UNIONE
SARDA
Lotti: «Un Sì per ripartire»
Il referendum del 4 dicembre è
un'occasione unica per far ripartire l'Italia e anche la Sardegna. Al termine
del suo breve tour nell'Isola a sostegno del Sì, il sottosegretario alla
presidenza del Consiglio Luca Lotti rinnova l'appello ai militanti del Pd (e
non solo) perché spieghino a tutti che cosa cambia con la riforma
costituzionale: «Dalla fine del bicameralismo perfetto al taglio dei posti e
dei costi della politica, stiamo facendo ciò che altri hanno promesso per 30 anni».
Lotti nell'Isola per il Sì: «Finalmente un'occasione
per modernizzare il Paese»
«Il 4 dicembre l'Italia riparte dopo anni
di promesse vane»
Giuseppe Meloni
SASSARI Le fatiche del renzismo: due ore
di dibattito sul referendum, stringi mani fino alla porta dell'albergo, ti
svegli il giorno dopo e, prima ancora di ricordare in quale città hai dormito
(Sassari), devi correre a tagliare il nastro della fiera locale, in qualità di sottosegretario
alla presidenza del Consiglio. Il tutto per essere a mezzogiorno a Olbia e
reindossare la maglia da tifoso del Sì.
Cose da Luca Lotti, fedelissimo di Renzi
se ce n'è uno, campione di
disponibilità con pubblico e stampa, ma
anche di dribbling delle domande scomode: dopo 24 ore (scarse) in Sardegna, il
braccio destro del premier va via ancor più sicuro che «se parliamo degli
effetti della riforma, prevalgono le ragioni del Sì».
Supponga che io intenda votare No e lei mi
debba convincere usando un solo argomento. Quale sarebbe?
«Il superamento del bicameralismo
perfetto. Anzitutto per l'esperienza di questi anni in Parlamento: ho visto
quanto tempo si perde per approvare una legge, nei passaggi tra le Camere. E
non solo per questo».
Ma anche per...?
«Perché è una delle promesse che la
politica fa da 30 anni senza approdare a niente. Ora finalmente c'è l'occasione
per superare davvero il bicameralismo. Non si può sprecare».
Davvero l'Italia riparte se solo si fanno
leggi più veloci?
«Vorrei ricordare che nella riforma c'è
molto altro: si aboliscono le Province e il Cnel, si tagliano i costi della
politica e il numero dei parlamentari. Per anni si è discusso e promesso,
stavolta invece si agisce per dare all'Italia un assetto meno farraginoso. È
questo che ci farà ripartire: avremo un Paese più semplice, meno burocratico,
più attrattivo».
Il manifesto del sì che chiede di
“diminuire il numero dei politici” è criticato anche da molti sostenitori della
riforma. Dica la verità, era un messaggio sbagliato?
«Le risponderei che la verità non è mai un
messaggio sbagliato. Possiamo chiederci se uno slogan sia più o meno
convincente: però stiamo facendo anche quelle cose, ed è giusto che i cittadini
lo sappiano».
Che cosa vi aiuta di più: il supporto di
molti parlamentari, o il fatto che D'Alema guidi il fronte del No?
«Ci aiuteranno coloro che vorranno
spiegare, nel dettaglio, le norme su cui saremo chiamati a votare. Quelli che
entreranno nel merito di ciò che cambia davvero».
Lei è fiducioso sul fatto che la gente
apprezzi il contenuto della riforma, eppure gli italiani sembrano divisi.
«Sono fiducioso perché vedo che, nel
merito, i sostenitori del No hanno pochi argomenti. La buttano su altri temi.
Quindi, più cittadini riusciremo a coinvolgere nel racconto puntuale di cosa
cambierà dopo il 4 dicembre, e più ci avvicineremo alla vittoria del Sì».
A Sassari lei ha invitato a rasserenare i
toni sul referendum. Parlava allo schieramento del No o a chi sta dalla vostra
parte?
«Il clima dev'essere sereno proprio perché
vogliamo scendere nel dettaglio della riforma, spiegarla ai cittadini. Il resto
è schermaglia politica, che un po' ci sta: ma io spero che le prossime sette
settimane siano tutte incentrate sulla discussione nel merito».
Se il 4 dicembre non vince il Sì è a
rischio l'esistenza stessa del Pd?
«Io sono preoccupato dal fatto che, se il
4 dicembre non vince il Sì, non succede niente al Paese. Nel senso che nulla
cambia. È questo il vero problema».
La riforma fa salve le autonomie regionali
speciali, ma nel complesso c'è un accentramento. Perché togliere poteri alle
regioni?
«Il tema non è togliere poteri alle
regioni oppure aumentarli Semplicemente, trovo giusto che alcune materie siano
di competenza statale».
Quali, in particolare?
«Per esempio il turismo,
l'approvvigionamento energetico, la dimensione nazionale del sistema dei
trasporti. Le nuove norme fanno ordine nella divisione di competenze tra Stato
e regioni».
Pare che la Sardegna sia tra le regioni in
cui il Sì trova più difficoltà. Colpa delle divisioni nel Pd?
«Non so se qui il Sì sia in difficoltà.
Credo che anche l'Isola darà un forte contributo. Ma soprattutto sono certo che
il Pd locale lavorerà unito e compatto per spiegare le ragioni del Sì».
Le correnti del Pd sardo litigavano da
mesi e hanno siglato la tregua dopo che lei è venuto a “interrogarle”. Come le
ha fatte ragionare?
«Non ho meriti particolari, hanno
ragionato da sole. Come nella migliore tradizione del Pd sardo: ci si
confronta, anche in modo acceso, ma poi si segue l'obiettivo comune, che è lo
stesso del partito nazionale. Ora ci si impegnerà tutti per il referendum e poi
si preparerà il congresso di febbraio, dove ci si confronterà sui temi che
stanno a cuore a tutti i sardi».
È stato lei a escludere il
commissariamento?
«Credo che partito regionale e partito
nazionale abbiano preso la decisione più giusta: non serviva un commissario,
serviva semmai un garante che aiutasse a superare lo stallo dopo le dimissioni
di Soru».
Le ha fatto piacere che Pigliaru si sia
schierato pubblicamente per il Sì? È una cosa chiesta dal governo?
«Mi fa piacere proprio perché,
conoscendolo, so che è una scelta sua,
meditata e convinta».
Come valuta l'operato della sua Giunta?
«Questo devono deciderlo i sardi, non io.
Il governo, con il Patto per la Sardegna e altri interventi, è al fianco
dell'Isola, come di ogni regione. Ma non è nostro compito dare pagelle, o
sostituirci ai giudizi che possono dare solo gli elettori sardi».
TEATRO LIRICO. Il pm Pilia inoltra la
richiesta al gip alla luce degli
ultimi accertamenti
Il sindaco e l'abuso d'ufficio:
inchiesta-bis verso l'archiviazione
Si avvia verso l'archiviazione l'inchiesta
- bis sul Teatro Lirico che vedeva indagato il sindaco Massimo Zedda. La
richiesta firmata dal pm Giangiacomo Pilia, titolare del fascicolo, è stata
inoltrata qualche giorno fa al giudice per le indagini
preliminari, che deciderà se accoglierla o disporre ulteriori accertamenti. Si
tratta dell'indagine più discussa del 2015 e che, il 31 dicembre scorso, era
stata tolta al pm dall'allora procuratore capo Mauro Mura (proprio nel suo
ultimo giorno di lavoro prima della pensione) per presunti mancati accertamenti
investigativi del suo sostituto su alcuni punti segnalati dall'ex procuratore
aggiunto Mario Marchetti, anch'egli finito sotto accusa nella medesima indagine
quale componente del cda dell'ente. Ma pochi giorni dopo, l'11 gennaio, il
procuratore facente funzioni Gilberto Ganassi (preso il posto di Mura) aveva
reso il fascicolo a Pilia ritenendo «puntuali» le sue risposte alle
contestazioni.
NESSUNA PROVA Eppure dell'inchiesta,
tenuta riservatissima, ancora non
si conoscono tutti i risvolti. I reati
contestati a Zedda in qualità di presidente del Teatro Lirico sono diversi:
abuso d'ufficio, truffa, falso e diffamazione. Ma, stando a indiscrezioni,
quello del primo cittadino non sarebbe l'unico nome finito nel registro degli
indagati con le stesse accuse. La decisione del pm di archiviare il procedimento
arriva alla luce degli ultimi accertamenti e di una consulenza tecnica che
avrebbe escluso la presenza del dolo. In altre parole, non ci sarebbe alcuna
prova del fatto che Zedda con le sue condotte volesse danneggiare il Teatro o
qualcuno in particolare. Così lo stesso magistrato, che aveva istruito anche la
prima inchiesta (riguardante la nomina di Marcella Crivellenti a sovrintendente
del Lirico: il primo cittadino, finito a processo per abuso d'ufficio, è stato assolto), ha deciso di chiedere
l'archiviazione.
ABUSO D'UFFICIO Diversi capi d'abuso
d'ufficio contestati al sindaco riguardavano comportamenti che avrebbe tenuto
nel 2013 per evitare che Mauro Meli succedesse a Crivellenti nella
guida del Teatro e per averne poi ritardato l'insediamento nonostante il via
libera alla sua nomina da parte del cda. Ma si parlava anche di truffa e di
falso: ipotesi di reato che, stando alla recente decisione del pm, non hanno trovato
riscontro.
DIFFAMAZIONE Era invece stata stralciata,
ed è proseguita separatamente, la parte dell'indagine che riguardava una
presunta diffamazione ai danni del maestro Meli. Il pm Pilia ha confermato le accuse
(l'inchiesta è chiusa) rivolte al sindaco Zedda, al magistrato in pensione
Marchetti e a Susanna Pasticci, componenti del consiglio di indirizzo del
Lirico (che aveva preso il posto del cda) finiti sotto indagine nel febbraio
2015 per le tesi sostenute in una conferenza stampa del dicembre 2014 su Meli e
sui conti del Teatro
sotto la sua guida.
Veronica Nedrini
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Federico Marini
skype: federico1970ca
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