Unione
Sarda
Il Pd
sardo in affanno: saranno decisive le indicazioni da Roma
Tra nuova
assemblea e commissario
C'è un'altra opzione a disposizione
della segreteria nazionale per risolvere la crisi del Pd in Sardegna. Accanto
alla possibilità di mandare un commissario - strada che vogliono percorrere i
soriani dopo che si è “sprecato” l'ultimo giorno utile per eleggere il
successore del segretario dimissionario Giuseppe Luigi Cucca - sul tavolo dei vertici
romani c'è un'alternativa: una lettera firmata da 40 delegati dell'assemblea -
tutti delle altre due aree che costituiscono la maggioranza,
popolari-riformisti e renziani - in cui si chiede la convocazione
dell'assemblea regionale per il 23 luglio con all'ordine del giorno l'elezione
del nuovo leader.
La missiva è stata indirizzata alla
presidente Lalla Pulga e, per conoscenza, al segretario nazionale Maurizio
Martina e alle commissioni regionale e nazionale di garanzia. Resta
improbabile, però, che la presidente possa accettare, anche perché, in
occasione della riunione infuocata del 9, ha sciolto l'assemblea per mancanza del
numero legale e ha inviato una lettera a Martina e alla commissione di garanzia
a Roma per chiedere l'avvio della fase congressuale spianando, di fatto, la
strada del commissariamento.
La palla passa a Roma che dovrà
dettare la linea e tenere conto del fatto che oltre 90 componenti
dell'assemblea, tutti della maggioranza, hanno scritto a Martina perché non si
proceda al commissariamento ma si invii un garante nazionale per eleggere il
nuovo segretario. Nel frattempo l'ex segretario Renato Soru è tornato sui fatti
di tre giorni fa ad Abbasanta: «Alcuni tra i massimi dirigenti della maggioranza,
delusi dopo le offese urlate, sono passati alla contestazione anche fisica, ed
io con pochi altri mi sono sentito di intervenire, frapponendomi per proteggere
la presidente». Tutto quello che è venuto dopo «fa parte di una sceneggiata».
Invece «è ora di ripartire tornando ai valori di fondo della tradizione
progressista, ripartire dalle nuove parole d'ordine che sapremo darci, da un progetto
chiaro e da una nuova classe dirigente».
Ro. Mu.
La
coalizione risponde al Carroccio: il candidato non sarà un volto noto
Centrodestra,
aria di rinnovo «Ma non è la Lega a imporlo»
Nessun timore davanti all'invito
della Lega a un rinnovamento per le
regionali. I partiti del
centrodestra sono pronti a raccogliere la
sfida, ma soprattutto tengono a
sottolineare che la corsa allo
svecchiamento non è un brevetto del
Carroccio perché «ho iniziato
questo percorso nel 2011»,
sottolinea Ugo Cappellacci, coordinatore
regionale di Forza Italia.
L'INVITO Il rinnovamento non sarà
dunque un freno alla costruzione
della coalizione di centrodestra.
L'avviso della Lega, «se i candidati
saranno i soliti volti noti meglio
correre da soli», non fa paura.
«Non mi spaventa e sono anche pronto
a rilanciare», dice Cappellacci,
«abbiamo il dovere di dare spazio a
una nuova classe dirigente e alle
nuove generazioni».
La scelta non sarà un problema ma
«un'opportunità
per il partito e per un Paese che
intende crescere». La bordata del
commissario regionale della Lega,
Eugenio Zoffili, non viene
interpretata come un ultimatum ma
«una riflessione» e se i toni sono
sembrati un po' estremi «mi dichiaro
ancora più estremista», conclude
il coordinatore azzurro.
LE MANOVRE Sul Copyright del
rinnovamento si sofferma anche il
coordinatore regionale di Fratelli
d'Italia, Paolo Truzzu: «Ho
sollevato questo argomento molto
prima della Lega». L'esponente di Fdi
ribadisce il progetto di
«individuare un candidato presidente
alternativo al centrosinistra,
ragionando sulle persone che non sono
nelle istituzioni dal 1994».
L'avviso così netto con i contorni
dell'ultimatum non è un problema per
Truzzu, anche perché «più che la
Lega, l'avvertimento lo hanno dato
gli elettori a tutti i partiti. Chi
va a votare vuole cambiare e vincerà
chi saprà interpretare questo
desiderio».
I DUBBI I Riformatori, per ora,
fanno parte della coalizione di
centrodestra, ma non è escluso che
in futuro le scelte possano essere
diverse. Pietrino Fois, coordinatore
regionale del partito, mette le
mani avanti: «Siamo totalmente
d'accordo con questa richiesta tanto
che il modo migliore per cambiare le
cose è scegliere il candidato
presidente con le primarie».
L'INVITO Fra qualche tempo i partiti
si dovranno confrontare per
capire quale sarà il destino della
coalizione. Il candidato presidente
deve essere una novità nello
scenario politico, uno in grado di
«incarnare i valori nei quali ci
riconosciamo che sono persona,
famiglia e impresa», dice
Cappellacci. Volto nuovo ma «preferibilmente
un politico», dice Truzzu, «i
problemi che viviamo in questo periodo
sono dettati proprio dall'assenza
della politica». (m. s.)
«Deficit,
la Sardegna deve contribuire»
Euro e
burocrazia, parla l'economista Cottarelli
L'evasione fiscale e la corruzione,
assieme a un sistema che si nutre
di burocrazia, sono «i mali peggiori
per l'economia italiana».
L'economista Carlo Cottarelli non ha
dubbi su quali siano i motivi di
sofferenza di un sistema sempre più
in difficoltà. Le cure non possono
essere la flat tax e il reddito di
cittadinanza, entrambe operazioni
«troppo rischiose e per cui servono
i fondi».
Gli stessi che servono
allo Stato per risanare la finanza
pubblica, come fa la Sardegna con
gli accantonamenti: «È giusto che le
regioni contribuiscano, anche
quelle speciali».
Cottarelli parla dei “Sette peccati
capitali dell'economia italiana”,
diventati il titolo di in un libro
che verrà presentato questo
pomeriggio alle 18, nell'Aula Maria
Lai dell'Università di Cagliari.
Attualmente direttore
dell'Osservatorio sui Conti pubblici della
Cattolica di Milano, è stato
presidente del Consiglio in pectore.
Il Capo dello Stato, Sergio Mattarella aveva
affidato a lui il compito di
formare un governo tecnico per
traghettare l'Italia alle elezioni.
Dopo quattro giorni di tentativi,
però, è arrivata la rinuncia
all'incarico e la nascita del
governo Conte.
Ripensando a quei giorni ha qualche
rammarico?
«No. Avevo il compito di provare a
formare un governo tecnico per
portare l'Italia alle elezioni».
Avere la fiducia sarebbe stato
difficile.
«Sì, anche perché si era in una fase
in cui è ripartito un forte
dibattito sul tema dell'uscita
dall'euro».
Lei da che parte sta?
«Probabilmente siamo entrati
nell'euro troppo prematuramente e ne
abbiamo pagato le conseguenze. Forse
non eravamo pronti».
Quindi una soluzione potrebbe essere
uscire dall'euro?
«Adesso ci siamo dentro, non sarebbe
positiva l'uscita dell'Italia
dalla moneta unica. Il costo sarebbe
troppo elevato. Bisogna
sicuramente ritrattare con l'Ue
perché noi abbiamo condizioni diverse
rispetto agli altri Paesi europei».
Esiste un vero partito anti-euro?
«La maggior parte degli italiani
vuole rimanere in questo sistema. E
anche i partiti che stanno al
governo, a parte qualche esponente».
Quali sono i vizi capitali
dell'economia?
«Evasione fiscale, corruzione,
troppa burocrazia, lentezza della
giustizia, crollo demografico,
incapacità di stare nell'euro e il
divario tra nord e sud».
Dell'euro abbiamo parlato. E la
burocrazia?
«Uno dei problemi peggiori che
abbiamo. Potremmo risolvere questo nodo
con una riforma di semplificazione.
Ridurre la burocrazia avrebbe un
effetto molto forte sulla crescita».
Quali sono i risultati di questo
ginepraio?
«Il fatto che gli imprenditori non
investono. Al primo posto c'è il
livello di tassazione, poi la
burocrazia e la lentezza della giustizia
civile».
A proposito di imposte: la flat tax
potrebbe essere risolutiva?
«Per la sua applicazione è
necessario trovare i fondi. In Italia, con
i problemi economici che ci sono in
questo momento storico, sarebbe
troppo rischiosa».
Il binomio con il reddito di
cittadinanza sarebbe fatale?
«Per la sua applicazione servono 17
miliardi, per la flat tax 50.
Alcuni sostengono che tagliando le
tasse e concedendo il reddito di
cittadinanza l'economia possa
crescere. Ma non esiste nessun Paese che
è riuscito a colmare il deficit
aumentando il Pil».
Su questi due temi sono state vinte
le elezioni.
«I numeri sono una cosa. Altra
questione sono le promesse elettorali».
È riuscito a discutere questi temi
con Salvini e Di Maio?
«In quattro giorni non c'è stato il
tempo. E poi, ripeto, il mio
governo sarebbe stato tecnico».
Se fosse possibile la deduzione
dalle tasse di più spese, ci sarebbero
meno evasori?
«Se così fosse ci sarebbero anche
molte meno entrate. La cosa che
serve è diventare un Paese normale
in cui tutti pagano le tasse».
È eccessivo che la Regione
garantisca allo Stato gli accantonamenti
per la finanza pubblica, nonostante
si accolli spese di Sanità e
Trasporti?
«È necessario che tutti
contribuiscano al risanamento. Comprese le
regioni a Statuto speciale. Il
sistema è cambiato perché negli ultimi
anni le spese dell'amministrazione
centrale sono state meno compresse
rispetto a quelle degli enti
locali».
I tagli sono un dramma anche per le
Province, sopravvissute alla
riforma costituzionale. Garantire
servizi senza risorse è possibile?
«Sono state tagliate molte risorse
alle Province, forse troppe. Il
governo centrale ha voluto prendere
più iniziative e forse sarebbe
servita una distribuzione più
adeguata delle risorse».
Il divario tra il nord e il sud
verrà mai colmato?
«Sì, ma è necessario impegnarsi
molto».
Su cosa bisogna intervenire?
«Innanzitutto, l'amministrazione
pubblica deve funzionare nello stesso
modo dappertutto. Dovrebbe
migliorare il sistema scolastico, più di
quello universitario perché i
ragazzi hanno la possibilità di
spostarsi. Il capitale umano è più
importante di quello
infrastrutturale».
Basterebbe solo questo?
«Serve una maggiore flessibilità sul
costo del lavoro. Dal momento che
la produttività è più bassa al sud
che al nord, è necessario ragionare
su una corrispondenza tra contratti
e produttività locale. Non mi
riferisco a un'area territoriale, ma
alle imprese».
Scrivere libri di economia può
cambiare il sistema?
«Spero soprattutto cambi la
mentalità. Ci lamentiamo sempre dei
politici quando si parla di debito
pubblico, ma loro vengono comunque
eletti».
Quando parla di mentalità si
riferisce anche ai cittadini?
«Assolutamente sì».
L'impegno della “società civile” può
contribuire a una ripresa economica?
«Si tratta di un elemento
fondamentale. Quando parlo di rafforzare il
capitale sociale mi riferisco anche
a questo aspetto. Pagare le tasse,
evitare i tentativi di corruzione o
per esempio fare una buona
raccolta differenziata, si traduce
in meno costi pubblici e quindi in
un miglioramento dell'economia
complessiva dello Stato».
La
Nuova
Martina
lavora alla tregua ma resta l'incognita Soru
Il caso
Sardegna nelle mani del segretario: forse i big regionali
convocati
a Roma
L'assemblea
prevista per domani slitta al 23 luglio ma serve l'ok del Nazareno
CAGLIARI
Non più venerdì 13, nonostante
dicono porti fortuna, ma con molta più
probabilità lunedì 23 luglio. Sempre
che nel frattempo arrivi il
benestare della segreteria
nazionale. Dunque, fra due settimane
l'assemblea del Partito democratico
potrebbe essere riconvocata per
l'elezione del successore di
Giuseppe Luigi Cucca alla segreteria.
Almeno è questa l'ipotesi avanzata
da quaranta delegati, appartengono
tutti alle correnti
popolari-riformisti, renziani ed ex Diesse, sono
quelle pronte a candidare Emanuele
Cani, nella lettera urgente
spedita, a Cagliari e a Roma,
mercoledì mattina.
L'hanno indirizzata,
nell'ordine, alla presidente
regionale Lalla Pulga, al segretario
nazionale Maurizio Martina, e per
conoscenza alla commissione
regionale di garanzia e a quella
centrale. È ancora una richiesta, va
sottolineato, ma potrebbe avere
buone possibilità di successo.
Soprattutto perché dopo
l'assemblea-rissa di lunedì, ad Abbasanta, il
neo segretario, è stato eletto
sabato a Roma, si sarebbe impegnato a
disinnescare il caso Sardegna.
Sarebbero state diverse le sue
telefonate con i vari protagonisti
della dura contrapposizione
d'inizio settimana e presto alcuni
di loro potrebbero essere convocati
nella Capitale per un chiarimento
definitivo. Certo, la possibilità
che il Pd sardo sia commissariato
c'è ancora, così come anche quella
dell'arrivo di un
garante-controllore, ma Martina prima di qualunque
decisione drastica vorrebbe giocarsi
la possibilità di una nuova
assemblea regionale.
Non sarà facile, il percorso sembra
essere sin da
subito pieno di insidie, con un
regolamento interno che si è
dimostrato finora fin troppo rigido.
Prima di tutto c'è da capire chi
dovrebbe convocare l'assemblea del
23: la presidente Lalla Pulga, però
è stata lei la prima a sollecitare
il commissariamento dopo la
chiusura burrascosa
dell'assemblea-gazzarra, oppure spetterà
all'ufficio di presidenza nel caso
in cui da parte della stessa
presidente ci fosse il gran rifiuto?
È questo il primo nodo che
Martina sembra essere chiamato a
risolvere e non sarà per nulla facile
trovare la soluzione.
Però in questi giorni che mancano
all'ipotetica
data del 23 luglio potrebbe accadere
anche questo: la presentazione di
una candidatura alternativa a Cani.
Da chi potrebbe essere proposta?
Forse da una parte della corrente
capeggiata da Renato Soru, anche se
proprio ieri l'eurodeputato ha
ribadito su Facebook: «L'unica strada
possibile per far rinascere il Pd è
quella di un congresso
straordinario».
Concetto anche rilanciato
dall'autocandidata alla
segreteria Dolores Lai: «Il Partito
è di tutti quelli che, dopo quanto
accaduto nelle elezioni politiche di
4 marzo, vogliono che ci sia un
cambiamento. Il Partito non può
continuare a essere invece solo di
chi, ancora una volta, vuole imporre
un segretario regionale scelto da
pochi». Di fronte a quest'ennesima
levata di scudi Martina starebbe
provando a sondare - fra i soriani?
- la possibilità che possa esserci
un candidato alternativo a quello
proposto dalle altre correnti. Però
va ricordato subito che sulla carta
l'avversario di Emanuele Cani,
avrebbe poche possibilità di
successo: popolari-riformisti, renziani
ed ex Diesse, i suoi sostenitori,
possono contare su una maggioranza
ampia di delegati.
Proprio per questo i soriani
potrebbero rifiutare
la proposta di correre sapendo
comunque di essere già sconfitti, -
sempre sulla carta - ancora prima
del voto. In ogni caso il segretario
nazionale ci vuole provare a
riportare il Pd sardo in una situazione
di tranquillità almeno apparente.
Con, in chiusura, l'ex deputato Siro
Marrocu, fa parte dei Diesse, che ha
lanciato l'ennesimo appello:
«Lavoriamo il più possibile per
l'unità del Partito . Le elezioni
regionali del 2019 sono ormai alle
porte e con gli alleati non abbiano
neanche cominciato a confrontarci.
Invece dobbiamo farlo subito». (ua)
Pigliaru:
oggi il Pd è un disastro ma può ripartire e io ci sarò
CAGLIARI
Dalla balcanizzazione del Pd si tira
fuori Francesco Pigliaru, fresco
di tessera, che anzi si appella a
chi ancora ha fiducia nel sogno dem.
«Chi crede e spera, come me, che il
Pd sia molto più e molto meglio di
ciò che si è visto nel disastro di
Abbasanta, si faccia sentire, ora -
ha scritto il governatore su
Facebook -. L'altro giorno ho partecipato
a una meravigliosa manifestazione,
il Sardegna Pride, con 30mila
persone che avevano cose da dire sul
mondo, cose belle, piene di
fiducia nell'azione collettiva.
Ad Abbasanta invece non ho
partecipato, per scelta,
all'assemblea regionale del Pd, perché sapevo
che si sarebbe risolta in conflitti,
contrapposizioni, personalismi,
senza alcuno spazio per parlare di
problemi reali, di soluzioni, di
proposte». Secondo Pigliaru «non c'è
tempo da perdere, il Pd si
salverà e rimarrà il cuore di una
proposta riformista se sarà in grado
di aprire un vero, diffuso dibattito
per capire come possiamo
contrastare il crescente consenso
raccolto da forze politiche della
destra populista, per lavorare
urgentemente sulla nostra proposta
politica, su come riprendere il
dialogo con chi abbiamo deluso,
capendo a fondo le ragioni di quella
delusione.
Dobbiamo farlo, questo
dibattito, liberamente - sottolinea
- senza schemi e senza
schieramenti, lontano dai luoghi formali
(congresso incluso) in cui
prevalgono sempre logiche di
schieramento, conflitti dannosissimi,
misurazioni esasperate del peso di
ognuno: non sono in gioco i destini
di quella o questa corrente, qui è
in gioco il Pd, nostro bene
comune». In questa seconda vita del
Pd Pigliaru è pronto a fare la sua
parte. «Se serve, il mio contributo
è a disposizione di chiunque
condivida la necessità e l'urgenza
di un dibattito sui contenuti.
Bitti,
polemica tra sindaco e M5s
Convegno
sullo spopolamento e ispezione a scuola: Ciccolini (Pd)
all'attacco
del senatore Marilotti di Paquito Farina
BITTI
Il convegno sullo spopolamento, in
programma a Bitti venerdì sera, sta
causando malumori tra
amministrazione comunale e organizzatori. «Non
parteciperò, non voglio assecondare
un imbroglio ai danni dei
cittadini e parrocchiani» ha
dichiarato senza troppi giri di parole il
sindaco dem Giuseppe Ciccolini.
«Dietro l'apparenza di un normale
convegno, si cela di fatto un raduno
di militanti di una forza
politica ben definita, il Movimento
5 Stelle.
Ancor più grave è poi il
tentativo di strumentalizzare
l'incontro servendosi del paravento di
un'istituzione super partes quale è
la parrocchia, di cui tutti
facciamo parte, per sferrare un
attacco alla mia persona e
all'amministrazione. Tra l'altro su
un argomento di cui forse non
tutti conoscono appieno tutti i
risvolti. Sono per la pluralità di
idee, per il confronto, e tutti i
cittadini sono liberi di
intraprendere le iniziative che
ritengono più opportune.
Ma questo
deve avvenire in maniera limpida,
dove ognuno palesa il suo ruolo e
conosce bene quello dei suoi
interlocutori». In questa forma, invece,
si starebbe consumando un classico.
«I lupi - ironizza - sono
mascherati da agnelli. Non
permetteremo che ciò accada e, in ogni
caso, prima di comunicare la
decisione di disertare l'incontro, ho
sentito il dovere di esprimere le
mie preoccupazioni direttamente al
parroco di Bitti, don Totoni Cossu».
Un certo malumore covava in
effetti già da alcuni giorni, a
seguito della visita che il senatore
5Stelle Gianni Marilotti,
accompagnato da componenti del sodalizio
parrocchiale, aveva fatto alle medie
inferiori del paese, senza che ne
fosse stata informata
l'amministrazione e gli uffici del Comune,
competenti in materia di edilizia
scolastica. «Un precedente che a
Bitti non si era mai verificato» ha
aggiunto Ciccolini.
«Già tre anni
fa la provincia aveva riscontrato
criticità nel liceo "M. Pira" e per
poter garantire la sua permanenza
l'amministrazione si è tanto
prodigata, individuando i locali
dell'ex giudice di Pace. Una
decisione accolta con rinnovato
entusiasmo sia dagli studenti sia dai
genitori» incalza il primo
cittadino. Il parlamentare pentastellato,
dal canto suo, ha smorzato le
polemiche con toni molto pacati. «La mia
- dice- è stata una visita di
cortesia, concordata peraltro con la
dirigenza scolastica. Lungi da me
qualsiasi intento di polemizzare con
l'istituzione locale e con quelle
che sono le sue competenze e ruoli,
che rispetto profondamente.
L'intento era quello di farmi
un'idea sul
numero degli studenti iscritti, così
da relazionare in commissione
Pubblica Istruzione. Questo
pomeriggio (ieri per chi legge) incontrerò
in audizione il ministro, Marco
Bussetti, al quale sottoporrò la
problematica dei tanti istituti a
rischio chiusura, un tema comune a
molti paesi del Nuorese». Marilotti
tiene a precisare che l'ulteriore
incontro previsto per sabato
mattina, non vuole essere assolutamente
di protesta, ma un tavolo di lavoro
interno al movimento propedeutico
al piano per l'istruzione in vista
delle elezioni regionali.
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Federico Marini
skype: federico1970ca
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