La
Nuova
Nella
Finanziaria 2018 "solo" 300 emendamenti La volontà della giunta è
approvare la manovra economica entro Natale Il centrosinistra chiede alcuni
ritocchi sulla destinazione dei 7,7 miliardi.
Più veloce di qualunque altra
Finanziaria della storia, è stata presentata a ottobre e dovrebbe essere
approvata prima di Natale, quella del 2018 potrebbe conquistare anche un altro
record: il minor numero di emendamenti presentati. Se ogni anno, chiunque
governi, le correzioni richieste o pretese superavano almeno quota 500, questa volta
non dovrebbero essere più di 300. Il numero esatto non c'è ancora e si saprà
soltanto oggi, quando gli uffici della commissione bilancio del Consiglio
metteranno in ordine la montagna di fogli firmati e depositati dai vari gruppi.
Stando a un primo censimento, la maggior
parte - anche questa è una consuetudine - dovrebbe essere della minoranza di
centrodestra. Quelli di maggioranza dovrebbero essere molti meno e comunque
ancora da scrivere visto che il centrosinistra sarebbe ancora alla ricerca di
«alcuni ritocchi importanti nell'assegnazione dei 7,7 miliardi di finanziamenti
previsti dalla bozza presentata dall'assessore Raffaele Paci e approvata dalla
giunta».
Sociale e lavoro. Su queste due voci
il centrosinistra vorrebbe che i soldi in dotazione aumentassero. Articolo
1-Mdp lo ha dichiarato anche con largo anticipo: «Sul reddito di cittadinanza -
ha detto di recente Luca Pizzuto - non ci possono essere tagli. Lo stanziamento
deve aumentare, altrimenti io voterò contro». Anche la Cgil, che ha avviato
delle consultazioni parallele con tutti i partiti, ha rilanciato sugli stessi
temi: «Sono indispensabili 100 milioni destinati esclusivamente a un Piano straordinario
per il lavoro di cui purtroppo non c'è ancora traccia».
Poi c'è stata la richiesta del
Consiglio delle autonomie, il Cal, che ha sollecitato «maggiori trasferimenti
dalla Regione ai Comuni, perché sono i sindaci ad affrontare per primi
il dramma della povertà e della disoccupazione soprattutto nelle zone interne».
La sintesi su questi possibili aggiustamenti l'ha fatta Franco Sabatini,
presidente della commissione bilancio. «Come maggioranza - ha detto - dobbiamo
avere più coraggio per contrastare il dramma della povertà e sostenere la ripresa
che comincia a esserci». Il suggerimento dovrebbe essere accolto dalla
maggioranza e anche dalla giunta, ed è per questo che alcuni emendamenti devono
essere ancora scritti.
La sanità. Si sa che la il sistema
continuerà a essere la voce in uscita più pesante del bilancio con quasi 3,5
miliardi. Anche - se secondo la Regione – i «conti cominciano a essere migliori
anche grazie all'Asl unica e le altre riforme». Ottimismo però contestato dai
Riformatori in un recente convegno. Il deputato Pierpaolo Vargiu è stato
perentorio: «Altro che rinascita, la sanità è sull'orlo del disastro dopo tutti
i pasticci voluti dal centrosinistra». Concetto ribadito dall'ex consigliere
regionale Franco Meloni: «L'Asl unica è stata una buona idea ma applicata male
e senza che sia riuscita ancora a incidere sugli sprechi. La spesa di oltre 3 miliardi
non è eccessiva, è eccessiva l'enfasi con cui la giunta ha annunciato tagli dai
300 ai 400 milioni senza poi riuscirci. Anzi, l'ha sottostimata fino a provocare
voragini ormai difficili da ripianare».
Più di una critica sulla sanità è
arrivata anche dai banchi di maggioranza, con Augusto Cherchi, Partito dei
sardi, che ha denunciato: «La garanzia dei livelli minimi di assistenza e le
normali attività sono sempre più a rischio. Il mio è un grido d'allarme: vedo
sempre più vicino il pericolo di un'interruzione del pubblico servizio. Un
cambiamento di rotta non è solo necessario ma indispensabile».
I tempi. Stando alle previsioni,
la Finanziaria 2018 dovrebbe essere approvata dalla commissione bilancio entro
la prima settimana di dicembre e poi entrare subito dopo in aula.
Unione
Sarda
IL
SONDAGGIO. Il centrosinistra soffre, cresce M5S
Gli
scenari aperti dal Rosatellum: migliora la situazione per il centrodestra
Il Rosatellum mette a dura prova i
nervi del centrosinistra, a caccia
di alleanze sempre più difficili. E
ad agitare i sogni del Pd ci sono
anche i sondaggi, come quello
elaborato da Youtrend che, in Sardegna,
vede il Movimento 5 stelle in netto
vantaggio. La legge elettorale
suggerisce ai partiti di unirsi per
fare massa critica e cercare di
avere più voti.
NESSUN ACCORDO I partiti a sinistra
del Pd non fanno sconti e
escludono l'alleanza. Mdp, Sinistra
Italiana e Possibile scelgono la
strada alternativa con una lista
unica che verrà ufficializzata il 3
dicembre. «Un'alleanza si fa su basi
politiche», spiega il segretario
di Mdp, Yuri Marcialis , «vogliamo
un programma in netta discontinuità
con le politiche degli ultimi anni».
Sulla stessa linea il segretario
regionale di Sinistra Italiana,
Antonello Licheri : «Non siamo il
salvagente del Pd che pone il
problema della coalizione al momento dei
calcoli». La possibilità è
«confrontarsi dopo le elezioni su alcuni
temi», spiega il rappresentante di
Possibile, Thomas Castangia , «ma
non possiamo allearci anche perché
il nostro elettorato non lo
accetterebbe». Non è così per Campo
progressista che invece intende
chiudere l'accordo con il Pd.
LA CONFERMA Il vantaggio è una
«conferma incoraggiante», per Mario
Puddu , sindaco di Assemini e leader
del M5S. Ma comunque serve
prudenza: «Così come trovo sbagliato
abbattersi quando le cose non
vanno bene, questo dato non deve
accontentarci». L'obiettivo è
«spiegare il programma ai cittadini
e concentrarci sulle persone che
non votano - dice - lavoriamo sugli
indifferenti perché l'astensione è
la vera sconfitta delle forze
politiche». Sul futuro Puddu è convinto
che «ogni elezione sia una partita
isolata e noi vogliamo comunque
giocarla per vincere».
FIDUCIOSI Il coordinatore regionale
di Forza Italia, Ugo Cappellacci ,
è convinto che i sondaggi «rilevano
la crescita del partito insieme al
centrodestra in tutta Italia». Un
segnale che «incoraggia ad andare
avanti», anche se per l'esponente
azzurro «il vero sondaggio sarà il
voto popolare che vedrà prevalere il
centrodestra». (m. s.)
CONSIGLIO.
Doppia preferenza, alta tensione Pigliaru: «Evitare il voto segreto»
Oggi in
aula senza intesa sulle “liste paritarie”. Agus: se non passa mi dimetto
Arrivano gli ultimi appelli a votare
sì e in modo palese, compresi
quello di Francesco Pigliaru e del
segretario regionale del Pd: ma
sulla doppia preferenza di genere
l'aria che tira non è buona. Ieri,
alla vigilia dell'esame in
Consiglio, si è riunita la commissione
Autonomia, per cercare una sintesi
sull'emendamento che martedì scorso
aveva causato il rinvio della
discussione, o, in caso contrario, per
decidere sul ritiro e portare in
Aula la doppia preferenza secca. Ma
l'intesa non è arrivata: parti della
maggioranza non intendono
ritirare la proposta sulla perfetta
parità nella composizione delle
liste e sulla presenza di candidati
in numero pari anche in collegi
con seggi dispari.
IL CASO Il presidente della
commissione, Francesco Agus, ha minacciato
le dimissioni: «Sono il relatore di questo
testo, non potrei rimanere
alla guida di un organismo in un
Consiglio regionale incapace di
portare avanti la parola data». Per
l'esponente di Campo progressista
la responsabilità rispetto a quanto
succederà stasera «è della
maggioranza, è compito suo garantire
i voti per approvare le leggi. A
volte ci si dimentica che il
centrosinistra aveva preso un impegno con
gli elettori sulla doppia preferenza
di genere».
Non solo: «Credo che la non
approvazione segnerebbe la fine quanto
meno politica della maggioranza di
centrosinistra». Ecco perché si
aspetta di vedere in aula il
presidente della Regione, che ieri ha
postato su Facebook il suo appello:
«L'unico voto giusto è quello
favorevole, chiaro e palese», ha
scritto Pigliaru, «la politica trovi
tutto il suo senso di responsabilità
per affermare con forza,
determinazione e senza indugi questo
principio di democrazia e di
civiltà». «No a tentennamenti o a
subdole operazioni machiavelliche»,
ammonisce il segretario del Pd,
Giuseppe Luigi Cucca: «Il mancato via
libera sarebbe una regressione
culturale che rischierebbe di
compromettere l'immagine della
nostra regione nello scenario
nazionale».
LE POSIZIONI Appelli anche dalle
assessore al Turismo e all'Ambiente,
Barbara Argiolas e Donatella Spano.
«I consiglieri devono cogliere la
sensibilità che c'è fuori dall'aula
sulla parità di genere», dice la
prima. «È una sensibilità che
proviene da tutti i territori», rimarca
Spano. Anna Maria Busia, presidente
del gruppo misto, ricorda che «la
doppia preferenza non è un obbligo,
non vincola l'elettore, è solo
un'ulteriore opportunità, e non
altera i risultati elettorali».
Intanto le donne del Coordinamento 3
invitano l'azzurro Mariano Contu
a lasciare “Sardegna”, il gruppo
costituito dagli anti-stralcio
Marcello Orrù e Gennaro Fuoco
(Psd'Az) e Paolo Truzzu (FdI) e che
potrebbe far ricorso al voto
segreto. Proprio FdI, ieri ha ribadito le
motivazioni della sua scelta: «La
doppia preferenza è un falso
problema, una riforma che non dà
diritti alle donne e non favorisce la
loro partecipazione alla vita
politica locale e nazionale».
Roberto Murgia
Politica
regionale - Sulla doppia preferenza rischia il centrosinistra
CAGLIARI
Non doveva essere così, ma lo sarà:
una roulette russa. Da scontata è
diventata incerta, o peggio potrebbe
essere affossata una seconda
volta, come in quel tremendo giugno
del 2013. La doppia preferenza di
genere ritorna questo pomeriggio in
Consiglio regionale, ma alla
vigilia non si sa se l'attesa
leggina avrà o meno un lieto fine. Se
saranno applausi, in caso di
approvazione, o fischi se invece
arrivasse una clamorosa bocciatura,
non si sa davvero. Perché se fuori
dal Palazzo tutti - ma proprio tutti
- chiedono, anzi pretendono a
gran voce finalmente la parità di
genere a partire dalle prossime
elezioni regionali del 2019, purtroppo
dentro il Consiglio è un
susseguirsi di possibili trappole e
agguati, e tutti potrebbero
scattare dalle 16 di oggi in poi.
Accordo saltato. L'ultimo tentativo
di approvare la riforma a larga
maggioranza, cioè con i voti di tutto
il centrosinistra e gran parte del
centrodestra, è fallito
ventiquatr'ore fa. Convocata
d'urgenza, la commissione riforme non è
riuscita a districarsi dal labirinto
degli emendamenti in cui si è
cacciata: sono quelli che una
settimana fa avevano provocato
l'inatteso rinvio del voto. Se dopo
sette giorni il Partito dei sardi
un passo indietro l'ha fatto sul
raddoppio o meno dei candidati/e nel
collegio dell'Ogliastra, in estrema
sintesi non è d'accordo che
passino dagli attuali 2 a 4, però
s'è detto disponibile a discutere
possibili soluzioni alternative dopo
il via libera al testo originale
della legge.
Il Pd invece non ha ritirato l'altro
emendamento, ed è
quello presentato una settimana fa,
insieme a quasi tutti gli altri
capigruppo, con in testa Forza Italia,
che «impone la composizione
delle liste equamente divise, 50 e
50 per cento, fra candidati e
candidate» e «pareggia il numero dei
candidati nell'unico collegio in
cui i seggi da assegnare sono
dispari», i tre del Medio Campidano. Per
scriverla fino in fondo: quei due
emendamenti che dovevano migliorare
la legge, sono diventati cappi al
collo.Dimissioni pronte. In sette
giorni non è cambiato quasi nulla e
c'è ancora la stessa situazione di
stallo. Commentata così da Francesco
Agus, Campo progressista,
presidente della commissione
riforme: «Sono molto preoccupato. Con
sincerità, non so come potrebbe
finire.
Ma sia chiaro: oggi più che
mai spetta alla maggioranza di
centrosinistra garantire comunque i
voti per il via libera alla doppia
preferenza di genere. Arrivo a
dire: non importa se col voto
segreto o senza, se con o senza gli
emendamenti. Basta, la legge deve
passare in ogni caso. È questo
l'impegno che abbiamo preso nella
campagna elettorale vinta nel 2014 e
dobbiamo rispettarlo». E se così non
fosse? «Mi dimetterei dalla
presidenza un attimo dopo. È ovvio:
non potrei rimanere neanche un
secondo in più alla guida di un
organismo del Consiglio regionale
incapace di mantenere la parola
data. Vado oltre: la bocciatura della
riforma rappresenterebbe nei fatti
anche la fine politica della
maggioranza di centrosinistra e
autonomista, con effetti
inimmaginabili».Voto segreto
possibile.
Come se non bastasse
l'intreccio o snodo scorsoio degli
emendamenti, c'è un rischio in più.
È l'ipotesi che il neonato gruppo
«Sardegna», formato da Marcello
Orrù, presidente, Gennaro Fuoco,
relatore di minoranza, Paolo Truzzu,
Fdi-An, e Mariano Contu, adesione
tecnica da Forza Italia, possa
chiedere uno o più voti segreti
sugli emendamenti, su uno degli
articoli, sono tre in tutto, o
sull'intera legge. Se così fosse gli
incerti nascosti nei vari gruppi, ci
sono e certo non si sono certo
mostrati a viso aperto, potrebbero
aggregarsi ai già sicuri voti
contrari di Orrù e più fino ad
affossare la legge. Certo, per riuscire
nell'agguato i franchi tiratori
dovrebbero essere almeno una ventina e
pare che, almeno, sulla carta il
partito degli «uomini mascherati»
questi grandi numeri non ce li
abbia. Però approvare una legge di
questo peso con un sì risicato, cioè
appena sufficiente, o a
larghissima maggioranza è evidente
sarebbe ben altra cosa.
Purtroppo non tutti in Consiglio
questa sottigliezza l'avrebbero capita: è il
confine fra la bella figura e una
possibile figuraccia.Gli ultimi
appelli. Su tutti quello del
governatore Francesco Pigliaru: «L'unico
voto giusto è quello favorevole,
chiaro e palese. La politica trovi
tutto il suo senso di responsabilità
per affermare, con forza e
determinazione e senza indugi questo
principio di democrazia e
civiltà: la doppia preferenza di
genere». Subito dopo l'appello
insieme delle due assessore
Donatella Spano (ambiente) e Barbara
Argiolas (turismo): «I consiglieri
regionali devono cogliere la
richiesta che arriva da tutti i
territori e non possono girare la
faccia altrove». Anche il segretario
regionale del Pd, Giuseppe Luigi
Cucca, è ritornato alla carica: «Il
no sarebbe una regressione
culturale che rischierebbe di
compromettere l'immagine della
Sardegna». Infine, il movimento
Meglio in due, il primo a cominciare
questa battaglia, «Se il Consiglio
non dovesse approvare la riforma,
farebbe bene a sbaraccare». (ua)
Busia: «È
un'opportunità
per
riequilibrare l'aula»
di Alessandro PirinawSASSARIÈ una
delle quattro donne della
legislatura in corso. Appena 4 su 60
consiglieri. Neanche il 7 per
cento dell'assemblea. Ed è proprio
per colmare questo gap che Anna
Maria Busia, eletta con il Centro
democratico e presidente del Gruppo
misto, si batte per l'introduzione
della doppia preferenza di genere.
Insieme a lei c'è quasi tutto il
Consiglio, ma la paura è che lo sia
solo a parole. Il rischio è che il
voto segreto possa capovolgere i
pronostici come nel 2013. Onorevole
Busia, perché sì alla doppia
preferenza?«Per superare uno
squilibrio che è sotto gli occhi di
tutti. Ma proprio a tal proposito
vorrei superare alcuni equivoci che,
volutamente o meno, hanno
condizionato il dibattito fin dalle
origini». Tipo?«Il primo punto
riguarda la facoltatività della doppia
preferenza di genere, che non solo
non è un obbligo, non vincola
l'elettore, ma deve essere vista
come ulteriore opportunità, come
possibilità aggiuntiva. Chi va a
votare può continuare a esprimere una
sola preferenza, oppure se ritiene,
se vuole cogliere l'opportunità,
può indicare una seconda preferenza
che deve essere di genere diverso
rispetto alla prima.
Questo strumento non è in alcun modo
idoneo ad
alterare il risultato elettorale; se
lo strumento viene utilizzato
porta sicuramente a un riequilibrio
della composizione del Consiglio
regionale, ma se non viene
utilizzata, essendo meramente facoltativa,
può permanere lo stesso squilibrio.
Nessun privilegio, nessun
vantaggio, nessuna riserva indiana,
come impropriamente viene
sostenuto da qualcuno». Ma perché
allora fa tanto discutere
l'introduzione della doppia
preferenza?
«Per una semplice ragione: il
naturale istinto di sopravvivenza di
chi cerca di preservare il
proprio ruolo e non è disponibile a
essere estromesso. Questo
strumento funziona, ha dato ottimi
risultati in tutte le regioni in
cui è stato introdotto e nei comuni
italiani con più di 5mila abitanti
aumentando in maniera considerevole
il numero delle elette. Tutti gli
altri argomenti utilizzati per
opporsi all'introduzione di questa
possibilità ulteriore per gli
elettori sardi è solo fumo negli occhi».
In questa legislatura siete solo 4
consigliere: con un'assemblea con
più donne cosa sarebbe cambiato?
«Io credo che una maggiore presenza
di
donne avrebbe cambiato l'esito di
alcuni provvedimenti. Noi ci
accorgiamo subito di problemi che
non vengono immediatamente percepiti
dagli uomini, abbiamo un modo
diverso di vedere le cose. Penso alle
battaglie per i centri antiviolenza
o il contributo che abbiamo dato
sulla riforma sanitaria». Oggi sarà
il giorno del giudizio: ha paura
del voto segreto?«È stato creato
questo gruppo con un presidente che
dichiara apertamente di essere
contrario alla doppia preferenza.
Intorno, però, tutti i consiglieri
hanno dichiarato di essere
favorevoli alla sua introduzione, si
sono spellati le mani, hanno
fatto comunicati stampa parlando per
sé stessi e per i gruppi di
appartenenza. Se poi i numeri non
coincideranno scopriremo che quei
proclami servivano solo a crearsi un
alibi».
Truzzu:
«Per essere elette serve più partecipazione»
SASSARIA parole la vera riserva
indiana sembra quella del gruppo
Sardegna, dove i suoi consiglieri
sono gli unici ad aver dichiarato la
loro contrarietà alla doppia
preferenza. E neanche tutti. Mariano
Contu, Forza Italia, ha infatti
annunciato che oggi non sarà in aula.
Restano in tre - il capogruppo
Marcello Orrù (Psd'Az), Paolo Truzzu
(Fratelli d'Italia) e Gennaro Fuoco
(Uds) - contro gli altri 56
schierati tutti per il sì. Ma non è
un mistero che il voto segreto
potrebbe scrivere un epilogo
diverso. Onorevole Truzzu perché no alla
doppia preferenza?«Perché non aiuta
ad aumentare la presenza delle
donne. Il vero problema che abbiamo
oggi riguarda la partecipazione
delle donne in politica, bisogna
lavorare su quella. Ma purtroppo il
sistema di welfare che abbiamo non
consente alle donne di conciliare
l'attività politica con la famiglia
e il lavoro.
Anche gli uomini che
partecipano alla politica devono
fare rinunce di un certo tipo, ma
gran parte del carico familiare
ricade sulla donna, che è prima mamma,
poi badante e infine nonna».C'è chi
sostiene che molti consiglieri
uomini abbiano paura di perdere
potere con più donne nell'aula. «Di
certo io non potrei essere tra
questi visto che faccio parte di un
partito, Fratelli d'Italia, che è
l'unico guidato da una donna,
Giorgia Meloni. Anche io l'ho
votata, e non perché è donna, ma perché
è la più brava. Piuttosto dobbiamo
chiederci perché le donne
primeggiano in tanti campi e solo in
politica non riescono a emergere.
Solo a Cagliari sono donne il
rettore dell'università, il prefetto, il
capo della Procura, la presidente
della Corte d'appello.
Dobbiamo fare
in modo che le donne possano
partecipare in maniera più attiva alla
politica e a quel punto, ne sono
certo, saranno anche elette. Più che
la doppia preferenza sa qual è il
vero problema?».Dica.«Che in
Sardegna abbiamo una legge
elettorale scritta male che non garantisce
la rappresentanza. Nel 2014 Fratelli
d'Italia ha preso 19mila voti e
l'Uds 17mila. Eppure, pur essendo
nella stessa coalizione, noi abbiamo
un solo consigliere e loro due.
Credo che più che della doppia
preferenza dovremmo preoccuparci di
queste ingiustizie». Oggi, però,
il Consiglio regionale sarà chiamato
a votare la doppia preferenza e
voi chiederete il voto segreto...
«In questi giorni si è fatta una
dietrologia clamorosa. Io ho detto
solo che il voto segreto è stato
istituito per tutelare la libertà di
coscienza dei consiglieri
regionali, svincolandoli dalla linea
imposta dal gruppo di
appartenenza. Ma non lo abbiamo mai
chiesto».Oggi lo chiederete?«È
un'ipotesi. Ma sinceramente non mi è
piaciuto il clima di
intimidazione che si è respirato in
questi giorni da parte dei
rappresentanti di genere».Ma tra i
consiglieri favorevoli alla doppia
preferenza c'è qualcuno che le ha detto:
"In caso di voto segreto
potrei cambiare idea"?«Non mi
faccia dire cose che non posso. Più che
altro non capisco tutta questa
preoccupazione visto che a dire
apertamente no alla doppia
preferenza siamo stati solo in tre su 60.
Qualcosa non torna». (al.pi.)
Meridiana,
primi passi la flotta crescerà a 40 aerei
Dai
sindacati le prime indiscrezioni sul nuovo piano industriale della società
Trattative
dell'azienda con i sindacati per il nuovo contratto dei piloti
OLBIA
La nuova vita di Meridiana procede a
passi veloci. Il Qatar ha fissato
le prime tappe del nuovo corso.
Entro metà dicembre Meridiana renderà
noti il nome del nuovo
amministratore delegato e il suo piano
industriale frutto del matrimonio
con Qatar Airways. Il piano prevede
anche l'incremento immediato degli
aerei. Si parla di 40 velivoli,
numero sufficiente per consentire il
riassorbimento degli esuberi. Le
notizie filtrano da fonti sindacali
secondo le quali la compagnia
aerea sarebbe in procinto di fare il
grande passo attraverso
importanti investimenti sulla
flotta.
Stando a quanto trapela, il
nuovo piano industriale di Meridiana
prevede di riportare il numero
degli aerei al periodo d'oro
dell'azienda, ovvero 40 velivoli che
dovrebbero consentire di riassorbire
gran parte del personale in
esubero licenziato il 26 giugno del
2016. I prossimi passaggi
dovrebbero essere la firma del nuovo
contratto di settore, secondo il
modello nazionale, per piloti e
assistenti di volo, seguita dalla
unificazione del Coa, il certificato
di operatore aeronautico che
attualmente è diviso fra quello di
Airitaly e di Meridiana. È in corso
la trattativa per la definizione
delle nuove condizioni contrattuali
iniziata il 26 giugno del 2016 e poi
interrotta in attesa della
ufficializzazione dell'ingresso del
Qatar nella compagine societaria.
Il 15 e 16 novembre si sono svolti
gli incontri con le sigle
firmatarie dell'accordo quadro del
2016: Cgil, Cisl, Uil, Ugl, Anpav e
Anpac. Su questo fronte si registra
la protesta delle tre sigle che
non avevano voluto firmare. In un
comunicato congiunto Usb, Apm e
Cobas invitano l'azienda «ad
includere i sindacati maggiormente
rappresentativi di piloti e di
assistenti di volo al tavolo delle
attuali trattative».
La compagnia fa sapere che ascolterà
«come ha
sempre fatto, anche le voci di Usb,
Apm e Cobas ma le tre sigle non
partecipano alle riunioni con i
sindacati che hanno firmato
l'accordo». Mistero resta ancora su
altri due aspetti. Il cambio del
nome e il trasferimento della sede.
I vertici della compagnia hanno
assicurato che a Olbia resterà il
cuore della compagnia. E lo hanno
ribadito anche nel faccia a faccia
dei giorni scorsi con la Regione.
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Federico
Marini
skype:
federico1970ca
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