La
Nuova
Zedda
pronto a dire sì: guiderà il centrosinistra
Il
sindaco di Cagliari dovrebbe sciogliere la riserva entro pochi giorni. Ma
restano le incognite delle primarie e del rapporto con il Partito dei sardi
CAGLIARI
La settimana prossima sarà quella
decisiva per il centrosinistra. Fra qualche giorno, il sempre più possibile
candidato presidente Massimo Zedda dovrebbe sciogliere la riserva, mettendo
così fine al lungo periodo di riflessione ormai cominciato diversi mesi fa. Da
diverse parti fanno sapere che il sindaco di Cagliari sarebbe sempre più vicino
ad accettare la proposta di guidare la coalizione. Quindi, avrebbe scelto
«l'amante», per seguire il filo del racconto da lui stesso proposto al
congresso nazionale dell'Anci, l'Associazione dei Comuni: «Sono profondamente innamorato
della mia città e ho un'amante che mi piace tantissimo, la mia regione, ed è
per questo che sono molto combattuto», le sue parole di pochi giorni fa.
È un dilemma che Zedda starebbe per
sciogliere e, secondo alcuni, avrebbe già pronta una squadra pronta a
sostenerlo in campagna elettorale. Però, al di là delle indiscrezione sui tempi
del sì o del no alla candidatura, il percorso per arrivare all'investitura
ufficiale è comunque ancora abbastanza lungo.
Primarie o primarias? Nel
centrosinistra, c'è chi comunque vorrebbe arrivare alla scelta del candidato
presidente attraverso le primarie di coalizione, con una data probabile intorno
ai primi di dicembre. Però all'orizzonte ci sono anche le primarias (o primarie
della Nazione sarda) organizzate dal Partito dei sardi. A questo punto, stando
così le cose, potrebbero esserci addirittura due primarie parallele prima di
arrivare a una nomination unica sempre che la coalizione di centrosinistra
(tutta ancora da definire) e il Pds finissero per presentarsi insieme alle
Regionali di febbraio.
Primarie e primarias diventerebbero
alla fine una sorta di doppia semifinale in attesa della scelta definitiva fra
i vincitori delle competizioni pre elettorali. Ma questa ipotesi è considerata
da più parti complicata e sopratutto destinata a scatenare confusione.
Allora, stando a un'altra ricostruzione,
i diversi candidati potrebbero partecipare invece solo alle primarias organizzate
dal Pds. Se così fosse, i tempi sarebbero strettissimi: il 15 novembre - come
previsto dal regolamento - è la scadenza per presentare le candidature alle
primarias. C'è però anche un altro problema: nello stesso regolamento, c'è
scritto: i candidati alla presidenza della regione dovranno presentare, in
allegato, «un programma sintetico di obiettivi rispetto a 18 punti» che vanno
dallo Statuto all'energia. Proprio questo passaggio sarebbe stato però considerati
da alcuni gruppi del centrosinistra «troppo restrittivo».
Soprattutto perché la votazione on
line per il candidato viaggerà insieme a un'altra scheda. È la numero uno, cioè
quella sul futuro della Nazione sarda e sul diritto ad autodeterminarsi. Ed è
proprio questo referendum ad aver sollevato qualche perplessità fra chi sarebbe
disposto a partecipare alle primarias. C'è dunque una situazione di stallo che
finora ha reso difficile le trattative per trovare una sintesi fra primarie e
primarias.
Grandi distanze. Sul suo blog
Sardegna e libertà il segretario del Pds, Paolo Maninchedda ha scritto: «le
primarie nazionali della Sardegna... si svolgeranno esattamente come sono state
programmate e nei tempi previsti, e cioè on line, aperte a tutti, trasparenti e
democratiche, senza rinvii e negoziati di alcun tipo».
Quindi, stando a queste frasi
l'ipotizzata sintesi sembra oggi impossibile da raggiungere. Qualcosa potrebbe cambiare
fra pochi giorni con la discesa in campo di Massimo Zedda e la sua eventuale
decisione di partecipare alle primarie nazionali della Sardegna.
Il gruppo dei 130. Dopo la lettera
inviata settimane fa a Massimo Zedda, «ti chiediamo di candidarti», il gruppo
dei 130 sindaci sembra essere scomparso nel nulla e qualcuno ha insinuato questo
dubbio: è mai esistito? Esiste e starebbe per organizzare una convention per
chiedere ufficialmente a Zedda di proporsi come il «sindaco della Sardegna». È
una convention che i 130 vorrebbero organizzare lo stesso giorno in cui Zedda
dovrebbe sciogliere la riserva, con un «Sì, accetto». (ua)
CAGLIARIIl centrodestra comincia ad
avere una folla di possibili
candidati presidenti per le elezioni
regionali
La Lega può scegliere
fra almeno tre nomi: Christian
Solinas, Ines Pisano e Angelo Binaghi,
ma dalla segreteria del Carroccio
rimbalza anche una quarta misteriosa
ipotesi su cui starebbe lavorando da
giorni il segretario Matteo
Salvini. Forza Italia, dal canto
suo, potrebbe giocare presto sia la
carta dell'eurodeputato Salvatore
Cicu sia quella dell'emergente
Stefano Tunis. Poi ci sono i
Fratelli di Italia, che hanno proposto il
capogruppo Paolo Truzzu e infine ora
anche i Riformatori hanno fatto
sapere di avere un loro nome. «Lo
proporremo - ha confermato il
coordinatore Pietrino Fois - al
prossimo tavolo della coalizione».
Tirate le somme, in pochi giorni il
numero dei papabili, è lievitato
fino ad arrivare a quota sette. Chi
vincerà la corsa finale? I
candidati della Lega, in particolare
il senatore sardista Christian
Solinas, continuano ad avere le
maggiori chance, ma in queste ore
anche Forza Italia ha ripreso
coraggio. È successo dopo che da Roma è
arrivata la conferma di una
riapertura dei giochi intorno alla mappa
delle candidature nelle quattro
regioni al voto il prossimo anno:
Sardegna, Piemonte Basilicata e
Abruzzo. Una delle tante indiscrezioni
che rimbalzano dalla Capitale è
questa: fra la Lega e Forza Italia
sarebbe in corso un confronto per un
possibile scambio alla pari fra
la Sardegna (finora assegnata al
Carroccio) e il Piemonte, che gli
Azzurri sarebbero pronti a cedere a
Salvini.
È una trattativa in
evoluzione e le prossime settimane
saranno decisive.Primarie. A
proporle sono i Riformatori.
«Circolano tante indiscrezioni - ha detto
il coordinatore Fois - e credo che i
partiti abbiano il diritto di
sapere il nome prima che il leader
della Lega o chi per lui l'annunci
ufficialmente». Quindi, secondo i
Riformatori, è indispensabile che
«prima di qualunque investitura ci
sia un passaggio al tavolo del
centrodestra, fermo restando che se
non ci dovesse essere condivisione
sul nome proposto, noi chiederemo le
primarie di coalizione».
Mostrare
i muscoli. Al di là delle voci
romane, la Lega ha già messo in moto la
macchina elettorale. In attesa del
tour di Salvini in Sardegna, sarà a
metà novembre e durerà almeno due
giorni, venerdì il coordinatore
regionale Eugenio Zoffili ha
organizzato un convegno a Nuoro con
Claudio Borghi. Oltre a essere
deputato e presidente della commissione
bilancio della Camera, Borghi è
considerato da tutti il primo
consigliere economico di Salvini ed
è stato sempre lui a scrivere gran
parte del contratto di governo fra
la Lega e i Cinque stelle. A parte
l'ospite, è chiaro che i leghisti
sembrano decisi a caratterizzare la
loro marcia elettorale con una forte
presenza nelle zone interne. Dopo
l'avvio qualche settimana fa del
tour #tralagente, in Barbagia, e il
convegno di venerdì, è sicuro che
quando Salvini arriverà in Sardegna
una delle tappe sarà Nuoro.
Coalizione più larga. Anche il
tavolo del
centrodestra è sempre più affollato.
Dopo Lega, Psd'Az, Forza Italia,
Udc, Riformatori ed Fdi, un mese fa
c'è stato l'ingresso dell'Uds.
Nella prossima riunione, prevista a
metà novembre, dovrebbero essere
invitati anche Energie per l'Italia,
«Noi ci consideriamo già parte
della coalizione e porteremo il
nostro contributo d'idee», fa sapere
il coordinatore Tore Piana, e
Sardegna Venti.20, il movimento fondato
da Stefano Tunis. Presto della
coalizione dovrebbe entrare a far parte
anche un movimento capeggiato da
alcuni sindaci di centrodestra, con
in testa quello di Castelsardo,
Franco Cuccureddu.
Invece, non
sarebbero state ancora avviate le
trattative con Fortza Paris: «Per
ora sparano nomi di candidati peggio
dei fuochi d'artificio e questa
fiera a noi non interessa», ha
scritto Gianfranco Scalas, il ondatore
del movimento.I due candidati.
Un primo confronto c'è stato fra
Tunis
(Fi) e Truzzu (Fdi). In un faccia,
hanno detto uno dopo l'altro «Da
qualunque parti si guardi la
coalizione, è evidente la necessità di
una guida giovane e lontana dai
vecchi modi di fare politica», il
primo. Poi Truzzu ha aggiunto: «Il
centrodestra di oggi dev'essere ben
altra cosa rispetto a quello di
cinque anni fa e chi non l'ha capito è
fuori dalla storia». (ua)
Unione
Sarda
«Il Pd?
Noi restiamo critici» Augusto Cherchi (Pds): ma un accordo è
ancora
possibile
«Questa giunta e questa maggioranza
hanno commesso errori gravi e
fatto cose buone. Ma preferisco
restare ed essere una spina nel fianco
e un pungolo e combattere per
cambiare le decisioni sbagliate
piuttosto che non esserci».
Augusto Cherchi, 56 anni, medico
anestesista, consigliere regionale
del Partito dei sardi, ha idee
chiare sul percorso che il
centrosinistra deve fare da qui al
voto di febbraio.
Vi alleate di nuovo con un partito a
trazione nazionale?
«Noi abbiamo messo in campo una
proposta che parte da un assunto: il
governatore lo scelgono i sardi, non
proconsoli romani o di altre
regioni, attraverso le primarie
anche on line».
Forse per questo il Pd non si è
ancora espresso.
«Manca un mese e mezzo alle nostre
Primarias del 16 dicembre e non
hanno deciso. Vorremmo che lo
facessero quanto prima. Il Pd non sembra
più il partito che si voleva mettere
in discussione dopo le elezioni
politiche italiane, ma ha ripreso a
concepirsi come il partito che
vuole occupare il centro del tavolo
pur non potendolo più fare».
Se vi alleaste con il Pd il vostro
candidato, Paolo Maninchedda,
potrebbe soccombere contro Massimo
Zedda.
«Siamo democratici e le primarie
saranno libere e decisive, se
accadesse lo accetteremmo sostenendo
il vincitore».
Una delle riforma chiave di questa
maggioranza, quella del governo del
territorio, è fallita. Perché, a suo
avviso?
«Perché la riforma immaginata era
molto legata al referendum di Renzi,
che è fallito. Guardi che cosa sta
accadendo ora sulle province: si
pensa di istituire quella
gallurese».
Lei è d'accordo?
«I sardi si sono espressi in modo
netto e non si può non tenerne
conto. Ma se si apre la porta alla
Gallura non si può non ragionare
anche sugli altri territori».
L'agenzia sarda delle entrate stenta
a decollare.
«Non concordo. Ha avuto un avvio
lento ma la macchina inizia a
camminare. Ora bisogna che
acquisisca nuovi poteri».
Quali?
«Ottenere l'inversione del flusso
delle entrate. I soldi dei sardi
devono essere conteggiati in
Sardegna ed essere riversati allo Stato,
non il contrario».
Invece la Giunta si è accordata col
governo sugli accantonamenti,
salvo pentirsene.
«È stato un errore madornale, una
vergogna. Ritirare quei ricorsi alla
Corte costituzionale ci ha fatto
uscire sconfitti: altre regioni che
hanno tenuto il punto hanno ottenuto
ciò che noi chiedevamo».
Lei ha fatto a pezzi la riforma
sanitaria di questa Giunta. Perché?
«Perché è assurdo che la Giunta e il
Consiglio regionale abbiano
approvato norme e ne mettano in atto
altre».
A che cosa si riferisce?
«La riforma della rete ospedaliera è
ancora al palo, i dispositivi per
i diabetici non ci sono, non esiste
il monitoraggio del piano
triennale. È folle che accada
questo. Se una legge che abbiamo
modificato con un lavoro duro non va
bene si torna in aula e si
cambia, altrimenti si applica».
Fabio Manca
CENTRODESTRA.
Anche i
Riformatori pronti a presentare un candidato
Tensione
sull'alleanza per Villa Devoto.
Ma la Lega ribadisce: «Il nome lo
facciamo noi»
Coalizione
ancora in ordine sparso L'ombra dell'altolà di Berlusconi
In meno di 48 ore due partiti
alleati della Lega hanno fatto sapere di
avere pronto un nome per la guida
del centrodestra per le regionali.
Alla faccia dell'accordo nazionale
Berlusconi-Salvini-Meloni che
prevede un'opzione del Carroccio
sulla scelta del leader per la
Sardegna. Il ministro dell'Interno
ha già detto che sarà nell'Isola
entro il 15 novembre per un tour nei
territori, rigorosamente tra la
gente, e per indicare il nome.
Le tensioni
Mancano meno di due settimane e la
sensazione è che più tardi arriva,
più candidati trova. Ma delle altre
forze politiche alleate. Superate
le divisioni interne, Forza Italia
ha lasciato trapelare che non
intende rinunciare a un confronto
sul prescelto. «Rivendichiamo una
forza che all'interno della
coalizione non può essere conteggiata
sulla base di sondaggi ma di dati
certi», ha detto Salvatore Cicu,
probabile uomo di punta degli
azzurri.
La linea di Berlusconi
Il nuovo corso di FI Sardegna
“risente” chiaramente dell'ultimatum di
Silvio Berlusconi a Salvini: «Ci
saranno tra poco elezioni regionali e
cittadine e non so come potremmo
andarci con una Lega che continua a
ignorare il programma con cui si è
presentata agli elettori», ha detto
a Milano, durante la presentazione
di un libro su Craxi. E forse non è
casuale la frase pronunciata da Cicu
poche ore prima, dopo il vertice
di FI in Consiglio regionale: «È
molto importante ciò che dice
Berlusconi che dialoga con noi in
modo continuo». E poi: «Dobbiamo
ragionare in prospettiva, guardare
alla possibilità che questo governo
non regga e che ci siano nuove
elezioni rispetto alle quali mica
possiamo dismettere il ruolo da
protagonisti».
I Riformatori
Sulla scia degli azzurri, anche i
Riformatori sardi hanno annunciato
di avere un nome pronto da proporre
per la guida del centrodestra. «Lo
ufficializzeremo al prossimo tavolo
della coalizione - ha chiarito il
coordinatore regionale, Pietrino
Fois - ma non prima, per rispetto
della dignità di questo tavolo che
deve essere sempre garantita». Sul
fatto che sarà Salvini a individuare
il candidato: «Facciamo parte
della coalizione. Ci piacerebbe
conoscerlo prima, e se non ci dovesse
essere condivisione insisteremo
sulle primarie di coalizione».
Trattative in corso
Fratelli d'Italia il suo candidato
ce l'ha già ed è Paolo Truzzu. Il
capogruppo in Consiglio regionale ha
sempre detto di essere
disponibile a un passo di lato per
il bene della coalizione. Ma
intanto c'è. E potrebbe diventare
protagonista, se gli accordi di
spartizione delle quattro regioni al
voto cambiassero all'ultimo
momento. Secondo lo schema pattuito,
in Piemonte e Basilicata il nome
lo fa Forza Italia, in Abruzzo FdI,
e in Sardegna la Lega. A quanto
pare FI non sarebbe tanto contenta
del nome FdI per l'Abruzzo:
potrebbe subentrare la Lega che a
quel punto lascerebbe libera la
Sardegna. Altro scenario: la Lega in
Piemonte è forte, e FI ha
dimostrato di “tenere” nell'Isola.
Uno scambio non è da escludere.
L'alleanza
Dubbi sui candidati ma anche sugli
equilibri dell'alleanza regionale,
a questo punto legati a filo doppio
con le questioni nazionali,
saranno sciolti al prossimo tavolo
della coalizione che però non si
terrà prima della prossima
settimana. Ma, anche alla luce delle
ambizioni altrui, il coordinatore
del tavolo, il deputato Eugenio
Zoffili, ribadisce che
«l'intestazione del nome del candidato
governatore è in capo alla Lega».
Silenzio assoluto, però, sui
papabili in esame. Restano in pole
il senatore Psd'Az Lega, Christian
Solinas, e il presidente della
Federtennis, Angelo Binaghi.
Arriva Borghi
Intanto il commissario per la
Sardegna prepara il terreno per l'arrivo
di Salvini. Venerdì a Nuoro ci sarà
il presidente della commissione
Bilancio della Camera, Claudio
Borghi. All'incontro pubblico in
programma alle 18 lo stesso Zoffili,
Guido De Martini e il consigliere
comunale Pierluigi Saiu.
Roberto Murgia
M5S. La
proposta di Cabras e Manca «Un dibattito tra candidati prima
delle
Regionarie»
Il contratto con la Lega non si
tocca, nemmeno sotto la minaccia di
Berlusconi. Per il parlamentari
sardi del Movimento 5 Stelle
l'ultimatum del presidente di Forza
Italia al Carroccio è «un disco
rotto, una sparata fatta perché si
accorge di perdere consenso», dice
il deputato Pino Cabras.
Ma se a Roma il governo tiene, la
situazione in Sardegna è ancora in
alto mare: ancora non si parla di
una data per le regionarie,
necessarie a sostituire Mario Puddu,
e i tempi rischiano di dilatarsi.
La proposta
Cabras pensa a una leggera modifica
nello stile delle regionarie,
soprattutto per quando riguarda i
tempi: «Sarebbe bene - dice - se ci
fosse un processo per consentire ai
candidati di farsi conoscere
bene». Dunque, non un preavviso di
48 ore per l'apertura della
piattaforma Rousseau, ma «un vero e
proprio dibattito tra i candidati,
perché sarebbe una cosa positiva».
Sulla stessa linea il collega,
Alberto Manca, che precisa: «Sono
d'accordo con questa proposta, è
anche vero, però, che i candidati
fanno parte del mondo degli
attivisti e dunque sono conosciuti».
I tempi
Nessun problema nemmeno sui tempi
che rischiano di allungarsi: «Non
siamo in ritardo», sottolinea
Cabras, «considerando anche la
situazione delle altre forze
politiche». Alberto Manca, invece,
ammette che il Movimento «ha perso
il vantaggio di aver fatto tutto in
anticipo, ma il programma e i
candidati consiglieri ci sono». Inoltre,
la corsa in solitaria «non ci
costringe a perdere tempo con gli
alleati a litigare per la scelta del
candidato come fanno gli altri».
(m. s.)
TENSIONI.
Bruxelles: manovra incompatibile
Borsa in
calo, vola lo spread. Il Pil si ferma, Di Maio: colpa del Pd
Decreto
sicurezza, la fronda M5S. Toninelli: la Tav non si farà
ROMA Una nuova missiva da Bruxelles
indirizzata al governo italiano.
Ad annunciarla, una nota del Mef che
spiega: «La Commissione Europea
ha inviato al ministero
dell'Economia e delle Finanze una lettera in
cui chiede di fornire una relazione
sui cosiddetti fattori rilevanti
che possano giustificare un
andamento del rapporto Debito/Pil con una
riduzione meno marcata di quella
richiesta». La risposta del Mef - si
legge nella nota - «con la quale si
giustificherà la traiettoria di
discesa del rapporto debito/Pil
indicata nel Dpb, sarà inviata a
Bruxelles rispettando la scadenza
del 13 novembre».
Fronda pentastellata
Una premessa importante per una
giornata politicamente movimentata.
Iniziata con la fronda pentastellata
- composta da Gregorio De Falco,
Paola Nugnes, Matteo Mantero ed
Elena Fattori - che non intende votare
il decreto voluto fortemente dal
ministro dell'Interno Matteo Salvini.
I quattro parlamentari chiedono
delle modifiche e hanno presentato
degli emendamenti sulla parte
dell'accoglienza. «Per noi sono
irrinunciabili», hanno fatto sapere.
«Il decreto è migliorato, ma non
è del tutto ancora accettabile - ha
sottolineato De Falco - così non
lo voteremo». Intanto, sul decreto
sicurezz
a si va verso il voto di
fiducia.
Toninelli e Tav
«Ci metteremo d'accordo con la
Francia per non fare la Tav», ha detto
il ministro delle Infrastrutture e
dei Trasporti Danilo Toninelli. «Mi
risulta che Macron abbia escluso la
Tav dalle priorità
infrastrutturali proprio dopo aver
valutato costi e benefici - ha
aggiunto il ministro - e non ha
stanziato risorse per finanziare il
percorso dalla galleria a Lione. Io
sto aspettando le risposte dei
tecnici. In ogni caso la geognostica
è costata all'Italia soltanto 617
milioni. Il rimborso di due
miliardi? Lo vedremo, ma dalle prime
avvisaglie direi che non è
assolutamente una cifra che sta in piedi».
Spread e Pil
Il forte rimbalzo di lunedì si è già
raffreddato a Piazza Affari, dove
hanno prevalso le vendite con lo
spread risalito a 312 punti base e il
rendimento del decennale al 3,49%.
Delusa dalle stime del pil,
invariato nel terzo trimestre per la
prima volta dal 2014, la Borsa di
Milano chiude in calo. Il prodotto
interno lordo si ferma, non
mostrando alcuna evoluzione nel
terzo trimestre dell'anno rispetto ai
tre mesi precedenti e limitandosi a
un +0,8% su base annua. Una brusca
frenata, quella stimata dall'Istat,
che riflette il perdurare della
debolezza dell'attività industriale
- tra giugno e agosto la
produzione ha segnato una flessione
dello 0,2%, col Pmi manifatturiero
ha indicato stagnazione a settembre
- alla quale i servizi e la
domanda domestica non sono riusciti
questa volta a fare da
contrappeso.
«Tutta colpa del Pd»
«È bene che tutti sappiate che il
risultato del 2018 dipende dal
Bilancio approvato a dicembre 2017,
che è targata Partito democratico.
Tutti sanno che la nostra Manovra
deve ancora essere approvata e non
può aver avuto nessun effetto sul
rallentamento in atto», ha scritto
il vicepremier Luigi Di Maio su
Facebook commentando i risultati sullo
stato di salute dell'economia
italiana. La replica di Teresa Bellanova
(Pd), ex vice ministro all'Economia:
«Non intendo più perdere tempo a
commentare la produzione industriale
delle sciocchezze di Di Maio e il
suo perenne e indecente
scaricabarile. La perdita di 40mila posti di
lavoro col suo Decreto è il migliore
commento alla sua arroganza e
alla sua insipienza».
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Federico
Marini
skype:
federico1970ca
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