mercoledì 8 novembre 2017

Rassegna Stampa - 8 novembre 2017



La Nuova

Rapporto svimez 2017 Culle vuote e poco lavoro. L'economia sarda è al palo, di Gianna Zazzara.

Pochi laureati, pochissimo lavoro, zero nascite e altissimo rischio di povertà. È questa la fotografia della Sardegna scattata dal rapporto dell'associazione Svimez sull'economia del Mezzogiorno, che non vede alcuno spiraglio di ripresa neanche nel 2018. Nonostante il Pil nel Centro-Sud sia cresciuto dell'1% nel 2016, l'isola fa fatica ad agganciare la ripresa: tra le regioni meridionali è in coda alla classifica per reddito pro capite e per occupati.

Anzi, è la regione dove l'occupazione è calata di più, soprattutto nel settore dell'edilizia. Come se non bastasse, a ciò si aggiunge l'aumento delle tasse e il crollo degli investimenti pubblici che ha aumentato il divario infrastrutturale con il resto d'Italia. L'unica nota positiva arriva dall'agricoltura: la Sardegna è l'unica regione del Mezzogiorno ad aver migliorato le proprie performance.

Occupazione. Il tasso di occupazione nel Mezzogiorno è il più basso d'Europa (35% al di sotto della media Ue), nonostante nei primi 8 mesi del 2017 siano stati incentivati oltre 90mila rapporti di lavori nell'ambito della misura "Occupazione Sud". Fa rabbrividire, poi, il tasso di occupazione giovanile che si ferma al 28,1% rispetto al 47,3 delle regioni del centro-nord.

La Sardegna, anche in questo caso, riesce a fare peggio delle altre regioni del Mezzogiorno. Mentre nel 2016 al sud l'occupazione è cresciuta dell'1,7% - soprattutto tra gli ultracinquantenni e a tempo parziale - la Sardegna è l'unica regione in cui gli occupati sono calati e i numeri restano lontani da quelli prima della crisi: nell'isola ci sono quasi il 7% in meno di occupati.

Fa paura anche la disoccupazione, soprattutto quella dei giovani tra i 15 e i 24 anni, che supera il 56% contro il 16,1 del Centro-Nord. «Quei dati si riferiscono al 2016 - ha commentato l'assessore regionale al Lavoro Virginia Mura - Le ultime statistiche mostrano un netto miglioramento della situazione lavorativa nell'isola. Nei primi sei mesi del 2017 le assunzioni sono state in crescita e in percentuale sono cresciute più nella nostra regione che nel resto d'Italia».

Il capitale umano. Alla fine del 2016 il Mezzogiorno ha perso altri 62mila abitanti. Ma non la Sardegna dove i residenti restano stabili. Mentre il pendolarismo verso le regioni del centro-nord o verso l'estero è molto accentuato in Abruzzo, Campania e Calabria, neanche l'1% dei sardi decide di andare a cercare lavoro fuori dall'isola. Anche perché la stragrande maggioranza è anziana. I giovani sono pochi e lo saranno sempre di più in futuro dal momento che i sardi non fanno figli.

Università. I giovani sardi non solo sono pochi, ma sono anche poco istruiti. Come nel resto del Mezzogiorno, la quota media di laureati in Sardegna è bassissima (intorno al 14%). A questo dato si associa il crollo delle immatricolazioni nelle università sarde. Secondo il rapporto Svimez l'unico modo per invertire la tendenza è aiutare gli studenti con le borse di studio.

Redditi e povertà. In Sardegna, come nel resto del Mezzogiorno, un residente su tre è a rischio povertà, soprattutto tra i lavoratori con un basso tasso di istruzione, gli stranieri e i giovani. Crolla anche il reddito procapite: meno 7%. 

Pressione fiscale. Nonostante il calo del reddito procapite, la pressione fiscale in Sardegna è aumentata, come nel resto del Mezzogiorno. Mentre al Nord sono calate, nel Sud le tasse sono salite dal 29,5 al 32,2%. Diminuisce invece la spesa pubblica complessiva che è più bassa rispetto al Centro-Nord.

Infrastrutture. Aumenta il divario infrastrutturale. La Sardegna, insieme al Molise e alla Basilicata, è la regione dove lo Stato investe di meno e con scelte qualitative orientate prevalentemente a garantire un servizio di base, senza alcun miglioramento tecnologico.

Renzi non molla Alleanza nel caos
In tv senza Di Maio: «Pd è indietro, ma l'Italia non è stanca»
«Premier? Dibattito sterile». Rosato: «Gentiloni spendibile»

di Serenella Mattera
ROMAAltro che passo indietro. Matteo Renzi non intende farsi immolare
da chi «è contro il Pd» sull'altare dell'unità a sinistra: «Sono mesi
che cercano di mettermi da parte, ma non ci riusciranno nemmeno
stavolta». Il segretario dei Dem lo mette per iscritto in tarda
mattinata, mentre Pier Luigi Bersani e Massimo D'Alema, uscendo dalla
direzione di Mdp, sigillano l'ennesimo «no» a un'alleanza con il Pd di
Renzi con l'auspicio che Pietro Grasso scenda in campo da leader della
nascente lista unitaria della sinistra: «Ci starebbe da Dio...»,
sospira Bersani. Ma i giochi sono appena iniziati, si attendono le
mosse di Giuliano Pisapia e i dirigenti Dem lavorano a pieno ritmo per
accorciare le distanze.

Tanto che entra nel dibattito in chiave
unitaria il nome di Paolo Gentiloni. Perché se la sinistra si divide
dal Pd, rischia di diventare una chimera lo schema indicato da Renzi:
«Coalizione senza veti per il 40%». «In due settimane» si può
costruire un'alleanza che porti il centrosinistra unito al voto:
questa legge elettorale consente di correre insieme nei collegi, ma
«ciascuno col suo simbolo e leader». È il «lodo» con cui Dario
Franceschini prova a sbloccare la partita. Una soluzione, voluta dallo
stesso leader Dem, che garantirebbe a Renzi di presentarsi da
candidato premier del Pd e alla sinistra di scegliere il suo
«frontman»: dopo le elezioni darebbe le carte chi ha avuto più voti.
Ma l'offerta non sembra far breccia fuori dal Pd. Resta forte il
sospetto degli uomini vicini a Giuliano Pisapia che Renzi voglia
ridurre Campo progressista a una «costola» del Pd.

E Mdp, con Massimo
D'Alema (che cita lo stesso Pisapia), chiede «discontinuità di
contenuti e leadership». «Questo dibattito è solo tatticismo», taglia
corto Bersani. «La vera discontinuità utile è l'unità del
centrosinistra», replica Maurizio Martina. E Franceschini insiste:
«Dobbiamo superare i rancori». Anche Walter Veltroni fa un appello a
«stare uniti pur non amandosi». I luogotenenti renziani, da Lorenzo
Guerini a Matteo Richetti, per tutto il giorno si spendono in colloqui
con esponenti di centro e sinistra, per tessere la tela della
coalizione. Ma secondo gli orlandiani serve di più: un candidato
premier unitario.

E Luigi Zanda invita Renzi a «spezzare» la
coincidenza tra segretario e candidato premier Pd: «Lo ha fatto un
anno fa con Gentiloni e ha funzionato», sottolinea. «Gentiloni è un
nome spendibile», dice anche Ettore Rosato, che è molto vicino a
Renzi. Ma è uno «scivolone» che Rosato poi chiarisce: «Il candidato Pd
è Renzi». A mettere in chiaro le cose ci pensa poi lo stesso leader
Dem, che già si proietta verso la campagna elettorale (stoppando chi
vorrebbe il voto a maggio e non a marzo). In serata rilancia la sua
sfida nello studio di Floris a La7, dove si presenta nonostante Di
Maio abbia annullato il duello. «I sondaggi? Abbiamo molto da
recuperare - ammette - Ci accusano di essere stati troppo amici di chi
ha potere», ma con orgoglio, anche in risposta a Grasso, nega che
l'Italia «sia stanca e delusa, c'è tanta bella gente che vuole
mettersi in gioco».

La premioership? «Dibattito sterile, deciderà il
Parlamento». Sulle banche rivendica: «Negli anni le hanno spolpate e
tutti zitti. Se uno ha paura di stare contro le burocrazie, ha
scheletri nell'armadio. Io non ne ho e voglio la verità».«Non mollo e
non sarò mai il segretario dei caminetti - aveva scritto nella e-news
- ma siamo già oggi in coalizione e se smettiamo di litigare,
allargando ancora a centro e a sinistra, possiamo arrivare al 40%. Non
abbiamo veti verso nessuno». Ma la sinistra non sta ferma. Roberto
Speranza (Mdp), Nicola Fratoianni (Si) e Pippo Civati (Possibile)
lanciano la «road map» per la lista unitaria. Giuliano Pisapia
domenica indicherà ai suoi il cammino. E ieri mattina il deputato
«pisapiano» Ciccio Ferrara ha incontrato proprio Grasso.

Pigliaru contro la Difesa: non può decidere da sola
Il governatore: riunione per discutere sul calendario delle esercitazioni
Polemica anche sugli indennizzi: lo Stato non paga i Comuni dal 2010

CAGLIARIL'Esercito non può fare e disfare come vuole. Ci sono delle
regole da seguire anche quando ci sono di mezzo le servitù militari ed
è stato questo, in estrema sintesi, il richiamo del presidente della
Regione. Francesco Pigliaru l' ha sollevato all'inizio e durante la
convocazione straordinaria del Comitato paritetico (militari e civili
allo stesso tavolo) sulle servitù. Caso esercitazioni. La convocazione
straordinaria - ed è la seconda volta che accade da quando è stato
costituito il Comitato - era diventata necessaria dopo che, a maggio,
c'era stato lo strappo sul calendario delle esercitazioni militari da
settembre fino a dicembre.

I rappresentati nominati dalla Regione
avevano abbandonato quella riunione e l'Esercito, in perfetta
solitudine, aveva approvato date e tipo delle manovre. Ora un
incidente di questo tipo non dovrebbe ripetersi, perché «d'ora in poi
quando manca una componente, l'altra non potrà non potrà decidere da
sola». E così sarà sin dalla prossima riunione del Comitato, è stata
convocata il 21 novembre, per discutere il calendario delle
esercitazioni nel primo semestre del 2018. I colpi di mano, in altre
parole, non saranno più possibili da una parte e neanche
dall'altra.Caso indennizzi. Nella riunione straordinaria, nella sala
giunta di viale Trento, è saltato fuori anche un altro problema
complicato: gli indennizzi non sono stati ancora pagati ai Comuni su
cui gravano i poligoni.

Lo Stato è in arretrato dal 2010 e fino al
2015 non ha trasferito a Teulada, Sant'Anna Arresi, Villasor,
Decimomannu, Villaputzu, Perdasdefogu, Ulassai, Villagrande e La
Maddalena neanche un euro dei 15 milioni previsti per quei cinque
anni. Il generale Gian Domenico Pintus, che presiede il Comitato
paritetico, ha fatto sapere che c'erano a disposizione otto milioni e
mezzo, ma «nel frattempo non ci sono più. Sono stati riassorbiti dal
bilancio dello Stato». Una decisione anche questa - hanno sottolineato
Pigliaru e i rappresentati della Regione - «unilaterale senza neanche
ci sia stato un minimo contatto fra le parti». C'è di peggio, è venuto
fuori sempre dall'incontro che il ministero della difesa, senza
consultare la Regione, ha deciso comunque di ridurre la quota
d'indennizzo che spetta alla Sardegna.Da 3 milioni l'anno a non più di
1,9 milioni per il 2015 e a 2 milioni e 100mila euro per il 2016,
comunque indennizzi anche questi ancora sulla carta e destinati a far
salire il debito totale dello Stato a 21 milioni .

«Siamo di fronte all'ennesima prevaricazione», è stata la denuncia dei componenti
civili del Comitato. Subito raccolta dal presidente Pigliaru, che ha
scritto, seduta stante, una lettera di protesta al ministro della
difesa Roberta Pinotti, per «rimarcare il ruolo che deve avere il
Comitato in ogni fase del confronto sulle servitù militari». Con anche
un'altra beffa: al Trentino l'indennizzo è stato aumentato del 5 per
cento, alla Valle d'Aosta del 3, mentre alla Sardegna - che sopporta
più della metà delle basi militari nazionali - è stato ridotto
addirittura del 10. Come mai visto che le servitù militari sono
rimaste le stesse?

La domanda è caduta nel vuoto, ma forse la risposta
è questa: alla Sardegna il ministero della difesa continua a far
pagare il gran rifiuto del 2014, quando Pigliaru disse no al rinnovo
della convenzione sulle servitù militari. Da allora è vero che con il
governo è cominciata una lunga trattativa sulle dismissioni, è ancora
in corso, ma si vede che qualcuno, a Roma, non s'è dimenticato
dell'affronto di tre anni fa e per quel qualcuno la vendetta - si vede
- è un rancio da servire freddo. (ua)

L'annuncio in un tweet da Singapore. La compagnia: «Nulla è deciso».
La Regione: «Resti sarda» Il caso: «Meridiana diventerà Air Italy»

OLBIAL'era del Qatar per Meridiana comincia con un raggelante tweet da
Singapore che annuncia: «La compagnia sarà rinominata Air Italy».
L'account è quello del Capa - Centre for aviation che riporta le
parole del potente Akbar Al Baker, amministratore delegato di Qatar
airways, presente al vertice tra vettori aerei. «Vogliamo veramente
essere il vettore nazionale e servire gli italiani», dice ancora Al
Baker, come riferito dallo stesso tweet del Capa.

Naturalmente, le
parole del manager di Qatar airways hanno provocato uno scossone in
Sardegna e a Olbia, perché se così fosse significherebbe davvero
l'addio a Meridiana così come conosciuta sinora e, soprattutto, il
trasferimento della base operativa da Olbia a Milano. Lapidario il
commento di Meridiana: «La questione è ancora oggetto di analisi e, in
ogni caso, la stessa attiene al marchio e non agli assetti societari
del gruppo».Da Cagliari batte un colpo anche la Regione. Il
governatore Francesco Pigliaru e l'assessore ai Trasporti Carlo
Careddu avevano già deciso di parlare con i vertici di Meridiana. Un
incontro con l'amministratore delegato Marco Rigotti è già fissato per
il 21 novembre. «Vogliamo conoscere il piano industriale - dice
Careddu -. E per noi resta fondamentale che cuore, sede e cervello di
Meridiana restino in Sardegna, a Olbia. Più volte abbiamo messo questo
punto come un paletto fondamentale.

Aspettiamo di capire cosa diranno
i manager della società. È chiaro che noi auspichiamo che Meridiana
cresca e possa riassorbire tutto il personale. In questi anni mentre
in troppi cantavano il de profundis per la compagnia abbiamo lavorato,
anche in collaborazione con il ministro Graziano Delrio, per il suo
salvataggio. Ci siamo riusciti. Certo non lo abbiamo fatto per fare
andare via la compagnia. Vigileremo».Durissimo il commento del
deputato di Unidos Mauro Pili, che nei giorni scorsi aveva ipotizzato
un simile scenario. «Un colpo letale - dice Pili - Meridiana sarà
cancellata, cambierà nome dopo aver fatto passare tutti gli aerei
sotto Air Italy. La storica compagnia sarda non esisterà più.

L'operazione che avevo denunciato nei giorni scorsi viene di fatto
confermata e aggravata da questa dichiarazione inaspettata e
inaccettabile rispetto agli stessi accordi con il governo». In realtà
la compagnia aerea fondata nel 1963 dall'Aga Khan aveva già cambiato
nome una prima volta nel 1991 quando da Alisarda diventò Meridiana.
Anche allora come oggi la motivazione era dettata dalla necessità di
ampliare gli orizzonti: cioè dare alla vecchia Alisarda una
connotazione più nazionale. Oggi accade lo stesso con il Qatar che
lancia la sfida ad Alitalia e Akbar Al Baker che annuncia di cambiare
nome alla compagnia utilizzando un marchio come Air Italy che richiama
il nome Italia e che è già nel portafoglio di famiglia. Air Italy,
infatti, è interamente controllata da Meridiana, a sua volta nelle
mani della nuova AQA Holding che appartiene al 49% alla Qatar airways
e al 51% ad Alisarda. (m.b.)

L'unica offerta arriva da chi aveva già vinto la precedente gara
Careddu: «Ora lavoriamo ai nuovi bandi». Incontro chiave a Bruxelles
Alghero-Roma salvo La rotta va a Blue Air

di Luca Rojch
SASSARI
Il Risiko dei cieli è completo. O almeno una sua versione provvisoria,
ma essenziale per consentire ai sardi di volare con la continuità
territoriale. L'ultima tessera del rompicapo ha la livrea della Blue
Air. La compagnia romena è l'unica che ha presentato l'offerta per la
rotta Alghero-Roma e si è aggiudicata la procedura di emergenza
bandita dalla Regione. Da domani sarà Blue Air a gestire i voli per
Roma dal Riviera del Corallo. Ultima curva. Verrebbe da dire "tutto
come previsto" se il percorso della continuità non fosse pieno di
colpi di scena. Dalla contestazione dell'Ue, alla inattesa rinuncia di
Alitalia a una delle due rotte che gestiva come Ct1 da Alghero.

Ha tenuto Milano e abbandonato Roma. Sulle scelte pesano i conti incerti
della compagnia di bandiera. Blue Air che si era già preparata a
gestire la nuova Ct1, aveva vinto la gara annullata su Alghero, è
stata l'unica a presentare un'offerta per garantire la rotta su Roma
fino a giugno.Passeggeri salvi. La Regione mostra una moderata
soddisfazione. Scongiurato il caos nei cieli. Si volerà senza
soluzione di continuità su Roma e Milano. Nessuna difficoltà anche per
chi ha già comprato i biglietti con Alitalia. Le compagnie hanno già
trovato un accordo e i passeggeri saranno riprotetti in modo
automatico su Blue Air. La Regione.

Da parte della Regione un rush
finale per evitare il buco nei cieli. «Si chiude il percorso aperto
con la proroga degli oneri di servizio sulle tratte da Cagliari, Olbia
e Alghero verso gli scali di Fiumicino e Linate - dice Careddu -.
Siamo soddisfatti per aver definito nei tempi previsti e con un
impegno encomiabile della direzione generale e della struttura
dell'assessorato tutti i provvedimenti per non interrompere i
collegamenti aerei in continuità». Blue Air. Sarà la compagnia con
sede in Romania a gestire la tratta, ma la low cost si candida a
entrare nel mercato isolano da protagonista. Ma per prima cosa dovrà
spazzare via i dubbi che accompagnano le low cost che si affacciano
sul mercato. Tutti ricordano ancora il caso Livingston che nel 2014
vinse il bando per la continuità, ma venne estromessa per gravi
inadempienze dalla Regione. «Vigileremo - garantisce l'assessore
Careddu -.

Il contratto è molto preciso su quello che viene richiesto
alle compagnie. Per quello che so Blue Air è una società solida.
Fattura 450 milioni di euro all'anno. Ha una sua base a Torino da cui
trasporta un milione e mezzo di passeggeri all'anno. Più di quanto
sono previsti dalla continuità. La compagnia si era già attrezzata per
gestire le rotte in continuità da Alghero. Per questo aveva acquistato
tre Boeing 737 nuovissimi, che userà sull'isola. Per ora non ho motivi
per dubitare della serietà di questa azienda. Ma la nostra attenzione
sarà massima».Passo dopo passo. Ma l'assessore guarda già avanti e
lavora in collaborazione con il presidente Pigliaru e il ministero dei
Trasporti ai nuovi bandi sulla Ct1.

«Chiudere il caso Alghero e la
proroga delal continuità è un passo avanti. una buona notizia che
saluto con moderata e soddisfazione - dice Careddu -. Ma ora ci
prepariamo alla madre di tutte le battaglie: la disposizione del nuovo
bando. Ci lavoriamo alacremente. Ci prepariamo all'incontro con la
commissione Ue». Alla fine della settimana i vertici della Regione
andranno a Bruxelles per incontrare i burocrati della commissione. Al
centro della discussione ci saranno i nuovi bandi sulla continuità
territoriale. Si dovranno confrontare due punti di vista diversi. Da
una parte la Regione che non vuole rinunciare al diritto alla mobilità
dei sardi. Dall'altra gli euroburocrati che hanno già intimato con una
lettera che la Sardegna rischia una procedura di infrazione in caso di
una Ct1 troppo esigente con le compagnie e troppo generosa con gli
oneri di servizio. Un terreno minato su cui la giunta si deve muovere
con grande attenzione per evitare un nuovo caos dei cieli. Anche per
questo è stata scelta una strategia comune con il ministero dei
Trasporti.

L'assessore: «Isola esclusa dalla ripartizione dei fondi, ora
un'azione bipartisan». Ma Forza Italia si sfila
Province a rischio, Erriu contro il governo

SASSARILe Province restano di nuovo a secco. Gli enti intermedi
isolani rischiano di rimanere esclusi dalla ripartizione dei fondi
nazionali. In pericolo dunque la manutenzione delle strade, delle
scuole e del verde pubblico. A lanciare l'allarme è l'assessore
Cristiano Erriu, che chiama tutte le forze politiche, di maggioranza e
di opposizione, a marciare unite contro lo scippo del governo. «Siamo
di nuovo punto e a capo: c'è il forte rischio che le Province sarde e
la Città metropolitana di Cagliari siano escluse dalla ripartizione
dei fondi nazionali loro destinati - attacca Erriu -. Una decisione
incomprensibile e inaccettabile. La Regione chiama a una mobilitazione
tutte le forze politiche presenti in Parlamento e in Consiglio
regionale. Prepariamoci a una nuova battaglia in difesa dei diritti
dei sardi». Anche la Conferenza permanente Regione-Enti locali,
all'unanimità, «ha espresso una ferma e netta opposizione al contenuto
del disegno di legge finanziaria dello Stato che esclude le Province
della Sardegna dal riparto dei 352 milioni attribuiti per l'esercizio
delle funzioni fondamentali - dice ancora Erriu -. Si tratta di
funzioni statali, e come tali devono essere poste a carico del
bilancio dello Stato. Parliamo della manutenzione di strade
provinciali e scuole medie superiori e le numerose competenze in
materia ambientale.

Le responsabilità, anche penali, connesse alle
mancate manutenzioni, costituiscono una pesante futura ipoteca sulla
continuità dei servizi e delle stesse funzioni fondamentali. Siamo
l'unica Regione in Italia che sostiene l'attività delle Province, ma
ora la situazione sta precipitando». Erriu cita il caso della
Provincia di Nuoro. «Poche settimane fa la giunta ha dovuto stanziare
un finanziamento straordinario di 2,5 milioni di euro per evitare il
dissesto finanziario, mentre gli altri enti intermedi sardi sono
arrivati al pareggio di bilancio attingendo ai residui avanzi
d'esercizio. Ormai hanno raschiato il fondo del barile, dal prossimo
anno nessuna Provincia e neppure la Città metropolitana sarà in grado
di chiudere il bilancio in condizioni di equilibrio finanziario».

L'appello di Erriu non è stato però accolto da tutti. «È
indispensabile la mobilitazione proposta dall'assessore - afferma il
consigliere Pd Roberto Deriu, che invita Pigliaru a convocare i
parlamentari sardi -. È un tema cruciale di difesa dei diritti
dell'isola, colpita soprattutto nelle periferie e nei territori rurali
dallo forzoso prelievo delle risorse tributarie proprie delle province
da parte dello Stato». Il presidente della commissione Autonomia,
Francesco Agus, Campo progressista, parla di «atto iniquo e ostile che
rischia di creare gravissimi problemi nell'erogazione di servizi ai
cittadini. Serve una risoluzione unitaria».

Il capogruppo di Forza
Italia, Pietro Pittalis, invece, rigetta l'appello. «È un piagnisteo
ai limiti dell'assurdo. L'esclusione delle Province è il segnale
dell'inadeguatezza di una giunta incapace di far valere i propri
diritti». Uno schiaffo alla vigilia del summit tra Pigliaru e
Gentiloni: «Un incontro che suona come una beffa, visto che il
governatore andrà ancora una volta col cappello in mano a reclamare
risorse dovute all'isola». (al.pi.)

L'appoggio a Bruno agita le anime divise dei Dem catalani
La ritrovata alleanza di centrosinistra mostra la prime crepe
Ma il segretario cittadino Salis conferma l'appoggio esterno

di Gian Mario Sias
ALGHERO
Ad Alghero ci sono almeno tre Partiti democratici. Il primo è quello
ufficiale. Volendo asciugare al massimo la sua descrizione, è quel
partito che alle amministrative del 2014 si è presentato da solo,
rifiutando di aderire al centrosinistra allargato all'Udc e guidato da
Mario Bruno, che aveva deciso di candidarsi a sindaco contro il volere
della segreteria cittadina. In questi il Pd di Alghero, quello
ufficiale, ha fieramente fatto opposizione a Bruno e, in accordo con
le segreterie provinciale e regionale, è sempre rimasto in minoranza
nonostante non siano mancate le trattative e i tentativi di
pacificazione. 

Nell'ultimo mese questo Pd algherese, quello ufficiale,
ha rieletto il proprio segretario, ha dimostrato di avere più numeri
dei suoi oppositori interni, ha detto di essere pronto per lavorare al
nuovo centrosinistra cittadino, e come segno di distensione ha ammesso
che Mario Bruno e i suoi potessero rientrare nel partito. Non solo, il
Pd ha anche annunciato di voler offrire alla giunta un appoggio
esterno, programmatico.

La posizione resta quella, Mario Salis, il
segretario, è stato chiarissimo. «Contrariamente a quanto deliberato
dal partito e condiviso col sindaco, la nuova giunta comprende anche
figure di ex dirigenti iscritti al Partito democratico - dice Salis -
è una scelta che rientra nelle prerogative del sindaco ma che si
discosta dallo spirito e dalla sostanza del percorso definito nel
documento conclusivo del nostro congresso e nelle interlocuzioni che
hanno preceduto il ritiro delle sue dimissioni». Motivo per cui «si
rende necessario rimarcare la presa di distanza da scelte su incarichi
molto discutibili, da relegare a mere decisioni personali». C'è poi un
Pd di mezzo. Il suo leader, emerso prepotentemente negli ultimi due
mesi e scelto da alcuni big regionali e territoriali del partito per
fare da "pontiere" tra il partito ufficiale e quello di Mario Bruno, è
Mimmo Pirisi. Ha salvato per due volte la giunta dal collasso, il
giorno del congresso ha consumato le scarpe e i nervi per riuscire a
fare convergere tutti su una mozione unitaria a favore dell'uscente
Salis, e ha premuto per qualcosa di più di un semplice appoggio
esterno. Il massimo che ha strappato è un appoggio programmatico. Non
contento, si è discostato ogni giorno di più. Sabato ha detto che lui
entra in maggioranza, lunedì l'uomo indicato da lui, Alessandro
Balzani, è entrato in giunta come assessore dell'Urbanistica.

E ieri Pirisi ha scritto di nuovo per annunciare che si dimette da presidente
della commissione di garanzia, ruolo che per regolamento spetta alla
minoranza. Insomma, Pirisi si sente organico alla maggioranza e
ritiene che questo sia figlio di «mutate condizioni politiche, dettate
dal congresso cittadino di qualche settimana fa, che vedono impegnato
il Pd in un percorso di dialogo e proposta programmatica con
l'amministrazione». Infine c'è il Pd di Mario Bruno, ormai legittimato
dalla mozione congressuale a sentirsi di nuovo un esponente del
partito, prova a riprenderselo. Lo fa utilizzando i contrasti tra il
Pd ufficiale e il Pd di Mimmo Pirisi per presentarsi in consiglio con
una maggioranza autosufficiente. «Lavoriamo a un progetto di governo
della città di 80 mesi», annuncia Bruno. Si tratta dei 20 mesi che
mancano alla fine di questo primo mandato, cui ne seguirà un altro di
60 mesi. Cinque anni. Almeno un Pd, in tutto questo caos, è ottimista.

Unione Sarda

RAPPORTO SVIMEZ. Paci: c'è un'inversione di tendenza. Matta (Cisl):
politica non all'altezza Nell'Isola solo una debole ripresa
L'industria in grave crisi, bene i servizi, il Pil cresce dello 0,6%

L'industria è andata, il crollo del numero dei lavoratori è
devastante: -30% dal 2000 al 2016 e, ancora, -0,6% nell'ultimo anno. E
il settore costruzioni, da solo, va addirittura peggio (-40,6% e
-2,7%). Anche l'agricoltura registra cifre negative (-14,1% di posti
nel lungo periodo e -3,9% nel breve); solo i servizi respirano (+21% e
+0,1%). È vero che nell'arco di tre lustri il tasso di occupazione è
cresciuto leggermente, ma è anche vero che quello di disoccupazione è
salito maggiormente (più persone si sono affacciate nel mercato del
lavoro), e quello giovanile, relativo alla fascia d'età 15-24 anni, è
lievitato di ben 21 punti percentuali. Confermata la mini crescita del
Pil, ma nel complesso delle regioni del Sud la media dell'incremento
della ricchezza è superiore.

La Sardegna fatica a uscire dalla crisi. Lo dice il rapporto Svimez,
presentato ieri alla Camera dei Deputati. «L'Italia si è rimessa in
moto e il Mezzogiorno ha rialzato la testa. Questo Paese ce la può
fare, la strada è imboccata pur non dovendo esagerare nell'ottimismo»,
dice Claudio De Vincenti, ministro per la Coesione territoriale e il
Mezzogiorno.

Spicca il fatto che nel Meridione l'aumento del Pil nel 2016 è stato
maggiore che nel Centro Nord - +1%, contro lo 0,8 - con la Campania in
testa (+2,4%) e, a seguire, Basilicata (+2,1%,), Molise (+1,6%),
Calabria (+0,9%), Puglia (+0,7%), Sardegna (+0,6%), Sicilia (+0,3%),
Abruzzo (-0,2%).

L'assessore regionale al Bilancio Raffaele Paci sottolinea che
«finalmente c'è un'inversione di tendenza, stiamo uscendo dalla grande
crisi». Certo, «l'aumento del Pil è minimo, ma è pur sempre positivo,
e questo conta se pensiamo che nel 2013 eravamo a -3%». Inoltre, «se
da un lato assistiamo a una drastica riduzione dell'industria,
dall'altro vediamo un aumento dei servizi. Dobbiamo continuare a
difendere l'industria, ma è fondamentale puntare sui settori più
leggeri , hi-tech, agroindustria, turismo».

Avverte l'assessora al Lavoro Virginia Mura che «Svimez fotografa una
situazione ferma al 2016. Gli ultimi dati Inps e Istat, e ulteriori
dati dell'Osservatorio del precariato gennaio-agosto 2017 per la
Sardegna, indicano che gli occupati aumentano e diminuisce il tasso di
disoccupazione. Nei primi sei mesi di quest'anno le assunzioni sono
cresciute (del 21,6%), più che nel resto d'Italia (+19,4%), rispetto
allo stesso periodo dell'anno scorso.

E le trasformazioni dei rapporti
di lavoro da determinato a indeterminato sono aumentate del 34,4%».
Tuona Giovanni Matta, segretario regionale Cisl: «La ripresa noi in
Sardegna non l'abbiamo vista, anzi, nell'industria continuiamo ad
assistere a un drammatico ridimensionamento delle attività produttive.
Ci chiediamo se la politica sia all'altezza, e quali sono i
provvedimenti concreti messi in campo per frenare l'emorragia».
Il capogruppo dei Riformatori in Consiglio regionale, Attilio Dedoni,
sottolinea che «il rapporto mette in luce ancora una volta l'urgenza
di affrontare i due nodi principali che tengono ferma al palo
l'economia isolana: il mancato trasferimento delle quote erariali
previste nello Statuto e il riconoscimento degli svantaggi strutturali
derivanti dalla condizione di insularità».
Cristina Cossu

Annuncio del Qatar: «Meridiana diventerà Air Italy»

Addio Meridiana: per la sfida ad Alitalia il Qatar preferisce il nome
Air Italy. La svolta non è ancora ufficiale, anche perché bisogna
vedere cosa ne pensa l'Aga Khan - che è pur sempre il socio di
maggioranza - ma sui propositi della compagnia qatariota non ci sono
dubbi. Akbar Al Baker, chief executive di Qatar airways group, l'uomo
che si sta occupando in prima persona della rivoluzione nella
compagnia sarda, l'ha dichiarato a Singapore al summit asiatico del
Centre for aviation: «Meridiana sarà rinominata Air Italy perché
vogliamo essere il vettore nazionale italiano e servire gli italiani.
Qatar Airways crescerà con Meridiana in questo momento in cui Alitalia soffre».

La dichiarazione è stata rilanciata in un tweet dal Capa ed è
subito rimbalzata in Sardegna con effetto doccia scozzese, alimentando
- da una parte - le speranze sul rilancio della compagnia, dall'altra
le incertezze sul futuro ruolo della Sardegna nel nuovo corso.
Meridiana, nel frattempo, tira il freno a mano e si limita a uno
stringatissimo comunicato nel quale precisa che «la questione è ancora
oggetto di analisi e che, in ogni caso, la stessa attiene al marchio e
non agli assetti societari del gruppo». Nessuna conferma, nessuna
smentita.

LA STORIA La compagnia aerea fondata dall'Aga Khan ha già cambiato
nome nel 1991 quando lasciò lo storico Alisarda per Meridiana,
all'indomani dell'acquisizione dell'omonimo vettore spagnolo, e
proprio in nome di un ruolo più importante sullo scenario nazionale.
Corsi e ricorsi storici: anche in questo caso il marchio Air Italy è
già in casa con la compagnia acquisita da Meridiana nel 2013 e nel
mirino dei sindacati che, nel corso della lunga vertenza, hanno
accusato più volte il management di svuotare (negli organici) la
società madre in favore della più snella ed economica controllata. Ora
il cambio di nome rafforza i timori sullo spostamento dell'asse del
gruppo verso Milano Malpensa malgrado le diverse rassicurazioni sul
manteninento della base ad Olbia.

Le poche parole della nota stampa
ufficiale lasciano però intendere che gli assetti resteranno in ogni
caso quelli attuali con Air Italy sotto il controllo di Meridiana.
OTTOBRE DA RICORDARE Intanto Geasar (che invece rimane saldamente
nelle mani della holding dell'Aga Khan) festeggia un altro mese in
netta crescita, tanto più che si tratta di un mese di spalla. Ad
ottobre sono passati al Costa Smeralda oltre 190.000 passeggeri con
una crescita del 15,7 per cento, a settembre erano quasi 414.000, il
12 per cento in più. Anche nel mese scorso, il 57 per cento dei
passeggeri venivano dall'estero a conferma della vocazione
internazionale dello scalo che cresce, in proporzione, più nei mesi di
spalla che in quelli canonici dove ormai si è vicini al tutto esaurito
.
Caterina De Roberto

Alghero, pista vuota: esuberi in vista

Con la chiusura dei voli stagionali di Ryanair l'aeroporto di Alghero,
da un paio di giorni, è tornato a gestire appena una manciata di
collegamenti. Dal 5 novembre e fino al 25 marzo il vettore irlandese
mette a riposo la maggior parte delle rotte nazionali e
internazionali, lasciando operative solo Pisa, Bologna e Bergamo.
A fine mese, invece, dovrebbe decollare l'Alghero-Londra Luton di
EasyJet, con una frequenza bi-settimanale. 

C'è l'Alghero-Milano
gestito da Alitalia e l'Alghero-Roma della Blue Air, in regime di
continuità territoriale. Stop. I dipendenti algheresi di Ryanair,
hostess e steward, hanno già scelto la sede alternativa per la lunga
stagione invernale. C'è chi andrà alle Canarie, chi in Inghilterra,
chi si fermerà in Italia, nei terminal di Pisa o Ciampino.
Lo scalo Riviera del Corallo, intanto, ha chiuso i primi nove mesi
dell'anno con una perdita di oltre il 20 per cento rispetto al 2015,
quando ancora c'era Ryanair.

La speranza di ripresa dei volumi di
traffico era riposta nell'ingresso della Blue Air che, oltre ai voli
in regime di continuità, sembrava intenzionata a sviluppare ulteriori
rotte a prezzi ragionevoli. Poi il cartellino rosso dell'Unione
Europea ha congelato ogni ipotesi di sviluppo. Tagli ai voli e al
numero di dipendenti aeroportuali. Dopo i 45 addetti alla security,
servizio che l'azienda ha deciso di esternalizzare, potrebbe toccare
ad altrettanti dipendenti della Sogeaal. Si tratta di operatori di
rampa, addetti al parcheggio, al check-in e del servizio biglietteria.
Il minor traffico, ha convinto il management a ridurre il personale.
(c. fi.)

E l'assessorato ai Trasporti è al lavoro sui bandi della nuova continuità
Blue Air plana sulla Riviera del corallo
Affidati i collegamenti con Roma: oggi i biglietti in vendita sul sito

VEDI LA FOTO
Sarà Blue Air a gestire la rotta Alghero-Roma fino a giugno: quella
della compagnia rumena, che già si era aggiudicata qualche mese fa
l'appalto per la nuova continuità territoriale - poi bloccato dalla
commissione europea -, è stata l'unica offerta arrivata ieri per
l'affidamento d'urgenza indetto dalla Regione.
I primi voli decolleranno domani (tre collegamenti al giorno, andata e
ritorno) e probabilmente già oggi saranno in vendita sul sito internet
e sugli altri canali i biglietti per i prossimi mesi.

Quelli già acquistati sul portale di Alitalia (che ha rinunciato alla rotta)
saranno comunque validi per salire a bordo degli aerei Blue Air:
«Siamo contenti di servire, finalmente, i passeggeri sardi. Eravamo
pronti a gestire la continuità territoriale e per questo abbiamo
sentito l'obbligo di partecipare alla procedura d'urgenza.
Riproteggeremo i viaggiatori che hanno già comprato i biglietti da
Alitalia», spiega Mauro Bolla, manager di Blue Air per l'Italia.
La gara era stata avviata dalla Regione venerdì scorso, dopo il passo
indietro di Alitalia, che ha giudicato la rotta non sostenibile
economicamente. «Si chiude così il percorso aperto con la proroga
degli oneri di servizio sulle tratte da Cagliari, Olbia e Alghero
verso gli scali di Fiumicino e Linate», dice l'assessore ai Trasporti
Carlo Careddu.

«Siamo soddisfatti per aver definito nei tempi previsti e con un
impegno davvero encomiabile della direzione generale e della struttura
dell'assessorato tutti i provvedimenti necessari a non interrompere i
collegamenti aerei in tariffa agevolata», continua l'assessore. «Il
prossimo passo importante al quale stiamo lavorando da tempo è quello
della stesura finale dei nuovi bandi». (m. r.)

Il Pd va alla resa dei conti
Traballa la candidatura del segretario a Palazzo Chigi. Mediazione di
Franceschini Renzi: «Il futuro premier? Lo sceglierà il Parlamento»

ROMA «Se sarò premier? Per ora è una discussione sterile, lo deciderà
il Parlamento dopo le elezioni». Matteo Renzi, come promesso, si
presenta a Di Martedì, la trasmissione di La7 dove avrebbe dovuto
confrontarsi con Luigi Di Maio. L'esponente dell'M5S ha rinunciato,
non riconoscendo più Renzi come candidato premier, il leader Pd si è
presentato ed ha attaccato.

«Sono stato scelto da 2 milioni di elettori e sono legittimato», ha
detto, aggiungendo, tra le altre cose, di volere «dialogo con tutti
senza veti».

LA GIORNATA Il martedì che segue la sconfitta del Pd in Sicilia era
iniziata con la proposta di Dario Franceschini. «Ognuno con il proprio
leader e il proprio simbolo potrebbe collaborare alla costruzione di
una alleanza», dice prospettando uno schema simile a quello del
centrodestra.

Una proposta preparata con cura nei giorni scorsi, che infatti
raccoglie subito l'appoggio dei renziani. «Non esiste un problema
legato al candidato premier del centrosinistra. La legge elettorale
non lo richiede. Matteo Renzi sarà il capofila della lista Pd», scrive
Andrea Marcucci sui social aggiungendo: «Il premier si vedrà dopo le
elezioni, a seconda dei numeri che le diverse forze politiche potranno
vantare». Ettore Rosato va anche oltre, facendo il nome del presidente
del Consiglio in carica: «Paolo Gentiloni è un nome spendibile. Ce ne
sono tanti di nomi spendibili», dice in radio.

FIBRILLAZIONE Niente di nuovo rispetto alle parole di Renzi alla
Conferenza di Pietrarsa, ma il telefono di Rosato diventa bollente.
Sui giornali Luigi Zanda aveva chiesto a Renzi di «spezzare il legame»
segretario-candidato premier. Era il segnale che Gentiloni era in
campo? Tra i whatsapp per Rosato c'è anche quello dello stesso Renzi.
Meglio spiegare. Così il capogruppo, che intanto in Transatlantico
fatica a smaltire la fila di deputati che lo interrogano, chiarisce:
«Il candidato Pd resta Renzi».

Ma intanto il partito è in fermento.
IL PASSO DI LATO L'indicazione di Gentiloni candidato premier da parte
di Renzi sarebbe «un atto di saggezza e di generosità politica», dice
Gianni Cuperlo. «Renzi ci stupisca e accetti un'altra leadership del
centrosinistra», fa eco Michele Emiliano. Andrea Orlando tace, ma la
sua area discute: c'è chi è scettico ma alla fine prevale una linea
che ricalca il “lodo Franceschini”. «Non possiamo aprire la guerra nel
Pd a cinque mesi dalle elezioni, il segretario non si discute. Ma il
candidato premier si può trovare altrove. Gentiloni? Anche, ma si
vedrà», spiega un orlandiano aggiungendo: «Renzi capirà che gli
conviene».

I BERSANIANI Intanto, nonostante la chiusura di Mdp, il lavoro per la
coalizione nel Pd va avanti: Lorenzo Guerini alla Camera vede Nico
Stumpo. E un big del Pd ammette: «Mdp oggi non può dire “apriamo”, ma
le cose possono cambiare. Certo non si può chiedere che Renzi sparisca
dalla faccia della Terra».

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Federico Marini
skype: federico1970ca


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