«Il ministro per il Sud Peppe
Provenzano ha finalmente posto le disuguaglianze territoriali tra le molteplici
forme di insopportabile disparità tra cittadini». Emiliano Deiana, sindaco di
Bortigiadas e presidente dell'Anci Sardegna, da tempo cerca di portare
l'attenzione di tutti sul tema. «In
Sardegna - dice - sono anni che denunciamo questa
relazione difficoltosa fra centro e periferie dovuto a un modello di sviluppo evidentemente sbilanciato, dove chi è povero in una realtà
rurale lo è in una forma ancora più complicata: alla povertà materiale si somma
una povertà di servizi e opportunità che rendono difficile immaginare un futuro
per i paesi e per le campagne».
Ipotesi
di lavoro «La chiave di tutto - spiega Deiana - è rendere vantaggioso vivere
nei paesi e nelle aree rurali: con servizi essenziali riformati
ma presenti. Scuole, sanità, trasporti,
nuove tecnologie. Poi serve rendere vantaggioso produrre
lavoro attraverso una vasta zona franca rurale per chi lavora la
terra, per i piccoli commercianti e artigiani, per le imprese
sociali e culturali, per chi investe in innovazione».
Rivoluzione
copernicana «Serve, pertanto, una rivoluzione copernicana delle politiche di progresso
che mettano al centro le periferie. I margini della Sardegna e dell'Italia devono tornare a brillare, a produrre speranza, lavoro e reddito». Per arrivare a questo, Provenzano, che è pure ministro per la coesione Territoriale, di superamento di “fossati sempre più profondi tra le grandi città e le periferie urbane e rurali”. Un fenomeno che tocca indistintamente l'intero Occidente, in Italia ancora di più perché “popolata di piccoli centri, di province, di campagne deindustrializzate e aree interne”.
Mancanza
di appeal «Cagliari, Sassari, Olbia, è un fatto risaputo, sono i tre principali punti di attrazione economica della regione. Una condizione creata scientemente da politiche “dedicate”. È chiaro che hanno un appeal diverso rispetto a Mandas o a Escolca, ma bisogna capire le ragioni che hanno portato a questa situazione. La verità
è che nell'ultimo mezzo secolo si è fatto di tutto, e con metodo, per
impoverire l'interno e cercare di arricchire, o comunque di far crescere, le
aree costiere e i grandi agglomerati urbani».
Spiegazione chiara quella di Umberto
Oppus, direttore generale dell'assessorato agli Enti locali. Gap da colmare Agli
esordi della sua presidenza, Renato Soru aveva disposto che il 40 per cento del
Fondo unico venisse in parti uguali tra tutti i comuni e il restante 60 andasse
ripartito sulla base della popolazione residente nei diversi centri. «Era un
tentativo per cercare di ridurre il gap che, alla fine, si è rivelato poco
efficace. L'Imu, che è un indicatore importante, ci fa capire l'evoluzione delle imprese. Più si procede verso l'interno, meno se ne trovano. Tempo addietro si era investito a
Isili, oggi è desolante vedere ciò che rimane».
Città
dormitorio. «Il discorso sulle disparità tra aree urbane e campagne – continua Oppus - vale anche per le stesse città: il centro funziona meglio della periferia. L'esempio? Il quartiere Sant'Elia è privo di servizi, quasi distaccato da Cagliari, e produce pochi laureati e molti disoccupati senza alcuna specializzazione. È una situazione simile, in pratica nord e sud sussistono ovunque. Che dire di chi ha speculato creando una sorta di cinta di palazzi per le città dormitorio intorno a Cagliari».
Abbandono
e degrado «Nel 1961 - sottolinea Oppus - la popolazione sarda era la stessa di oggi: 1,6 milioni di abitanti distribuiti più o meno equamente su tutto il territorio. Ma il risultato prodotto da almeno un secolo
di storia, è stato distrutto negli ultimi decenni, con la creazione scientifica
di pochi poli di attrazione sociale ed economica e svuotando il resto. Esemplare il caso delle
campagne, gestite e controllate dall'uomo sino a 50 anni
fa e ora abbandonate. Vorrei sapere quanto costano gli
interventi in questi territori che oggi hanno problemi di assetto
idrogeologico, di incendi. Ho sempre pensato che occorra mettere a
sistema un po' tutto quello che abbiamo in Sardegna, che serva una
sinergia vera e totale. E che, soprattutto, sia necessario ripartire
con le infrastrutture, strade in particolare. Non so se ce la faremo a recuperare,
credo però che non provarci sarebbe peggio».
Vito Fiori
L’articolo è tratto da “L’Unione Sarda” del 19.11.2019
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Federico Marini
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