«I partiti di oggi sono soprattutto macchine di potere e di
clientela. I partiti hanno occupato lo Stato e tutte le sue istituzioni, a
partire dal governo. Hanno occupato gli enti locali, gli enti di previdenza, le
banche, le aziende pubbliche, gli istituti culturali, gli ospedali, le
università, la Rai TV, alcuni grandi giornali». (Enrico Berlinguer, intervista,
concessa ad Eugenio Scalfari e pubblicata su Repubblica martedì 28 luglio 1981)
(27 Novembre 1980) Il Segretario del PCI Enrico Berlinguer
riunisce la direzione del partito e dichiara chiusa la stagione del compromesso
storico. Lo dichiara il giorno successivo durante una conferenza stampa a
Salerno. Egli pone come prioritaria la questione morale, ovvero, la questione dei rapporti
fra politica e morale nella gestione della cosa pubblica.
L'inefficienza dei poteri pubblici in occasione del
terremoto in Irpinia, e sopratutto i casi di corruzione accertati,
diedero occasione al segretario del PCI di porre la "questione
morale" come presupposto del necessario rinnovamento della vita politica, un rinnovamento affidato
all'alternativa democratica imperniata sul PCI. Questa linea fu mantenuta da
allora in accentuata polemica con la DC, ma in particolare con il PSI e con il
governo presieduto dal leader socialista Bettino Craxi.
Berlinguer chiarì subito
che la questione morale non riguardava solo i tanti casi di disonestà e
illegalità anche allora commessi nei partiti, nel mondo delle imprese e nella classe dirigente
considerata nel suo complesso. Quei casi ci sono sempre stati in Italia e in
tutti i paesi del mondo. Sono reati deprecabili, accadono in tutte le epoche e
in tutti i regimi, debbono essere denunciati e perseguiti, ma non è questa la
questione morale cui si riferì Berlinguer. Lui la definiva invece
«l'occupazione delle istituzioni da parte dei partiti».
I partiti, compreso lo stesso Pci a livello locale ma tutti
gli altri anche a livello nazionale, stavano deformando la democrazia italiana.
Le istituzioni sono – dovrebbero essere – depositarie dell'interesse generale
dello Stato, mentre i partiti sostengono ciascuno la propria visione del bene
comune e su quella base chiedono il consenso dei cittadini.
I partiti cioè debbono
essere strumenti di comunicazione tra il popolo degli elettori e le istituzioni, dunque tra la società, i
ceti sociali e le categorie professionali che la compongono, i loro legittimi
interessi dei quali reclamano la tutela, e le istituzioni che rappresentano lo
Stato e la comunità nel suo insieme. La società esprime interessi del presente, le istituzioni
debbono avere invece una visione più lunga che guarda anche al futuro dei figli
e dei nipoti.
Questa è la differenza
che richiede una mediazione costante tra presente e futuro, garantita
dall'autonomia delle istituzioni. Se i partiti le occupano questo equilibrio si
rompe, la democrazia si deforma e il populismo invade lo Stato. «È dunque necessario – disse
Berlinguer in quell'intervista – difendere le istituzioni dalla partitocrazia
che le ha invase».
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