una condizione che in varia misura ha riguardato ciascuno
di noi.

Cionondimeno, penso che il grande lavoro che abbiamo fatto assieme e
tu stesso ricordi, la qualità istituzionale che abbiamo seminato pur
avendo utilizzato talvolta approcci diversi, il mio riconoscente,
forte apprezzamento per la tua attività, siano l'argomento migliore
per auspicare un impegno ancora comune per realizzare pienamente gli
obiettivi che ci siamo dati e per i quali hai lavorato così duramente.
Caro Paolo, ti ribadisco perciò il mio pieno rispetto, la comprensione
e la discrezione che sono necessari per gli aspetti più strettamente
personali alla base delle tue scelte. Allo stesso tempo ritengo invece
che sussistano le condizioni politiche per non accettare le tue
dimissioni e per ragionare nelle prossime ore, assieme a te, al
Partito dei Sardi, che ha avuto sempre un ruolo costruttivo e leale, e
alla coalizione che rappresento, sui modi con cui proseguire questo
importante lavoro, a partire da una serena valutazione sui dossier
aperti e sul rapporto con lo Stato e con i governi nazionali.
Con fraterna amicizia»
Francesco Pigliaru

Heminas: Giunta in crisi e non c'è legge elettorale
Il centrodestra: legislatura finita M5S: dimissioni fuori tempo

«La legislatura è finita. Si deve dimettere Pigliaru, non i suoi
assessori». A ventiquattro ore di distanza dalle dimissioni di
Maninchedda, il coordinatore regionale di Forza Italia, Ugo
Cappellacci, tenta di scrivere la parola “fine” all'esperienza della
Giunta. A motivarlo sono una serie di esperienze ritenute
«fallimentari sul piano politico come lo smantellamento della
continuità aerea, l'accordo con la Tirrenia, lo sfascio della sanità
con i super-stipendi per i manager e i disservizi per i cittadini».
Sulle dimissioni, Cappellacci intravede il gesto di chi «si accorge
del disastro e lascia una barca ormai priva di qualcuno che tenga il
timone».

LE DISTINZIONI Davanti a una «scelta personale» il capogruppo dell'Udc
in Consiglio regionale, Gianluigi Rubiu, preferisce non «cavalcare gli
eventi per attaccare una Giunta che non condividiamo». Rubiu, però,
concede a Maninchedda «grandi capacità politiche che lo hanno portato
molto spesso a essere una voce fuori dal coro». Pressappoco sulla
stessa linea anche Pietrino Fois, coordinatore regionale dei
Riformatori che, però, non perdona all'ex assessore ai Lavori pubblici
di «aver fatto parte di questo governo della Sardegna, che si è
rivelato decisamente negativo». Dunque, nessun attacco sulle
motivazioni umane ma se la scelta dovesse rivelare una radice politica
allora «anche lui dovrà condividere il fallimento di tutta la Giunta».
«FUORI TEMPO» Mario Puddu, sindaco di Assemini del Movimento 5 stelle,
scrive su Facebook il suo parere sullo scossone delle dimissioni. Una
scelta che l'esponente pentastellato reputa «fuori tempo massimo e
tardiva», con delle motivazioni precise. Puddu è convinto che
Maninchedda «avrebbe avuto maggior considerazione se avesse fatto un
passo indietro subito dopo le sconfitte incassate a Roma dalla Giunta
Pigliaru».

HEMINAS Le elezioni anticipate non sono un'ipotesi concreta, ma se
così fosse si voterebbe con «una legge elettorale priva della norma
sulla doppia preferenza di genere». A suonare il campanello d'allarme
sono le rappresentanti di Heminas, la rete che riunisce numerose donne
sarde per incentivare la presenza femminile nelle istituzioni. Ogni
volta che c'è il rischio della fine anticipata della legislatura, si
ripresenta il problema perché ancora il Consiglio regionale non è
intervenuto per colmare questa lacuna. Per le rappresentanti di
Heminas «non è più tollerabile che la Sardegna vada al voto senza
alcun meccanismo di garanzia a favore di una equa rappresentanza di
donne nella massima assemblea regionale». (m. s.)

CARBONIA. Colpo a sorpresa del sindaco: l'ex avversario entra nello staff
Andrea Corda era il capolista di Unidos nelle elezioni del 2016

Da avversari nella campagna elettorale a collaboratori. Un anno fa si
misuravano, assieme ad altri quattro candidati, nella competizione per
conquistare la carica di primo cittadino. Adesso invece Paola
Massidda, primo sindaco M5S, ha sciolto la riserva e deciso di
individuare come segretario del suo ufficio di staff Andrea Corda,
cioè l'ex candidato sindaco nelle file di Unidos. Il contratto è da
formalizzare (fra oggi o domani) ma già da alcuni giorni Andrea Corda,
36 anni, curriculum di tutto rispetto, ha iniziato a prender contatti
con gli uffici in attesa di assumere servizio accantonando il suo
credo politico per svolgere un ruolo strettamente tecnico.

IL CONTRATTO Sarà per un anno componente part-time dello staff,
svolgendo un compito di carattere fiduciario tant'è che la legge
consente al primo cittadino di scegliere la persona che ritiene più
indicata. Anche se si tratta, come in questo caso, di un ex
avversario. «Andrea Corda – sottolinea Paola Massidda – è un
professionista serio, ho avuto modo di conoscerlo proprio nel corso
della campagna elettorale dello scorso anno e mi aveva fatto una buona
impressione per la lealtà e la competenza». Paola Massidda sgombra il
campo dalle interpretazioni politiche di questa assunzione: «Si
sottrae a speculazioni di questo tipo: è un giovane valido e il fatto
che avesse preso non pochi voti va a suo merito».

L'EX AVVERSARIO Andrea Corda, in effetti, aveva portato a casa 1.317
voti (la lista singola circa mille). È stato scelto nell'ambito di una
selezione fra circa 60 candidati: il bando era stato indetto un mese
fa. Laureato in Scienze della comunicazione all'Università La Sapienza
di Roma, dottorato in Storia moderna e contemporanea sul giornalismo
all'Ateneo di Cagliari, vincitore di premi nazionali come lo
“Spadolini” e il “Pestelli”, ricercatore universitario, ex direttore
di un'emittente tv locale, nonostante il discreto risultato (che però
non gli è valso un posto in Consiglio) Corda non si proclama un
politico di professione. E il nuovo incarico non l'imbarazza: «Affatto
– conferma - finita la competizione elettorale ho considerato chiusa
l'esperienza pur avendo mantenuto buoni rapporti con i tanti che mi
avevano sostenuto: svolgerò un incarico tecnico».

LA SFIDA ELETTORALE Della sfida elettorale con Paola Massidda,
Giuseppe Casti, Ugo Piano, Francesco Cicilloni e Daniela Garau,
ricorda un aspetto: «Il fair play che nei miei confronti non è mai
venuto meno». Circostanza rimarcata pure dal sindaco: «Fu un
avversario leale». Per ora silenzio da parte delle forze di
opposizione consiliare.
Andrea Scano


-----------------
Federico Marini
skype: federico1970ca


Nessun commento:

Posta un commento